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Mimèsi.

(dal greco mímesis: imitazione). Imitazione, riproduzione di voci, gesti e comportamenti altrui, tipico della teatralità, e di oggetti, propria dell'arte figurativa. • Filos. - Il termine fu utilizzato da Platone per indicare la relazione esistente tra le cose sensibili e le idee. Le prime, secondo il filosofo greco, sono solo imitazioni, copie imperfette delle seconde, mere immagini. La capacità mimetica o poietica, intesa come produzione di immagini, è propria sia degli dei (per esempio i sogni), sia degli uomini, e si manifesta nell'arte figurativa, poetica e oratoria. In questo caso la m. è imitazione del mondo sensibile che a sua volta è riflesso di quello delle idee, cioè un'imitazione di imitazione, perciò sempre più lontana dal vero. Nell'estetica aristotelica la parola m. perse la connotazione negativa platonica: Aristotele, infatti, interpretò l'arte come imitazione della realtà, intesa come idea universale, e parlò della tendenza naturale dell'uomo a "imitare", cioè a creare dei "tipi" possibili, operando similmente alla natura. L'arte venne dunque intesa non come espressione di ciò che fosse dato, ma come espressione di ciò che fosse possibile, come invenzione di concordanze, strutture, ritmi possibili. La concezione aristotelica dell'arte come m. dominò il pensiero sino al XVIII sec. Successivamente, soprattutto per influenza di Kant e di Hegel, prevalse la tendenza a considerare l'arte come libera creazione individuale. L'estetica romantica respinse poi decisamente la teoria della m., affermando il carattere assolutamente originale della creatività artistica. Pertanto l'estetica moderna si è nettamente distaccata dalla concezione aristotelica, ravvisando il compito dell'arte non già nell'imitazione di una realtà esistente in natura, ma nella creazione di una realtà nuova. Il soggettivismo dell'estetica moderna, nella sua preoccupazione di rivalutare la spontaneità e la libertà della creazione artistica, ha sottovalutato l'importanza storica della teoria estetica della m. che, come osserva J. Dewey, non voleva significare che l'arte fosse una "copia" degli oggetti, ma che essa riflettesse le emozioni e le idee connesse alle istituzioni principali della vita sociale. Il problema della m. è tornato a riproporsi nell'arte come problema proprio del realismo contemporaneo.