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Mesopotàmia.

Vasta regione dell'Asia occidentale, corrispondente al tratto medio e inferiore del bacino imbrifero dei fiumi Tigri ed Eufrate. Si estende a Sud delle montagne del Kurdistan e si affaccia, a Sud-Est, sul Golfo Persico. Geomorfologicamente si può dire che sia costituita dalla depressione tettonica situata tra i rilievi montuosi dello Zagros e del Tauro Orientale Esterno, e tra i deserti della Siria e dell'Arabia. I suoi confini sono comunque incerti, e in senso stretto comprende soltanto la regione racchiusa tra i due grandi fiumi fino alla loro confluenza. Politicamente appartiene in massima parte all'Iraq, ma lembi non trascurabili si estendono in Iran, in Siria e in Turchia. • Geogr. - La M. comprende due regioni tra loro ben distinte: la Giazira a Nord e l'Iraq al-Arab a Sud; quest'ultima è una pianura alluvionale fertilissima, arricchita dal limo delle inondazioni periodiche. Prima di riunirsi a formare lo Shatt al-Arab, il Tigri e l'Eufrate scorrono suddividendosi in numerosi rami e formando paludi e laghi, il principale dei quali è l'Hor al-Hammar. Nella zona in cui ora si trova la pianura mesopotamica, si estendevano un tempo le acque del Golfo Persico, respinto a Sud dai depositi alluvionali. L'opera di riempimento graduale avvenne in tempi relativamente brevi: basti pensare che ancora nel V millennio a.C., all'epoca delle prime civiltà mesopotamiche, le acque del Golfo Persico si spingevano più a Nord dell'attuale Baghdad, situata a circa 600 km dal mare. Attualmente il ritmo d'avanzamento del grande delta comune allo Shatt al-Arab e al Karum è di circa 3 km ogni secolo. • Econ. - L'economia della M. si basa sull'agricoltura (mais, miglio, riso, datteri, cotone, agrumi), sull'allevamento di ovini e di cammelli, sullo sfruttamento di ricchi giacimenti petroliferi. La notevole abbondanza di acque in una regione di per sé steppica ha creato, lungo i corsi dei fiumi, vaste oasi di palme da datteri. • St. - L'antica M. fu culla di una grande civiltà durata tre millenni e abitualmente nota con il nome di sumero-accadica, perché ne furono protagonisti due elementi etnici diversi: i Sumeri e gli Accadi. I primi, di origini oscure (provenivano forse dai monti situati ad Est), parlavano una lingua propria, non imparentata con altre di cui si abbia conoscenza; essi si stanziarono di prevalenza nella bassa M., fondando città di grande importanza. Gli Accadi, invece, appartenenti sicuramente al gruppo linguistico dei Semiti, provenivano da Ovest (dall'attuale Siria) e si insediarono nella zona centro-meridionale della regione. Tuttavia, sarebbe impossibile creare una netta distinzione tra Accadi e Sumeri, in quanto la civiltà sumero-accadica sorse in gran parte in loco, tra popolazioni già mescolate tra loro; inoltre erano chiaramente avvertibili, in tale civiltà, gli apporti più antichi di altre popolazioni locali designate pre-sumeriche. Ciò che rese possibile la fioritura di una civiltà in una regione circondata da zone depresse fu l'avvento dell'agricoltura, favorita dall'abbondanza delle acque. Nel VI millennio a.C., le attività prevalenti degli abitanti della M. si trasformarono da pastorali in agricole; le popolazioni passarono da una tipologia di vita seminomade a una sedentaria. Si assistette inoltre alla transizione da un'economia di villaggio a una di tipo urbano, accompagnata da un notevole incremento demografico. Questo fenomeno, che interessò la popolazione della regione, venne chiamato rivoluzione urbana. Fulcro di ogni città furono il palazzo reale o il tempio o, più frequentemente, entrambi: lì aveva sede il potere politico e si svolgevano le attività economiche. Intorno alla metà del IV millennio fu introdotto l'uso della scrittura, dapprima pittografica, poi ideografica e sillabica, fino ad assumere il definitivo aspetto cuneiforme. I più antichi documenti (tavolette di argilla) la fanno risalire con certezza ai Sumeri, fondatori dei grandi centri meridionali