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Monarchìa.

(o De Monarchia). Trattato politico in tre libri, composto in latino da Dante Alighieri negli anni tra il 1310 e il 1312, in occasione della discesa dell'imperatore Arrigo VII in Italia. L'opera costituisce l'esposizione definitiva del pensiero politico dantesco ed è importante per la posizione che l'autore assume nel conflitto secolare tra Chiesa e Impero, assegnando alla prima un magistero esclusivamente spirituale. Dante, con questo scritto, si prefigge, inoltre, di riconoscere il valore e la dignità della vita terrena, che deve attuarsi nello Stato e trovare in esso garanzia e protezione, anche indipendentemente dai fini ultramondani dell'uomo. Il primo libro del M. sostiene la necessità dell'Impero universale, in quanto solo questo tipo di governo può garantire la pace e la libertà necessaria agli uomini per attuare appieno le virtù intellettuali e morali insite nella loro natura. Nel secondo libro, Dante sostiene che l'Impero universale spetta di diritto al popolo romano, e quindi all'imperatore del Sacro romano Impero, che dell'Impero romano è il legittimo erede. Nel terzo libro Dante affronta la controversa questione dei rapporti tra Chiesa e Stato, stabilendo i doveri e i limiti reciproci tra questi due poteri: all'Impero Dante affida il compito di rendere possibile il conseguimento della felicità temporale degli uomini, alla Chiesa quello di avviarli alla felicità eterna mediante il suo ministero spirituale. L'opera di Dante, con il suo impianto formale logico-deduttivo e le tesi in essa contenute, costituisce per molti aspetti la summa del pensiero politico medioevale, scritta in un'epoca che faceva ormai presagire come imminente il tramonto delle due autorità universalistiche che avevano dominato il Medioevo a favore della nascita dei moderni Stati nazionali.