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Monofisismo.

Eresia cristologica diffusasi all'inizio del V sec., soprattutto ad opera del monaco Eutiche, Archimandrita di Costantinopoli. Il m. attribuiva a Cristo un'unica natura, opponendosi sia all'eresia nestoriana, che affermava la compresenza in Cristo di due persone e due nature (cioè, rispettivamente, quella divina e quella umana), sia alla concezione ufficiale della Chiesa, che riconosceva in Cristo la presenza di due nature, ovvero l'unione dell'umanità e della divinità in un'unica persona, senza alcuna separazione. Si può distinguere un m. effettivo e rigido (quello di Eutiche), che attribuiva a Cristo la sola natura divina (condannando coloro i quali - come i nestoriani - tendevano a separare il divino dall'umano negando gli attributi divini di Cristo fattosi uomo e morto in croce) e un m. moderato, sostenuto da molte altre correnti teologiche, come quella di Severo di Antiochia, che intendevano porre l'accento sulla divinità di Cristo, senza peraltro distinguere chiaramente tra persona e natura. Le vicende del m. furono insieme religiose e politiche, poiché l'imperatore Teodosio II intervenne per appoggiare l'eresia monofisita e scagionare Eutiche. Il successore di Cirillo, Dioscoro, patriarca di Alessandria e trionfatore sul nestorianesimo al Concilio di Efeso del 431, convocò nel 449 un nuovo Concilio a Efeso, nel quale fece riabilitare Eutiche, ma fu sconfessato dal Papa Leone I. Nel successivo Concilio di Calcedonia (451), voluto dal Papa, venne deposto Dioscoro e fu affermata solennemente la dottrina ortodossa di Leone, contenuta in un testo che fu denominato Tomus Leonis, in cui si ribadiva il dogma delle due nature. Le decisioni del Concilio di Calcedonia non furono accettate ad Alessandria e ad Antiochia, e si iniziò un processo che portò alla costituzione di Chiese indipendenti, sostenitrici di un m. moderato (Chiesa copta, Chiesa abissina, Chiesa siro-giacobita, Chiesa armeno-gregoriana). Inutili furono i tentativi di conciliazione, come quello del patriarca di Costantinopoli, Acacio, che pubblicò un documento (Henotikon, decreto di unione) inteso a pacificare gli animi. Successivamente, l'imperatore Anastasio, filomonofisita, cercò di favorire il patriarca di Antiochia Severo, sostenitore della concezione moderata. Il successore di Anastasio, l'antimonofisita Giustino, ostacolò Severo costringendolo a rifugiarsi in Egitto. Un nuovo tentativo di conciliazione si ebbe sotto l'imperatore Giustiniano, ad opera della consorte Teodora, favorevole alla riabilitazione dei monofisiti, che poterono riorganizzarsi e partecipare a un Concilio tenutosi a Costantinopoli (533). Nel 536 il patriarca Antimo fece richiamare a Costantinopoli Severo dal suo esilio egiziano, ma venne sconfessato e poi deposto per volontà del papa Agapito, impegnato in una linea di intransigenza dottrinale. Nel 546 si ebbe la condanna definitiva di Severo e della concezione monofisita in un nuovo Concilio, sempre a Costantinopoli. La questione del m., come tutto il quadro delle controversie cristologiche, è espressione tipica di quello che fu denominato il "bizantinismo", ovvero un dibattito estremamente puntuale sviluppato intorno alle tematiche principali e ai cardini dogmatici della teologia cristiana. Il fenomeno ebbe risvolti diversi in sede religiosa e in sede politica. In termini eminentemente religiosi la definizione dell'ortodossia rispondeva alla necessità della Chiesa di Roma di assicurare l'unità dottrinale dei cristiani. Su un piano di mera strumentalità politica, va invece tenuto presente l'interesse degli imperatori bizantini a intervenire nelle dispute religiose, al preciso scopo di consolidare il proprio potere: questo atteggiamento è denominato "cesaropapismo" per indicare l'ingerenza dell'imperatore (Cesare) nelle questioni di stretta pertinenza religiosa e quindi l'indebita intromissione da parte del potere temporale nella sfera dell'autorità papale. In epoca moderna sono ancora monofisite le Chiese giacobita di Siria, gregoriana armena e copta d'Egitto e d'Etiopia.