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Medioevo.

Periodo storico intermedio tra l'età antica e quella moderna, con riferimento specifico alla civiltà europea. Con significato più generale, periodo storico, appartenente a qualsiasi civiltà, che presenti analogie col M. europeo. ║ Per estens. - Periodo di oscurantismo e di decadenza di una civiltà. • Storiogr. - Il concetto di un'età intermedia, di un periodo a sé, considerato come un'interruzione del processo storico precedente, andò formandosi in età rinascimentale quando, in pieno fervore umanistico, con la riscoperta e la rivalutazione degli ideali di bellezza e di cultura del mondo classico, ci si volse negativamente verso il precedente periodo. Il termine, che era comparso in varie forme (media tempestas, media tempora, media aetas, media antiquitas, medium aevum) a partire dal XV sec., venne fissato definitivamente nel suo significato storiografico attuale nella Historia medii aevi di Cristoph Keller (1688). ║ Limiti cronologici del M.: convenzionalmente, il M. copre un millennio e si estende dalla data della deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente (476) alla scoperta dell'America (1492). Si tratta tuttavia di riferimenti puramente indicativi e convenzionali, che non trovano d'accordo tutti gli storici. In genere la data d'inizio non è messa in discussione e viene fatta coincidere con il crollo dell'Impero romano d'Occidente nel 476 o con l'evento che lo aveva drammaticamente preannunciato: il sacco di Roma ad opera dei Visigoti nel 410. Alcuni storici tuttavia, come Pirenne, propongono di posticipare l'inizio dell'epoca medioevale ai secc. VII-VIII, quando l'avanzata dell'Islam produsse la rottura definitiva dell'antica unità romana del Mediterraneo, con conseguente crisi dell'economia di scambio e della civiltà urbana e nascita del feudalesimo. Più problematico è invece assegnare un termine al M.: in questo caso i limiti cronologici presi a riferimento variano sia in rapporto alle diverse interpretazioni storiografiche, sia in rapporto alle zone geografiche considerate. In Italia i primi sintomi di un mutato clima culturale sono percepibili nell'opera di Petrarca e dei primi umanisti all'inizio del Quattrocento. In Francia e in Inghilterra gli storici sottolineano l'importanza simbolica di alcuni avvenimenti politici di rilievo, rispettivamente la discesa di Carlo VIII in Italia nel 1494 e l'avvento della dinastia Tudor nel 1485. In Germania e nel mondo tedesco, il grande spartiacque tra l'età medioevale e la moderna è costituito dalla riforma protestante, con la proclamazione delle tesi luterane nel 1517. Di grande rilevanza storica sono anche eventi quali la caduta di Costantinopoli ad opera dei Turchi nel 1453, che segnò la fine dell'Impero bizantino e la riscoperta della lingua e cultura greca nell'Occidente europeo, e le grandi scoperte geografiche, che spostarono l'asse degli interessi economici e politici europei dal Mediterraneo all'Atlantico e modificarono radicalmente i rapporti fino ad allora esistenti tra le potenze. In ogni caso il M. copre circa un millennio della storia europea. Tradizionalmente tale millennio viene a sua volta distinto in due grandi periodi, indicati come Alto M. e Basso M., la cui linea di demarcazione può essere approssimativamente posta attorno all'anno Mille; ma anche questa partizione è spesso contestata da alcune scuole storiografiche, perché troppo generica e poco rispettosa delle profonde differenze culturali riscontrabili, per esempio, tra i secc. IV-VI e VII-IX. ║ Il M. come nozione storiografica: il concetto di M. è stato a lungo caratterizzato da una connotazione negativa che lo ha accompagnato dal Rinascimento fino all'Illuminismo, per poi essere polemicamente rovesciata dal Romanticismo e quindi ripresa dalla storiografia positivistica. Una volta concepita dagli umanisti del XV sec. l'idea di un intervallo di dieci secoli che separava una decadenza da una rinascita, tale idea divenne una costante mentale capace di assumere significati e sfumature diverse. Se gli umanisti