Periodo storico intermedio tra l'età antica e quella moderna, con
riferimento specifico alla civiltà europea. Con significato più
generale, periodo storico, appartenente a qualsiasi civiltà, che presenti
analogie col
M. europeo. ║ Per estens. - Periodo di oscurantismo e
di decadenza di una civiltà. • Storiogr. - Il concetto di
un'età intermedia, di un periodo a sé, considerato come
un'interruzione del processo storico precedente, andò formandosi in
età rinascimentale quando, in pieno fervore umanistico, con la riscoperta
e la rivalutazione degli ideali di bellezza e di cultura del mondo classico, ci
si volse negativamente verso il precedente periodo. Il termine, che era comparso
in varie forme (
media tempestas, media tempora, media aetas, media
antiquitas, medium aevum) a partire dal XV sec., venne fissato
definitivamente nel suo significato storiografico attuale nella
Historia
medii aevi di Cristoph Keller (1688). ║
Limiti cronologici del
M.: convenzionalmente, il
M. copre un millennio e si estende dalla
data della deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente (476) alla
scoperta dell'America (1492). Si tratta tuttavia di riferimenti puramente
indicativi e convenzionali, che non trovano d'accordo tutti gli storici. In
genere la data d'inizio non è messa in discussione e viene fatta
coincidere con il crollo dell'Impero romano d'Occidente nel 476 o con l'evento
che lo aveva drammaticamente preannunciato: il sacco di Roma ad opera dei
Visigoti nel 410. Alcuni storici tuttavia, come Pirenne, propongono di
posticipare l'inizio dell'epoca medioevale ai secc. VII-VIII, quando l'avanzata
dell'Islam produsse la rottura definitiva dell'antica unità romana del
Mediterraneo, con conseguente crisi dell'economia di scambio e della
civiltà urbana e nascita del feudalesimo. Più problematico
è invece assegnare un termine al
M.: in questo caso i limiti
cronologici presi a riferimento variano sia in rapporto alle diverse
interpretazioni storiografiche, sia in rapporto alle zone geografiche
considerate. In Italia i primi sintomi di un mutato clima culturale sono
percepibili nell'opera di Petrarca e dei primi umanisti all'inizio del
Quattrocento. In Francia e in Inghilterra gli storici sottolineano l'importanza
simbolica di alcuni avvenimenti politici di rilievo, rispettivamente la discesa
di Carlo VIII in Italia nel 1494 e l'avvento della dinastia Tudor nel 1485. In
Germania e nel mondo tedesco, il grande spartiacque tra l'età medioevale
e la moderna è costituito dalla riforma protestante, con la proclamazione
delle tesi luterane nel 1517. Di grande rilevanza storica sono anche eventi
quali la caduta di Costantinopoli ad opera dei Turchi nel 1453, che segnò
la fine dell'Impero bizantino e la riscoperta della lingua e cultura greca
nell'Occidente europeo, e le grandi scoperte geografiche, che spostarono l'asse
degli interessi economici e politici europei dal Mediterraneo all'Atlantico e
modificarono radicalmente i rapporti fino ad allora esistenti tra le potenze. In
ogni caso il
M. copre circa un millennio della storia europea.
Tradizionalmente tale millennio viene a sua volta distinto in due grandi
periodi, indicati come
Alto M. e
Basso M., la cui linea di
demarcazione può essere approssimativamente posta attorno all'anno Mille;
ma anche questa partizione è spesso contestata da alcune scuole
storiografiche, perché troppo generica e poco rispettosa delle profonde
differenze culturali riscontrabili, per esempio, tra i secc. IV-VI e VII-IX.
║
Il M. come nozione storiografica: il concetto di
M.
è stato a lungo caratterizzato da una connotazione negativa che lo ha
accompagnato dal Rinascimento fino all'Illuminismo, per poi essere polemicamente
rovesciata dal Romanticismo e quindi ripresa dalla storiografia positivistica.
