Commediografo greco. Fu il massimo esponente della commedia nuova. Nato da
famiglia benestante, secondo una tradizione fu nipote del comico Alessi, dal
quale fu avviato all'arte drammatica. Ebbe rapporti con l'ambiente aristotelico:
frequentò le lezioni del peripatetico Teofrasto e la cerchia letteraria e
artistica di Demetrio Falereo. Fu amico di Epicuro e di derivazione epicurea
furono considerati il suo amore per la raffinatezza del vivere e il sostanziale
disinteresse che le sue commedie rivelano per le vicende politiche
contemporanee. La tradizione ci dà anche notizia del suo legame con
l'etera Glicera, che durò tutta la vita. Di
M. sappiamo che
esordì in teatro nel 322 a.C., con la commedia
Orghé
(L'ira), e ottenne la prima vittoria con il
Dyskolos (Il misantropo) nel
317 a.C. La produzione drammatica di
M. è molto vasta; le
testimonianze antiche gli attribuiscono più di 100 commedie. In vita non
ebbe il favore del pubblico ateniese, che gli preferì Filemone,
accordandogli solamente otto vittorie negli agoni teatrali, ma dopo la sua morte
la sua fortuna fu considerevole. Prima del ritrovamento dei papiri, avvenuto a
partire dall'inizio del XX sec., di lui si conoscevano solo pochi frammenti di
tradizione indiretta. Le tappe più importanti nel rinvenimento di
frammenti papiracei contenenti versi menandrei sono date dal ritrovamento del
codice Cairense (VI sec. d.C.) nel 1905 e del codice Bodmeriano (metà del
III sec. d.C.) nel 1958. Attualmente possediamo il
Dyskolos, quasi per
intero, e ampie sezioni degli
Epitrépontes (L'arbitrato), della
Perikeiroméne (La fanciulla tosata), della
Samía (La
donna di Samo), dell'
Aspís (Lo scudo), dei
Sikyònioi
(Gli uomini di Sicione). Di altre commedie possediamo un numero di frammenti
insufficiente a ricostruirne anche in modo approssimativo lo svolgimento della
trama; tali sono
Gheorgós (Il contadino),
Theophoruméne (La fanciulla invasata),
Karchedónios
(Il Cartaginese),
Kitharistés (Il citarista),
Kólax
(L'adulatore),
Perinthía (La donna di Perinto) e
Misùmenos (L'odiato). Di altre commedie come
Andria (La
donna di Andro),
Adelphoi (I fratelli),
Heautòn
timorùmenos (Il punitore di se stesso) conosciamo solamente i titoli,
desunti dalla tradizione o dai prologhi dei commediografi latini. La datazione
di questo
corpus di opere presenta notevoli difficoltà: l'anno di
rappresentazione ci è noto solamente per il
Dyskolos e per
pochissime altre commedie. Il teatro di
M. porta a compimento la
trasformazione della commedia attica tradizionale, già iniziata con la
commedia di mezzo. La sua opera riflette le esigenze di un pubblico ormai
radicalmente mutato rispetto alla collettività cittadina cui si
rivolgevano le commedie di Aristofane. L'Atene in cui vive
M.,
definitivamente sottomessa da Alessandro, ha perso la sua egemonia sulla Grecia
e il teatro non è più il luogo deputato per il dibattito sui
grandi temi di attualità. Il teatro menandreo rispecchia questa
situazione di crisi, ponendosi come teatro di intrattenimento, senza alcuna
pretesa di incidere sulla formazione culturale e politica del pubblico. Gli
spettatori del teatro menandreo, oppressi dal gigantismo delle istituzioni della
società ellenistica, sono ormai estraniati dalla partecipazione attiva
alla vita pubblica, dominati dal senso di ineluttabilità di una sorte che
essi sono impotenti a controllare, ed esprimono pertanto le attitudini di una
classe media che al teatro chiede solo il divertimento e il piacere dato da una
azione avvincente, insieme con la sensazione rassicurante che deriva dal lieto
fine che inevitabilmente giunge a sciogliere l'intreccio entro cui si muovono i
protagonisti del dramma.
M. riproduce sulla scena la vita quotidiana di
questa nuova classe borghese che conduce una esistenza appartata e tranquilla e
riscopre la dimensione individuale dell'esistenza. Dal punto di vista
drammaturgico, la commedia di
M. presenta alcune importanti innovazioni
nella strutturazione esterna dello spettacolo. L'innovazione tecnica più
rilevante consiste nel ridimensionamento della importanza del coro, che perde
ogni funzione drammatica e si riduce a puro intermezzo lirico tra un atto e un
altro. La commedia risulta pertanto divisa in cinque atti, separati da
intermezzi danzati o mimati dal coro. Un prologo, recitato di norma da una
divinità, informa gli spettatori dell'antefatto e annuncia la conclusione
della vicenda, cosicché l'attenzione del pubblico viene convogliata non
sull'esito della trama ma sulla elaborazione della sceneggiatura e sulla
raffigurazione dei caratteri. Gli intrecci della commedia nuova, la
strutturazione del testo teatrale, la particolare funzione del prologo, la
scomparsa del coro, la scelta di un metro e di un linguaggio il più
possibile vicino al parlato e all'uso colloquiale proprio del cittadino ateniese
di condizione medio-alta, sono tutti elementi che la commedia di
M. mutua
dalla tragedia euripidea. Il teatro di
M. si risolve nella
rappresentazione realistica e finemente delineata della realtà
quotidiana, ritratta con umorismo e ironia, mediante un linguaggio
drammaticamente ricco pur nella sua semplicità. L'influsso della commedia
di
M., attraverso la mediazione costituita dalla commedia palliata
latina, è stato presente in tutta la storia del teatro europeo (Atene,
342 o 341 - nel Mar Egeo 291 o 290 a.C.).