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Mito.

(dal greco mythos: parola, discorso, racconto). Narrazione fantastica riguardante le gesta di dei ed eroi. ║ Per estens. - Idealizzazione di un avvenimento o di un personaggio storico con caratteri straordinari. ║ Idea, dottrina che funge da guida per l'azione storica di un gruppo. ║ Tematica che in un'opera, o in autore, assume particolare rilevanza. • Filos. - Discorso a-logico (e perciò falso) contrapposto a quello razionale e vero dell'episteme (filosofia e storia). • Encicl. - Fra Ottocento e Novecento, nel grande fervore di studi sul sacro, il m. ha ricevuto varie interpretazioni, essendo visto, di volta in volta, come narrazione e struttura religiosa fondamentale, momento di fondazione delle istituzioni sociali, forma di pensiero eterogenea e contrapposta a quella logico-scientifica. L'elemento caratterizzante del m., ciò che lo distingue dalla leggenda o dalla favola, è la sua dimensione religiosa. Il suo contenuto di verità è garantito sacralmente; quando questo fondamento religioso viene meno il m. si degrada in leggenda. Tempo e spazio del m. si collocano al di là della storia e ne diventano fondamento. Questa alterità della dimensione del m. è spesso accentuata dal suo legame con il pensiero magico: gli elementi naturali e le cose sono dotati di vita, e fra il mondo umano e quello divino non esiste soluzione di continuità. Tale continuità si rinnova grazie al legame fra m. e rito: molte cerimonie rituali non sono altro, infatti, che la drammatizzazione di racconti mitici. Svariati sono i temi che il m. può affrontare: nascita e vicende fra gli dei, creazione del mondo e dell'uomo, origine di particolari fenomeni naturali, o culturali (invenzioni o norme di condotta morale). Se la maggior parte dei m. riguardano il passato, esistono anche m. escatologici, che narrano delle cose a venire: in questo caso è il futuro a dare sostanza al presente. ║ Le origini della scienza del m.: alla ricerca di una spiegazione causale e razionale del Tutto, la filosofia greca nasce proprio come contrapposizione e superamento del m. In tal modo essa si pone, fin dai suoi albori, il problema della spiegazione del m. Nell'antichità classica il primo e più rilevante tentativo di interpretazione del m. fu compiuto da Senofane di Colofone (intorno al 540 a.C.), secondo cui i m. sono frutto dell'immaginazione dell'uomo che concepisce gli esseri divini a propria immagine e somiglianza. Secondo l'interpretazione umanistico-utilitaristica del sofista Crizia, si trattava di invenzioni di uomini ingegnosi e potenti che volevano con essi infondere nel popolo il timore degli dei per indurlo a una maggiore obbedienza e distoglierlo dalle violenze. Platone condivide ed estremizza la critica filosofica alla mitologia tradizionale: il m. sta alla filosofia come l'opinione alla scienza, o l'impressione sensibile alla certezza razionale. Ciò nonostante egli riconosce una funzione "filosofica" del m. : ci sono argomenti inattingibili per il potere del logos, di cui solo le immagini del m. sono in grado di dare un'intuizione. Secondo Evemero (secc. IV-III a.C.) i m. sono la narrazione fantastica di fatti e gesta compiuti da re e da eroi storicamente esistiti. Il pensiero cristiano medioevale, se da un lato riprende l'evemerismo, dall'altro, nella sua profonda avversione per la mitologia pagana, considera i m. come falsificazioni, spesso di origine diabolica, dell'unica verità contenuta nella Sacra scrittura. Da sottolineare, tuttavia, come, fin dal V sec. a.C., al razionalismo di Evemero si contrapponga un'interpretazione di tipo allegorico (con Ferecide, Acusilao di Argo e il Neoplatonismo), secondo cui i m. celerebbero, attraverso le loro immagini, profonde verità morali. Idea, questa, ancora presente nel pensiero di F. Bacone, e contro cui combatté G.B. Vico, autore, a partire dal quale, si può datare la nascita della moderna scienza del m. Egli rivendica l'autonomia di questa forma di pensiero: il m. non è altro che la rappresentazione fantastica della realtà, che nasce come bisogno spirituale dell'umanità primitiva. Espressione genuina della rappresentazione del mondo delle prime civiltà, esso non cela nessuna verità nascosta, ma si configura come un insieme di materiali di valore storico-sociologico. ║ Il m. fra Illuminismo e Romanticismo: la diffusione dei resoconti di viaggiatori nei continenti extra-europei, da un lato, insieme alle riflessioni sulla cultura selvaggia di J.