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Memoria.

Processo proprio di sistemi mnemonici organici e inorganici, atti a registrare e conservare nel tempo dati ed esperienze acquisiti in determinati ambiti spazio-temporali, e capaci di riprodurre e di rievocare i medesimi in dimensioni spaziali e temporali differenti. ║ A m., studiare a m., sapere a m.: locuzioni usate con riferimento alla facoltà conservativa della m., che consente di mantenere intatto quanto si è appreso. ║ Sinonimo di ricordo (serbare m. di qualcosa). ║ Immagine, traccia ideale che una persona defunta lascia di sé ai posteri (uomo di illustre m.). ║ Per estens. - Tutto ciò che, rievocando persone e fatti del passato, ne consente la commemorazione, costituendo un documento storico (cimelio, monumento, lapide, scritto, ecc.). ║ Per estens. - Annotazione, appunto, menzione che consenta di ricordare fatti e persone; spesso di carattere autobiografico, raccoglie, sotto forma di diario o memoriale, dati ed eventi della vita e del periodo storico di alcuni personaggi, costituendo un genere letterario a sé (ad esempio le Memorie di C. Goldoni). ║ Fig. - Nel dialetto toscano indica la nuca, in quanto la si crede sede della m. • Psicol. - Facoltà psichica che consente di ritenere, immagazzinare e rievocare nella mente stati di coscienza passati, sottoforma di immagini, sensazioni, nozioni e di qualsivoglia espressione simbolica. Si distinguono fasi successive nel meccanismo della m.: la prima è l'impressione dell'esperienza, qualunque sia la sua natura, considerata anche una forma di apprendimento; seguono la fissazione e la ritenzione della medesima e quindi la sua riproduzione grazie a una forma di ricognizione. Comune a tutti gli organismi animali, nella sua forma più grezza e semplificata la m. è la funzione biologica che permette di fissare e conservare impressioni e tracce di esperienze sensoriali passate (ritentività) e di reagire di riflesso (ricognizione) quando queste si ripresentino; quanto più è evoluto l'organismo, tanto più è superiore la sua capacità ritentiva e ricognitiva, che consente così di rispondere agli stimoli ambientali con reazioni non più solo automatiche e istintive, ma complesse e selettive. Nell'uomo tale capacità raggiunge la sua forma più alta e complessa, perché alla ritentività e alla ricognizione connessa si accompagna anche la consapevolezza, da parte del soggetto, della m. stessa, ossia il riconoscimento di un'esperienza passata in quanto tale. Si distinguono, quindi, modalità differenti nel processo di memorizzazione, che implicano strutture fisiologiche e processi mentali via via più complessi: un'elementare acquisizione e conservazione somatica per condizionamento, in cui la ricognizione è non più che un mero atto riflesso; una m. senso-motoria, relativa a sensazioni e a movimenti, di natura visiva, uditiva e tattile propria non solo degli animali, ma anche dei bambini in quanto m.-abitudine, prolungamento del riflesso, legata a un'attitudine in formazione; una m. in senso stretto, caratterizzata dalla ricostituzione dell'esperienza e dalla evocazione cosciente e volontaria della stessa. Questa può essere definita anche m. sociale o etnica, poiché rendendo possibile la comunicazione, assicura la riproduzione del patrimonio culturale (etico-sapienziale-sociale) delle società umane, nonché la sua trasmissione, soprattutto nei popoli senza scrittura: si parla allora di m. collettiva. Le capacità ricostitutiva ed evocativa della m. si dispiegano attraverso specifici meccanismi, in base ai quali la psicologia sperimentale è in grado di misurare l'ampiezza, la durata, i contenuti e le potenzialità in genere della m. stessa: la rievocazione o m. immediata, cioè la facoltà di richiamare alla mente informazioni appena presentate al soggetto; la reintegrazione, ossia la facoltà di richiamare alla mente un ricordo grazie a un dato a questo connesso; il riconoscimento, cioè la facoltà di rintracciare un dato memorizzato tra altri nuovi; il riapprendimento, ossia la facoltà di riutilizzare in contesti differenti dati già appresi rimemorizzandoli; la ricostruzione, cioè la facoltà di ricostituire l'ordine iniziale delle informazioni date, quando si ripresentino al soggetto in un ordine differente. Gli esperimenti condotti