videro nel M. soprattutto un'epoca di barbarie culturale e linguistica per la decadenza della lingua latina e la perdita del patrimonio letterario classico, per i riformati il M. fu l'epoca dell'allontanamento della Chiesa dalla sua perfezione primitiva, della compromissione con il potere politico e dell'affermazione mondana del papato, della perdita insomma degli originari valori cristiani. Per gli illuministi il M. coincise con il trionfo della superstizione e dell'oscurantismo, della sopraffazione dei ceti nobiliari sui sottoposti, dell'intolleranza elevata a sistema. Il Romanticismo riabilitò il M. come momento fondamentale per la nascita del sentimento di identità nazionale; vide nelle grandi cattedrali gotiche l'espressione più compiuta della libertà umana e nella fusione della vitalità dell'antico mondo germanico con l'eredità culturale classica e la spiritualità cristiana l'autentica formazione dello spirito europeo. La storiografia marxista classica, analizzando la storia umana da una prospettiva eminentemente economica, ha inserito il M. in una periodizzazione della storia fondata sulla successione di cinque fondamentali sistemi di produzione: il sistema primitivo, quello schiavistico, quello feudale, quello capitalistico e quello socialista. Tutte queste interpretazioni storiografiche, pur nella varietà delle prospettive da cui muovono e nella diversità delle valutazioni proposte, presuppongono una concezione del M. come periodo storico unitario, evidenziando di volta in volta all'interno di esso alcuni aspetti parziali, che vengono elevati a criteri di interpretazione esaustiva e universale del fenomeno. Oggi, nella generale tendenza a ridiscutere le grandi sistemazioni organiche elaborate dallo storicismo del XIX sec., gli storici tendono a evitare le generalizzazioni eccessive e i giudizi complessivi, mettendo in luce piuttosto gli aspetti peculiari del M., dal punto di vista politico, sociale e, soprattutto, religioso. La nozione stessa di M. come scansione storica unitaria è stata messa in crisi, parallelamente al concetto ad esso complementare e correlato di "modernità". Attualmente si punta piuttosto alla esplorazione concreta di singoli segmenti cronologici e di specifici momenti di civiltà, che formano la grande sequenza temporale del M., sviluppando nuovi metodi di ricerca interdisciplinari, con particolare attenzione alle scienze sociologiche e antropologiche. • St. - Dal V all'VIII sec.: in questi secoli si compì il lento processo di transizione dalla tarda antichità al M. Le strategie di difesa dell'Impero romano che nei secc. III e IV avevano consentito di contenere l'espansionismo dei popoli germanici, i cosiddetti "barbari", divennero inefficaci nel corso del V sec., per la concomitanza di due ordini di fatti: l'aggravarsi del processo di deterioramento istituzionale, economico, sociale e militare all'interno dell'Impero e l'accresciuta pressione dei barbari sui confini, provocata dall'arrivo in Europa degli Unni. L'assalto delle popolazioni germaniche ebbe esito positivo nella parte occidentale dell'Impero, dove le scorrerie e le incursioni dei barbari all'interno dei confini si trasformarono in stanziamenti definitivi. Deposto l'ultimo imperatore Romolo Augustolo (476), sulle rovine dell'Impero romano d'Occidente sorsero numerosi Regni romano-barbarici, che delinearono una nuova geografia politica in Europa: gli Angli e i Sassoni in Inghilterra, i Vandali in Spagna e poi nell'Africa mediterranea occidentale, i Visigoti in Spagna, i Franchi in Gallia, gli Ostrogoti e poi i Longobardi in Italia. Maggiore vitalità e capacità di resistenza alle aggressioni esterne dimostrò l'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino, che grazie alla sua più solida struttura organizzativa sopravvisse per circa un millennio alla caduta della parte occidentale, accentuando sempre più il suo processo di ellenizzazione e di distacco da Roma. L'ultimo tentativo di riunificazione si ebbe, nel VI sec., per opera dell'imperatore bizantino Giustiniano I e del suo generale Belisario (guerra