di Uruk, Ur, Eridu, Lagas, Nippur, Larsa. Ognuna di queste città costituiva, con il territorio circostante, uno Stato autonomo, qualche volta confederato con quelli vicini, più spesso in lotta aperta per l'egemonia sull'intera regione. Successivamente, la civiltà urbana si estese anche più a Nord, nel territorio abitato dagli Accadi; tra le altre città venne fondata, nella valle dell'Eufrate, quella di Mari, ove scavi recenti hanno messo in luce due grandiosi palazzi reali, costruiti uno sulle rovine dell'altro. Le prime notizie precise sulla situazione politica della M. risalgono al cosiddetto periodo proto-dinastico, che dal 2900 si estese per circa 500 anni, comprendendo l'età "eroica" del popolo sumero; si ha di quel periodo una lista reale che permette di stabilire, con una certa approssimazione, il susseguirsi delle varie dinastie del Sud, mentre altri documenti precisano la struttura sociale delle varie città. Caratteristica comune a tutte fu l'accentrarsi del potere all'interno di ogni città-Stato nelle mani di un re-sacerdote che governava in nome del dio locale e controllava le sue terre mediante un'efficientissima organizzazione templare. Il re-sacerdote monopolizzava l'artigianato e il commercio e si faceva versare una grossa quantità di tasse dalla cosiddetta "popolazione libera" dei villaggi: il tutto è minutamente documentato dalle numerose tavolette d'argilla degli archivi sacerdotali, ritrovati tra le rovine dei templi. In un periodo successivo, l'orizzonte politico della civiltà mesopotamica andò progressivamente ampliandosi: non più le città-Stato, ma un Impero che mirava, almeno nelle intenzioni, al dominio universale. Fu così che ad Accad, città semitica finora non localizzata dagli archeologi, emerse la grande figura di re Sargon I, che unificò l'intero Paese "dal mare inferiore (il Golfo Persico) al mare superiore (il Mediterraneo)". Sargon fu divinizzato subito dopo la sua morte, avvenuta nel 2320 a.C., e divenne un personaggio leggendario: le sue imprese fornirono per secoli ampia materia ai cantori epici della M. La sua opera, tuttavia, non fu duratura, in quanto le città sumeriche del Sud recuperarono una dopo l'altra l'indipendenza, mentre il Nord si trovò minacciato dalle bellicose popolazioni degli altopiani. Fu proprio una di queste popolazioni, quella dei Gutei, a eliminare la dinastia accadica e a dominare per qualche tempo su buona parte della regione. Nel Sud, nel frattempo, la potenza sumerica tornava gradualmente ad affermarsi: verso il 2200 a.C., ad opera di Gudea di Lagash, un principe che fu anche mecenate illustre, protettore di scienziati e artisti, e un centinaio di anni più tardi con il principe Ur-Nammu, fondatore della potente III dinastia di Ur. Il figlio Sulgi ampliò i possedimenti paterni fino a comprendere l'intera M. e anche vasti territori confinanti, quali l'Elam a Oriente e parte della Siria a Occidente. Sulgi operò un'unificazione amministrativa oltre che militare: la pletora dei re e principi locali, che la dinastia accadica aveva lasciato sopravvivere, venne sostituita con un'efficiente organizzazione di funzionari provinciali, di nomina imperiale. Le centinaia di migliaia di tavolette contabili conservate negli archivi di Stato di Ur testimoniano l'elevato grado di pianificazione cui aveva saputo pervenire l'economia in quell'epoca. Nonostante l'avanzato sviluppo conseguito, lo Stato di Ur entrò in crisi, soprattutto a causa della pressione esercitata dalla popolazione nomade degli Amorrei, provenienti dalla Siria. La già critica situazione fu aggravata da una persistente carestia di fronte alla quale il governo centrale si mostrò impotente, favorendo così, indirettamente, le aspirazioni locali all'indipendenza. La capitale Ur venne rasa al suolo da una spedizione di Elamiti e da allora il potere in M. passò definitivamente dai Sumeri alle popolazioni di stirpe semitica; la stessa lingua sumerica scomparve come lingua parlata, sopravvivendo soltanto come lingua letteraria e