su tali meccanismi mnemonici dimostrano che non tutte le informazioni sottoposte al soggetto sono ugualmente ritenute: si distinguono una m. a breve termine e una m. a lungo termine. La prima è di durata e di capacità limitata, in quanto ritiene un numero ridotto di informazioni e per brevissimo tempo; la seconda invece è in grado di accumulare e di conservare più dati per lunghi periodi, grazie alla concettualizzazione dei dati stessi per cui si può parlare di m. semantica: le informazioni vengono dotate di significato attraverso operazioni mentali di apprendimento, organizzazione e rielaborazione, confluendo, spesso anche in forma inconscia, in una sorta di deposito mentale, potenzialmente illimitato. Il rendimento della ritenzione è, perciò, variabile e soggetto agli effetti di un'attività mentale selettiva e capace di modificare le informazioni ricevute. I fattori principali che influenzano tale rendimento sono la quantità e la qualità delle informazioni da acquisire, la forma e l'organizzazione sotto cui si presentano, il tempo dato alla loro acquisizione, l'uso e l'utilità che se ne fa successivamente, nonché fattori fisici ed emotivi del soggetto. Per inverso è accertato che la m. è affetta da oblio (V.), ossia lascia decadere i ricordi: fin dai primi studi sperimentali sulla m. condotti dallo psicologo tedesco H. Ebbinghaus a partire dal 1885, risultò la cosiddetta curva dell'oblio, che mostrava come l'oblio fosse inversamente proporzionale al logaritmo del tempo; infatti inizialmente era molto rapido, ma con il tempo il suo processo rallentava. Nel medesimo periodo lo psicologo francese Th. Ribot stabilì la legge della regressione secondo cui i ricordi più lontani e radicati si conservano più a lungo di quelli vicini. Tuttavia, anche la m. a lungo termine è soggetta all'oblio: il tempo e il non uso del materiale immagazzinato possono determinare non tanto la sua dissoluzione, quanto l'impossibilità di rievocarlo, seppure le sue impressioni si conservino intatte. Già il filosofo tedesco J.F. Herbart all'inizio dell'Ottocento sosteneva che le rappresentazioni potevano scomparire dalla coscienza, inibite da altre contrastanti o più interessanti, ma si conservavano, per tornare a livello cosciente quando si allentava la forza inibitrice. Gli studi relativi all'oblio hanno confermato questa teoria, provando, nel 1924 con gli psicologi J.G. Jenkins e K.M. Dallenbach, che fattore determinante dell'oblio è l'interferenza che nuove informazioni possono operare su altre simili già acquisite (inibizione retroattiva) o acquisibili in futuro (inibizione proattiva), impedendone il ricordo. Infine, il processo di oblio può essere spontaneo, o meglio, dovuto a cause puramente neurofisiologiche, come, d'altra parte, determinato da fattori emotivi e affettivi: quando il contenuto di nuove informazioni crea ansia nel soggetto, in quanto sgradito o tabuizzato, è inevitabilmente rimosso e relegato all'inconscio, secondo la teoria freudiana della rimozione. • Fisiol. - Le ricerche neurofisiologiche hanno dimostrato che esistono due forme differenti di m., caratterizzate da particolari meccanismi che coinvolgono componenti cerebrali diverse: la m. primaria o a breve termine e la m. secondaria o a lungo termine. La prima è in grado di registrare informazioni immediate, ma temporanee, perché solo una minima parte di queste è trasferita e fissata nella m. secondaria. Ricordi recenti possono essere annullati conseguentemente a traumi cranici ed elettroshock (amnesia retrograda), o viceversa farmaci a base di anfetamine o di stricnina possono potenziare la m. a breve termine, facilitando il trasferimento dei dati in quella secondaria. Si è perciò supposto che la m. primaria sia determinata da modificazioni dinamiche e transitorie delle proprietà elettriche cerebrali, per cui gli influssi nervosi continuano a rincorrersi attraverso un circuito bioelettrico riverberante lungo la rete di neuroni e sinapsi della corteccia cerebrale, soprattutto nel lobo frontale. La m. a lungo termine, al contrario, immagazzina le informazioni secondariamente, quando siano già state selezionate ed elaborate, ma è in grado di mantenerle a lungo; perciò dovrebbe comportare delle modificazioni permanenti, di natura plastica, delle strutture stesse della