-J. Rousseau, contribuirono ad accrescere l'interesse degli Illuministi verso il m., allargandone anche la riflessione con riferimento alle civiltà extra-europee. Si affermarono, intanto, a cavallo fra Settecento e Ottocento, due indirizzi di pensiero che, pur evolvendosi nel corso del tempo, arrivano fino ai giorni nostri. Il primo indirizzo di tipo razionalistico, che ha il suo massimo esponente in C.F. Dupuis, cerca di "spiegare" il m., intendendolo come portatore di una verità diversa, anche se non eterogenea, rispetto a quella del pensiero razionale. Il secondo indirizzo, che si può definire ermeneutico, è invece interessato alla "comprensione" del m. È questa la via seguita da F.W.J. Schelling e da G.F. Creuzer. Quest'ultimo, esponente nel Romanticismo mistico, vede nel m. la veste esteriore di eterne verità riguardanti l'uomo e il mondo, attingibili attraverso l'intuizione e non con il pensiero razionale. ║ Pensiero mitico e pensiero razionale: di grande rilievo storico è l'interpretazione dello storico delle religioni M. Müller, fondatore della scuola di mitologia comparata. Basandosi sullo studio del linguaggio e dei m. di area indoeuropea, Müller conclude che la mitologia è una sorta di malattia del linguaggio: i m. sono espressioni spontanee della fantasia popolare che tende a personificare le impressioni tratte dai fenomeni della natura. Gli aggettivi che qualificano tali fenomeni si separano poi dal loro significato originale e vengono concepiti come nomi di divinità personali (numina nomina). Contro questo tipo di indirizzo naturalistico si pone il pensiero di E. Cassirer, rivendicando l'autonomia del simbolismo mitico: esso è, infatti, irriducibile alle categorie del pensiero logico, possiede un proprio mondo e una propria sfera di verità. Il legame fra pensiero logico e pensiero mitico è anche al centro degli studi di W. Wundt, secondo cui il m. è un prodotto dell'immaginazione: esso appartiene a quella sfera emozionale e rappresentativa che chiama "appercezione mitica". Nel m. non è pertanto da ricercare alcun contenuto di verità, in quanto alla base dell'appercezione mitica c'è un fondamentale equivoco: quello della trasformazione di prodotti psicologici individuali in contenuti oggettivi. Anche gli studi di L. Lévy-Bruhl risultano particolarmente attenti alla dimensione psicologica: l'invenzione mitica rappresenta la storia sacra delle società primitive in cui predomina la carica mistica di rappresentazioni collettive. I m. narrano eventi realmente accaduti in un tempo e uno spazio che, tuttavia, non è quello attuale. Il problema che si pone è quindi quello di determinare cosa si debba intendere per realtà, il che può essere risolto solo sul piano psicologico. ║ M. e psicanalisi: rilevante è il contributo dato dalla psicanalisi all'interpretazione dei più famosi m. dell'antichità greca. Secondo Freud, come il sogno traduce movimenti psichici profondi con un linguaggio che è possibile decodificare, così il m. comunica, velandole, tendenze collettive inconsce. È questo il senso che Freud ha visto nel m. di Edipo, che disvelerebbe una fase di sviluppo critico dell'intera umanità. La scienza dei sogni, in questo modo, fornisce a etnologi e antropologi gli strumenti per passare dal contenuto manifesto a quello latente del m., sancendo il legame fra strutture psichiche individuali e strutture sociali. Sul problema dell'interpretazione dei m. si concentra anche C.G. Jung, il quale considera il m. come l'espressione concreta dell'inconscio collettivo che si trasmette, per simboli e immagini, nel substrato della coscienza, interessando la vita psichica anche dei popoli più progrediti. Se, da un lato, Jung si serve dello studio dei m. per sostenere la sua tesi dell'esistenza dell'inconscio collettivo, e degli archetipi (che troverebbero una conferma nella somiglianza tra molti sogni e il contenuto di vari m.), dall'altra, la teoria junghiana fornisce agli antropologi gli strumenti per spiegare le affinità fra m. di popolazioni fra loro lontane nello spazio e nel tempo. ║ Il m. fra scuola storico-culturale e fenomenologia: con la scuola antropologica di E.B. Tylor il metodo comparativo viene esteso anche ai popoli primitivi non indoeuropei. Seguendo le teorie evoluzionistiche, Tylor identifica il m. con una fase primitiva del pensiero, alla ricerca di una spiegazione degli eventi naturali; le affinità che si ritrovano nei m. di tutto il mondo vengono spiegate sulla base della teoria evoluzionistica, secondo cui le fasi di sviluppo dell'umanità sono identiche. A questa teoria detta della convergenza si contrappone, con la scuola storico-culturale, quella della diffusione che, se da un lato, cerca di spiegare storicamente le somiglianze fra le varie mitologie, è comunque maggiormente interessata a sottolinearne le differenze. Influenzato da questo indirizzo, è anche il funzionalismo di B. Malinowski. Egli sostiene che il m. è una storia narrata per stabilire una credenza, un rituale, o una norma dell'agire morale: attribuendo fondamento metastorico a riti e norme di condotta sociale, il m. svolge un ruolo sociale di estrema