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Molècola.

La più piccola quantità di una sostanza che ne conservi le caratteristiche chimiche e che ne determini il comportamento chimico e chimico fisico. Le m. di un elemento possono essere formate da atomi singoli (monoatomiche), da due atomi (biatomiche), da tre atomi (triatomiche), ecc. M. tipicamente monoatomiche sono quelle dei metalli e dei gas nobili (elio, neon, ecc.). M. biatomiche sono quelle degli alogeni (fluoro, cloro, ecc.) e di diversi elementi comuni (idrogeno, ossigeno, azoto, ecc.). Sono biatomiche, inoltre, le m. di numerosi composti, quali l'acido cloridrico HCl, l'ossido di carbonio CO, l'ossido di calcio CaO, e così via; sono triatomiche le m. dell'acqua H2O, dell'anidride carbonica C O2, dell'acido solfidrico H2S, ecc.; sono tetratomiche le m. dell'ammoniaca NH3, dell'acetilene HC≡CH, dell'acqua ossigenata H2O2, e così via. M. di composti con più atomi sono comunissime in natura, poiché costituiscono la maggior parte dei tessuti animali e vegetali; quando tali composti presentano caratteristiche di elevata complessità molecolare e alta massa molecolare si parla di polimeri e macromolecole, ottenuti dall'unione di m. più semplici, dette monomeri. Molti polimeri vengono prodotti artificialmente e hanno grandissima diffusione industriale, come gli elastomeri, le materie plastiche e le fibre sintetiche. • Encicl. - Il termine m. entra nel linguaggio scientifico nel XVII sec., con il significato di piccola massa; tuttavia, l'idea che la materia fosse costituita da piccole particelle, gli atomi, risale al V sec. a.C. Una struttura più razionale di questi concetti si delineò solo agli inizi del XIX sec., con la cosiddetta teoria atomica che trovò in J. Dalton il suo primo grande sostenitore. Dalton, nel 1804, ipotizzò l'esistenza degli atomi, particelle indivisibili, tutte uguali in uno stesso elemento chimico ma diverse da un elemento all'altro. Le leggi allora scoperte, che regolavano le combinazioni fra elementi, venivano spiegate dal fatto che tutte le combinazioni potevano avvenire solo fra un numero intero di atomi e sempre nella stessa quantità (per dare uno stesso composto) con altri elementi; le esperienze di Gay-Lussac sulle reazioni fra gas, tuttavia, si adattavano male a questa spiegazione, per cui A. Avogadro nel 1811 avanzò l'ipotesi che i gas potessero avere delle m. composte da più atomi. Le combinazioni avvenivano dunque secondo numeri interi di m.: questo spiegava le leggi di combinazione fra i gas se si ammette, come fece Avogadro, che un ugual numero di m., indipendentemente dalla loro natura, allo stato gassoso occupi sempre lo stesso volume, a parità di pressione e temperatura. Accanto all'opera di Avogadro ricordiamo quella di S. Cannizzaro, che nel 1858 pubblicò un Sunto a un corso di filosofia chimica nel quale, fra l'altro, fornisce una sistemazione del concetto di peso molecolare e un metodo per la sua determinazione, la cosiddetta regola di Cannizzaro. Nel XX sec. vennero compiuti numerosissimi studi da parte di chimici e fisici, fino a giungere alla conoscenza attuale delle m. e del loro comportamento; questo campo di indagine, lungi dall'essere esaurito, costituisce la base di tutta la chimica e la chimica-fisica. L'applicazione della meccanica quantistica e dei potenti mezzi di calcolo oggi disponibili ha reso possibile la descrizione matematica di alcune fra le m. più semplici; per altre m. si è stati in grado di fornire molte proprietà e caratteristiche, ma per le m. più complesse si è lontani dal disporre di un modello matematico completo, anche se in certi casi sono disponibili modelli parziali, assai utili per la comprensione delle reazioni chimiche e dei loro meccanismi. ║ Peso molecolare: somma delle masse atomiche degli atomi che costituiscono un dato composto. Si consideri, ad esempio, il metano, la cui formula è CH4: la sua m. è costituita da un atomo di carbonio e quattro atomi di idrogeno. Il suo peso m. è 16,04, dato da 12,0111 (massa atomica del carbonio) più quattro volte 1,00797 (massa atomica dell'idrogeno). Il peso molecolare di un composto può essere calcolato anche applicando il principio di Avogadro, secondo cui il peso di 22,4 l di gas in condizioni normali (0 °C e 760 mmHg) è uguale al peso molecolare del gas stesso (metano, in questo caso). La determinazione dei pesi molecolari delle sostanze è abbastanza facile se queste possono essere ottenute allo stato