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Molière.

Pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin. Commediografo e attore francese. Nato in una famiglia della piccola borghesia, entrò nel Collegio di Clermont, retto dai Gesuiti, dove compì studi di retorica e di latino. Attratto dal teatro, si legò alla famiglia Béjart (composta dagli attori ambulanti Madeleine, Geneviève e Joseph) e fondò la compagnia comica "L'Illustre Théâtre", assumendo il nome d'arte di Molière. Dopo i primi insuccessi parigini, M. decise di continuare la sua attività in provincia: dal 1645 peregrinò per le città del Sud della Francia e a Lione entrò in contatto con le compagnie italiane della commedia dell'arte. Rappresentò con successo Lo sventato, adattamento in 5 atti in versi dell'Inavvertito di N. Barbieri e Il dispetto amoroso, ispirato all'Interesse di N. Secchi. Questi anni furono importanti per la sua formazione; poco portato alla recitazione, ebbe maggiore fortuna come autore. Tornato a Parigi nel 1658, ottenuta la protezione del duca d'Orléans, si insediò nella sala del Petit-Bourbon e poi, nel 1662, per concessione del re, nella sala Richelieu, che da allora si chiamò sala del Palais-Royal. Nel 1658 recitò Nicomède di Corneille alla presenza del sovrano; si salvò dall'insuccesso aggiungendo al programma un suo divertissement in un atto, Il dottore amoroso. Trionfarono nel 1659 Le preziose ridicole, commedia in un unico atto che ironizza sugli eccessi del preziosismo. Seguirono Sganarello o il cornuto immaginario (1660) e la commedia eroica Don Garcia di Navarra o il principe geloso (1661). Dopo La scuola dei mariti (1661) e Gli importuni (1661), M. trionfò con La scuola delle mogli (1662), commedia satirica che prende di mira l'educazione tradizionale delle giovani e che, nonostante l'intelligente protezione di Luigi XIV, suscitò violente polemiche alle quali M. replicò con La critica della scuola delle mogli e con L'improvvisazione di Versailles, entrambi del 1663. Il primo è un atto unico che rappresenta la discussione sulla commedia oggetto di critiche. Nel secondo M., ricorrendo all'espediente del teatro nel teatro, mette in scena la sua compagnia durante una prova, affidandole l'esposizione della sua teoria riguardo all'arte drammatica e al ruolo dell'attore: abolizione dell'enfasi dalla recitazione ma spontaneità e verità con l'obiettivo di divertire. Per le feste regali del 1664 compose due commedie-balletto, ovvero Il matrimonio per forza e La principessa di Elide con musiche di G.B. Lulli. Nello stesso anno M. rappresentò la commedia Tartufo, satira pungente dell'ipocrisia imperante che, a causa delle violente reazioni di disappunto che suscitò, non poté più essere messa in scena fino al 1669, quando apparve modificata rispetto all'originale. Dopo il Don Giovanni o il convito di pietra (1665), fece rappresentare una nuova commedia di carattere, Il misantropo (1666), in cui la memorabile figura di Alceste, isolato dal mondo a causa della propria intransigenza morale, si colloca al limite del tragico in quanto è consapevole del suo modo di essere. Tra le altre opere di M., tutte cariche di quella acuta ironia che l'autore seppe applicare agli avvenimenti e ai protagonisti della quotidianità elevandoli al rango di eventi e personaggi-tipo, ricordiamo: Il medico per forza (1666), Anfitrione (1667), Georges Dandin e L'Avaro (1668) che riprende il tema dell'Aulularia plautina, Il borghese gentiluomo (1670), bonaria presa in giro delle manie nobiliari di un borghese arricchito, Le furberie di Scapino (1671), ricca di divertenti trovate, infine Le donne saccenti (1672). Morì sulla scena mentre rappresentava Il malato immaginario (1673), incentrato sulla figura dell'ipocondriaco Argan (Parigi 1622-1673).