importanza. Grande attenzione allo studio dei m. è dedicata anche dalla scuola fenomenologica con R. Otto. Egli considera il m. come una categoria del sacro nella sua apparizione storica. Elementi e fenomeni naturali vengono considerati dall'uomo primitivo come viventi, non tanto per un'ingenua credenza animistico-panteistica, ma perché egli riconosce la vita anche fuori di sé, ovunque vi sia un principio di attività. Gli oggetti diventano a loro volta divini, e quindi mitici, quando si inseriscono nella categoria del "numinoso". Legate alla scuola fenomenologica sono anche le teorie di M. Eliade e di K. Kérenyi. Il primo considera il m. come una delle fondamentali manifestazioni del sacro; come ogni ierofania esso possiede sia un valore storico, che un valore archetipale universale: il suo ruolo precipuo è quello di fornire un fondamento extra-temporale ai riti, e comunque a ogni azione umana significativa. Kérenyi, influenzato sia da Otto che da Jung, sostiene che il materiale del m. viene elaborato dalla fantasia mitopoietica secondo regole proprie, che non sono riconducibili né all'evoluzione storica, né alle strutture sociali. Compito fondamentale del m. è quello di collocare l'uomo nel suo cosmo conferendo senso alla sua esistenza. Nel m. l'elemento umano e quello cosmico sono uniti in un'unità archetipica alla quale si può accedere solo tramite "l'ascolto" e l'"intuizione fenomenologica": attraverso esse ci si ricongiunge al senso che l'uomo ha dato, fin dalle origini, alle esperienze fondamentali della sua esistenza (nascita, morte, dolore, ecc.). Alla lettura scientifica dei m. ha dato notevole impulso lo Strutturalismo di C. Lévi-Strauss, secondo cui ad essere significativa è solo la struttura del m., a prescindere dai singoli elementi (personaggi, azioni, ecc.) che lo compongono. In tal modo l'attenzione si sposta anche dal singolo m., alla mitologia nel suo insieme. ║ M. e società contemporanea: con riferimento a situazioni storiche recenti, a ideologie e a organizzazioni di massa, il termine è usato prevalentemente per esprimere un giudizio negativo e polemico, volendo significare che ciò di cui si parla ha assunto un valore simbolico-religioso. Il sociologo francese R. Barthes, a metà degli anni Cinquanta, ha mostrato la notevole diffusione del m. nella società contemporanea, intendendo come tale ogni segno che sia soggetto alle leggi del linguaggio e sia volto alla deformazione e alla trasformazione della storia in natura. La creazione di tali m. contemporanei (divismo, erotismo, tifo sportivo, ecc.), diffusi attraverso i moderni strumenti di informazione è, secondo Barthes, necessaria per la conservazione dell'ideologia borghese che, mediante un atto di imbalsamazione della realtà, tende a trasformare ciò che è contingente in assoluto e immutabile, portando a un arresto del processo creativo della storia. Anche E. Cassirer si è a lungo soffermato sui m. del nostro tempo, non nascondendo paura e diffidenza, giustificate dalle distruzioni prodotte nel tessuto della civiltà dai nuovi m. dell'eroe, della razza, della guerra, ecc. Inoltre, il ritorno del m. nel XX sec. presenta caratteri del tutto nuovi. Infatti, mentre il m. tradizionale è descritto come il prodotto di un'attività inconscia o di una libera funzione fabulatrice, i m. politici moderni non si sviluppano liberamente, ma sono fabbricati artificialmente con l'adozione di particolari tecniche di manipolazione. Questa forma di m. è quindi, secondo Cassirer, un triste artificio, avente funzione paragonabile a quella di una droga adoperata per distruggere sistematicamente l'esercizio libero e critico della ragione. Dalla filosofia del m. si passa così alla patologia in cui la coscienza mitica, anziché essere genuinamente creatrice, si presenta come una coscienza alienata e artefatta. Nell'ambito degli studi storici e ideologici, si è parlato di m. con riferimento particolare alla filosofia sociale di G. Sorel, secondo la quale tutti i grandi movimenti sociali, come per esempio il Cristianesimo, sono riusciti a imporsi sulla scia di un m. Pertanto, analizzare un m., oppure ricercarne la verità o chiedersi se esso sia o no attuabile, non ha alcun senso. Il m. è, in sostanza, un'immagine che offre la coesione ed è l'impulso che dà a un gruppo la possibilità di mettere le sue forze in gioco. La necessità di una sopravvivenza della coscienza mitica nella nostra società è sostenuta da G. Gusdorf. Egli vede nell'uomo moderno due alienazioni possibili, l'alienazione nei nuovi m. propri di una società massificata, e l'alienazione nell'intelletto. La demitizzazione dell'esistenza conduce alla alienazione intellettuale, propria dello scienziato, del tecnico, del filosofo. Il m., come ha largamente dimostrato la psicanalisi, rappresenta un'esigenza vitale dell'uomo.