Una volta concepita dagli umanisti del XV sec. l'idea di un intervallo di dieci
secoli che separava una decadenza da una rinascita, tale idea divenne una
costante mentale capace di assumere significati e sfumature diverse. Se gli
umanisti videro nel
M. soprattutto un'epoca di barbarie culturale e
linguistica per la decadenza della lingua latina e la perdita del patrimonio
letterario classico, per i riformati il
M. fu l'epoca dell'allontanamento
della Chiesa dalla sua perfezione primitiva, della compromissione con il potere
politico e dell'affermazione mondana del papato, della perdita insomma degli
originari valori cristiani. Per gli illuministi il
M. coincise con il
trionfo della superstizione e dell'oscurantismo, della sopraffazione dei ceti
nobiliari sui sottoposti, dell'intolleranza elevata a sistema. Il Romanticismo
riabilitò il
M. come momento fondamentale per la nascita del
sentimento di identità nazionale; vide nelle grandi cattedrali gotiche
l'espressione più compiuta della libertà umana e nella fusione
della vitalità dell'antico mondo germanico con l'eredità culturale
classica e la spiritualità cristiana l'autentica formazione dello spirito
europeo. La storiografia marxista classica, analizzando la storia umana da una
prospettiva eminentemente economica, ha inserito il
M. in una
periodizzazione della storia fondata sulla successione di cinque fondamentali
sistemi di produzione: il sistema primitivo, quello schiavistico, quello
feudale, quello capitalistico e quello socialista. Tutte queste interpretazioni
storiografiche, pur nella varietà delle prospettive da cui muovono e
nella diversità delle valutazioni proposte, presuppongono una concezione
del
M. come periodo storico unitario, evidenziando di volta in volta
all'interno di esso alcuni aspetti parziali, che vengono elevati a criteri di
interpretazione esaustiva e universale del fenomeno. Oggi, nella generale
tendenza a ridiscutere le grandi sistemazioni organiche elaborate dallo
storicismo del XIX sec., gli storici tendono a evitare le generalizzazioni
eccessive e i giudizi complessivi, mettendo in luce piuttosto gli aspetti
peculiari del
M., dal punto di vista politico, sociale e, soprattutto,
religioso. La nozione stessa di
M. come scansione storica unitaria
è stata messa in crisi, parallelamente al concetto ad esso complementare
e correlato di "modernità". Attualmente si punta piuttosto alla
esplorazione concreta di singoli segmenti cronologici e di specifici momenti di
civiltà, che formano la grande sequenza temporale del
M.,
sviluppando nuovi metodi di ricerca interdisciplinari, con particolare
attenzione alle scienze sociologiche e antropologiche. • St. -
Dal V
all'VIII sec.: in questi secoli si compì il lento processo di
transizione dalla tarda antichità al
M. Le strategie di difesa
dell'Impero romano che nei secc. III e IV avevano consentito di contenere
l'espansionismo dei popoli germanici, i cosiddetti "barbari", divennero
inefficaci nel corso del V sec., per la concomitanza di due ordini di fatti:
l'aggravarsi del processo di deterioramento istituzionale, economico, sociale e
militare all'interno dell'Impero e l'accresciuta pressione dei barbari sui
confini, provocata dall'arrivo in Europa degli Unni. L'assalto delle popolazioni
germaniche ebbe esito positivo nella parte occidentale dell'Impero, dove le
scorrerie e le incursioni dei barbari all'interno dei confini si trasformarono
in stanziamenti definitivi. Deposto l'ultimo imperatore Romolo Augustolo (476),
sulle rovine dell'Impero romano d'Occidente sorsero numerosi Regni
romano-barbarici, che delinearono una nuova geografia politica in Europa: gli
Angli e i Sassoni in Inghilterra, i Vandali in Spagna e poi nell'Africa
