(dal latino
monopolium). Forma di mercato che prevede il totale controllo
di un determinato settore produttivo o dell'offerta di un servizio da parte di
un'unica impresa. In senso più ampio, si definisce come monopolistica
ogni strategia aziendale volta alla messa in atto di misure restrittive della
libera concorrenza. Esistono anche forme di cosiddetto
m. pubblico, che
consistono nel diritto esclusivo dello Stato o di altro ente pubblico a
esercitare una qualunque attività economica (produzione di beni, vendita,
offerta di servizi, ecc.). Tale diritto viene generalmente distinto in due
tipologie:
m. fiscali (o privative fiscali) e
m. extrafiscali. In
molti Paesi vigono leggi specifiche volte a limitare le situazioni di
m.:
si parla in questo caso di normative antitrust. Il
m. di acquisto o
monopsonio è
assoluto quando la domanda di un bene o di un
servizio sia rivolta da un solo compratore a una pluralità di offerenti.
La nascita di una situazione di
m. si può verificare anche per
cause di forza maggiore, nel caso in cui, ad esempio, un solo operatore disponga
di un particolare bene richiesto sul mercato, in quanto tale bene risulta
reperibile in natura solo in quantità limitate. Questa situazione
può determinarsi anche nel caso in cui l'autorità pubblica conceda
a un solo operatore economico la facoltà di vendere in esclusiva un
determinato bene oppure nel caso in cui un'impresa pubblica o privata elimini
dal mercato le imprese concorrenti. Il
m. di vendita è comunque
assai più frequente rispetto a quello di acquisto, che si verifica solo
in condizioni eccezionali e in congiunture economiche particolari (in tempo di
guerra, ad esempio). In regime di concorrenza, l'operatore economico tende a
massimizzare la differenza fra l'utilità totale del bene ricevuto
(moneta) e l'utilità totale del bene offerto nello scambio. Tale
differenza non potrà comunque mai superare un determinato livello. In
regime di
m. è possibile raggiungere il livello massimo di questa
differenza. Il guadagno di
m., detto anche
rendita monopolistica,
è calcolato sulla differenza tra il massimo assoluto e il massimo
relativo che viene ottenuto in regime di libero mercato. La caratteristica
principale del regime monopolistico consiste nella possibilità, da parte
dell'imprenditore, di fissare rigidamente il prezzo o la quantità della
merce venduta. Non gli è tuttavia possibile fissare insieme prezzo e
quantità. Il dominio del monopolista sul proprio segmento di mercato
trova un limite nella flessione della domanda. Infatti, se il monopolista fissa
rigidamente il prezzo della merce, sul mercato si troveranno solo un certo
numero di richiedenti disposti all'acquisto; se ne fissa invece la
quantità, il mercato sarà in grado di assorbirla solo a un prezzo
determinato, automaticamente stabilito dalla domanda. Una perfetta conoscenza
della curva della domanda permette al monopolista di calcolare anticipatamente
il prezzo e la quantità della merce da porre in vendita. Se la curva
della domanda ha un andamento fluttuante, il monopolista ha la convenienza a
immettere sul mercato tutto il quantitativo di merce di cui dispone. Se, al
contrario, la curva della domanda ha un andamento rigido, al monopolista
conviene limitare l'offerta. Evitando di applicare un prezzo unico, il
monopolista può adottare una politica di prezzi differenziati (legati a
una differenziazione di gamme di prodotto) per aprirsi a diverse fasce di
compratori. In casi di questo genere, è frequente l'articolazione dei
beni offerti in prodotti di lusso e prodotti "standard", questi ultimi rivolti
ad acquirenti meno facoltosi ed esigenti. Il regime di
m. assoluto
conforme a questa definizione è in pratica poco comune, sia per i limiti
posti dalle legislazioni statali sia per considerazioni di carattere politico
che guidano la strategia delle grandi imprese. Negli Stati Uniti, il sorgere di
imprese rigorosamente monopolistiche è stato limitato da leggi antitrust,
che hanno cercato di proteggere gli interessi generali dell'economia senza
tuttavia danneggiare lo sviluppo delle grandi imprese. Le forme più
comuni di regime monopolistico sono nella pratica il
m. bilaterale e il
m. imperfetto. ║
M. bilaterale: il regime di
m.
bilaterale è alla base di rapporti di scambio internazionali, di
compravendita tra due
m. e per la regolamentazione del mercato del
lavoro. Il
m. bilaterale si verifica quando vi sia la presenza
contemporanea sul mercato di due monopolisti, l'uno venditore e l'altro
acquirente di una determinata merce. Nel mercato del lavoro, ad esempio, da un
lato viene offerta come merce la forza-lavoro e dall'altro vengono offerte
prestazioni salariali. In regime di libera concorrenza lo scambio (cioè
il rapporto che determina la curva salariale) si verifica solamente quando per
entrambi gli scambisti viene a determinarsi una differenza tra l'utilità
del bene dato e l'utilità del bene ricevuto. Nel regime di
m.