corteccia cerebrale. In particolare la corteccia temporale e la zona prosencefalica potrebbero costituire il serbatoio dei nostri ricordi. Perno tra le due m., in stretta relazione con i processi di memorizzazione e di trasferimento dalla m. primaria a quella secondaria, è l'ippocampo, una zona del lobo temporale dove avverrebbe una circolazione continua di influssi nervosi, come una sorta di superconduzione in un circuito chiuso. Peraltro l'ippocampo estende i suoi prolungamenti al di là della corteccia cerebrale, verso il talamo, e l'intera regione encefalica con i corpi mammillari sembrerebbe interessata al processo mnestico. Si è constatato che in genere la perdita della m. secondaria avviene solo a seguito di lesioni cerebrali diffuse, per cui l'attività mnestica coinvolge più aree cerebrali, non facilmente localizzabili. A partire dagli anni Sessanta gli studi furono concentrati sulle componenti biochimiche del processo mnemonico e in particolare sull'identificazione di molecole della m.: già nel 1962 H. Hyden ipotizzò che la m. corrispondesse a un codice prestabilito, iscritto in molecole di acido ribonucleico (RNA). Gli esperimenti avevano dimostrato, infatti, che durante la fase dell'apprendimento aumentava l'RNA di particolari neuroni e ciò poteva significare che, in rapporto ad un'attività mnestica, nei neuroni si stabiliva un modulo di frequenza specifica che a sua volta doveva corrispondere ad una specifica formazione di RNA. Questo aveva la funzione di sintetizzare proteine specifiche che stimolavano un mediatore chimico, con cui regolare la velocità di spostamento degli ioni di sodio e potassio fra l'esterno e l'interno della membrana neuronica. Da qui l'ipotesi che le sequenze nucleotidiche di questo RNA potessero contenere il codice relativo alla m., determinando la selezione dalla m. primaria a quella secondaria. Tuttavia, gli studi molecolari e relativi alla sintesi proteica non hanno dato piena conferma all'ipotesi formulata nel 1949 da D.O. Hebb, secondo cui i processi mnestici sarebbero localizzabili in specifiche vie nervose, caratterizzate da una particolare classe di neuroni connessi da sinapsi altrettanto particolari. Negli anni Ottanta, al contrario, è stato definitivamente accertato che in genere ogni attività cerebrale non avviene in serie, ma in parallelo, ossia lungo molteplici vie nervose, contemporaneamente: secondo la teoria olografica della m. di K. Pribram, l'informazione mnestica è codificata in forma distribuita e non parcellizzata, attraverso più circuiti neuronali, implicando l'insieme della massa neuronale e della rete sinaptica della corteccia cerebrale, in una struttura complessa, ancora non del tutto chiarita. • Med. - I disturbi della m. sono dovuti a processi patologici legati all'invecchiamento, a malattie nervose, a traumi cranici, a lesioni irreversibili del sistema nervoso, a intossicazioni, in particolare da alcool etilico e da idrossido di carbonio. Si distinguono disturbi quantitativi, che implicano cioè un deterioramento quantitativo della m., e disturbi qualitativi, che riguardano la qualità dei dati ricordati. Tra i primi vi sono le amnesie, che consistono in una diminuzione della m. parziale e momentanea, ma talvolta si presentano in forma progressiva, sino alla perdita totale della capacità evocativa; le ipomnesie, indebolimento progressivo della m. che, incapace di fissare nuovi dati, amplifica il ricordo di quelli più antichi, frequente nelle persone anziane. Infine, vi sono le ipermnesie, che consistono in un aumento della m. di evocazione, per lo più temporaneo, dovuto a stati psicopatologici, come schizofrenia e manie depressive, a ipnosi e a sostanze allucinogene. Tra i disturbi qualitativi vi sono le allomnesie, o illusioni della m., per cui la dimensione spazio-temporale dei ricordi risulta falsata; le paramnesie o allucinazioni della m., che comportano una confusione dei ricordi con l'aggiunta di dati immaginari, determinando falsi riconoscimenti, come il déjà vu, il déjà fait, in cui si ha la sensazione di aver già vissuto una determinata esperienza, e falsi ricordi ovvero prodotti della fantasia. • Filos. - La concezione di m. acquista un rilievo filosofico particolare nella dottrina platonica della reminiscenza: secondo Platone, infatti, sapere è