(dal greco
mnéme: memoria). Insieme delle tecniche e degli
artifici messi a punto per potenziare le capacità della memoria, in modo
tale da ricordare anche particolari poco significativi, o insiemi molto vasti di
nozioni difficilmente associabili fra loro. Fra gli espedienti riconducibili
alla
m. vi è quello di mettere in versi ciò che si deve
ricordare, oppure quello di sfruttare l'assonanza fra parole facilmente
ricordabili (siano esse dotate di significato o meno) e ciò che si vuole
ricordare. L'origine della
m. è molto antica, e la sua importanza
e diffusione nel mondo classico furono strettamente collegate a motivazioni di
ordine storico e sociale, quali la scarsa diffusione della scrittura e la
predominanza per lungo tempo della dimensione orale della cultura. L'invenzione
della
m. viene fatta risalire tradizionalmente al poeta greco Simonide di
Ceo, il quale avrebbe escogitato una tecnica di intensa visualizzazione in grado
di potenziare la capacità della memoria. La
m., codificata in
regole, passò al mondo romano, dove venne ritenuta una delle doti
fondamentali del buon oratore; come tale viene trattata nel
De oratore di
Cicerone, nella
Istitutio oratoria di Quintiliano e nella
pseudo-ciceroniana
Rhetorica ad Herennium. In questi testi la
m.,
detta anche
memoria artificiale è considerata uno strumento
dell'arte retorica: l'oratore deve escogitare i "luoghi", formare le "immagini"
dei fatti e delle nozioni da ricordare e collocare tali immagini nei luoghi.
Passata al mondo medioevale attraverso la trattatistica latina, la
m.,
trovò, grazie ad autori come Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, il suo
fondamento teorico nella psicologia aristotelica. In questo modo la
m.
uscì dall'ambito puramente retorico per inserirsi in una più vasta
tematica filosofica. Nel corso del Trecento, l'interesse per la
m. fu
principalmente di carattere tecnico-pratico: si trattava di sviluppare le regole
della disposizione dei luoghi e della formazione delle immagini allo scopo di
incrementare le facoltà mnemoniche. È fra il Cinquecento e il
Seicento che la
m. acquisì un significato molto più ampio
di quello di semplice tecnica al servizio della memoria, inserendosi in una
più vasta problematica di tipo filosofico-speculativo. Da un lato, con
autori come G. Bruno, J. Spangerbergius, C. Rosselli, la
m. entrò
a far parte di una concezione del mondo magico-platonica, in cui influirono i
testi ermetici, cabalistici e astrologici. Dall'altro, con la rinascita del
lullismo, la
m. si ricollegò alle problematiche della costruzione
di una scienza suprema che fosse in grado di pervenire a una conoscenza totale
del reale. In autori quali Giulio Camillo, Agrippa di Nettesheim, Giovan
Battista della Porta, fino ad arrivare a Leibniz, la
m. diventò
una sorta di
logica memorativa in grado, non solo di esaminare e
classificare gli enunciati delle varie scienze particolari, ma anche di
costituire essa stessa una sorta di enciclopedia dell'intero scibile.