di culto. Seguì un periodo caratterizzato da continui rivolgimenti politici, durante il quale furono in molti a contendersi il dominio sulla regione: Larsa e Isin nel Sud, Esnunna e Babilonia nel centro e Assur e Mari nel Nord. Con l'arrivo di Hammurabi, la potenza babilonese si manifestò in tutta la sua potenza; nel suo lungo regno (1792-1750 a.C.) egli si dedicò con impegno alla riunificazione del Paese. La sua fama, inoltre, resta legata alla vasta opera di legislatore e di organizzatore dello Stato: a lui si deve il famoso Codice, a noi pervenuto su una stele, che riporta un elenco di leggi e fornisce un quadro particolareggiato della vita sociale del tempo. Caratteri precipui del nuovo assetto organizzativo dato alla M. furono la secolarizzazione o laicizzazione della giustizia, la privatizzazione del commercio, le consistenti distribuzioni di terre ai soldati, le periodiche cancellazioni dei debiti e della schiavitù ad essi dovuta. I documenti più interessanti di questo periodo ci sono stati forniti dagli archivi di Mari, che forniscono notizie sui rapporti che la M. intratteneva con le tribù nomadi del deserto siriaco. Tuttavia, l'unità del Paese non durò a lungo: i successori di Hammurabi persero la regione meridionale, dove si affermò la cosiddetta dinastia del mare, e buona parte del centro, ove sull'Eufrate si affermarono i re di Hana. Anche l'Assiria si rese indipendente, mentre il popolo degli Ittiti, che aveva unificato l'Anatolia e conquistato gran parte della Siria, si spinse in una fortunata incursione fino a Babilonia stessa: la grande potenza babilonese ebbe così fine verso la metà del XVI sec. a.C. Poco tempo dopo, a Babilonia, il potere venne assunto dai Cassiti, popolazione di origine ignota, di probabile ascendenza indoeuropea, scesa dall'altopiano iranico. Notevoli le innovazioni da essi apportate nell'arte della guerra: furono i primi a usare in modo sistematico il cavallo e il carro. Sulla M. centro-meridionale i Cassiti dominarono a lungo, circa mezzo millennio (1595-1157 a.C.); questo periodo fu uno dei più oscuri dell'intera storia mesopotamica. Nell'alta M., nel frattempo, si stava costituendo lo Stato del Mitanni, organizzato dagli Urriti, altra popolazione montana come quella cassita. Lo Stato del Mitanni riuscì a controllare, se non proprio a dominare, anche l'Assiria, ma venne in seguito sconfitto dagli Ittiti, a loro volta respinti al di là dell'Eufrate dagli Assiri. Fu allora la volta dell'Assiria ad espandersi, passando all'offensiva a Sud contro gli Elamiti e i Cassiti. Nel corso del XII sec. a.C., si verificò un'invasione di popolazioni provenienti dal mare che fece crollare del tutto la potenza ittita e riportò l'Assiria entro i suoi confini originari, nello stesso tempo in cui nel Sud del Paese si concludeva il Regno cassita, indebolito dalle guerre continue contro l'Elam. Intorno agli inizi del I millennio a.C. si ebbe, in tutto il territorio mesopotamico, una massiccia infiltrazione di Aramei, genti nomadi di lingua semitica. Nel Nord del Paese gli Aramei occuparono la regione che in precedenza era stata dei Mitanni, creando un complesso di città-Stato fondate su una struttura tribale. Nel Sud, al contrario, in piena crisi demografica ed economica, causata anche dall'eccessiva salinità del suolo che non ne permetteva la coltivazione, gli Aramei rimasero più a lungo allo stato seminomade. Babilonia con il suo territorio conservò formalmente l'indipendenza, rivelandosi, tuttavia, incapace di reagire di fronte alla potenza aggressiva delle tribù aramaiche. Della decadenza della Babilonia trassero vantaggio gli Assiri, che nei secc. VIII e VII raggiunsero la loro massima potenza, durante il Regno dei Sargonidi. In modo particolare Sargon II, Sennacherib, Assurbanipal riuscirono ad affermare il loro dominio sull'intera M. Babilonia, d'altra parte, si mostrò sempre pronta ad approfittare di ogni momentanea crisi dei dominatori per rivoltarsi: per tenerla sotto il giogo assiro furono necessari mezzi