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Minore.

(dal latino minor: minore). Più piccolo; si usa come comparativo di piccolo nei vari significati di questo aggettivo. Suo contrario è maggiore. Preceduto dall'articolo determinativo, ha valore di superlativo relativo. ║ La persona più giovane o gerarchicamente meno importante. ║ Aggiunto al nome di un personaggio, serve a distinguere quest'ultimo da un omonimo vissuto in epoca precedente: Catone M. è Catone Uticense, in rapporto al più antico Catone il Censore. ║ Unito al nome di un artista, ne indica le opere secondarie e meno significative se poste in relazione con il suo capolavoro: curare l'edizione del Boccaccio m. (con lo stesso significato, si parla delle opere m. di Boccaccio). ║ Arti m.: nel Medioevo, quelle dei fabbri, dei calzolai, dei legnaioli, dei fornai, ecc. Oggi, con altro senso: le arti applicate, traduzione approssimativa del termine tedesco Kunstgewerbe, che fu usato in passato per indicare le miniature, gli arazzi, l'oreficeria, l'intarsio, ecc. L'espressione, che rimane nell'uso come categoria di comodo, implicava nella storiografia artistica del passato un pregiudizio negativo su questi prodotti artistici, in confronto a quelli delle arti maggiori (pittura, scultura, architettura, musica). • Mus. - Attributo che viene riferito a un particolare tipo di scala, e agli intervalli, accordi e modi ad essa relativi. M. è detto in musica uno dei due modi del sistema musicale tonale (l'altro è il maggiore). ║ Scala m. è la serie melodica di otto suoni costituita dalla successione ascendente dei seguenti intervalli: un tono, un semitono diatonico, quattro toni e un semitono diatonico. • Mat. - Relazione d'ordine tra grandezze omogenee, espressa dal simbolo <. • Astron. - Pianeti m.: i corpi celesti interni all'orbita terrestre: Mercurio, Venere, Luna. ║ Circoli m.: i paralleli, in quanto contrapposti al circolo maggiore rappresentato dall'Equatore. • Rel. - Frati m. (Ordo fratrum minorum): i religiosi dell'ordine francescano; così lo stesso san Francesco d'Assisi volle chiamare in segno di umiltà gli appartenenti all'ordine dei frati mendicanti da lui fondato (et nullus in vita ista vocetur prior, sed generaliter omnes vocentur fratres minores). Il nome di m. appartiene a tutti e tre i rami che ancora oggi esistono dell'ordine francescano (frati m., m. conventuali, m. cappuccini), ma designa più specificamente il primo. ║ Ordini m.: nella Chiesa cattolica, i gradi inferiori della gerarchia ecclesiastica, distinta in ordini maggiori e ordini m. Sono l'ostiariato, il lettorato, l'esorcistato, l'accolitato. ║ Scomunica m.: quella in cui una persona può incorrere senza che la Santa Sede l'abbia scomunicata nominalmente. • Log. - Nella terminologia della logica formale, si dice m. il termine estremo del sillogismo e la premessa che lo contiene. • Dir. - M.: usato in senso assoluto, il termine indica nel linguaggio giuridico un soggetto di età inferiore a 18 anni che, per la sua non completa maturità fisica e psichica, ha una capacità di agire limitata ed è soggetto alla patria potestà dei genitori o, nel caso in cui questi non esistano più o siano impediti, alla cura di un tutore. Il fondamento della condizione giuridica minorile viene individuato nell'esigenza di protezione di un soggetto che deve considerarsi, nella media dei casi, impossibilitato a curare proficuamente i propri interessi. Il m., pur essendo soggetto di diritti e membro della collettività sociale a tutti gli effetti, non ha la facoltà di esercitare tali diritti da solo, e pertanto è affidato alla cura di una persona giuridicamente capace, che agisce in nome suo e nel suo interesse, quale si presume essere appunto il genitore o il tutore. Se il m. ha fatto da sé un atto per il quale doveva essere assistito dal curatore, l'atto può venire dichiarato nullo o di nessuno effetto. Qualora commetta atti giuridicamente illeciti, o non ne risponde o ne risponde solo in misura limitata. • St. del dir. - Il termine dell'età m. e il trattamento giuridico di questa variano nei diversi luoghi e tempi. Nel più antico diritto romano, era considerato incapace di agire e quindi posto sotto la protezione di un tutore solamente il soggetto maschio impubere sui iuris, cioè non sottoposto alla patria potestas, in base al presupposto che la piena capacità di agire si