mediterranea occidentale, i Visigoti in Spagna, i Franchi in Gallia, gli
Ostrogoti e poi i Longobardi in Italia. Maggiore vitalità e
capacità di resistenza alle aggressioni esterne dimostrò l'Impero
romano d'Oriente o Impero bizantino, che grazie alla sua più solida
struttura organizzativa sopravvisse per circa un millennio alla caduta della
parte occidentale, accentuando sempre più il suo processo di
ellenizzazione e di distacco da Roma. L'ultimo tentativo di riunificazione si
ebbe, nel VI sec., per opera dell'imperatore bizantino Giustiniano I e del suo
generale Belisario (guerra gotica: 535-553), ma ebbe breve durata e si risolse
in un sostanziale fallimento. Nel generale quadro di desolazione che
caratterizzò questo periodo della storia europea (che vide lo
spopolamento delle città, un forte calo demografico dovuto al succedersi
delle guerre e delle carestie, un analfabetismo dilagante in seguito alla
decadenza delle scuole e alla scomparsa della vecchia classe dirigente e del suo
ruolo egemone nella conservazione e nella trasmissione della cultura),
acquistò un ruolo sempre più importante la Chiesa e al suo interno
il vescovo di Roma, che divenne il capo spirituale della comunità
cristiana. Il Cristianesimo, riconosciuto come religione ufficiale dell'Impero
fin dai tempi di Teodosio, si diffuse anche presso i barbari invasori,
inizialmente nella versione ariana, e si configurò sempre più come
religione monoteistica intransigente rispetto agli altri culti, soppiantando il
sincretismo religioso dell'età precedente; si pose come fenomeno
totalizzante, teso ad informare ogni aspetto della vita dell'uomo medioevale,
non solo religioso ma anche sociale, culturale e politico. La vita cittadina si
accentrò attorno alla cattedrale, dove il vescovo finì
coll'assumere anche funzioni civili e amministrative. Nelle campagne si
diffusero i monasteri, che diventarono i nuovi centri di conservazione della
cultura; i monaci benedettini, in particolare, si distinsero nella trascrizione
dei codici e svolsero un'opera importante per la trasmissione alla
posterità del patrimonio letterario classico, anche se gli scrittori
antichi furono letti e interpretati secondo la mentalità medioevale,
incline all'allegoria e al simbolismo. ║
Dall'VIII all'XI sec.: i
secc. VII e VIII videro la nascita e il rapido espandersi dell'Islam nel
Mediterraneo e il costituirsi di una nuova compagine territoriale che si
estendeva dalla penisola arabica lungo tutta l'Africa settentrionale fino alla
Spagna e alla Sicilia. L'espansionismo islamico determinò la reazione
della cristianità occidentale, che venne ora per la prima volta
elaborando la coscienza della propria realtà unitaria, in opposizione al
mondo islamico, e si riorganizzò attorno a Carlo Martello, re dei
Franchi, il quale riuscì a fermare gli Arabi a Poitiers, nel 732. Con
Pipino il Breve, e ancor più con Carlo Magno, i Franchi divennero i
difensori armati della cristianità e l'Impero carolingio, che si
estendeva dai Pirenei fino all'Elba e al Danubio, sembrò mirare
nuovamente a quell'ideale universalistico che aveva animato l'Impero romano,
come testimonia la fastosa cerimonia dell'incoronazione di Carlo Magno a
imperatore del Sacro romano Impero compiuta da papa Leone III nell'anno 800. Fu
a partire da Carlo Magno che prese vita e si sviluppò quella complessa
realtà che va sotto il nome di
feudalesimo
(V.), anche se produsse i suoi effetti più
caratteristici successivamente alla disgregazione della dinastia carolingia, nei
secc. XI e XII. Nel sistema feudale la proprietà terriera (
feudo)
era l'unica vera forma di ricchezza e di potere politico, all'interno di