drastici, come la deportazione di notabili babilonesi in territorio samaritano e il contemporaneo trasferimento di popolazioni samaritane in Babilonia. Gli anni dal 612 al 609 a.C. videro il crollo repentino della potenza assira. Esso fu determinato dalla coalizione stretta tra le popolazioni caldee di Babilonia e le genti dell'altipiano iranico, in particolare quella dei Medi, organizzata da tempo in un forte Stato in piena espansione. Nel 612 la capitale del Regno assiro, Ninive, venne espugnata e rasa al suolo e i vincitori si spartirono i territori assoggettati: i Babilonesi ebbero quasi per intero la M., oltre ai possedimenti siriaci e palestinesi. Nabucodonosor II estese il suo Impero fino ai confini dell'Egitto, impadronendosi tra l'altro di Gerusalemme; durante il suo regno illuminato (era tra l'altro mecenate e promotore di opere pubbliche) Babilonia si trasformò nella più grande e ricca città del mondo. Tra i suoi successori merita una menzione particolare Nabonido, collezionista appassionato di opere d'arte e filologo insigne, il quale si dedicò alla restaurazione degli antichi monumenti. Quando questi si fu arreso, nel 539, a Ciro II la M. si trasformò in una satrapia, la più ricca di tutte, dell'Impero persiano. La Persia mantenne il dominio su Babilonia fino all'invasione macedone di Alessandro Magno, che, sconfitto Dario III, fissò la sua sede proprio a Babilonia. Alla morte di Alessandro Magno si verificarono aspre lotte tra i suoi generali; per quanto concerne la regione mesopotamica prevalse Seleuco, la cui dinastia regnò per più di 150 anni. Nel Paese i Seleucidi svolsero una profonda azione di ellenizzazione, tra l'altro fondando diverse città: tra queste Seleucia, sul Tigri, il nuovo centro amministrativo. Al dominio macedone dei Seleucidi subentrò quello semibarbarico, a struttura fondamentalmente feudale, dei Parti arsacidi, che occuparono il Paese verso il 150-130 a.C. Delle continue lotte tra i signori locali tentarono a più riprese di approfittare i Romani, che intervennero militarmente sia in epoca repubblicana (Crasso, Antonio), sia in quella imperiale (Traiano, Lucio Vero, Settimio Severo). Più spesso, tuttavia, l'azione romana, che mirava a indebolire un nemico che costituiva una continua minaccia per i confini orientali dell'Impero, era indiretta e consisteva nel fomentare le discordie e le insurrezioni interne. Nel 224 d.C. alla dinastia arsacide subentrò quella sassanide, più forte anche perché più debole si mostrava l'Impero romano, il quale nel 260 subì l'onta di vedere sconfitto sul campo e condotto prigioniero in Iran l'imperatore Valeriano. Teatro degli scontri tra Roma e la nuova dinastia fu prevalentemente l'Armenia (ove morì, combattendo contro i Parti, l'imperatore Giuliano). L'ultimo periodo di splendore della M. si verificò durante il Regno di Cosroe III, allorché i confini dell'Impero partico si allargarono sino a comprendere Siria, Palestina e Celesiria. Dopo la sua morte, infatti, avvenuta nel 628, il Paese fu colpito da una serie di catastrofi naturali: il Tigri e l'Eufrate strariparono devastando il territorio e provocando danni irreparabili per l'agricoltura. Di questo stato di cose approfittarono le truppe islamiche che nel 637 portarono a compimento la conquista dell'intero Paese. • Arte - In epoca protostorica, la culla della prima civiltà mesopotamica era il Nord, ove fiorirono le culture neolitiche di Hassuna e Samira, probabilmente nel V millennio a.C. Più tardi fu la volta della cultura di al-Ubaid, localizzata nell'estremo Sud; a quanto pare sono dovute ad essa le prime costruzioni in mattoni d'argilla crudi. Questo tipo di civiltà ebbe la sua massima fioritura nel periodo predinastico di Uruk, tra la fine del IV e l'inizio del III millennio a.C. La città di Uruk era già da allora ornata di templi posti su basse colline artificiali: da questo tipo di costruzione si sviluppò poi, nel periodo protodinastico di Ur, la tipica ziqqurat, grandioso tempio a piramide con scalinata. A Ur