gotica: 535-553), ma ebbe breve durata e si risolse in un sostanziale fallimento. Nel generale quadro di desolazione che caratterizzò questo periodo della storia europea (che vide lo spopolamento delle città, un forte calo demografico dovuto al succedersi delle guerre e delle carestie, un analfabetismo dilagante in seguito alla decadenza delle scuole e alla scomparsa della vecchia classe dirigente e del suo ruolo egemone nella conservazione e nella trasmissione della cultura), acquistò un ruolo sempre più importante la Chiesa e al suo interno il vescovo di Roma, che divenne il capo spirituale della comunità cristiana. Il Cristianesimo, riconosciuto come religione ufficiale dell'Impero fin dai tempi di Teodosio, si diffuse anche presso i barbari invasori, inizialmente nella versione ariana, e si configurò sempre più come religione monoteistica intransigente rispetto agli altri culti, soppiantando il sincretismo religioso dell'età precedente; si pose come fenomeno totalizzante, teso ad informare ogni aspetto della vita dell'uomo medioevale, non solo religioso ma anche sociale, culturale e politico. La vita cittadina si accentrò attorno alla cattedrale, dove il vescovo finì coll'assumere anche funzioni civili e amministrative. Nelle campagne si diffusero i monasteri, che diventarono i nuovi centri di conservazione della cultura; i monaci benedettini, in particolare, si distinsero nella trascrizione dei codici e svolsero un'opera importante per la trasmissione alla posterità del patrimonio letterario classico, anche se gli scrittori antichi furono letti e interpretati secondo la mentalità medioevale, incline all'allegoria e al simbolismo. ║ Dall'VIII all'XI sec.: i secc. VII e VIII videro la nascita e il rapido espandersi dell'Islam nel Mediterraneo e il costituirsi di una nuova compagine territoriale che si estendeva dalla penisola arabica lungo tutta l'Africa settentrionale fino alla Spagna e alla Sicilia. L'espansionismo islamico determinò la reazione della cristianità occidentale, che venne ora per la prima volta elaborando la coscienza della propria realtà unitaria, in opposizione al mondo islamico, e si riorganizzò attorno a Carlo Martello, re dei Franchi, il quale riuscì a fermare gli Arabi a Poitiers, nel 732. Con Pipino il Breve, e ancor più con Carlo Magno, i Franchi divennero i difensori armati della cristianità e l'Impero carolingio, che si estendeva dai Pirenei fino all'Elba e al Danubio, sembrò mirare nuovamente a quell'ideale universalistico che aveva animato l'Impero romano, come testimonia la fastosa cerimonia dell'incoronazione di Carlo Magno a imperatore del Sacro romano Impero compiuta da papa Leone III nell'anno 800. Fu a partire da Carlo Magno che prese vita e si sviluppò quella complessa realtà che va sotto il nome di feudalesimo (V.), anche se produsse i suoi effetti più caratteristici successivamente alla disgregazione della dinastia carolingia, nei secc. XI e XII. Nel sistema feudale la proprietà terriera (feudo) era l'unica vera forma di ricchezza e di potere politico, all'interno di un'economia agricola chiusa (economia curtense), che rendeva la comunità del villaggio quasi autosufficiente. Il signore, spesso, aveva ottenuto la concessione della terra in ricompensa dell'aiuto militare prestato a un superiore e poteva a sua volta concedere parte della sua terra ad altri guerrieri, che divenivano così i suoi vassalli. La concessione del feudo da parte del re o del signore ad un suo vassallo, in cambio di protezioni specifiche, avveniva in modo puramente personale, secondo una concezione giuridica di ascendenza tipicamente germanica, che non distingueva tra diritto pubblico e diritto privato. L'Impero carolingio ebbe vita effimera: tra il IX e il X sec. l'Europa dovette affrontare una grave crisi, causata sia dalla dissoluzione della dinastia carolingia sotto le spinte particolaristiche dei grandi feudatari, sia dalla nuova ondata di invasioni ungare e normanne, cui si aggiunsero le continue scorrerie e devastazioni operate nel Mediterraneo dai pirati saraceni. Una nuova restaurazione