un'economia agricola chiusa (
economia curtense), che rendeva la
comunità del villaggio quasi autosufficiente. Il signore, spesso, aveva
ottenuto la concessione della terra in ricompensa dell'aiuto militare prestato a
un superiore e poteva a sua volta concedere parte della sua terra ad altri
guerrieri, che divenivano così i suoi vassalli. La concessione del feudo
da parte del re o del signore ad un suo vassallo, in cambio di protezioni
specifiche, avveniva in modo puramente personale, secondo una concezione
giuridica di ascendenza tipicamente germanica, che non distingueva tra diritto
pubblico e diritto privato. L'Impero carolingio ebbe vita effimera: tra il IX e
il X sec. l'Europa dovette affrontare una grave crisi, causata sia dalla
dissoluzione della dinastia carolingia sotto le spinte particolaristiche dei
grandi feudatari, sia dalla nuova ondata di invasioni ungare e normanne, cui si
aggiunsero le continue scorrerie e devastazioni operate nel Mediterraneo dai
pirati saraceni. Una nuova restaurazione politico-religiosa fu affidata a Ottone
I di Sassonia, incoronato imperatore nel 962. Con lui la Chiesa, legata
all'autorità politica attraverso l'inserimento di vescovi e abati nella
gerarchia feudale, divenne il baluardo dell'unità del Regno. Ma fu Ottone
III che, a cavallo tra i secc. X e XI, pose mano, insieme a papa Silvestro II,
alla cosiddetta
renovatio imperii (rinnovamento dell'Impero), fissando le
linee-guida della nuova concessione universalistica imperiale, fondata su un
governo solidale dell'imperatore e del papa, residenti entrambi a Roma. I due
poteri, quello temporale e quello spirituale, dovevano porsi su un piano di
parità e cooperare per creare un nuovo Impero universale e cristiano.
Questo ideale, tuttavia, si scontrò ben presto con due grandi ostacoli:
anzitutto, l'Impero che avrebbe dovuto essere "universale" era in realtà
limitato ai Regni di Germania e d'Italia e inoltre l'alto clero, ormai
possessore di ingenti ricchezze e di grandi estensioni di terre, andava sempre
più secolarizzandosi. La tendenza a reclutare l'alto clero tra la
nobiltà si accentuò nel corso del tempo, con la conseguenza che
questi prelati erano spesso immorali e incolti. La Chiesa era peraltro ormai
diventata un potentato a sé, dotato di un'autonomia politica e
amministrativa, e perseguiva ormai apertamente il suo obiettivo temporale di
contrastare il costituirsi di un forte organismo statale in Italia e di
assicurarsi una posizione di controllo politico sul potere dell'Imperatore. A
questa progressiva secolarizzazione si accompagnò anche una degenerazione
morale del clero, che sfociò nella famosa pratica della simonia,
cioè la vendita delle cariche ecclesiastiche. Nel 1054 intanto si era
compiuto con lo
scisma d'Oriente il distacco della Chiesa bizantina dalla
Chiesa latina, ponendo termine al plurisecolare antagonismo tra i patriarchi
ortodossi e il papa. Ma dall'interno stesso della Chiesa si svilupparono dei
movimenti riformatori che, rifacendosi all'esperienza cluniacense del X sec.,
promossero una generale rinascita religiosa. Rinvigorita da questi nuovi
fermenti, la Chiesa, nella seconda metà dell'XI sec., si propose come
unica garante dei valori spirituali romani e cristiani, giungendo ad affermare,
con papa Gregorio VII (1073-85), il primato spirituale e perfino politico del
pontefice rispetto all'imperatore e a tutte le altre autorità temporali
della terra. Gregorio VII elaborò, alla corte papale, la dottrina secondo
cui soltanto il clero aveva il diritto di scegliere i propri vescovi: fu questa
l'origine della cosiddetta
lotta per le investiture e di un secolare
conflitto alla fine del quale avrebbe prevalso il potere dello Stato.
