Vasta regione dell'Asia occidentale, corrispondente al tratto medio e inferiore
del bacino imbrifero dei fiumi Tigri ed Eufrate. Si estende a Sud delle montagne
del Kurdistan e si affaccia, a Sud-Est, sul Golfo Persico. Geomorfologicamente
si può dire che sia costituita dalla depressione tettonica situata tra i
rilievi montuosi dello Zagros e del Tauro Orientale Esterno, e tra i deserti
della Siria e dell'Arabia. I suoi confini sono comunque incerti, e in senso
stretto comprende soltanto la regione racchiusa tra i due grandi fiumi fino alla
loro confluenza. Politicamente appartiene in massima parte all'Iraq, ma lembi
non trascurabili si estendono in Iran, in Siria e in Turchia. • Geogr. -
La
M. comprende due regioni tra loro ben distinte: la Giazira a Nord e
l'Iraq al-Arab a Sud; quest'ultima è una pianura alluvionale
fertilissima, arricchita dal limo delle inondazioni periodiche. Prima di
riunirsi a formare lo Shatt al-Arab, il Tigri e l'Eufrate scorrono
suddividendosi in numerosi rami e formando paludi e laghi, il principale dei
quali è l'Hor al-Hammar. Nella zona in cui ora si trova la pianura
mesopotamica, si estendevano un tempo le acque del Golfo Persico, respinto a Sud
dai depositi alluvionali. L'opera di riempimento graduale avvenne in tempi
relativamente brevi: basti pensare che ancora nel V millennio a.C., all'epoca
delle prime civiltà mesopotamiche, le acque del Golfo Persico si
spingevano più a Nord dell'attuale Baghdad, situata a circa 600 km dal
mare. Attualmente il ritmo d'avanzamento del grande delta comune allo Shatt
al-Arab e al Karum è di circa 3 km ogni secolo. • Econ. -
L'economia della
M. si basa sull'agricoltura (mais, miglio, riso,
datteri, cotone, agrumi), sull'allevamento di ovini e di cammelli, sullo
sfruttamento di ricchi giacimenti petroliferi. La notevole abbondanza di acque
in una regione di per sé steppica ha creato, lungo i corsi dei fiumi,
vaste oasi di palme da datteri. • St. - L'antica
M. fu culla di una
grande civiltà durata tre millenni e abitualmente nota con il nome di
sumero-accadica, perché ne furono protagonisti due elementi etnici
diversi: i Sumeri e gli Accadi. I primi, di origini oscure (provenivano forse
dai monti situati ad Est), parlavano una lingua propria, non imparentata con
altre di cui si abbia conoscenza; essi si stanziarono di prevalenza nella bassa
M., fondando città di grande importanza. Gli Accadi, invece,
appartenenti sicuramente al gruppo linguistico dei Semiti, provenivano da Ovest
(dall'attuale Siria) e si insediarono nella zona centro-meridionale della
regione. Tuttavia, sarebbe impossibile creare una netta distinzione tra Accadi e
Sumeri, in quanto la civiltà sumero-accadica sorse in gran parte
in
loco, tra popolazioni già mescolate tra loro; inoltre erano
chiaramente avvertibili, in tale civiltà, gli apporti più antichi
di altre popolazioni locali designate
pre-sumeriche. Ciò che rese
possibile la fioritura di una civiltà in una regione circondata da zone
depresse fu l'avvento dell'agricoltura, favorita dall'abbondanza delle acque.
Nel VI millennio a.C., le attività prevalenti degli abitanti della
M. si trasformarono da pastorali in agricole; le popolazioni passarono da
una tipologia di vita seminomade a una sedentaria. Si assistette inoltre alla
transizione da un'economia di villaggio a una di tipo urbano, accompagnata da un
notevole incremento demografico. Questo fenomeno, che interessò la
popolazione della regione, venne chiamato
rivoluzione urbana. Fulcro di
ogni città furono il palazzo reale o il tempio o, più
frequentemente, entrambi: lì aveva sede il potere politico e si
svolgevano le attività economiche. Intorno alla metà del IV
millennio fu introdotto l'uso della scrittura, dapprima pittografica, poi
ideografica e sillabica, fino ad assumere il definitivo aspetto cuneiforme. I
più antichi documenti (tavolette di argilla) la fanno risalire con
certezza ai Sumeri, fondatori dei grandi centri meridionali di Uruk, Ur, Eridu,
Lagas, Nippur, Larsa. Ognuna di queste città costituiva, con il
territorio circostante, uno Stato autonomo, qualche volta confederato con quelli
vicini, più spesso in lotta aperta per l'egemonia sull'intera regione.