ricordare, ossia riportare alla coscienza le immagini del mondo delle idee che si sono impresse nell'anima durante il suo soggiorno nell'iperuranio, prima di ricadere sulla terra imprigionata nel corpo. La m., quindi, è una sorta di serbatoio di conoscenze inconsapevoli, di cui si può tornare ad avere coscienza attraverso un metodo conoscitivo particolare, che induca a ricordare, il metodo dialettico. Aristotele riprende la concezione platonica della m. insistendo sugli elementi psicofisiologici: nel De memoria et remiscentia la m. è considerata la funzione che fissa le esperienze sensoriali, date dai movimenti dei corpi, in immagini, conservate nell'anima come impronte; la reminiscenza è l'atto concreto del ricordo o il ricordo in atto, che attualizza il movimento fissato in immagini. Anche gli stoici considerarono la m. come serbatoio delle impressioni derivate dalla percezione sensoriale dei corpi. Plotino, nelle Enneadi, convinto della netta distinzione tra corpo e anima, sostiene che l'intelletto, incorporeo e atemporale, in quanto tale si trova in uno stato di continua visione, per cui non dimentica e non ricorda; la m., allora, è la visione dell'intelletto superiore che saltuariamente si manifesta alla coscienza umana e corporea, finita e temporale, sotto forma di ricordo. Influenze platoniche e plotiniane si ritrovano in sant'Agostino, che trasmette al Medioevo la concezione di m. intesa come serbatoio di conoscenze derivate dalla visione o intuizione di un intelletto divino, superiore. Tale concezione permane nell'età moderna, ma tra il Seicento e il Settecento, in relazione al dibattito sulle idee innate, inizia a vacillare. J. Locke, ad esempio, sostiene che ogni idea è tale solo se accompagnata da coscienza, perciò non può concepire la m. come un deposito di idee nell'anima, ma la considera una pura reminiscenza, grazie alla quale le idee si ripresentano alla coscienza, insieme alla coscienza di essere già state concepite. Ogni idea, nel momento in cui si ripresenta, comporta in sé una nuova percezione e non la percezione originaria conservata. Tale concezione di Locke incontrò le obiezioni di Th. Reid, il quale, nel Saggio sulla memoria, pur ammettendo che il ricordo sia un evento spirituale, è convinto che il ripresentarsi delle idee rechi con sé qualcosa del passaggio precedente, che inevitabilmente ha lasciato una traccia. Anche G.W. Leibniz polemizza con Locke, poiché concepisce la m. come luogo in cui si conservano le idee già percepite, ma di cui si è persa coscienza, o idee non ancora consapevoli. Questa concezione leibniziana di una m.-deposito di idee inconscie influenzò l'Idealismo tedesco, in particolare quello hegeliano, in cui il ricordo è la realizzazione cosciente dell'Assoluto, la sua storicizzazione. Dalla seconda metà dell'Ottocento le speculazioni relative alla m. confluirono negli studi di psicologia e di fisiologia; tuttavia si può ricordare la particolare concezione di H. Bergson, che sembra recuperare l'antica tesi leibniziana e plotiniana: accanto al ricordo esiste una m. pura, un luogo spirituale in cui si conserva il passato, privo di una connotazione fisiologica, una sorta di flusso che dal passato emerge nel presente, attualizzandosi e improntando di sé il presente. • Lett. - Narrazione di fatti e avvenimenti di cui l'autore sia stato testimone; costituisce un genere letterario a sé, quello dei memoriali appunto. Consiste in una sorta di cronaca di un periodo storico, per lo più stesa in terza persona, per accentuarne l'obiettività: ne sono celebri esempi le antiche m. delle spedizioni militari di Senofonte, Anabasi, e di Giulio Cesare, Commentarii (De bello gallico e De bello civili). In epoca imperiale, con il prevalere del culto della personalità, l'emergere di una coscienza individuale e introspettiva, grazie alle analisi stoiche, e la ricerca di una interiorità spirituale propria del Cristianesimo, sulla relazione storica prevale l'elemento autobiografico e autoriflessivo. Famosi sono i Colloqui con se stesso o Ricordi dell'imperatore Marco Aurelio Antonino (II sec.), una sorta di diario filosofico personale a cui fanno da sfondo gli avvenimenti militari. Autobiografia e analisi introspettiva sono proprie delle Confessioni di sant'Agostino, una ricerca spirituale del divino che è in sé. Cronache biografiche e autobiografiche sono particolarmente diffuse nel Rinascimento, coerentemente con le idee dell'epoca che ponevano l'individuo al centro dell'universo: celebri sono le Memorie o la Vita di B. Cellini. Tipiche del Settecento sono le m. autobiografiche di carattere psicologico, ma anche ricche di aneddotica, quali le Confessioni di J.