lavorò per oltre un decennio, conducendovi grandi campagne di scavi, l'archeologo inglese C.L. Woolley che, a partire dal 1923, mise in luce le poderose fondamenta della locale ziqqurat, il cui muro perimetrale aveva uno spessore di ben 12 m. Tra le numerosissime tombe da lui scavate sono particolarmente importanti, per la conoscenza dell'antica civiltà sumerica, quelle note come "reali", che ci hanno dato serie complete di gioielli in oro e in pietre dure, nonché numerosissimi oggetti d'uso quotidiano, come vasi in terracotta e bacili in rame. L'arte figurativa della M. si esemplificò in molteplici forme, dalla scultura al mosaico (grandissimo interesse presenta il cosiddetto stendardo di Ur), agli intagli, alle composizioni acrolitiche. In tutte le località in cui sono stati compiuti scavi archeologici, sono stati portati alla luce numerosissimi sigilli, formati da piccoli cilindri d'osso o di pietra dura finemente incisi. Questi sigilli costituiscono una preziosa testimonianza degli usi e delle credenze delle antiche popolazioni mesopotamiche. Più importanti ancora come documenti storici sono le tavolette di argilla riportanti testi cuneiformi. Non mancano, tra questi documenti, lettere di carattere privato o pubblico e opere di contenuto vario (letterario, religioso, magico); tuttavia, la maggioranza dei testi ha carattere amministrativo ed economico (liste di persone impiegate in determinati lavori, elenchi di somme dovute al fisco statale o al tempio locale, inventari di oggetti vari), oppure giuridico (compravendite, prestiti, divisioni di eredità, ricevute, riconoscimenti di debiti). L'ascesa degli Accadi portò, nella seconda metà del III millennio, a mutamenti notevoli anche in campo artistico: nella famosa stele di Naram Sin, il capolavoro di questo periodo, si nota per esempio un senso più ampio dello spazio, con figure distanziate l'una dall'altra e ben delineate sullo sfondo (nel periodo sumerico invece lo spazio era pieno, colmo di figure che sembravano quasi ammonticchiate). Numerose sono le stele che ripetono la scena tradizionale dell'offerta alla divinità. Notevoli, nel periodo babilonese, i ritratti in pietra e in bronzo che vengono attribuiti ad Hammurabi, nonché la sua famosa stele con incise le leggi da lui dettate. Nessun apporto originario diedero invece all'arte mesopotamica le popolazioni straniere che in epoca cassita dominarono il Paese. Potente, anche se schematica e ritualizzata, si rivelò l'arte assira, coltivata sistematicamente per motivi di propaganda e di prestigio dai sovrani dei secc. IX-VII. Assurnasirpal fondò la città di Nimrud, Sargon II si occupò di Khorsabad, mentre Sennacherib ricostruì Ninive. Tutte e tre le città erano cinte di mura possenti, con acropoli accuratamente fortificate che racchiudevano il palazzo reale e il tempio principale, entrambi riccamente decorati a pannelli riproducenti eventi bellici importanti, parate di alti dignitari, sudditi d'ogni parte del vasto Impero proni ai piedi del sovrano. Alla dinastia neobabilonese fondata da Nabucodonosor si deve l'ultimo maturo frutto dell'arte mesopotamica che trovò la sua espressione nella ziqqurat, torre templare che secondo la descrizione erodotea aveva sette terrazze degradanti (introdotta nella Bibbia con il nome di Torre di Babele), e nell'imponente porta babilonese di Ishtar, in piastrelle smaltate policrome a rilievo con tre simboli divini: il drago di Marduk, il leone di Ishtar, il toro di Adad. • Rel. - La più antica religione mesopotamica era politeista. Le varie divinità erano tra loro organizzate in senso rigidamente gerarchico, tanto da portare ciascuna un numero: il dio più alto, Anu, aveva come simbolo personale la cifra 60. Egli era l'essere supremo del cielo, e veniva particolarmente venerato a Uruk, di cui era la divinità protettrice. Figlio di Anu era Enlil, incaricato della protezione di Nippur e detentore effettivo del potere in questo mondo, potere in buona parte esercitato però dal dio della città di Eridu, Enki, signore