Successivamente, la civiltà urbana si estese anche più a Nord, nel
territorio abitato dagli Accadi; tra le altre città venne fondata, nella
valle dell'Eufrate, quella di Mari, ove scavi recenti hanno messo in luce due
grandiosi palazzi reali, costruiti uno sulle rovine dell'altro. Le prime notizie
precise sulla situazione politica della
M. risalgono al cosiddetto
periodo proto-dinastico, che dal 2900 si estese per circa 500 anni,
comprendendo l'età "eroica" del popolo sumero; si ha di quel periodo una
lista reale che permette di stabilire, con una certa approssimazione, il
susseguirsi delle varie dinastie del Sud, mentre altri documenti precisano la
struttura sociale delle varie città. Caratteristica comune a tutte fu
l'accentrarsi del potere all'interno di ogni città-Stato nelle mani di un
re-sacerdote che governava in nome del dio locale e controllava le sue terre
mediante un'efficientissima organizzazione templare. Il re-sacerdote
monopolizzava l'artigianato e il commercio e si faceva versare una grossa
quantità di tasse dalla cosiddetta "popolazione libera" dei villaggi: il
tutto è minutamente documentato dalle numerose tavolette d'argilla degli
archivi sacerdotali, ritrovati tra le rovine dei templi. In un periodo
successivo, l'orizzonte politico della civiltà mesopotamica andò
progressivamente ampliandosi: non più le città-Stato, ma un Impero
che mirava, almeno nelle intenzioni, al dominio universale. Fu così che
ad Accad, città semitica finora non localizzata dagli archeologi, emerse
la grande figura di re Sargon I, che unificò l'intero Paese "dal mare
inferiore (il Golfo Persico) al mare superiore (il Mediterraneo)". Sargon fu
divinizzato subito dopo la sua morte, avvenuta nel 2320 a.C., e divenne un
personaggio leggendario: le sue imprese fornirono per secoli ampia materia ai
cantori epici della
M. La sua opera, tuttavia, non fu duratura, in quanto
le città sumeriche del Sud recuperarono una dopo l'altra l'indipendenza,
mentre il Nord si trovò minacciato dalle bellicose popolazioni degli
altopiani. Fu proprio una di queste popolazioni, quella dei Gutei, a eliminare
la dinastia accadica e a dominare per qualche tempo su buona parte della
regione. Nel Sud, nel frattempo, la potenza sumerica tornava gradualmente ad
affermarsi: verso il 2200 a.C., ad opera di Gudea di Lagash, un principe che fu
anche mecenate illustre, protettore di scienziati e artisti, e un centinaio di
anni più tardi con il principe Ur-Nammu, fondatore della potente III
dinastia di Ur. Il figlio Sulgi ampliò i possedimenti paterni fino a
comprendere l'intera
M. e anche vasti territori confinanti, quali l'Elam
a Oriente e parte della Siria a Occidente. Sulgi operò un'unificazione
amministrativa oltre che militare: la pletora dei re e principi locali, che la
dinastia accadica aveva lasciato sopravvivere, venne sostituita con
un'efficiente organizzazione di funzionari provinciali, di nomina imperiale. Le
centinaia di migliaia di tavolette contabili conservate negli archivi di Stato
di Ur testimoniano l'elevato grado di pianificazione cui aveva saputo pervenire
l'economia in quell'epoca. Nonostante l'avanzato sviluppo conseguito, lo Stato
di Ur entrò in crisi, soprattutto a causa della pressione esercitata
dalla popolazione nomade degli Amorrei, provenienti dalla Siria. La già
critica situazione fu aggravata da una persistente carestia di fronte alla quale
il governo centrale si mostrò impotente, favorendo così,
indirettamente, le aspirazioni locali all'indipendenza. La capitale Ur venne
rasa al suolo da una spedizione di Elamiti e da allora il potere in
M.