politico-religiosa fu affidata a Ottone I di Sassonia, incoronato imperatore nel 962. Con lui la Chiesa, legata all'autorità politica attraverso l'inserimento di vescovi e abati nella gerarchia feudale, divenne il baluardo dell'unità del Regno. Ma fu Ottone III che, a cavallo tra i secc. X e XI, pose mano, insieme a papa Silvestro II, alla cosiddetta renovatio imperii (rinnovamento dell'Impero), fissando le linee-guida della nuova concessione universalistica imperiale, fondata su un governo solidale dell'imperatore e del papa, residenti entrambi a Roma. I due poteri, quello temporale e quello spirituale, dovevano porsi su un piano di parità e cooperare per creare un nuovo Impero universale e cristiano. Questo ideale, tuttavia, si scontrò ben presto con due grandi ostacoli: anzitutto, l'Impero che avrebbe dovuto essere "universale" era in realtà limitato ai Regni di Germania e d'Italia e inoltre l'alto clero, ormai possessore di ingenti ricchezze e di grandi estensioni di terre, andava sempre più secolarizzandosi. La tendenza a reclutare l'alto clero tra la nobiltà si accentuò nel corso del tempo, con la conseguenza che questi prelati erano spesso immorali e incolti. La Chiesa era peraltro ormai diventata un potentato a sé, dotato di un'autonomia politica e amministrativa, e perseguiva ormai apertamente il suo obiettivo temporale di contrastare il costituirsi di un forte organismo statale in Italia e di assicurarsi una posizione di controllo politico sul potere dell'Imperatore. A questa progressiva secolarizzazione si accompagnò anche una degenerazione morale del clero, che sfociò nella famosa pratica della simonia, cioè la vendita delle cariche ecclesiastiche. Nel 1054 intanto si era compiuto con lo scisma d'Oriente il distacco della Chiesa bizantina dalla Chiesa latina, ponendo termine al plurisecolare antagonismo tra i patriarchi ortodossi e il papa. Ma dall'interno stesso della Chiesa si svilupparono dei movimenti riformatori che, rifacendosi all'esperienza cluniacense del X sec., promossero una generale rinascita religiosa. Rinvigorita da questi nuovi fermenti, la Chiesa, nella seconda metà dell'XI sec., si propose come unica garante dei valori spirituali romani e cristiani, giungendo ad affermare, con papa Gregorio VII (1073-85), il primato spirituale e perfino politico del pontefice rispetto all'imperatore e a tutte le altre autorità temporali della terra. Gregorio VII elaborò, alla corte papale, la dottrina secondo cui soltanto il clero aveva il diritto di scegliere i propri vescovi: fu questa l'origine della cosiddetta lotta per le investiture e di un secolare conflitto alla fine del quale avrebbe prevalso il potere dello Stato. L'investitura laica dei vescovi fu proibita da Gregorio VII nel 1075. L'anno seguente, l'imperatore Enrico IV cercò di assicurarsi la deposizione di Gregorio, che rispose scomunicando l'imperatore e sciogliendo i vassalli dal giuramento feudale. A questo episodio fecero seguito, la famosa umiliazione di Canossa (l'imperatore si recò in veste di penitente dal papa chiedendogli l'assoluzione), nel gennaio 1077, e una nuova ribellione di Enrico, che nel 1080 tentò di porre un antipapa al posto di Gregorio; questi, a sua volta, rispose appoggiando le pretese di Rodolfo di Svevia alla corona imperiale. Dopo la morte dei due principali protagonisti, la vicenda proseguì assumendo toni via via più drammatici, fino a giungere, nel 1122, al Concordato di Worms, con il quale fu sancita una sorta di compromesso: l'imperatore rinunciava ufficialmente al diritto d'investitura con l'anello e il pastorale, simboli di autorità spirituale, ma conservava il diritto di intervenire nella scelta dei vescovi. La controversia tuttavia continuò, a intervalli, sino alla fine del XII sec., spostandosi sempre più dal piano religioso a quello politico. ║ Dal XII al XIII sec.: sono questi i secoli noti come età dei Comuni o età delle Crociate. I due fenomeni rientrano in effetti in un unico complesso di trasformazioni sociali ed economiche, che interessarono l'Europa a partire dall'inizio del II