Stats Tweet

Monetario.

Concernente la moneta, da un punto di vista economico-finanziario. ║ Teorie m.: nessuna teoria economica può trascurare l'influenza della moneta sull'intero sistema delle relazioni fra i beni, di modo che spesso si fanno coincidere teorie economiche generali e teorie m. Queste ultime, in realtà, riguardano in senso stretto la descrizione dell'essenza, natura e funzione della moneta, del fondamento del suo valore e delle variazioni dei rapporti intercorrenti fra essa e le merci o i servizi di cui permette lo scambio, indipendentemente dal resto del fenomeno economico. Il valore m. può essere legale, in quanto attribuito dallo Stato, intrinseco, in quanto corrispondente a quello del metallo contenuto nella singola moneta, e di scambio, in quanto espressione della quantità di beni o di servizi che è possibile scambiare con l'unità m. In particolare, il valore di scambio risulta dalla media del potere d'acquisto della moneta rispetto ai singoli beni. Già a partire da Platone e Aristotele, riguardo il fondamento del valore m. si sono sviluppate due teorie principali: quella metallista e quella nominalista o cartalista. La prima ha il suo antecedente nelle proposizioni di Aristotele, che aveva indicato nella Politica il metallo come merce dotata di valore di scambio e idonea ad assolvere la funzione m. e di riserva di valore. La seconda, invece, era già espressa nella Repubblica di Platone, che aveva sottolineato come la moneta non fosse altro che una convenzione, un "segno" adottato per consentire gli scambi e indipendente dal materiale di cui è fatto: in particolare il filosofo era contrario all'impiego m. di metalli preziosi quali oro e argento. La teoria metallista, dominante durante il XIX sec., si basa sull'assunto che la moneta esiste in quanto mezzo di scambio e che il suo valore in quanto tale è dato dal metallo in essa contenuto: lo Stato, all'atto della coniazione, non fa altro che riconoscere ed attestare il valore intrinseco della merce-moneta. La teoria nominalista, invece, si fonda sul concetto di moneta-segno: in quanto pura convenzione, lo Stato potrebbe fissarne il valore a proprio arbitrio. In realtà tale arbitrio risulta limitato sia dal fatto che l'autorità di uno Stato cessa oltre i confini e, dunque, con essa perde forza anche la convenzione che attribuisce valore alla sua moneta, sia dalla necessità, anche per la circolazione interna, di un controllo di stabilità del valore m. per evitare che i cittadini, perdendo fiducia nella divisa nazionale, spendano velocemente la propria moneta e inneschino una spirale inflattiva. Teorie m. furono elaborate dal tardo Medioevo in poi, soprattutto da filosofi della Scolastica, come Nicola d'Oresme che, tra il 1350 e il 1360, scrisse un trattato completamente dedicato a questo problema economico di alto profilo specialistico. Egli, sulle orme di Aristotele, sosteneva una teoria metallistica non molto diversa da quella che avrebbe successivamente enunciato Adam Smith (V.). Accenni a una teoria della moneta figurano nell'Utopia di Tommaso Moro che, in opposizione alle dottrine economiche prevalenti nel XVI sec., condannò con durezza il feticismo dell'oro e dell'argento. Di vera e propria teoria m. si può tuttavia parlare solo a partire dagli economisti del periodo classico, prevalentemente concordi nell'affermare che la moneta deve essere considerata una merce scelta come mezzo di scambio e di misura del valore. Per Ricardo, come per J.S. Mill e successivamente per altri economisti, il problema centrale della teoria m. era quello del valore della moneta, descritto dalla media dei rapporti di scambio tra moneta e beni come "potere di acquisto" della moneta. Nel periodo neoclassico, segnaliamo gli studi di L. Walras, I. Fisher, A. Marshall, K. Wicksell. A quest'ultimo si deve l'elaborazione di una particolare teoria basata sul concetto di "neutralità" della moneta, oggi generalmente contestata. Chi la sostiene considera le perturbazioni m. come fatti accidentali o arbitrari, che esulano pertanto dall'ambito di competenza della teoria economica, che deve invece individuare le leggi di un sistema economico "normale" dal punto di vista m., vale a dire dove non si verifichino perturbazioni. Vari autori prendono le mosse da una concezione della moneta come puro espediente tecnico, ovvero come uno strumento unicamente finalizzato a rendere più agevoli le transazioni. In tale ottica il fatto m. viene considerato riduttivamente come un "velo", cui è sottesa la sostanza dei fenomeni