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Metamòrfosi.

(dal latino metamorphōsis, der. del greco metamórphōsis). Nei racconti mitologici, trasformazione di un essere umano, o di un oggetto, in un altro di natura diversa. ║ Per estens. - Cambiamento, modificazione in genere. • Bot. - Modificazioni morfologiche e strutturali, cui vanno incontro la pianta e i suoi organi nel corso dello sviluppo. Il concetto risale a F. Goethe il quale, nel 1790 (La metamorfosi delle piante), ipotizzò che sepali, petali, stami derivassero dalla m. delle foglie. Il nucleo di questa dottrina, che in Goethe aveva un carattere del tutto teorico, fu in seguito confermato da numerosi lavori, che mostrarono come da primordi simili si può giungere, tramite m., a differenziazioni strutturali. La m. può dipendere da un cambiamento funzionale o da un cambiamento ambientale, verificatosi nel corso dell'evoluzione organica. Si distinguono due tipi di m.: quelle generali (che possono riguardare tutti i costituenti del cormo) e quelle speciali (che generano modificazioni di uno solo degli organi interessati). Nell'evoluzione filogenetica di molte piante, l'acquisizione di una funzione diversa da quella tipica ha causato profonde modificazioni della struttura interna e della morfologia dell'organo interessato: è il caso del tubero della patata che, seppur molto diverso dal ramo fogliato di un albero, viene considerato come una m. del fusto, per la presenza di un apice vegetativo di tipo caulinare, per le appendici laterali simili a foglie di dimensioni ridotte e per la struttura anatomica identica a quella tipica dei cauli. • Zool. - L'insieme dei cambiamenti, subiti da taluni organismi animali al termine del loro sviluppo embrionale, che preludono al raggiungimento dello stato adulto e all'acquisizione delle funzioni riproduttive. Questo particolare tipo di sviluppo (che è noto con la denominazione di "indiretto") può comportare trasformazioni molto profonde: spesso, infatti, struttura e modalità di vita delle larve sono estremamente differenti da quelle dell'individuo adulto. Nello sviluppo per m. fra l'embrione e l'individuo adulto (imago) si pongono diverse fasi di passaggio, chiamate stadi o fasi larvali, durante le quali si verificano processi di disfacimento di vecchi tessuti (istolisi), concomitanti alla formazione di nuovi tessuti (istogenesi). Lo sviluppo per m. caratterizza numerosi gruppi zoologici: poriferi, celenterati, crostacei, molluschi, insetti, anfibi, pesci. Si parla di m. graduale quando le trasformazioni avvengono, appunto, in modo graduale nel corso della vita larvale; quando, invece, le trasformazioni avvengono in una particolare fase dello sviluppo larvale, durante la quale solitamente l'animale non mangia e rimane pressoché immobile, si parla di m. catastrofica; si ha m. degradativa quando la struttura finale dell'adulto risulta meno complessa di quella della larva; quando si ha una successione di due o più forme larvali si parla di ipermetamorfosi. • Mit. - Trasformazione di un essere umano, di una divinità, di un animale o di un oggetto in un altro di natura diversa. All'interno dei miti metamorfici si possono distinguere quelli in cui si attribuisce a certi personaggi la capacità di cambiare volontariamente e temporaneamente la propria natura, da quelli in cui, invece, la trasformazione risulta definitiva. Nel primo caso si tratta perlopiù di esseri sovrumani, che in diverse occasioni si manifestano sotto sembianze differenti. Nel secondo caso, invece, si tratta generalmente di uomini che, per punizione o per essere salvati, vengono trasformati dagli dei, o da stregoni, in animali o in oggetti. • Mit. - I miti metamorfici rappresentano il comune denominatore delle mitologie fiorite nelle varie civiltà intorno al grande tema della creazione del mondo. Nella Genesi si narra che "Dio formò l'uomo dalla polvere della terra". Questo stesso concetto ricorre anche nella cultura dell'antico Egitto, che rappresentava il creatore (il dio Khnum) come un vasaio che modella l'uomo dalla creta. Circa la funzione cosmogonica della m. vanno anche ricordati il mito della creazione del mondo da parte di Marduk (principale divinità del pantheon babilonese) che, dopo aver ucciso Tiamat, ne divide il corpo, e con una metà forma il cielo, e con l'altra la terra; o ancora il mito degli antichi Germani, secondo cui la terra è fatta con il corpo del gigante Ymir, il mare con il suo sangue, gli alberi con i suoi capelli, i monti con le sue ossa. La simbologia della m. evoca dunque una dimensione fluida, di eterno dinamismo, di ciclicità, nella quale avviene la sintesi degli opposti. L'idea di una perenne trasformazione, che concilia morte e rinascita, vecchio e nuovo, passato e futuro è presente non solo nelle principali mitologie antiche, ma anche nella tradizione fiabesca, nelle superstizioni e in tutte quelle religioni che vedono nella morte un "passaggio" a forme di esistenza di tipo diverso.