millennio. I progressi dell'agricoltura e il miglioramento delle tecniche di conservazione degli alimenti determinarono una considerevole crescita demografica e un'eccedenza nella produzione, che favorì la ripresa degli scambi commerciali e la rinascita degli insediamenti urbani. L'Occidente europeo entrò in una nuova fase di grande dinamismo: il livello di vita quotidiana cambiò e migliorò; rinacquero l'economia monetaria e lo spirito del profitto. Per quel che riguarda i rapporti sociali, da un lato si assistette all'apogeo del sistema feudale, e quindi allo sviluppo dei rapporti gerarchici verticali che legavano il mondo dei signori, dei vassalli e dei contadini; dall'altro lato, il massiccio affrancamento dei servi determinò uno spostamento della popolazione rurale nelle città. In questo clima di accresciuta mobilità sociale si ebbe la rinascita di una società urbana e l'affermarsi di rapporti tendenzialmente egualitari tra cittadini. Nacquero così i Comuni, come associazioni volontarie e giurate di cittadini, prodotto della rivolta dei vassalli inferiori, dei mercanti e della piccola nobiltà contro l'aristocrazia feudale e, in particolare, del capitale mobiliare contro la ricchezza terriera. Il Comune come forma di città-Stato si affermò come modello politico soprattutto nell'Italia settentrionale e nelle Fiandre, sede di fiere e mercati per lo scambio dei prodotti. Nella formazione dell'impero commerciale italiano le città di mare (Pisa, Genova, Venezia), pioniere dell'espansione mercantile, diedero un contributo maggiore di quello fornito dalle città dell'interno. Il loro primo e peculiare interesse, infatti, fu il commercio a lunga distanza per via marittima. L'espansione commerciale delle città marinare si delineò anzitutto nel Mediterraneo orientale, intrecciandosi strettamente, a partire dalla metà del XII sec., con il movimento delle Crociate. Fenomeno tipico dell'età medioevale per la caratteristica contaminazione tra politica e religione, le crociate si innestarono sulla lunga tradizione del pellegrinaggio armato, vere e proprie spedizioni militari intraprese dal mondo cristiano per liberare la Terrasanta dal giogo musulmano dei Turchi Selgiuchidi, guerra santa combattuta per la gloria di Dio, i cui morti avrebbero ricevuto la palma del martirio. Capo e organizzatore supremo era il pontefice, che concedeva ai crociati la remissione dei peccati in cui erano incorsi. Alla base di questo grandioso movimento erano anche altre motivazioni, oltre all'entusiasmo religioso e alla speranza di guadagnarsi la vita eterna: la difesa dei territori cristiani e della pratica del pellegrinaggio in Terrasanta; l'esigenza di conquista di nuovi mercati per il nascente ceto borghese e di nuove terre per i cadetti della nobiltà feudale ormai esautorata dal potere; la salvaguardia dei cospicui interessi commerciali e politici delle città marinare nel Mediterraneo orientale; il bisogno della Chiesa di riaffermare la propria autorità messa in crisi dalla lotta con l'Impero. La prima crociata partì per Costantinopoli nel 1096, in seguito all'appello mosso l'anno precedente ai principi d'Europa da papa Urbano II, e portò nel 1099 alla presa di Gerusalemme e alla formazione di principati latini nei territori dell'Impero bizantino; la settima e ultima fu bandita da Clemente IV e organizzata nel 1270 dal re di Francia Luigi IX che vi trovò la morte, insieme con gran parte dell'esercito, decimato dalla peste. In realtà la pretesa intenzione di portare aiuto all'Impero bizantino, che dopo lo scisma del 1054 costituiva l'ultima roccaforte della cristianità in Oriente, contro la minaccia musulmana dei Turchi Selgiuchidi, si attuò di fatto in una politica ambivalente, volta all'acquisizione di principati territoriali e di lucrosi bottini a spese dello stesso Impero bizantino, politica che ebbe il suo apice nella IV crociata, con la conquista e il saccheggio di Costantinopoli da parte degli eserciti occidentali nel 1204. Le crociate, in definitiva, moltiplicarono per le potenze europee le occasioni di bottino e di lucrosi guadagni