(dal latino
miraculum: cosa meravigliosa). Fenomeno empirico
straordinario che trascende le leggi della natura e il principio di
prevedibilità. Per la teologia cattolica è quindi attribuibile
all'intervento di Dio. ║ Per estens. - Impresa eccezionale, straordinaria.
• Filos. - Nell'antichità classica il
m. era un fatto
straordinario o inspiegabile in cui si manifestava la volontà divina. A
partire da sant'Agostino e per tutto l'Alto Medioevo, quando dominò una
concezione della natura intesa come manifestazione della volontà di Dio,
il
m. venne considerato "naturale" quanto ogni altro fenomeno fisico,
solo più raro ed eccezionale. Con maggiore fondamento si poté
parlare di
m. quando la filosofia iniziò l'interpretazione della
natura (
physis) sulla base di leggi fisiche sue proprie. Quando dunque
nel XII e XII sec. si ritornò alla fisica aristotelica che aveva un
concetto di natura che escludeva ogni concezione teologica, anche la definizione
di
m. cambiò: la natura risponde a sue proprie leggi e il
m. emana direttamente dalla causalità divina. La concezione
tomistica venne ripresa dai teologi posteriori e accettata dalla dottrina
cattolica: i
m. sono fenomeni che esulano dall'ordine naturale e trovano
la loro ragione d'essere nella volontà di Dio. Con l'aristotelismo
rinascimentale e soprattutto con l'affermarsi della scienza moderna, il mondo
fisico, quale viene percepito dai sensi, venne considerato il più
semplice ma non l'unico che si potesse immaginare: esso ubbidisce alle proprie
leggi. La natura risponde cioè a un ordine necessario e il
m.
rappresenta un'eccezione a quest'ordine e quindi viene negato come tale o
ricondotto a un evento insolito ma conforme all'ordine naturale. Pomponazzi, ad
esempio, ammetteva i
m. come fatti inconsueti ma rientranti nell'ordine
delle cose. Spinoza, nel suo
Tractatus teologico-politicus, sostenne che
per
m. deve intendersi un'opera della natura che vada al di là
dell'intelligenza umana e che Dio si può meglio conoscere proprio
dall'ordine e dalla necessità della natura che non dai cosiddetti
m. Anche Hume, pur partendo da assunti diversi, negò la
possibilità del
m.: il
m. rappresenta una violazione della
legge naturale, determinata da Dio spontaneamente o per intervento di qualche
mediatore invisibile. Dopo Hume, e le successive limitazioni del concetto di
legge naturale, non è stato facile definire il
m. dal punto di
vista della scienza o della filosofia. Per Kierkegaard il
m. deve
rimanere oggetto di fede, dal momento che un
m. comprensibile finisce di
essere un
m. • Rel. - Tutte le tradizioni religiose, da quella
cristiana a quella buddhista, ammettono il
m. Nell'Ebraismo il
m.
serve a manifestare la potenza infinita di Dio e la scelta del popolo d'Israele
come popolo eletto. Nel Nuovo Testamento molti
m. sono imperniati sulla
figura di Gesù e servono a rivelare la sua missione salvifica sulla
terra, sono quindi intesi come "segni" della sua divinità. Il dono di
compiere
m. viene trasmesso da Gesù ai suoi discepoli e la storia
del Cristianesimo è piena di figure di santi che possono operare
m. Nella religione cattolica si intende per
m. ogni fatto
sensibile dovuto a un intervento diretto di Dio, al di là delle
possibilità della natura, nel senso di non negarne le leggi ma di
sospenderne l'operabilità. La possibilità del
m. suppone
quindi l'esistenza di Dio e la possibilità che egli intervenga
direttamente e soprannaturalmente nel corso della natura. Mentre le Chiese
protestanti escludono nel
m. l'intervento dei Santi e della Vergine, per
la Chiesa cattolica è la loro intercessione che fa intervenire la potenza
miracolistica di Dio. Dal momento che per la Chiesa cattolica il
m.
è segno della santità di coloro per intercessione dei quali si
attua, esso costituisce una prova nelle cause di beatificazione e
canonizzazione. Infine l'Islamismo, in polemica con il Cristianesimo, nega che
Maometto abbia bisogno di operare
m. per provare la veridicità
della sua missione: la rivelazione del Corano è un segno sufficiente.
• Teat. - Nella storia del teatro, si intende per
m. il dramma
sacro medioevale di origine francese, le cui vicende venivano risolte
felicemente da miracolosi interventi divini, ottenuti per intercessione della
Vergine o dei santi. Nato in Francia verso la fine del sec. XII, mantenne qui
una sua identità ben precisa fino alla fine del XVI sec. Il primo esempio
è dato dal
Jeu de saint-Nicolas di Jean Bodel d'Arras, seguito dal
primo di una lunga serie di
m. mariani (il
Miracle de Théophile
di Rutebeuf) tra i quali spicca la raccolta dei
Miracles de la Sainte
Vierge di Gautier de Coincy. In Spagna troviamo qualcosa di analogo nel
Liber Mariae di Gil de Zamora e nei
Milagros de Nuestra
Señora di Gonzalo de Berceo. In Italia questo genere letterario
confluì ben presto nella
sacra rappresentazione, mentre in
Inghilterra il
miracle play, dramma sacro in volgare, ebbe una propria
particolare evoluzione.
"Il miracolo" di Mons. Ernesto Pisoni