(o
chiliasmo; dal greco
chiliás: migliaio). Credenza
religiosa propria del Cristianesimo dei primi secoli, ma di chiara ascendenza
giudaica, che esprimeva l'attesa di una nuova venuta di Cristo sulla terra per
instaurare un regno, che sarebbe durato mille anni, di cui avrebbero goduto solo
i "giusti". ║ Per estens. - Attesa messianica di un'epoca futura di
rinnovamento e purificazione del mondo, in cui l'umanità potrà
godere di benessere, prosperità e libertà e che sarà
inaugurata dalla venuta di un profeta riformatore. ║ Credenza, che si
presume diffusa durante il X sec. ma che probabilmente nacque nel XVI sec., che
il mondo sarebbe giunto al suo termine nell'anno 1000. • St. delle rel. -
La convinzione dei cristiani dei primi secoli dell'imminenza della
parusia, cioè della seconda venuta di Cristo, non va confusa con
la credenza millenarista. Secondo il
m., infatti, un regno di Cristo
sulla terra, destinato ai soli giusti e destinato a durare mille anni, si
sarebbe interposto tra la fine del mondo e il momento della resurrezione
universale dei corpi (cioè per tutti gli uomini e non riservata solo ai
giusti) e del giudizio finale. Due erano le principali interpretazioni del
m.: una vedeva in questo regno millenario un tempo di godimento pacifico
da parte dei giusti di tutti i beni temporali; la seconda lo riteneva invece un
tempo di pace spirituale, preludio al godimento della beatitudine eterna. La
dottrina comunque, che rappresentava per così dire una versione rinnovata
del messianismo ebraico ed era intimamente connessa al filone della letteratura
apocalittica (V. APOCALISSE), aveva il suo
fondamento in un passo dell'Apocalisse di San Giovanni (che per altro fu ammessa
nel canone della Bibbia cristiana solo nel IV sec.). Apocalisse 20, 1-6,
infatti, profetizzava una prima sconfitta di Satana in seguito alla quale i
giusti, risorti una prima volta con Cristo, avrebbero con Lui attuato un regno
terreno. Dopo mille anni e dopo un ultimo scontro con Gog e Magog
(personificazione della prova suprema), vi sarebbe stata la seconda
resurrezione, il giudizio e l'avvento della Gerusalemme celeste. L'attesa
millenaristica fu assai diffusa fra i cristiani dei primi secoli; tra i suoi
apologi furono, nel II sec., san Giustino martire e sant'Ireneo; nel III sec.
Commodiano e Tertulliano, che si valse del
m., in cui veniva esaltata la
reale umanità di Cristo e la resurrezione della carne, per opporsi allo
spiritualismo platonico e al docetismo gnostico. Nel IV sec., Apollinare di
Laodicea, Lattanzio, Vittorino di Pattau, Metodio d'Olimpo sostennero tale
dottrina, che in quei secoli era stata accolta anche da movimenti popolari come
il
montanismo (V.), in quanto rispondente
al desiderio di rinnovamento e di giustizia sociale dei ceti più
disagiati. Per il suo carattere sostanzialmente antipolitico e antimperiale e di
implicita disaffezione all'impegno quotidiano, il
m. ebbe oppositori di
grande levatura anche all'interno della Chiesa, ad esempio Origene, che per
primo lo contrastò attraverso un'interpretazione allegorica del racconto
scritturale; Eusebio, che vi si oppose sulla base di valutazioni di carattere
temporale e politico. A Sant'Agostino, che inizialmente aveva dato credito alle
proposizioni millenariste, si deve però l'intervento decisivo per la loro
sconfessione che si fondò sulla lettura allegorica del passo
dell'
Apocalisse, per cui il regno millenario sarebbe da intendere quale
simbolo della Chiesa. Praticamente dissolta già nei secc. IV e V,
frammenti di una dottrina millenarista sono forse riconoscibili in alcune
riflessioni teologiche medioevali, di natura eminentemente escatologica, sia
ortodosse che eretiche o al limite dell'eresia. Si pensi alle profezie di
Gioachino da Fiore o agli eretici dolciniani di fra' Dolcino, o alle meditazioni
di Ubertino da Casale. Una certa attinenza con la credenza millenarista, infine,
è forse riconoscibile in alcune sette anabattiste
(V. ANABATTISTA) del XVI sec. e, più tardi,
nei pietisti (V. PIETISMO). Sul piano dottrinario
non mancarono sostenitori del
m. fra i riformati di Inghilterra, Francia
e Germania, per quanto esso fosse stato condannato come eresia dalla Confessione
di Augusta e da quella elvetica. Per la Chiesa cattolica, invece, teologicamente
il
m. non è un'eresia ma un errore.