passò definitivamente dai Sumeri alle popolazioni di stirpe semitica; la
stessa lingua sumerica scomparve come lingua parlata, sopravvivendo soltanto
come lingua letteraria e di culto. Seguì un periodo caratterizzato da
continui rivolgimenti politici, durante il quale furono in molti a contendersi
il dominio sulla regione: Larsa e Isin nel Sud, Esnunna e Babilonia nel centro e
Assur e Mari nel Nord. Con l'arrivo di Hammurabi, la potenza babilonese si
manifestò in tutta la sua potenza; nel suo lungo regno (1792-1750 a.C.)
egli si dedicò con impegno alla riunificazione del Paese. La sua fama,
inoltre, resta legata alla vasta opera di legislatore e di organizzatore dello
Stato: a lui si deve il famoso
Codice, a noi pervenuto su una stele, che
riporta un elenco di leggi e fornisce un quadro particolareggiato della vita
sociale del tempo. Caratteri precipui del nuovo assetto organizzativo dato alla
M. furono la secolarizzazione o laicizzazione della giustizia, la
privatizzazione del commercio, le consistenti distribuzioni di terre ai soldati,
le periodiche cancellazioni dei debiti e della schiavitù ad essi dovuta.
I documenti più interessanti di questo periodo ci sono stati forniti
dagli archivi di Mari, che forniscono notizie sui rapporti che la
M.
intratteneva con le tribù nomadi del deserto siriaco. Tuttavia,
l'unità del Paese non durò a lungo: i successori di Hammurabi
persero la regione meridionale, dove si affermò la cosiddetta
dinastia
del mare, e buona parte del centro, ove sull'Eufrate si affermarono i re di
Hana. Anche l'Assiria si rese indipendente, mentre il popolo degli Ittiti, che
aveva unificato l'Anatolia e conquistato gran parte della Siria, si spinse in
una fortunata incursione fino a Babilonia stessa: la grande potenza babilonese
ebbe così fine verso la metà del XVI sec. a.C. Poco tempo dopo, a
Babilonia, il potere venne assunto dai Cassiti, popolazione di origine ignota,
di probabile ascendenza indoeuropea, scesa dall'altopiano iranico. Notevoli le
innovazioni da essi apportate nell'arte della guerra: furono i primi a usare in
modo sistematico il cavallo e il carro. Sulla
M. centro-meridionale i
Cassiti dominarono a lungo, circa mezzo millennio (1595-1157 a.C.); questo
periodo fu uno dei più oscuri dell'intera storia mesopotamica. Nell'alta
M., nel frattempo, si stava costituendo lo Stato del Mitanni, organizzato
dagli Urriti, altra popolazione montana come quella cassita. Lo Stato del
Mitanni riuscì a controllare, se non proprio a dominare, anche l'Assiria,
ma venne in seguito sconfitto dagli Ittiti, a loro volta respinti al di
là dell'Eufrate dagli Assiri. Fu allora la volta dell'Assiria ad
espandersi, passando all'offensiva a Sud contro gli Elamiti e i Cassiti. Nel
corso del XII sec. a.C., si verificò un'invasione di popolazioni
provenienti dal mare che fece crollare del tutto la potenza ittita e
riportò l'Assiria entro i suoi confini originari, nello stesso tempo in
cui nel Sud del Paese si concludeva il Regno cassita, indebolito dalle guerre
continue contro l'Elam. Intorno agli inizi del I millennio a.C. si ebbe, in
tutto il territorio mesopotamico, una massiccia infiltrazione di Aramei, genti
nomadi di lingua semitica. Nel Nord del Paese gli Aramei occuparono la regione
che in precedenza era stata dei Mitanni, creando un complesso di
città-Stato fondate su una struttura tribale. Nel Sud, al contrario, in
piena crisi demografica ed economica, causata anche dall'eccessiva
salinità del suolo che non ne permetteva la coltivazione, gli Aramei
rimasero più a lungo allo stato seminomade. Babilonia con il suo
territorio conservò formalmente l'indipendenza, rivelandosi, tuttavia,
incapace di reagire di fronte alla potenza aggressiva delle tribù
aramaiche. Della decadenza della Babilonia trassero vantaggio gli Assiri, che
nei secc. VIII e VII raggiunsero la loro massima potenza, durante il Regno dei
Sargonidi. In modo particolare Sargon II, Sennacherib, Assurbanipal riuscirono
ad affermare il loro dominio sull'intera
M. Babilonia, d'altra parte, si
mostrò sempre pronta ad approfittare di ogni momentanea crisi dei
dominatori per rivoltarsi: per tenerla sotto il giogo assiro furono necessari
mezzi drastici, come la deportazione di notabili babilonesi in territorio
samaritano e il contemporaneo trasferimento di popolazioni samaritane in
Babilonia. Gli anni dal 612 al 609 a.C. videro il crollo repentino della potenza
assira. Esso fu determinato dalla coalizione stretta tra le popolazioni caldee
di Babilonia e le genti dell'altipiano iranico, in particolare quella dei Medi,
organizzata da tempo in un forte Stato in piena espansione. Nel 612 la capitale
del Regno assiro, Ninive, venne espugnata e rasa al suolo e i vincitori si
spartirono i territori assoggettati: i Babilonesi ebbero quasi per intero la
M., oltre ai possedimenti siriaci e palestinesi. Nabucodonosor II estese
il suo Impero fino ai confini dell'Egitto, impadronendosi tra l'altro di
Gerusalemme; durante il suo regno illuminato (era tra l'altro mecenate e
promotore di opere pubbliche) Babilonia si trasformò nella più
grande e ricca città del mondo. Tra i suoi successori merita una menzione
particolare Nabonido, collezionista appassionato di opere d'arte e filologo
insigne, il quale si dedicò alla restaurazione degli antichi monumenti.
