Med. - Tolleranza acquisita da un organismo nei confronti di un veleno mediante
l'assunzione ripetuta di quantitativi crescenti del veleno stesso. È
distinto dall'assuefazione in quanto dipende da modificazioni che si verificano
nel punto di somministrazione e non da adattamento dell'intero organismo. Il
nome deriva da Mitridate VI Eupatore, re del Ponto, che, secondo la tradizione,
temendo d'essere avvelenato, aveva abituato il proprio organismo, mediante dosi
sempre maggiori, a sopportare alcuni veleni.