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Mossadeq.

Pseudonimo di Muhammad Hidayat. Uomo politico iraniano. Appartenente a una facoltosa famiglia della nobiltà terriera, si orientò verso l'attività politica, dopo aver compiuto gli studi universitari in Europa ed essersi laureato in Legge a Neuchâtel nel 1909. Eletto deputato nel 1915, negli anni seguenti ricoprì vari incarichi ministeriali: fu ministro della Giustizia nel 1920, ministro delle Finanze l'anno seguente e ministro degli Esteri nel 1923. Appoggiò dapprima l'ascesa al potere di Riza Pahlavi ma, di fronte al crescente autoritarismo del nuovo sovrano, passò all'opposizione (1926), ritirandosi dalla vita politica. Incarcerato e deportato nel 1938, riottenne la libertà nel 1943 dopo l'abdicazione di Riza Shah in favore del figlio, Muhammad Reza Pahlavi. Nello stesso anno fu eletto deputato tra le file della sinistra moderata e partecipò al risveglio politico del dopoguerra, esercitando una forte influenza sulle correnti nazionaliste e antimonarchiche. Nel 1949 fondò il Partito del fronte nazionale, sulla base di un programma di intransigente nazionalismo contrario all'autocrazia della corona e alle ingerenze straniere. Promosse una accesa campagna a favore della nazionalizzazione della società petrolifera britannica Anglo-Iranian Oil Company e, dopo la caduta del Governo filoinglese Razmara, divenne primo ministro nel 1951. In tale veste, fece ratificare dal Parlamento la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, riuscendo a resistere alle pressioni delle potenze occidentali e a quelle interne, esercitate soprattutto dai militari e dai circoli vicini alla corte. Quando sembrava ormai imminente la proclamazione della Repubblica, lo scià abbandonò improvvisamente il Paese, nominando capo del Governo il generale Zahedi che riuscì a rovesciare M. (1953), attuando poi una sanguinosa repressione. Condannato a morte nel dicembre successivo, ebbe la pena commutata in tre anni di carcere e fu rimesso in libertà nel 1956 (Teheran 1881-1967).