gassoso senza che subiscano modificazioni; in caso contrario si deve ricorrere a tecniche più raffinate, tra le quali ricordiamo la crioscopia e la ebullioscopia, basate sulla modificazione che subiscono le soluzioni in funzione delle quantità di soluto che contengono. Nel caso di polimeri, sia naturali che artificiali, la determinazione del peso molecolare non può essere fatta in assoluto, perché le macromolecole hanno grandezza diversa l'una dall'altra: si definisce quindi un peso molecolare medio, frutto di una misura, ad esempio di viscosità. ║ Composti ionici: composti in cui il legame tra gli atomi che lo compongono è ionico, tipicamente nei sali. In tal caso il termine m. ha un significato convenzionale, poiché una m. è un aggregato di atomi, non di ioni. Consideriamo ad esempio il cloruro di sodio NaCl, il sale da cucina: ogni sua m. è composta da un atomo di cloro e da uno di sodio. La forma comune in cui esso si usa è quella di un solido cristallino: a differenza dei comuni cristalli, tuttavia, il cloruro di sodio è composto da un insieme di ioni Na+ e ioni Cl-, in numero uguale, impaccati in modo che ogni ione sodio abbia come vicini immediati 6 ioni cloro e viceversa. In tal modo le forze di attrazione che si esercitano fra ioni di segno opposto sono preponderanti rispetto a quelle di repulsione che si manifestano fra ioni di ugual segno. In questa situazione è evidentemente impossibile parlare di m., in quanto non esistono dei legami stabili: tale concetto ha senso solo se applicato a sostanze dotate di legami chimici covalenti, come nella maggior parte delle sostanze organiche. In determinati composti resta tuttavia l'ambiguità, a causa di legami parzialmente ionici (o, se si vuole, parzialmente covalenti). ║ Geometria delle m.: il comportamento delle m. dipende in larga misura dalla loro forma geometrica, legata, a sua volta, alla natura stessa degli atomi. Considereremo separatamente alcuni casi: m. biatomiche, triatomiche e poliatomiche. A) M. biatomiche: è noto che gli atomi, e quindi anche le m. monoatomiche, hanno una forma sferica e sono costituiti da un nucleo centrale molto piccolo, contenente protoni e neutroni, nel quale è concentrata tutta la carica positiva; attorno al nucleo ruotano alcuni elettroni, che costituiscono una nuvola elettronica di dimensioni superiori di alcuni ordini di grandezza rispetto al nucleo stesso. Una m. biatomica deriva dalla fusione di due atomi: una parte degli elettroni che essi posseggono - in particolare quelli presenti sugli orbitali più esterni - sono messi in comune. Non ruotano più attorno a un solo nucleo, ma possono passare indifferentemente dall'uno all'altro, costituendo una nube elettronica propria di tutta la m. Nel caso di una m. biatomica la forma finale, derivante dalla fusione di due atomi aventi forma sferica, avrà una forma a otto, cioè di due sfere parzialmente compenetrate, con arrotondamento degli spigoli vivi che deriverebbero dalla fusione; per questo motivo la distanza fra i due nuclei, che diremo Re (raggio covalente), è minore della somma dei raggi dei singoli atomi (raggio atomico). La quantomeccanica fornisce una spiegazione quantitativa abbastanza precisa di tale fenomeno. Dati due atomi A e B di un composto biatomico stabile, si consideri la curva rappresentativa dell'energia E di tale sistema, in funzione della distanza R fra i centri degli atomi. Si assuma E = O per R tendente all'infinito, quando, cioè, i due nuclei sono a distanza molto elevata. Al diminuire di R l'energia diventa negativa, dapprima lentamente poi sempre più rapidamente, fino a un minimo che diremo Ee; per valori di R ancora minori essa cresce rapidamente, diventa positiva e tende all'infinito. Nello stato di energia negativa si ha formazione di un composto: il sistema, infatti, emette energia, portandosi in uno stato stabile, dal quale può essere rimosso fornendogli almeno tutta l'energia emessa. È evidente che il sistema tenderà a portarsi al valore minimo di E, Ee: a questa energia corrisponde proprio il valore Re (ove l'indice e sta per equilibrio) sopra menzionato, che è la distanza fra i due nuclei atomici all'equilibrio. In realtà il sistema emette una quantità di energia E* minore, sia pure di poco, di Ee; il residuo di energia fa sì che il sistema oscilli a destra e a sinistra del valore Re. Fisicamente avremo che gli atomi A e B, invece di restare fermi con distanza Re fra i loro nuclei, oscillano lungo il loro