Quando questi si fu arreso, nel 539, a Ciro II la
M. si trasformò
in una satrapia, la più ricca di tutte, dell'Impero persiano. La Persia
mantenne il dominio su Babilonia fino all'invasione macedone di Alessandro
Magno, che, sconfitto Dario III, fissò la sua sede proprio a Babilonia.
Alla morte di Alessandro Magno si verificarono aspre lotte tra i suoi generali;
per quanto concerne la regione mesopotamica prevalse Seleuco, la cui dinastia
regnò per più di 150 anni. Nel Paese i Seleucidi svolsero una
profonda azione di ellenizzazione, tra l'altro fondando diverse città:
tra queste Seleucia, sul Tigri, il nuovo centro amministrativo. Al dominio
macedone dei Seleucidi subentrò quello semibarbarico, a struttura
fondamentalmente feudale, dei Parti arsacidi, che occuparono il Paese verso il
150-130 a.C. Delle continue lotte tra i signori locali tentarono a più
riprese di approfittare i Romani, che intervennero militarmente sia in epoca
repubblicana (Crasso, Antonio), sia in quella imperiale (Traiano, Lucio Vero,
Settimio Severo). Più spesso, tuttavia, l'azione romana, che mirava a
indebolire un nemico che costituiva una continua minaccia per i confini
orientali dell'Impero, era indiretta e consisteva nel fomentare le discordie e
le insurrezioni interne. Nel 224 d.C. alla dinastia arsacide subentrò
quella sassanide, più forte anche perché più debole si
mostrava l'Impero romano, il quale nel 260 subì l'onta di vedere
sconfitto sul campo e condotto prigioniero in Iran l'imperatore Valeriano.
Teatro degli scontri tra Roma e la nuova dinastia fu prevalentemente l'Armenia
(ove morì, combattendo contro i Parti, l'imperatore Giuliano). L'ultimo
periodo di splendore della
M. si verificò durante il Regno di
Cosroe III, allorché i confini dell'Impero partico si allargarono sino a
comprendere Siria, Palestina e Celesiria. Dopo la sua morte, infatti, avvenuta
nel 628, il Paese fu colpito da una serie di catastrofi naturali: il Tigri e
l'Eufrate strariparono devastando il territorio e provocando danni irreparabili
per l'agricoltura. Di questo stato di cose approfittarono le truppe islamiche
che nel 637 portarono a compimento la conquista dell'intero Paese. • Arte
- In epoca protostorica, la culla della prima civiltà mesopotamica era il
Nord, ove fiorirono le culture neolitiche di Hassuna e Samira, probabilmente nel
V millennio a.C. Più tardi fu la volta della cultura di al-Ubaid,
localizzata nell'estremo Sud; a quanto pare sono dovute ad essa le prime
costruzioni in mattoni d'argilla crudi. Questo tipo di civiltà ebbe la
sua massima fioritura nel periodo predinastico di Uruk, tra la fine del IV e
l'inizio del III millennio a.C. La città di Uruk era già da allora
ornata di templi posti su basse colline artificiali: da questo tipo di
costruzione si sviluppò poi, nel periodo protodinastico di Ur, la tipica
ziqqurat, grandioso tempio a piramide con scalinata. A Ur lavorò
per oltre un decennio, conducendovi grandi campagne di scavi, l'archeologo
inglese C.L. Woolley che, a partire dal 1923, mise in luce le poderose
fondamenta della locale
ziqqurat, il cui muro perimetrale aveva uno
spessore di ben 12 m. Tra le numerosissime tombe da lui scavate sono
particolarmente importanti, per la conoscenza dell'antica civiltà
sumerica, quelle note come "reali", che ci hanno dato serie complete di gioielli
in oro e in pietre dure, nonché numerosissimi oggetti d'uso quotidiano,
come vasi in terracotta e bacili in rame. L'arte figurativa della