bilaterale questo scambio ha al suo interno anche un ulteriore elemento che
è la forza contrattuale delle due parti. Quest'ultima consta anche di
fattori extraeconomici quali l'abilità con cui le parti sanno trarre
vantaggio dalla trattativa, oltre alle condizioni politiche generali in cui la
contrattazione si verifica. ║
M. imperfetto: nel caso di regime di
m. imperfetto la condizione che si viene a verificare è l'offerta
di una determinata merce da parte di pochi venditori a una pluralità di
richiedenti. Si distingue in
omeopolio, nel caso in cui la merce posta in
vendita sia perfettamente identica per ogni venditore, ed
eteropolio nel
caso in cui la merce presenti caratteristiche differenti (se pure non
essenziali). Altre tipologie particolari di
m. sono: il
duopolio
che si verifica quando si ha la presenza contemporanea sul mercato di due
venditori che cercano di coordinare le rispettive condotte al fine di ottenere
il massimo vantaggio possibile. Nel caso in cui uno dei due venditori controlli
una notevole parte dell'offerta di merce si verifica una condizione di
oligopolio. Si ha il
m. multiplo quando, in particolari condizioni
economiche, tutte le merci vengano scambiate sul mercato in condizioni di
m., e il
m. di Stato, nel caso in cui sia lo Stato ad avocare a
sé l'esercizio di una particolare attività economica di produzione
e/o di distribuzione. In questa categoria monopolistica non rientrano i casi in
cui la legge consente direttamente l'esercizio del
m. a soggetti
economici diversi dallo Stato, quali possono essere il
m. comunale
dell'affitto dei banchi pubblici oppure il
m. della vendita di
determinati prodotti a soggetti economici privati (è il caso della
coltivazione e della vendita del tabacco). Oltre a ciò lo Stato
può anche autorizzare, in deroga al regime monopolistico, determinati
soggetti a esercitare la produzione di un bene determinato. Rientra in questa
categoria, anche se non si tratta direttamente di un'attività produttiva,
l'autorizzazione all'esercizio delle lotterie. ║
M. di Stato: i
m. di Stato si distinguono in
fiscali ed
extrafiscali. I
primi (sali e tabacchi, cartine di sigarette, lotto e lotterie,
pubblicità stradale e valori bollati) hanno la funzione di creare nuove
entrate per le finanze statali. Il regime di
m. permette, infatti, allo
Stato di praticare prezzi più alti di quelli che verrebbero fissati in
regime di libera concorrenza. I
m. extrafiscali riguardano la gestione di
servizi pubblici quali le poste, i telegrafi e telefoni e le ferrovie. Rientrano
nella categoria dei
m. extrafiscali anche l'esercizio di attività
di interesse pubblico come l'acquisto all'estero di oro, l'importazione di
stagno, nichelio, carbone e rame. Il ricorso al regime di
m. per
attività di questo tipo viene giustificato con il richiamo all'interesse
collettivo, benché sia prevalente il motivo del profitto economico.
L'origine del
m. di Stato e le notizie relative a questa particolare
forma economica sono estremamente remote, addirittura antecedenti all'età
ellenica. Si trattava spesso della risposta ad autentiche e pressanti esigenze
economiche dello Stato. Spesso però l'instaurazione di
m.
rispondeva all'esclusivo interesse personale del sovrano. Nella Roma
repubblicana, il commercio era considerato un'attività di carattere
inferiore, sia perché la proprietà della terra era prerogativa del
patriziato, sia perché la temibile concorrenza esercitata dai Greci,
dagli Etruschi e dai Cartaginesi, ne avrebbe decurtato i profitti. Tuttavia, con
l'espandersi delle conquiste territoriali, lo Stato cominciò a imporre il
suo
m. sulle miniere e a cedere in cambio di denaro, a privati cittadini,
l'appalto di vendite esclusive all'interno del territorio controllato dalla
Repubblica. Verso la fine della dominazione romana quasi tutta l'attività
commerciale era riservata ai
m. delle corporazioni di artigiani e il
commercio libero era considerato come una speculazione e perseguito per legge.
Durante il Medioevo i
m. si concentrarono nella mani dei sovrani.
Tuttavia, con l'incipiente sviluppo della borghesia cittadina e delle
attività economiche connesse, iniziarono ad assumere un carattere che li
rese assimilabili a quelli moderni. L'epoca di massimo sviluppo del
m. (a
prescindere dall'attuale congiuntura di capitalismo maturo) si può
collocare tra il XVI e il XVIII sec. quando la scoperta, la conquista e
l'esplorazione di nuove terre, indussero gli Stati a svolgere una politica
mercantilistica. Tra le varie disposizioni vennero affidati a imprese private i
diritti di
m. per lo sfruttamento delle nuove risorse. In seguito, con lo
sviluppo dell'economia a carattere capitalistico, il sistema concorrenziale
riuscì a spezzare i
m., imponendosi in virtù della
superiore efficienza determinata dall'ottimizzazione delle forze produttive. La
grave crisi attraversata dall'economia capitalistica verso la fine del XIX sec.,
ha riportato alla ribalta fenomeni di concentrazione monopolistica che si sono
progressivamente affermati sulla scena dell'economia mondiale.