economici, che contraddistingue la forma dell'economia moderna, anche se è possibile ipotizzare economie senza moneta. In altri termini, per riconoscere con chiarezza i lineamenti fondamentali del processo economico, si dovrebbe accantonare il fattore moneta, allo stesso modo in cui si scosta un velo. In luogo dei prezzi in moneta, si devono prendere in considerazione i rapporti di scambio tra le merci che i prezzi m. sottendono: per esempio, la formazione del reddito va interpretata come uno scambio tra lavoro e mezzi fisici di sussistenza, ecc. Le teorie m. più attuali, però, considerano la moneta come strumento "attivo" di politica economica. Gli orientamenti recenti si basano infatti su nuovi canoni interpretativi: connessione (o compenetrazione) tra teoria m. e teoria del valore; attribuzione di una funzione motrice al reddito nazionale. La teoria m. ha gradualmente superato la concezione "sostanzialistica" classica per una visione nominalista, pur se lontana dalle asserzioni metafisiche e giuridicamente autoreferenziali dell'economista ottocentesco G.F. Knapp - la cui teoria si imperniava sull'assunto che "la moneta è creazione della legge". L'oggetto degli studi moderni è stato invece l'individuazione dei fattori e dei vincoli che fondano la validità della moneta cartacea. La discussione teorica sul potere d'acquisto della moneta, d'altro canto, è stata soppiantata negli ultimi decenni dalla proficua applicazione degli studi di statistica: ad esempio, lo sviluppo nel campo dei numeri-indici della teoria dei prezzi. Tali lusinghieri risultati hanno però indotto a una certa enfatizzazione del valore delle indagini statistiche ed econometriche nella previsione della condotta m., quando è invece appurata la necessità di una speculazione teorica sui dati raccolti. La preminenza attribuita al reddito nazionale, quale fattore di influenza dei prezzi e della produttività, ha poi indotto a spogliare ulteriormente l'unità m. delle sue prerogative tradizionali. Essa viene considerata soltanto una componente della circolazione valutaria individuale o sociale, mentre è attribuito un ruolo preminente alla politica finanziaria, fiscale e all'azione delle banche nell'economia m. Un vasto settore di ricerca è stato aperto dai problemi inerenti agli squilibri della bilancia dei pagamenti e la politica m.Teoria del costo di produzione: fornisce una spiegazione di tipo oggettivistico al fenomeno della variazione del potere di acquisto della moneta. Il normale valore m. di scambio è dato da quello del metallo prezioso contenuto nell'unità m., a sua volta collegato al costo di produzione marginale del metallo stesso. Se il valore corrente della moneta salisse o scendesse rispetto a tale costo, esso potrebbe venire riequilibrato agendo sul rapporto domanda/offerta mediante l'incremento o la riduzione della produzione di metallo. L'obiezione fondamentale a questa teoria, peraltro valida solo in riferimento al metallismo, sta nel fatto che la stragrande maggioranza del metallo prezioso destinato alla coniazione non proviene direttamente dalle miniere ma è già in circolazione sul mercato, sicché una variazione di produzione da parte dei proprietari delle miniere non avrebbe, in realtà, che effetti minimali sulla domanda e sull'offerta, e perciò sul valore, del metallo. ║ Teoria dell'utilità marginale: elaborata soprattutto dall'austriaco F. von Wieser, questa teoria sostiene che l'utilità della moneta non è diretta ma consiste in quella dei beni che essa permette di acquistare: da tale equivalenza deriva il valore m. Tuttavia il ragionamento inciampa in un evidente tautologismo, dal momento che l'utilità marginale dei beni si ricava dai loro prezzi in moneta: per determinare tale prezzo, però, bisogna già conoscere il valore della moneta, che è il reciproco del loro livello medio. ║ Teoria quantitativa: afferma che il valore di scambio della moneta aumenta al crescere della massa di beni scambiati e diminuisce al crescere della massa di valuta e della velocità di circolazione della stessa (V. anche MONETA). La massa di moneta, cioè, non è una variabile indipendente dagli altri elementi dell'equazione economica ma dipende dalle condizioni del mercato e dal livello dei prezzi: tale livello esprime il potere d'acquisto che, a sua volta, influisce sulla quantità di moneta circolante e sulla velocità della circolazione. L'aumento della massa m. circolante, dunque, provoca una diminuzione del potere d'acquisto solo se la quantità dei beni disponibili sul mercato non può crescere.