-J. Rousseau, le Memorie di C. Goldoni e la Storia della mia vita di G.G. Casanova, nonché la Vita di V. Alfieri e l'Autobiografia di G.B. Vico. Tipicamente italiane sono le m. del Risorgimento, che costituiscono dei veri documenti storici: ricordiamo Le mie prigioni di S. Pellico, I miei ricordi di M. d'Azeglio, Le ricordanze della mia vita, di L. Settembrini, Da Quarto al Volturno di G.C. Abba. ║ In ambito accademico m. è una dissertazione erudita, di carattere monografico, scientifica, letteraria, storica o altro, presentata a un consesso di dotti e pubblicata in raccolte di atti di convegni o di lavori accademici, come le Memorie dei Lincei. ║ Gli studi di carattere psicologico relativi alla m., in particolare quelli di impronta freudiana, nonché le concezioni bergsoniane, influenzarono la produzione letteraria della fine dell'Ottocento e della prima metà del Novecento, determinando la nascita di un genere di narrativa definito letteratura della m. Iniziatore di tale letteratura è considerato M. Proust che, con la sua concezione del tempo e la sua evocazione dell'età della fanciullezza, paradiso perduto nell'inconscio e rievocabile nel flusso della m., creò un nuovo stile narrativo. L'analisi introspettiva e la scoperta evocativa del proprio inconscio saranno elementi propri di molta letteratura novecentesca. ║ Nella retorica antica, la m. costituisce la quarta componente indispensabile della tecnica oratoria, necessaria per la formulazione di un discorso. Tratta delle tecniche di memorizzazione, fondamentali nell'antichità, quando prevaleva ancora una diffusione orale dell'oratoria. La tradizione attribuisce a Simonide di Ceo (VI-V sec. a.C.) l'invenzione dell'arte della m. o mnemotecnica, ma i suoi principi sono precisamente elencati solo nella Rhetorica ad Herennium, opera di attribuzione incerta del I sec. a.C., a cui si ispirò M.T. Cicerone. Questa intendeva offrire uno schema che ordinasse le argomentazioni del discorso e consentisse di ricordare i singoli dati nella giusta sequenza, secondo la concezione per cui ogni idea doveva avere un proprio luogo all'interno di una struttura architettonica ideale (stanza, casa, città), il cui ordine riproducesse quello dell'universo stesso. Nel Medioevo questa concezione classica della m. fu arricchita di simbologie teologiche e mistiche di cui si trovano testimonianze iconografiche nelle miniature dei codici e in alcuni affreschi (ad esempio di Lorenzetti a Siena e di Giotto a Padova). L'arte della m. suscitò, quindi, grande interesse nel Rinascimento, in relazione alle speculazioni neoplatoniche ed esoteriche. Particolare è il sistema mnemonico elaborato da G. Camillo ed esposto nel 1550 nell'Idea del theatro: un teatro a sette gradinate concentriche, divise da sette corridoi, era la raffigurazione dell'ordine dell'universo, con le sue sfere celesti e i suoi pianeti, in cui erano disposti i principi universali del sapere, secondo un'armonia divina. Tale ordine cosmico corrispondeva al sistema mnemonico universale (teatro della m.) in cui magicamente si rifletteva, attingendovi, la m. del microcosmo-uomo. Questa concezione influenzò notevolmente G. Bruno nel suo De umbriis idearum e l'esoterista inglese R. Fludd che elaborò un sistema mnemonico raffigurato come un teatro magico, di cui forse il prototipo è costituito dal Globe Theatre di Shakespeare. • Dir. - Nel processo civile, scrittura che le parti hanno facoltà di allegare, con cui si replica alle conclusioni avversarie senza indicare nuove conclusioni, ma solo richiamandosi alle tesi già sostenute. ║ Nel processo penale, scrittura contenente le ragioni della difesa, che i difensori hanno facoltà di presentare al giudice e al pubblico ministero durante ogni fase del procedimento, mediante deposito in cancelleria, in qualità di strumento integrativo del contraddittorio. ║ Assunzione di testimoni a futura m.: procedimento d'istruzione preventiva a cui