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Microelettrònica.

Parte dell'elettronica che riguarda lo studio, la progettazione e la realizzazione di microcircuiti, ossia la miniaturizzazione dei componenti e dei circuiti elettronici. • Encicl. - Negli anni Sessanta l'obiettivo della m. era costituito dalla riduzione di peso e di ingombro dei circuiti elettronici, insieme alla riduzione dei costi dei componenti. Nei decenni successivi i progressi della tecnologia sono stati tali da migliorare l'affidabilità dei circuiti microelettronici e ottenere potenze di calcolo sempre più elevate. La miniaturizzazione ha richiesto anche la trasformazione dei processi di sviluppo e produzione: i dispositivi sono diventati così complessi che anche un singolo microcircuito non può essere più progettato manualmente o creato artigianalmente. Si sono sviluppati parallelamente mezzi e procedure automatizzate, quali i sistemi CAD (Computer Aided Design) e CAM (Computer Aided Manufacture), che supportano i tecnici e i ricercatori rispettivamente nella realizzazione progettuale e nella industrializzazione. Infine il miglioramento dei processi chimici coinvolti nella creazione dei circuiti microelettronici ha permesso una ulteriore evoluzione della m. Le prime realizzazioni significative furono eseguite nel 1958 dalla società americana Texas Instruments. In seguito all'invenzione del transistore bipolare a giunzione BJT, i primi microcircuiti usavano inglobare più transistori sullo stesso componente, collegati tra loro in funzione delle caratteristiche volute per il componente elettronico. In questo modo con un unico processo chimico-fisico era possibile costruire un microcircuito complesso. Questa tecnologia tuttora utilizzata si avvale di substrati, detti lastrine, ricavati da un unico monocristallo cilindrico di silicio mediante tagli perpendicolari all'asse del cilindro stesso. Le giunzioni PN dei transistori sono ottenute con appositi drogaggi del substrato. A questo scopo sulla lastrina è realizzata un'ossidazione superficiale di biossido di silicio, mediante riscaldamento a 1.000 °C; la lastrina viene poi attaccata con acido fluoridrico, al fine di eliminare lo strato di ossido da alcune zone predefinite per formare una maschera che diffonda selettivamente i droganti. L'incisione viene effettuata a partire da uno strato uniforme di emulsione fotosensibile, detto resist, depositato sulla superficie della lastrina, che viene localmente polimerizzato mediante un raggio ultravioletto. Una volta terminata la fase di incisione, la lastrina viene immersa in un solvente di fissaggio e messa in forno per l'essiccazione e l'indurimento delle parti polimerizzate. Successivamente lo strato di resist viene asportato mediante l'azione combinata di processi chimici e meccanici. Il tutto viene poi assemblato con materiali di supporto e involucri di protezione. La tecnologia MOS e MOSFET è simile a quella bipolare, ma utilizza transistori a effetto di campo che hanno il vantaggio di richiedere un minore consumo di potenza. La struttura di un transistore MOS consiste in due regioni fortemente drogate con impurità di nome opposto a quelle con le quali è drogato il substrato e di una zona intermedia, detta canale, che conserva invece le proprietà del substrato e forma due giunzioni con le zone di diffusione adiacenti, detti terminali source e drain; è condizionata dal campo elettrico prodotto da uno strato di polisilicio sovrastante, elettricamente isolato denominato gate. Supponiamo di avere un componente MOS a canale n: una tensione positiva applicata al gate attira gli elettroni presenti nel substrato verso l'interno del canale: quando tale concentrazione diventa sufficiente a bilanciare la barriera di potenziale che si forma alle giunzioni sorce e drain si ha conduzione. Nella tecnologia CMOS vengono create, mediante diffusione, delle zone di drogaggio di nome opposto a quelle del substrato, dette isole, al fine di realizzare contemporaneamente transistori di tipo MOS a canale p e a canale n. La realizzazione industriale dei componenti MOS e CMOS si basa sulla creazione di strutture a strati sovrapposti detti wafer; essi possono essere di tre tipi differenti: diffusione, polisilicio, strati metallici di alluminio. Tutti gli strati sono conduttori ma devono essere isolati tra loro, tranne che nei punti previsti per il contatto, che vengono ottenuti mediante sovrapposizione di apposite maschere per la diffusione e la realizzazione delle piste. L'allineamento delle maschere su ogni strato è fondamentale: ovviamente vi è un margine di errore e questo deve essere tenuto in considerazione