interasse con una frequenza opportuna, come se fossero uniti non da un legame rigido ma da una molla. L'energia Ee viene detta energia di legame della m.; l'energia Ee - E*, che resta nel sistema sotto forma di energia di vibrazione degli atomi lungo il legame, viene detta energia di dissociazione. B) M. triatomiche: le considerazioni fatte a proposito delle m. biatomiche sulla stabilità dei legami valgono anche in questo caso, se riferite a ognuno dei due legami presenti nella m.; tuttavia, a causa di orbitali non sfericamente simmetrici, le m. possono avere una geometria particolare. Consideriamo ad esempio la m. dell'acqua H2O, composta da un atomo di ossigeno e due di idrogeno. Mentre l'idrogeno possiede un orbitale sfericamente simmetrico, l'ossigeno si lega con orbitali direzionali, posti a 90° l'uno dall'altro. Ne consegue che la m. dell'acqua non è lineare e quindi, volendo scriverla per esteso, non andrebbe scritta H-O-H bensì

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con i due legami O–H a 90° fra loro; inoltre, a causa di una maggiore affinità elettronica del nucleo dell'ossigeno, l'angolo tra gli orbitali viene deformato, fino ad un valore di circa 104°, come è stato rilevato sperimentalmente. Un comportamento analogo si verifica nella m. dell'ammoniaca NH4, composta da un atomo di azoto e da tre atomi di idrogeno: la struttura di piramide a base triangolare, con l'azoto al vertice e i tre idrogeni alla base, prevederebbe un angolo di 90° fra i tre legami N–H; gli elettroni sbilanciati in prossimità dell'azoto deformano tale angolo ad un valore di circa 108° (valore sperimentale). Come ultimo esempio consideriamo il metano CH4, anche se la sua m., come già quella dell'ammoniaca, non è triatomica: ha forma di tetraedro, con i 4 vertici composti ciascuno da un atomo di idrogeno, e con al centro l'atomo di carbonio; l'angolo che un qualsiasi legame CH forma con ognuno degli altri è 109° 28' e, data la simmetria della m., non si ha possibilità di deformazioni. C) M. poliatomiche: quanto detto prima può essere esteso facilmente alle m. poliatomiche. Anche qui ogni singolo legame chimico fra due atomi si stabilisce in modo che la distanza Re soddisfi a quanto detto prima; per di più esistono le energie collegate alla vibrazione lungo gli assi dei legami. In particolare, poiché i legami chimici semplici permettono la rotazione di una delle parti della m. rispetto all'altra, possono crearsi geometrie molto complesse, soprattutto in composti contenenti decine e centinaia di atomi, tutti dotati di possibilità di moto relativo. ║ Energia di risonanza: in presenza di doppi legami, frequenti nelle m. organiche, può essere impossibile descrivere chiaramente i singoli legami, poiché gli elettroni che li costituiscono sono messi in comune fra più di due atomi. Consideriamo ad esempio il caso dello 1,3-butadiene, che ha formula:

H2C═CH―CH═CH2

cioè presenta due doppi legami separati da un solo legame semplice, legami cosiddetti coniugati. La quantomeccanica permette di stabilire che le nubi elettroniche dei due doppi legami si estendono anche sopra il legame semplice centrale, giungendo in parte a fondersi. Gli elettroni di un doppio legame, infatti, sono parzialmente delocalizzati: hanno, cioè, una certa probabilità di passare sopra il legame semplice e addirittura sopra l'altro legame doppio. Pertanto, la m. di butadiene può assumere più figure, anche se non è detto che queste forme esistano realmente per tempi finiti. La delocalizzazione degli elettroni implica una energia di legame complessiva della m. superiore (in valore assoluto) a quella caratteristica dei suoi legami; tale surplus di energia viene detto energia di risonanza, e rende la m. molto più stabile che in assenza di delocalizzazione. La quantomeccanica insegna che la forma reale di una m. è una combinazione lineare di tutte le forme limiti possibili, e che in tale combinazione il peso della singola formula è tanto maggiore quanto più probabile è la sua esistenza. Un altro esempio tipico si ha nel benzene, un composto ciclico di formula C6H6, dotato di una energia di ben 36 kcalorie/mole; tale valore giustifica l'eccezionale stabilità dell'anello benzenico, che passa attraverso reazioni anche molto energiche senza essere distrutto. I composti ciclici di questo tipo costituiscono una classe a parte, detti composti aromatici; i legami con elettroni completamente delocalizzati vengono chiamati legami aromatici.