raggiungesse con la pubertà; a partire dall'epoca delle guerre puniche però, con lo svilupparsi dei rapporti commerciali, la piena capacità giuridica concessa a chi aveva appena varcato la soglia della pubertà apparve pericolosa, cosicché il limite della m. età venne fissato a 25 anni, limite confermato poi dalle fonti per tutta la durata della storia romana. In questo arco temporale tuttavia si distinguevano tre fasi: la prima fase comprendeva l'infanzia fino ai 7 anni, epoca in cui il fanciullo non poteva compiere nessun atto senza l'intervento del tutore; la seconda giungeva fino alla pubertà, fissata per legge a 14 anni per i maschi e 12 per le femmine; in questo periodo al m. veniva riconosciuto il diritto a contrarre validamente da solo qualsiasi negozio giuridico, ad eccezione del matrimonio e del testamento, per i quali era necessario l'assenso del tutore. Tra i 14 e i 25 anni la libertà d'azione dei m. era ancora parzialmente limitata da clausole in difesa dell'inesperienza e a protezione di eventuali danni, soprattutto commerciali, che potessero ricadere sul m. in conseguenza di qualche sua azione avventata; con il compimento del 25° anno, però, aveva termine definitivamente la m. età per l'uomo, mentre la stessa cosa non si verificava per le donne, che rimanevano perennemente sotto tutela. Nell'antico diritto germanico la m. età cessava con la vestizione delle armi e non era vincolata al raggiungimento di un'età particolare. I Longobardi la fissarono invece prima ai 12 anni, e successivamente ai 18. Nell'età feudale il limite della m. età variava a seconda della classe sociale di appartenenza, dal momento che per le classi elevate al raggiungimento della maggiore età era congiunto l'obbligo della milizia. Per quanto concerne infine la imputabilità del m., mentre il diritto romano prevedeva delle limitazioni alla comminazione di pene ai minorenni (per cui l'impubere che avesse superata l'età dell'infantia, era imputabile per i delicta, ma non per gli atti illeciti penali regolati dallo ius honorarium), secondo i diritti barbarici l'età, qualunque essa fosse, non valeva a escludere la responsabilità penale, e a quanto sembra nemmeno le pene corporali. La tradizione latina e i principi della Chiesa, peraltro, influirono beneficamente sull'attenuazione della severità delle norme previste dal diritto barbarico: le leggi ammisero l'irresponsabilità totale dei m. di anni 10 o 12, mentre la sorte degli altri fu rimessa di volta in volta al giudizio dei periti. • Dir. civ. - Nell'ordinamento giuridico italiano, il limite dei 18 anni di età è stato introdotto nel 1975, con la L. 8-5-1975, n. 39. In precedenza tale limite era fissato a 21 anni, anche se il soggetto era ritenuto penalmente imputabile a 18. Sia l'uomo che la donna possono essere autorizzati, previo consenso di chi esercita la patria potestà, a contrarre matrimonio al compimento dei 16 anni; sempre a 16 anni, il m. può effettuare il riconoscimento di un figlio naturale e chiederne la legittimazione al giudice; il sedicenne, inoltre, ha il diritto di essere sentito ai fini della nomina del tutore, e ha la capacità di compiere tutti gli atti giuridici relativi alle opere da lui create (per esempio, essere titolare dei diritti di autore) e di esercitare le azioni che ne derivano. Per tutti questi motivi si è parlato di una semicapacità del soggetto ultrasedicenne. Dalla normativa attualmente in vigore emergono elementi di autonomia del m. molto più significativi che nel passato. Ad esempio, per quel che concerne la posizione del m. all'interno della famiglia, l'art. 147 del Codice Civile stabilisce che l'attività educativa dei genitori deve svolgersi "tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni dei figli". La legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza prevede per la donna m. la possibilità di abortire seguendo una procedura del tutto analoga a quella seguita per la donna maggiorenne, nel caso che ricorrano motivi di urgenza; negli altri casi, previa la autorizzazione del giudice tutelare, ma non necessariamente quella dei genitori. ║ Nell'ambito del diritto del lavoro, quando ancora la legge fissava a 21 anni il limite della m. età, al m. era comunque riconosciuta la capacità di stipulare contratti individuali di lavoro sin dai 18 anni, secondo una concezione giuridica che di fatto avallava lo