si ricorre quando si ha fondato motivo di ritenere che verranno meno uno o più testimoni, le cui deposizioni potrebbero risultare determinanti in una causa da proporre. In questo caso si procede presentando ricorso al giudice competente per l'assunzione dei testimoni, il quale fissa l'udienza di comparazione delle parti tramite decreto. L'assunzione della prova avviene, ove non vi siano urgenze particolari, secondo le norme ordinarie. ║ Documento diplomatico riservato, contenente una relazione di dati e avvenimenti, in genere diretto a una controparte internazionale, senza impegnare giuridicamente lo stato mandante, atto ad avviare un'intesa tra le parti. • Ciber. - Dispositivo in grado di registrare, conservare e quindi rendere accessibili, su richiesta, dati, istruzioni e risultati parziali di programmi, proprio delle macchine calcolatrici, meccaniche e soprattutto elettroniche. • Elettr. - Dispositivo atto a registrare, mantenere e quindi riprodurre, attraverso lettura, dati e informazioni; propria degli elaboratori elettronici, è dotata di una capacità misurabile in bit. Può presentare caratteristiche differenti in base al tipo di operazioni consentite, in base alle modalità di accesso alle informazioni e in base al tipo di supporto tecnologico con cui sono realizzate. Secondo il primo criterio, si possono distinguere m. di sola lettura, dette ROM (Read Only Memory), di tipo fisso o stabili, immodificabili, che conservano per sempre le informazioni registrate, dove a un'informazione in entrata corrisponde un'unica configurazione di uscita possibile; usata per i microprogrammi, è costituita da una matrice di diodi, colleganti le entrate orizzontali con le uscite verticali. Le m. di tipo stabile, come le ROM, conservano i dati senza alcun dispendio di energia per un periodo indefinito; al contrario m. di tipo labile perdono i propri dati quando venga meno l'alimentazione di energia. Il secondo criterio riguarda i passaggi necessari e i corrispondenti tempi per accedere alle informazioni, dove in genere la velocità di accesso è inversamente proporzionale alla capacità stessa della m.; si distinguono m. principali o centrali, accessibili direttamente dall'unità di elaborazione, e m. ausiliarie o secondarie, accessibili solo tramite il passaggio delle informazioni alla m. principale. In genere conservano archivi di dati e programmi per usi differenti e perciò sono definite anche m. di massa. Tra queste, molto usate sono i floppy disk (V.). Vi sono anche m. ad accesso diretto o ad accesso casuale, RAM (Random Access Memory), con cui si accede a qualunque cella di m. direttamente e velocemente, al contrario delle m. ad accesso sequenziale, più lente, perché permettono di accedere ad una cella di m. solo passando attraverso tutte le celle precedenti. Particolari sono le m. associative, alle quali si accede facendo riferimento al loro contenuto e non al loro indirizzo. Infine, a seconda del tipo di supporto con cui le m. sono realizzate, si distinguono m. a dischi magnetici, a nastro magnetico, a nuclei, a tamburo magnetico, criogenica, a bolle magnetiche, a superconduttori, a semiconduttori. ║ M. a dischi magnetici: insieme di dischi metallici, rivestiti di ossido di ferro, ruotanti su un albero, a piccola distanza l'uno dall'altro. I dati vengono registrati come bit sulle piste di ciascuna faccia del disco, per mezzo di una o più testine magnetiche, capaci anche di leggere i dati stessi da inviare all'elaboratore. ║ M. a nastro magnetico: bobine di nastro metallico o di plastica, rivestito o impregnato di materiale magnetico. Le informazioni sono registrate sui nastri magnetici sotto forma di bit a una densità che può essere di alcune centinaia per centimetro. ║ M. a superconduttori: è caratterizzata da un circuito elettrico in cui l'informazione memorizzata è una corrente persistente a bassa temperatura. ║ M. a semiconduttori: prodotto della tecnologia planare, è caratterizzato da un circuito elettrico bistabile, integrato monolitico, dotato di un supporto di silicio (chip). A seconda del numero di elementi per chip, si parla di integrazione su piccola scala (SSI), su scala media (MSI), su grande scala (LSI) e su grandissima scala (VLSI). ║ Sono in via di sperimentazione anche m. ottiche, dischi letti da raggi laser.