Prima dinastia, di origine salica, del Regno dei Franchi, costituitasi nel V
sec. e deposta nell'VIII sec. ║
Successioni e divisioni
dinastico-territoriali: la tradizione indica Meroveo (V.) come capostipite
della dinastia, successore di Clodione (secondo alcune fonti ne era il figlio,
secondo altre il genero) e vincitore degli Unni. Nel 457 salì al trono
suo figlio
Childerico, prima figura dotata di spessore storico fra i re
merovingi, che collaborò con il
Rex Romanorum Egidio nella difesa
della Loira contro i Visigoti (453 circa). A Childerico, morto nel 482,
succedette
Clodoveo che, attraverso una serie di fortunate campagne
militari, si impadronì del Regno del generale romano Siagro e dell'intera
Gallia fino alla Loira. L'importanza del Regno di Clodoveo risiede, però,
più che nelle conquiste territoriali nell'unificazione sotto la sua sola
autorità di tutte le tribù franche e nella sua conversione al
Cristianesimo: tale scelta, che coinvolse l'intero popolo franco, risultò
decisiva per l'ascesa della dinastia dei
M. Essa portò ad
un'alleanza di fatto con l'aristocrazia e con la Chiesa in Gallia, nonché
alla fusione tra Franchi e Galloromani che, più tardi, consentì il
costituirsi di un ampio Stato unitario. Alla morte di Clodoveo nel 511, il Regno
fu diviso fra i quattro figli:
Teodorico ebbe i territori nord-orientali
tra il Reno e la Marna, nonché l'alta sovranità sulle regioni
sottomesse al di là del Reno, l'Alvernia e qualche territorio a Sud della
Loira.
Childeberto divenne re di Parigi con i territori fino alla Somme e
alla Manica.
Clotario fu re di Soissons, con Cambrai e le regioni
germaniche poste a Nord della Mosa inferiore. Infine
Clodomiro fu re
d'Orléans e dei territori limitrofi. I figli di Clodoveo continuarono la
politica espansionistica del padre:
Teodorico I (m. 534) conquistò
la Turingia e sottomise i Bavari;
Childeberto I (m. 558) e
Clotario
I (m. 561) conquistarono, e si spartirono, la Borgogna, ottenendo dagli
Ostrogoti anche il possesso della Provenza. Successore di Teodorico fu il figlio
Teodeberto I, re di Austrasia (m. 548): verificandosi nel giro di pochi
anni, però, la morte sia di Teodeberto, sia di Childeberto (mentre
già nel 524 era scomparso Clodomiro senza eredi), Clotario poté
riunire nuovamente i territori sottoposti ai Franchi in unica entità
politica. Ma, alla morte del re nel 561, la concezione patrimoniale del Regno,
che ancora vigeva, portò ad una nuova divisione dei possedimenti tra i
quattro figli:
Cariberto (m. 567),
Gontrano (m. 592),
Sigeberto
I (m. 575) e
Chilperico I (m. 584). Tale spartizione causò,
entro le terre occupate dai Franchi, alla configurazione di veri e propri Regni:
a Nord-Est l'Austrasia (con capitale a Reims e poi a Metz), a Nord-Ovest la
Neustria (con capitale a Soissons e poi a Parigi), a Sud-Est la Borgogna (con
capitale Orléans), e infine a Sud-Ovest un quarto territorio,
l'Aquitania, governato in comune. Complicate vicende matrimoniali provocarono,
fra Sigeberto I, re di Austrasia, e Chilperico I, re di Neustria, un conflitto
che durò circa quarant'anni, e che si concluse a vantaggio di
Clotario
II (584-629), figlio di Chilperico I. Dal 613 fino al 629 Clotario fu re
unico dei Franchi: re di Neustria dal 584, aveva ottenuto nel 613 le
eredità di Austrasia e Borgogna (appoggiato da alcune famiglie di nobili,
tra cui i Pipinidi), mantenendo la capitale a Parigi. Egli tuttavia non
riuscì a cogliere l'occasione per rafforzare e centralizzare il potere
regio: l'elargizione ai suoi sostenitori di terre della Corona, il cui possesso
avrebbe dovuto essere temporaneo e di semplice usufrutto ma divenne in pratica
ereditario, svuotò dall'interno l'effettiva autorità del re. Fra i
beneficiari delle donazioni, acquistarono notevole importanza i cosiddetti
maggiordomi o
maestri di palazzo, amministratori dei patrimoni
regi, cui a partire dal 614 venne riconosciuta l'ereditarietà della
carica. Il figlio di Clotario,
Dagoberto I (629-639), riuscì per
un certo periodo a mantenere l'unità del Regno franco, ma la infranse
nuovamente affidando al figlio Sigeberto III (634-656) l'Austrasia e a
Clodoveo II Neustria e Borgogna (638-656). Il potere reale si
spostò inesorabilmente nelle mani dei nobili: in assenza di un'economia
monetaria, i re si trovarono sempre più nella necessità di
concedere terre della Corona per acquistare o mantenere seguaci fedeli,