sfruttamento del lavoro minorile. Il lavoro dei m. è tutelato dall'art. 37 della Costituzione, che garantisce ai m. che lavorano il diritto alla parità di retribuzione a parità di lavoro prestato. Successive disposizioni di legge hanno definito i limiti di età, le tipologie di attività concesse ai m. e le modalità di impiego dei m. a tutela della loro salute. Per quanto riguarda in particolare la capacità lavorativa, la legge vigente fissa a 15 anni il limite minimo per le prestazioni di lavoro (L. 17-10-1967), con abbassamento del limite a 14 anni per i servizi familiari, il settore agricolo e i lavori leggeri (D.P.R. 4-1-1971). In base al D.P.R. 20-1-1976, l'età minima lavorativa è innalzata a 16 anni per i lavori pericolosi, faticosi e insalubri. ║ Adozione di m.: V. ADOZIONE. ║ Affidamento dei m.: V. AFFIDAMENTO. • Dir. pen. - La legge italiana si interessa del m., in primo luogo come soggetto passivo di reato. Tra i reati ai danni di m., assumono particolare rilevanza i seguenti: abbandono di m. (che ricorre quando un m. di 14 anni viene appunto abbandonato da parte di chi ne ha la custodia); omissione di soccorso nei confronti di persone di età inferiore ai 10 anni che siano smarrite o abbandonate; omissione dell'obbligo di fare impartire l'istruzione a persona m. di 14 anni; corruzione di m. (reato che si verifica quando si commettono atti di libidine in presenza di persone di età inferiore ai 16 anni); ratto di m. (che consiste nel sottrarre o ritenere, anche a scopo di matrimonio, facendo uso di violenza, minaccia o inganno, una persona di età inferiore ai 18 anni); sottrazione consensuale di m. (reato punito con la reclusione fino a 2 anni, consistente nella sottrazione, al genitore che esercita la patria potestà o al tutore, di una persona di m. età, che abbia compiuto 14 anni, effettuata col consenso di questa; oppure nella ritenzione del m., sempre dietro suo consenso, contro la volontà del genitore o tutore); violenza carnale e atti di libidine commessi su m. (in questo caso, se il minorenne ha meno di 14 anni, la violenza carnale è presunta). In tutte le ipotesi di reato elencate il m. che ne sia vittima è fatto oggetto di una tutela e di una protezione particolare da parte della legge. Per quanto riguarda invece i m. che commettono reato, il diritto penale sancisce l'assoluta non imputabilità per i m. di 14 anni, che non possono essere sottoposti a nessuna pena, ma solo eventualmente alla misura di sicurezza del riformatorio giudiziario o dell'ospedale psichiatrico giudiziario. Se un reato è stato commesso da un m. di età compresa tra i 14 e i 18 anni, il giudice deve accertare caso per caso se il m. in questione è sufficientemente maturo per rispondere penalmente del reato commesso: in caso di giudizio affermativo, è prevista comunque la riduzione di un terzo della pena sancita dal codice. In altri termini, a carico del m. di 14 anni, autore di un reato, non si può procedere e, ove ciò avvenga, il giudice deve emettere pronuncia di proscioglimento o di assoluzione, trattandosi di persona non imputabile; il m. di 18 anni, qualora sia stata dimostrata la sua capacità di intendere e volere e sia stato riconosciuto imputabile, può essere condannato, ma con pena diminuita. La tendenza generale dell'ordinamento penale è tuttavia quella di evitare che il m. riconosciuto colpevole sconti effettivamente la condanna, in considerazione dei danni che l'ambiente carcerario può provocare su una personalità non ancora matura e pienamente formata. A tale fine esiste l'istituto del perdono giudiziale, disciplinato dall'art. 169 del Codice Penale, che prevede in pratica l'estinzione del reato se la pena che dovrebbe essere inflitta non supera i 2 anni di reclusione; altri istituti finalizzati ad evitare la reclusione carceraria del m. sono quelli della condizionale (che per i m. copre fino a 3 anni di reclusione), dell'affidamento in prova al servizio sociale, che consiste nella conversione della pena detentiva in un periodo di prova in libertà (per condanne fino a 3 anni di reclusione), e della detenzione domiciliare presso la propria abitazione (L. Gozzini, 10-10-1986), per pene detentive non superiori ai 2 anni e quando sussistano comprovate esigenze di studio, salute o lavoro. Nei confronti del m. non può essere applicata la pena dell'ergastolo. ║ Tribunale dei m.: V. MINORENNE.