delle acque. Questi tre dei costituivano una sorta di triade cosmica. Ne esisteva anche un'altra, di tipo astrale, formata dal dio sole Shamash o Utu, della città di Larsa, dal dio luna Sin o Nannar della città di Ur e dalla dea Ishtar o Innin, il cui culto era legato a Venere, allora considerata stella e non pianeta. Divinità importanti erano anche Adad, il dio della tempesta, Ereshkigal, la regina degli Inferi, Tammuz, il "dio che muore" ogni inverno per rinascere a primavera, Marduk, il dio nazionale dei Babilonesi, e Assur, il dio nazionale degli Assiri. Alla fine di ogni anno il dio protettore di ogni città veniva solennemente trasportato in processione dal suo tempio principale a un santuario posto fuori dalle mura: da lì avrebbe poi fatto il suo reingresso ufficiale all'inizio del nuovo anno. Molte città accanto al tempio possedevano una ziqqurat, una sorta di piramide tronca a terrazze che doveva facilitare la discesa del dio tra gli uomini a lui devoti. Il culto giornaliero consisteva essenzialmente in una cura minuziosa prestata alla statua del dio, che veniva lavata, vestita, adornata. A capo del culto stava lo stesso re, al tempo stesso monarca civile e sommo sacerdote. Le principali mansioni amministrative richieste dalle vastissime proprietà dei templi facevano solitamente capo agli alti funzionari di corte, mentre il personale officiante, i sacerdoti veri e propri, erano coadiuvati da numerosi aiutanti addetti a funzioni specifiche, quali il canto, la musica, la purificazione, il lavacro, l'unzione, la divinazione, l'esorcismo. Pare che non mancassero, per lo meno in certe città mesopotamiche, congregazioni femminili. Singoli devoti, ma anche intere collettività che si sentivano minacciate da oscuri pericoli, ricorrevano spesso alla divinazione. In effetti nessuna azione veramente importante per la vita di un uomo o di una città veniva intrapresa senza aver prima consultato l'oracolo e varie erano le tecniche investigative. Ad epoca remotissima si fa risalire la pratica della consultazione delle viscere e del fegato degli animali sacrificati; di epoca più recente è invece lo sviluppo dell'astrologia. Furono proprio gli astrologi della M. a misurare il cielo in gradi - 360, quanti si riteneva fossero i giorni dell'anno - e a suddividerlo in 12 zone - una per ogni mese - contraddistinte dai segni dello zodiaco. Una parte di rilievo nella religione mesopotamica era assegnata, oltre che alla divinazione e all'astrologia, alla stregoneria: il male veniva attribuito all'azione di spiriti malvagi, di stregoni o di fattucchiere e andava esorcizzato per mezzo di formule magiche di cui i sacerdoti erano i gelosi depositari. L'intero complesso ideologico costituito dalla divinazione e dalla stregoneria è in prevalenza un apporto semitico: i Sumeri, infatti, conoscevano pochissimo, se non addirittura per nulla, le pratiche magiche, avendo dell'uomo una concezione più razionale e del mondo una visione meno oscura di quella semitica. I miti sumerici più antichi parlano della creazione del mondo e dell'uomo, e fanno esplicito riferimento a un diluvio universale e a una discesa agli inferi, quella della dea Ishtar. Molto materiale mitico è contenuto nei poemi epici, a noi pervenuti, purtroppo, solo in modo frammentario: un poema importante, del quale conosciamo varie redazioni, è quello relativo a Gilgamesh, una sorta di Ercole mesopotamico messo alla prova dagli dei. Alcuni di questi miti pare venissero di tanto in tanto mimati o recitati in sacre rappresentazioni che avevano lo stesso valore liturgico di una preghiera. Per quanto riguarda la vita ultraterrena, i popoli abitanti la M. ne avevano una visione alquanto negativa e non particolarmente definita: il mondo dei morti era una sorta di limbo oscuro, popolato da anime vaganti in pena che potevano essere sollevate solo con offerte di cibo e acqua, simboli della cura per loro dei parenti ancora in vita.
Cartina della Mesopotamia

Toro sacro in ceramica policroma (VI sec. a.C.)