alienando di fatto la fonte del loro stesso potere. In Austrasia gli Arnolfingi
assunsero, imponendosi sugli altri notabili, la carica di maestri di palazzo,
accrescendo via via la propria autorità. Nel 687 Pipino detto il Grosso
(o di Héristal), riconobbe anche per l'Austrasia, che fino ad allora
aveva sempre preteso un sovrano distinto da Neustria e Borgogna, la
sovranità ufficiale di
Teodorico III (m. 691): egli stesso,
però, fu il vero depositario del potere nel Regno. L'ascesa della casa di
Héristal rafforzò di fatto lo Stato franco, orientandolo in modo
più accentuato verso il mondo germanico. Carlo Martello (715-741), figlio
di Pipino di Héristal, non aveva scelto alcun successore al re
Teodorico IV (721-737), mentre, in seguito a disordini verificatisi dopo
la sua morte, i figli ed eredi di Carlo, Pipino il Breve e Carlomanno, decisero
di porre sul trono ancora una volta un merovingio:
Childerico III
(743-751), che fu anche l'ultimo re della dinastia. Nel 751, infatti, fu deposto
e costretto in un monastero, insieme al figlio, da Pipino il Breve
(V. anche FRANCIA,
STORIA e singole voci relative ai re). ║
L'organizzazione
statale e amministrativa: durante l'epoca dei
M., il territorio del
Regno era considerato patrimonio personale del sovrano e come tale soggetto a
spartizioni tra gli eredi. Non esisteva una capitale unica, ma piuttosto una
serie di residenze reali ed il re esercitava il potere mediante bandi che ne
illustravano la volontà. La disobbedienza ad un ordine del re era punita
con un'ammenda pecuniaria e, in caso di mancato pagamento, con la messa fuori
legge. L'esercito, in un primo tempo guidato dal re in persona e poi affidato
alla guida di duchi, era costituito da uomini liberi che prestavano giuramento
di fedeltà: essi dovevano armarsi a proprie spese, ma avevano diritto a
una parte del bottino di guerra. Figure centrali dell'amministrazione regia
erano il
camerario, custode del tesoro reale; il
conestabile,
cioè il conte responsabile delle scuderie, ai cui ordini erano i
maniscalchi, addetti ai cavalli; il
maggiordomo o
maestro di
palazzo, che sovrintendeva al palazzo reale. I
conti erano posti a
capo di piccole unità territoriali e, in nome del re, reclutavano i
soldati e presiedevano i tribunali locali, composti da notabili eletti, in cui
spesso si faceva uso dell'
ordalia o del
duello giudiziario per
stabilire la colpevolezza degli imputati e la conseguente ammenda. I
M.
riuscirono ad ottenere la riscossione di imposte fondiarie solo nella parte
meridionale del loro Regno, che maggiormente aveva conservato l'influsso romano,
mentre nei territori germanici non riuscirono mai a imporre un regolare sistema
fiscale. Tuttavia, a causa della fragile organizzazione statale e delle continue
guerre di successione, le imposte dirette finirono per scomparire, sostituite da
quelle indirette. ║
L'economia: sotto i
M. era di tipo
rurale. I possedimenti fondiari erano divisi in due parti: la riserva signorile
e il podere vero e proprio, detto
mansus, affidato a dei coloni. Essi
erano tenuti al pagamento di un canone di affitto fisso, pagato per lo
più in natura, e a prestazioni lavorative nella riserva signorile
(
corvée), generalmente nella misura di due giornate alla
settimana. L'attività artigianale accentuò, sotto i
M., il
processo di involuzione già in atto alla caduta dell'Impero romano. Il
commercio con l'Oriente, ancora vivace sotto i primi
M., subì un
arresto nel VII sec. a causa della crisi aurea, mentre si intensificarono gli
scambi, fondati sul baratto, con la Bretagna e con la Scandinavia. In questo
contesto socio-economico, fu inevitabile la decadenza dei centri urbani, in cui
la media degli abitanti scese al di sotto delle 2.000 unità. ║
La Chiesa: la Chiesa merovingia fu essenzialmente Chiesa di Stato. I re
esercitavano un controllo totale, che comportava anche l'ingerenza nella nomina
dei vescovi e nelle decisioni dei concili. Grazie al sistema delle donazioni e
delle immunità, tuttavia, gli alti prelati videro crescere enormemente il
proprio potere economico e quindi politico influendo, a loro volta, sulle lotte
per la spartizione del Regno. La Chiesa merovingia, inoltre, rimase l'unica
entità in grado di conservare, pur nella generale decadenza culturale, il
patrimonio intellettuale dei secoli precedenti, tramite scuole istituite presso
cattedrali e abbazie.