M. si
esemplificò in molteplici forme, dalla scultura al mosaico (grandissimo
interesse presenta il cosiddetto
stendardo di Ur), agli intagli, alle
composizioni acrolitiche. In tutte le località in cui sono stati compiuti
scavi archeologici, sono stati portati alla luce numerosissimi sigilli, formati
da piccoli cilindri d'osso o di pietra dura finemente incisi. Questi sigilli
costituiscono una preziosa testimonianza degli usi e delle credenze delle
antiche popolazioni mesopotamiche. Più importanti ancora come documenti
storici sono le tavolette di argilla riportanti testi cuneiformi. Non mancano,
tra questi documenti, lettere di carattere privato o pubblico e opere di
contenuto vario (letterario, religioso, magico); tuttavia, la maggioranza dei
testi ha carattere amministrativo ed economico (liste di persone impiegate in
determinati lavori, elenchi di somme dovute al fisco statale o al tempio locale,
inventari di oggetti vari), oppure giuridico (compravendite, prestiti, divisioni
di eredità, ricevute, riconoscimenti di debiti). L'ascesa degli Accadi
portò, nella seconda metà del III millennio, a mutamenti notevoli
anche in campo artistico: nella famosa stele di Naram Sin, il capolavoro di
questo periodo, si nota per esempio un senso più ampio dello spazio, con
figure distanziate l'una dall'altra e ben delineate sullo sfondo (nel periodo
sumerico invece lo spazio era pieno, colmo di figure che sembravano quasi
ammonticchiate). Numerose sono le stele che ripetono la scena tradizionale
dell'offerta alla divinità. Notevoli, nel periodo babilonese, i ritratti
in pietra e in bronzo che vengono attribuiti ad Hammurabi, nonché la sua
famosa stele con incise le leggi da lui dettate. Nessun apporto originario
diedero invece all'arte mesopotamica le popolazioni straniere che in epoca
cassita dominarono il Paese. Potente, anche se schematica e ritualizzata, si
rivelò l'arte assira, coltivata sistematicamente per motivi di propaganda
e di prestigio dai sovrani dei secc. IX-VII. Assurnasirpal fondò la
città di Nimrud, Sargon II si occupò di Khorsabad, mentre
Sennacherib ricostruì Ninive. Tutte e tre le città erano cinte di
mura possenti, con acropoli accuratamente fortificate che racchiudevano il
palazzo reale e il tempio principale, entrambi riccamente decorati a pannelli
riproducenti eventi bellici importanti, parate di alti dignitari, sudditi d'ogni
parte del vasto Impero proni ai piedi del sovrano. Alla dinastia neobabilonese
fondata da Nabucodonosor si deve l'ultimo maturo frutto dell'arte mesopotamica
che trovò la sua espressione nella
ziqqurat, torre templare che
secondo la descrizione erodotea aveva sette terrazze degradanti (introdotta
nella Bibbia con il nome di
Torre di Babele), e nell'imponente porta
babilonese di Ishtar, in piastrelle smaltate policrome a rilievo con tre simboli
divini: il drago di Marduk, il leone di Ishtar, il toro di Adad. • Rel. -
La più antica religione mesopotamica era politeista. Le varie
divinità erano tra loro organizzate in senso rigidamente gerarchico,
tanto da portare ciascuna un numero: il dio più alto, Anu, aveva come
simbolo personale la cifra 60. Egli era l'essere supremo del cielo, e veniva
particolarmente venerato a Uruk, di cui era la divinità protettrice.
Figlio di Anu era Enlil, incaricato della protezione di Nippur e detentore
effettivo del potere in questo mondo, potere in buona parte esercitato
però dal dio della città di Eridu, Enki, signore delle acque.