e fornirono alle Repubbliche marinare italiane l'opportunità di fondare vere e proprie colonie di là dal mare, monopolizzando di fatto il commercio dei prodotti orientali e dei preziosi articoli asiatici, trasportati dalle carovane via Damasco o Aleppo. In Europa, intanto, la nuova borghesia artigianale e mercantile mise progressivamente in crisi l'ordinamento sociale retto fino a quel momento dall'aristocrazia feudale e impose gradualmente i propri interessi, determinando rivolgimenti politici di notevole portata. I Comuni italiani approfittarono delle lotte tra papi e imperatori per emanciparsi da entrambi questi poteri; essi, tuttavia, non giunsero mai a pretendere una formale indipendenza politica che li ponesse al di fuori dell'Impero, ma si limitarono a rivendicare l'autonomia normativa ed economica, che fu loro riconosciuta da Federico I Barbarossa con la Pace di Costanza nel 1183, al termine di un lungo braccio di ferro con l'imperatore. Altrove in Europa (Inghilterra e Francia), alla crisi delle due grandi istituzioni universalistiche corrispose il delinearsi di un nuovo modello politico: la Monarchia, quale Stato in via di centralizzazione. Anche in Spagna le guerre di Reconquista contro i Mori portarono all'affermazione di un'identità nazionale, che culminò con la costituzione dei due Regni di Aragona e di Castiglia. Sul terreno religioso nacquero gli ordini dei frati mendicanti, francescano e domenicano, rappresentanti di un nuovo spirito religioso e di un nuovo apostolato, volto a rispondere ai bisogni spirituali della nascente società urbana. Alle reazioni che si collocarono nel quadro dell'ortodossia ecclesiastica fecero eco quelle che nacquero nel solco dell'eresia; quella catara (V. CATARI) scosse la cristianità con la spinta rivoluzionaria contenuta nelle sue prese di posizione radicali, sia in ambito teologico, sia sociale, e provocò una reazione violentissima da parte della Chiesa romana: nel 1208 fu indetta da papa Innocenzo III la crociata contro gli Albigesi (dalla città di Albi, in Provenza, in cui i catari erano particolarmente numerosi), che produsse lo sterminio indiscriminato della popolazione e pose fine ad una delle civiltà più fiorenti dell'Occidente medioevale. Alla nuova fioritura economica si accompagnò, nel XIII sec., una straordinaria attività intellettuale. La nuova cultura ebbe i propri centri propulsori nelle università, le corporazioni di studenti e maestri che assunsero il controllo dell'educazione superiore ponendo fine al monopolio culturale delle scuole monastiche. Parigi, Oxford, Bologna, Pavia divennero meta degli studenti di tutta Europa per lo studio delle arti liberali, del diritto e della teologia e si avvalsero dell'insegnamento di studiosi come Abelardo, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Duns Scoto, Ruggero Bacone. Questa fioritura culturale fu caratterizzata anche dalla riscoperta delle opere di Aristotele, inizialmente attraverso la mediazione costituita dalle traduzioni arabe di Avicenna e Averroè. La sua Politica servì come modello a tutte le opere politiche per alcuni secoli, mentre la Metafisica costituì, insieme o talvolta in opposizione ai modelli logico-culturali attinti al Platonismo e all'Agostinismo, la struttura portante per la giustificazione teoretica della filosofia cristiana. Tornava così ad affacciarsi nel panorama culturale dell'Occidente il razionalismo greco, che avrebbe presto conosciuto un nuovo periodo di splendore. Grandiosa espressione di questo fermento culturale fu, in campo architettonico, il passaggio dallo stile romanico a quello gotico, che attestava non soltanto il rinnovamento del gusto, ma anche l'adozione di tecniche di costruzione più avanzate. Risalgono a questo periodo le grandi cattedrali gotiche di tutta Europa: Parigi, Chartres, Colonia, Canterbury, Orvieto, ecc. Sul piano letterario, il processo di frammentazione dell'unità politica e religiosa della respublica christiana favorì un regionalismo che rappresentò la spinta alla differenziazione delle culture: sorsero così le diverse letterature