in fase di progettazione. Le piste conduttrici dovranno dunque avere una tolleranza, affinché non venga modificata la struttura del componente. La larghezza del canale di un MOS diventa una caratteristica di precisione del componente: minore sarà il valore di tolleranza, più piccolo potrà essere il singolo transistore all'interno del chip e soprattutto minore sarà la dispersione al gate di correnti parassite a vantaggio dei tempi di salita dei segnali a parità di tempo di attraversamento delle porte del transistore. Per quanto riguarda la metodologia di progettazione, fino a qualche tempo fa ci si indirizzava quasi esclusivamente verso la realizzazione di funzioni logiche di uso generale: in questo modo i progettisti di sistemi potevano disporre di tutti i componenti necessari per assemblare un sistema più complesso (gate array) con le funzioni desiderate a partire da componenti base quali integrati, memorie, shift register, ecc., con un minor costo in ricerca e un minor tempo di assemblaggio. Con l'evoluzione tecnologica e la diffusione dei sistemi di calcolo digitali, l'importanza dello studio del microcircuito è diventata fondamentale per affidabilità, compattezza e soprattutto velocità di elaborazione. Si pensi che alcuni microcircuiti sono appositamente progettati fino al livello del singolo transistore. Naturalmente ciò comporta un grosso onere e lunghi tempi di ricerca, ma consente di ottimizzare le prestazioni della struttura da realizzare da tutti i punti di vista. Questa strada è stata intrapresa soltanto dalle grandi industrie o da enti di ricerca, o dove vi è un mercato di microcomponenti con un alto valore aggiunto. La progettazione è diventata sempre più complessa: i sistemi CAD devono soddisfare esigenze dei progettisti sempre più complesse, oltre a una notevole specializzazione. Le principali problematiche toccate dai sistemi CAD riguardano: la simulazione logica, la generazione automatica del layout, l'estrazione dei parametri, la simulazione circuitale, la verifica delle regole di progetto ed infine il collaudo con la generazione di sequenze significative di segnali di ingresso per il microcomponente. In particolare la simulazione logica permette anche di studiare in prima approssimazione i ritardi di propagazione dei segnali al fine di sincronizzare le varie parti del circuito, valutando anche le potenzialità del microcircuito. La simulazione circuitale fornisce una valutazione abbastanza aderente alla realtà delle velocità di elaborazione del microcomponente. Ciò viene effettuato a fronte dell'inserimento nel sistema CAD di tutti i parametri di dispersione del circuito, i potenziali parassiti, i modelli del comportamento elettrico della struttura, dei componenti passivi ed attivi. Quando anche la simulazione al CAD ha dato esito positivo, viene generato il layout (l'insieme di tutti i dati fisici per la realizzazione del componente dalla struttura alle maschere di incisione). Infine, per quanto riguarda il collaudo, i sistemi CAD più moderni forniscono, su richiesta dei tecnici, delle sequenze di collaudo, ottimizzate al fine di ridurre le problematiche di guasto che si potrebbero verificare in futuro: dato che non è possibile effettuare un test esaustivo, per la complessità del microcircuito, è necessario avere delle sequenze significative di segnali da applicare alle porte di entrata del componente e verificarne il comportamento in punti ben definiti nel circuito o alle porte di uscita (design for testing). Il rapporto fra numero totale di circuiti funzionanti rispetto al numero di circuiti costruiti è chiamato resa. Con l'evoluzione tecnologica, si è osservato che un altro elemento fondamentale per la resa sono le condizioni ambientali chimico-fisiche in cui le operazioni sono svolte. Già a livello progettuale vi sono meccanismi di ausilio per studiare i casi di malfunzionamento: ad esempio l'introduzione di architetture fault-tollerant è importante in quei microcircuiti in cui il guasto non deve pregiudicare il buon funzionamento - si pensi ai microcircuiti nei satelliti dove un intervento di riparazione non è ammissibile. Il limite di tali architetture arriva alla autodiagnosi del guasto con la possibilità di riconfigurare il componente in modo da non utilizzare la parte guasta, mantenendo il corretto funzionamento. Un segnale indicativo dell'evoluzione della m. riguarda l'aumento del numero massimo dei transistori realizzati sul singolo chip a pari dimensioni: nel 1965 si superavano i 100 transistori, nel 1970 i 1.000. Oggi si arriva all'ordine dei milioni e sembra che la limitazione non sia più a livello produttivo ma progettuale.