Questi tre dei costituivano una sorta di triade cosmica. Ne esisteva anche
un'altra, di tipo astrale, formata dal dio sole Shamash o Utu, della
città di Larsa, dal dio luna Sin o Nannar della città di Ur e
dalla dea Ishtar o Innin, il cui culto era legato a Venere, allora considerata
stella e non pianeta. Divinità importanti erano anche Adad, il dio della
tempesta, Ereshkigal, la regina degli Inferi, Tammuz, il "dio che muore" ogni
inverno per rinascere a primavera, Marduk, il dio nazionale dei Babilonesi, e
Assur, il dio nazionale degli Assiri. Alla fine di ogni anno il dio protettore
di ogni città veniva solennemente trasportato in processione dal suo
tempio principale a un santuario posto fuori dalle mura: da lì avrebbe
poi fatto il suo reingresso ufficiale all'inizio del nuovo anno. Molte
città accanto al tempio possedevano una
ziqqurat, una sorta di
piramide tronca a terrazze che doveva facilitare la discesa del dio tra gli
uomini a lui devoti. Il culto giornaliero consisteva essenzialmente in una cura
minuziosa prestata alla statua del dio, che veniva lavata, vestita, adornata. A
capo del culto stava lo stesso re, al tempo stesso monarca civile e sommo
sacerdote. Le principali mansioni amministrative richieste dalle vastissime
proprietà dei templi facevano solitamente capo agli alti funzionari di
corte, mentre il personale officiante, i sacerdoti veri e propri, erano
coadiuvati da numerosi aiutanti addetti a funzioni specifiche, quali il canto,
la musica, la purificazione, il lavacro, l'unzione, la divinazione, l'esorcismo.
Pare che non mancassero, per lo meno in certe città mesopotamiche,
congregazioni femminili. Singoli devoti, ma anche intere collettività che
si sentivano minacciate da oscuri pericoli, ricorrevano spesso alla divinazione.
In effetti nessuna azione veramente importante per la vita di un uomo o di una
città veniva intrapresa senza aver prima consultato l'oracolo e varie
erano le tecniche investigative. Ad epoca remotissima si fa risalire la pratica
della consultazione delle viscere e del fegato degli animali sacrificati; di
epoca più recente è invece lo sviluppo dell'astrologia. Furono
proprio gli astrologi della
M. a misurare il cielo in gradi - 360, quanti
si riteneva fossero i giorni dell'anno - e a suddividerlo in 12 zone - una per
ogni mese - contraddistinte dai segni dello zodiaco. Una parte di rilievo nella
religione mesopotamica era assegnata, oltre che alla divinazione e
all'astrologia, alla stregoneria: il male veniva attribuito all'azione di
spiriti malvagi, di stregoni o di fattucchiere e andava esorcizzato per mezzo di
formule magiche di cui i sacerdoti erano i gelosi depositari. L'intero complesso
ideologico costituito dalla divinazione e dalla stregoneria è in
prevalenza un apporto semitico: i Sumeri, infatti, conoscevano pochissimo, se
non addirittura per nulla, le pratiche magiche, avendo dell'uomo una concezione
più razionale e del mondo una visione meno oscura di quella semitica. I
miti sumerici più antichi parlano della creazione del mondo e dell'uomo,
e fanno esplicito riferimento a un diluvio universale e a una discesa agli
inferi, quella della dea Ishtar. Molto materiale mitico è contenuto nei
poemi epici, a noi pervenuti, purtroppo, solo in modo frammentario: un poema
importante, del quale conosciamo varie redazioni, è quello relativo a
Gilgamesh, una sorta di Ercole mesopotamico messo alla prova dagli dei. Alcuni
di questi miti pare venissero di tanto in tanto mimati o recitati in sacre
rappresentazioni che avevano lo stesso valore liturgico di una preghiera. Per
quanto riguarda la vita ultraterrena, i popoli abitanti la
M. ne avevano
una visione alquanto negativa e non particolarmente definita: il mondo dei morti
era una sorta di limbo oscuro, popolato da anime vaganti in pena che potevano
essere sollevate solo con offerte di cibo e acqua, simboli della cura per loro
dei parenti ancora in vita.
Cartina della Mesopotamia
Toro sacro in ceramica policroma (VI sec. a.C.)