Personaggio biblico, liberatore del popolo d'Israele dall'Egitto e suo
legislatore. Alla figura di
M. la tradizione biblica lega il momento
della costituzione del popolo d'Israele in unità nazionale e spirituale.
Non vi è dubbio che i testi biblici, pur presi con spirito critico dato
il carattere leggendario della tradizione e la distanza cronologica, riflettano
anche una realtà storica. Del resto, le scoperte letterarie e
archeologiche nell'Antico Oriente si sono rivelate assai utili per meglio
delinearne la figura. Vissuto nella prima metà del XV sec. a.C.,
M., figlio di Amram e Jokebed, fratello di Aronne e Miriam, appartenne
alla stirpe di Levi. Da quanto si legge nel Pentateuco egli nacque in Egitto
all'epoca della schiavitù del popolo ebraico. In quel periodo il faraone
(forse Ramesse II, 1292-1226 a.C.) aveva ordinato che i neonati maschi di stirpe
ebraica fossero uccisi. Secondo la tradizione, sua madre, per salvarlo, lo
depose in una cesta nella giuncaia del Nilo ed egli sarebbe scampato alla morte
per l'intervento di una figlia del faraone che, dopo averlo raccolto lo
educò a corte dove dimorò per circa quarant'anni, sino al giorno
in cui, ormai consapevole delle proprie origini, uccise un egiziano, sorpreso
mentre bastonava un ebreo. Costretto alla fuga,
M. si rifugiò nel
deserto del Sinai nei pressi di Madian. Qui sposò Sefora figlia di Jetro,
sommo sacerdote, e nella regione di Horeb il Dio degli Ebrei (Yahvé) gli
si rivelò per la prima volta affidandogli il compito di liberare il
popolo eletto e di condurlo in Palestina. Ritornato in Egitto,
M.
tentò invano di persuadere il faraone (probabilmente Merneptah 1224-1204
a.C.) a lasciare liberi gli Ebrei, e al rifiuto del sovrano, invocato da Dio uno
speciale intervento, scatenò le "dieci piaghe d'Egitto" che sconvolsero
la popolazione egiziana, al termine delle quali fu concesso il permesso di
partire. Gli Ebrei si diressero verso il Mar Rosso, inseguiti dall'esercito del
faraone: giunti al mare, questo si aprì per lasciarli passare
richiudendosi sugli inseguitori egizi. Guidato il suo popolo sino ai piedi del
monte Sinai, nella regione del roveto ardente,
M. ebbe una nuova
rivelazione da parte di Yahvé, ricevendo le due tavole con il decalogo,
ovvero le leggi morali, sociali e religiose che avrebbero plasmato in
entità nazionale gli ebrei. Ripresa dopo un anno la marcia verso la terra
di Canaan,
M. sarebbe stato punito per un suo atto di sfiducia nel potere
divino e privato della protezione celeste. Dopo una peregrinazione nel deserto
durata circa quarant'anni, durante i quali a
M. venne meno l'appoggio
della sorella Miriam e del fratello Aronne che lo accusarono di mantenere un
rapporto privilegiato con Dio, quest'ultimo gli ordinò di nominare
Giosuè suo successore e di salire sul Monte Nebo, sulla sponda
nord-orientale del Mar Morto, da dove avrebbe guardato la terra promessa, nella
quale non gli era consentito entrare. Sul Monte Nebo
M. morì. Nel
Nuovo Testamento
M. è considerato prefigurazione di Gesù e
nel Corano predecessore di Maometto, ma la sua figura ha particolare rilievo nel
Giudaismo come colui che ha ricevuto e trasmesso la legge divina. A lui sono
attribuiti alcuni libri apocrifi: il
Libro dei Giubilei, la
Vita di
Adamo ed Eva,
L'assunzione di Mosè, opera composta in greco
tra il 4 a.C. e il 30 d.C. e di cui si è conservato un solo frammento
latino nella Biblioteca Ambrosiana, edito nel 1861. ● Icon. - Già
nelle pitture catacombali del III sec. d.C. troviamo raffigurazioni di
M.
in singoli episodi o cicli narrativi (ad esempio,
M. salvato dalle acque,
le dieci piaghe d'Egitto, la caduta della manna). Grande importanza nella
diffusione dell'iconografia mosaica ebbe la miniatura a partire dal Pentateuco
Ashburnham, dalle Bibbie carolinge e dagli Ottateuci bizantini. Le prime
raffigurazioni di
M. fino all'epoca carolingia lo ritraggono come un
giovane imberbe; in seguito si diffuse l'immagine di
M. barbuto, spesso
con le Tavole delle Leggi e il bastone, e due corna sulla fronte simbolo della
luce divina. Tale raffigurazione deriva da una errata traduzione latina del
termine ebraico
quern, dotato di duplice significato (corno e raggio),
che avrebbe però dovuto essere tradotto con "radioso". Tra le scene
più ricorrenti vi sono quella del salvataggio dal fiume; quella del
roveto in fiamme, connesso con la verginità di Maria (portale Nord della
cattedrale di Chartres, XIII sec.); quella dell'acqua sgorgata dalla roccia. A
partire dal XVI sec., sono numerosissimi i dipinti, le sculture e gli arazzi che
vedono
M. protagonista (Giorgione, Michelangelo, arazzi nel castello di
Amboise, raffigurazioni di M. Chagall). ● Mus. - Oltre alle
rappresentazioni figurative,
M. ha ispirato letterati, pensatori e
musicisti. G. Rossini compose
Mosè (1818), opera in tre atti su
libretto di A.L. Tottola, successivamente rifatta in quattro atti su libretto di
V.J.E. de Jouy (1827); mentre di A. Schönberg è l'opera incompiuta
Mosè e Aronne (1954). ● Lett. - Tra le opere letterarie
ricordiamo l'idillio
Moyse sauvé (1643) di M.A. Saint Amant, le
tragedie di F. Schiller (1781), F.-R. de Chateaubriand (1834) e I. Madach; una
parte della
Leggenda dei secoli di V. Hugo e il poemetto dell'ucraino J.
Franko. Infine la figura di
M. ha offerto spunto di riflessione ad alcuni
pensatori: oltre all'importanza che riveste nell'opera di Filone e dei padri
della chiesa, ritorna nei saggi di alcuni autori ebrei:
Mosè e il
monoteismo (1939) di S. Freud,
Mosè di M. Buber e
Mosè e la vocazione ebraica (1956) di A. Néher.