nazionali nelle varie lingue "volgari", che si erano andate progressivamente distaccando dal latino e avevano acquisito dignità di lingue letterarie, rompendo il monopolio della letteratura mediolatina. ║ Il tardo M. (secc. XIV-XV): nuove e più accentuate tendenze disgregatrici si manifestarono nel XIV sec. L'ultimo tentativo di reagire al nuovo corso storico fu compiuto da papa Bonifacio VIII con la promulgazione nel 1302 della bolla Unam Sanctam, che riproponeva con una formulazione ancora più rigida le teorie teocratiche dei suoi predecessori. Ne scaturì un grave contrasto con la Francia di Filippo IV il Bello. Un inviato del re di Francia insultò e arrestò ad Anagni (1303) il pontefice, che morì poco dopo. Con lui venne meno la pretesa dei papi di governare il mondo. Dopo la lunga parentesi del trasferimento della curia papale ad Avignone (la cosiddetta cattività avignonese che si protrasse dal 1309 al 1376) e la fine del grande scisma nel 1417, il Papato andò progressivamente italianizzandosi: nel XV sec. i papi erano ormai dei veri e propri principi. In definitiva, sebbene agli inizi del Trecento l'idea di Impero universale sopravvivesse ancora nella coscienza popolare, in realtà essa poco contò sul piano delle realtà politiche. L'autorità dell'imperatore, i cui diritti assumevano carattere più che altro formale, fu condizionata dal consenso dei principi elettori e la sua azione fu sempre più ristretta ai confini della Germania. Dante Alighieri, l'ultimo grande partigiano dell'accordo tra i poteri, era in ritardo rispetto al suo tempo. L'ideale universalistico si andò quindi sfaldando parallelamente alla decadenza delle due entità, Papato e Impero, che l'avevano sostenuto, mentre emergeva la nuova realtà degli Stati nazionali, rappresentata dalle grandi Monarchie occidentali (Francia, Inghilterra, Castiglia, Aragona) e da una congerie di piccoli staterelli e città-Stato nell'area imperiale (Principati e Signorie in Germania e nell'Italia centro-settentrionale, Repubbliche marinare, territori della Chiesa, Regno di Napoli, in mano agli Angiò). Molti nobili cercarono di approfittare dei vantaggi che venivano concessi dai re e dai principi e si trasformarono in cortigiani. Si moltiplicarono i titoli nobiliari e gli ordini cavallereschi. A Oriente, i Regni di Boemia e d'Ungheria confinavano con un Impero bizantino sempre più indebolito e pronto a cadere nelle mani dei Turchi Ottomani, che riuscirono a conquistare Costantinopoli nel 1453. Questa nuova Europa delle Nazioni non trovava più neanche nella religione un elemento unificatore. Per la prima volta nel XIV sec., l'eresia si collegò con il sentimento nazionale: movimenti ereticali come quelli di Wycliff in Inghilterra e di Hus in Boemia miravano alla rigenerazione della Chiesa e contenevano già fermenti nazionalistici per certi versi precursori delle istanze luterane. Tra la metà del XIV e la metà del XV sec. l'evoluzione degli Stati nazionali dovette passare attraverso la sanguinosa guerra dei Cent'anni (1339-1453) tra Francia e Inghilterra e, mentre in Spagna si portava a compimento l'unificazione dei Regni di Castiglia e Aragona (1469), in Italia il precario equilibrio tra i cinque Stati più potenti (Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli) si rompeva sotto i colpi dell'espansionismo di Francia, Spagna e Impero (gli ultimi due uniti, dal 1519, sotto Carlo V). La nuova letteratura in volgare conobbe una eccezionale fioritura in Italia con Dante, Petrarca, Boccaccio, ma letterature nazionali si svilupparono anche in Inghilterra (G. Chaucer) e in Francia (F. Villon). Con le nuove scoperte della stampa a caratteri mobili, che facilitò enormemente la diffusione dei libri, e dell'artiglieria, che modificò radicalmente la tecnica militare, l'Europa delle Nazioni si affacciò all'età moderna, mentre i confini del mondo conosciuto si allargarono progressivamente e la scoperta dell'America, spostando gradualmente l'asse degli interessi europei e modificando i rapporti di forza tra le potenze, aprì un nuovo periodo per la storia del mondo.