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Monarcòmachi.

(dal greco mónarchos: monarca e -máchos: che combatte). Termine che indica una corrente di studiosi e scrittori politici, vissuti nella seconda metà del XVI sec. e nella prima metà del XVII sec., che, partendo dal principio dell'origine divina della sovranità popolare, sostennero il diritto da parte del popolo di deporre o anche uccidere il re che avesse oppresso la libertà religiosa dei sudditi o si fosse opposto alle direttive religiose. I m. furono per lo più pensatori di fede protestante, che reagivano in tal modo ai tentativi di coazione dei re cattolici; si opposero alla trasformazione assolutistica dell'istituto monarchico, basandosi sul diritto del popolo alla resistenza attiva contro la tirannide. I m. furono designati con questo termine per la prima volta da William Barclay, in un'opera di tono decisamente polemico, intitolata De regno et regali potestate adversus Buchananum, Brutum, Boucherium et reliquos Monarchomacos libri sex, che fu pubblicata in Francia nel 1600. Tra i principali propugnatori delle dottrine monarcomache si ricordano: George Buchanan, che nella sua opera De iure regni apud Scotos dialogus (1579), affermava la necessità di porre il sovrano sotto il controllo di rappresentanti eletti dal popolo con il compito di esprimere il loro consenso anche in base ai suoi meriti intellettuali e morali, limitandone quindi i poteri; Jean Boucher, che nel suo libro De iusta Henrici III abdicatione et Francorum regno libri quatuor (1551) sosteneva le medesime tesi; Duplessis-Mornay, che scrisse, sotto lo pseudonimo di Stefano Giunio Bruto, Vindiciae contra tyrannos (pubblicata in latino nel 1579 e poi in francese con il titolo De la puissance légitime du prince sur le peuple et du peuple sur le prince) giustificando qualsiasi forma di resistenza contro un sovrano che si fosse dimostrato indegno; François Hotman, che nel suo libro Franco-Gallia (1573) elogiava la forma monarchica antica, basata sul diritto consuetudinario germanico, in cui il re era vincolato alle consuetudini in cui si esprimeva il consenso del popolo. Il pensiero dei m. contribuì ad alimentare la ribellione ugonotta in Francia e l'insurrezione nei Paesi Bassi. Nel mondo cattolico le idee dei m. trovarono sostenitori soprattutto nella Compagnia di Gesù, in particolare tra i gesuiti spagnoli rappresentanti della seconda scolastica (Bellarmino, Molina, Suarez). Il cardinale Bellarmino rivendicava al pontefice il diritto di giudicare i sovrani, mentre Francisco Suárez ammetteva, nel suo De legibus (1612), la legittimità della ribellione al sovrano quando questi si fosse trasformato in tiranno.