L'investitura laica dei vescovi fu proibita da Gregorio VII nel 1075. L'anno
seguente, l'imperatore Enrico IV cercò di assicurarsi la deposizione di
Gregorio, che rispose scomunicando l'imperatore e sciogliendo i vassalli dal
giuramento feudale. A questo episodio fecero seguito, la famosa umiliazione di
Canossa (l'imperatore si recò in veste di penitente dal papa chiedendogli
l'assoluzione), nel gennaio 1077, e una nuova ribellione di Enrico, che nel 1080
tentò di porre un antipapa al posto di Gregorio; questi, a sua volta,
rispose appoggiando le pretese di Rodolfo di Svevia alla corona imperiale. Dopo
la morte dei due principali protagonisti, la vicenda proseguì assumendo
toni via via più drammatici, fino a giungere, nel 1122, al
Concordato
di Worms, con il quale fu sancita una sorta di compromesso: l'imperatore
rinunciava ufficialmente al diritto d'investitura con l'anello e il pastorale,
simboli di autorità spirituale, ma conservava il diritto di intervenire
nella scelta dei vescovi. La controversia tuttavia continuò, a
intervalli, sino alla fine del XII sec., spostandosi sempre più dal piano
religioso a quello politico. ║
Dal XII al XIII sec.: sono questi i
secoli noti come età dei Comuni o età delle Crociate. I due
fenomeni rientrano in effetti in un unico complesso di trasformazioni sociali ed
economiche, che interessarono l'Europa a partire dall'inizio del II millennio. I
progressi dell'agricoltura e il miglioramento delle tecniche di conservazione
degli alimenti determinarono una considerevole crescita demografica e
un'eccedenza nella produzione, che favorì la ripresa degli scambi
commerciali e la rinascita degli insediamenti urbani. L'Occidente europeo
entrò in una nuova fase di grande dinamismo: il livello di vita
quotidiana cambiò e migliorò; rinacquero l'economia monetaria e lo
spirito del profitto. Per quel che riguarda i rapporti sociali, da un lato si
assistette all'apogeo del sistema feudale, e quindi allo sviluppo dei rapporti
gerarchici verticali che legavano il mondo dei signori, dei vassalli e dei
contadini; dall'altro lato, il massiccio affrancamento dei servi
determinò uno spostamento della popolazione rurale nelle città. In
questo clima di accresciuta mobilità sociale si ebbe la rinascita di una
società urbana e l'affermarsi di rapporti tendenzialmente egualitari tra
cittadini. Nacquero così i
Comuni, come associazioni volontarie e
giurate di cittadini, prodotto della rivolta dei vassalli inferiori, dei
mercanti e della piccola nobiltà contro l'aristocrazia feudale e, in
particolare, del capitale mobiliare contro la ricchezza terriera. Il Comune come
forma di città-Stato si affermò come modello politico soprattutto
nell'Italia settentrionale e nelle Fiandre, sede di fiere e mercati per lo
scambio dei prodotti. Nella formazione dell'impero commerciale italiano le
città di mare (Pisa, Genova, Venezia), pioniere dell'espansione
mercantile, diedero un contributo maggiore di quello fornito dalle città
dell'interno. Il loro primo e peculiare interesse, infatti, fu il commercio a
lunga distanza per via marittima. L'espansione commerciale delle città
marinare si delineò anzitutto nel Mediterraneo orientale, intrecciandosi
strettamente, a partire dalla metà del XII sec., con il movimento delle
Crociate. Fenomeno tipico dell'età medioevale per la
caratteristica contaminazione tra politica e religione, le crociate si
innestarono sulla lunga tradizione del pellegrinaggio armato, vere e proprie
spedizioni militari intraprese dal mondo cristiano per liberare la Terrasanta
dal giogo musulmano dei Turchi Selgiuchidi, guerra santa combattuta per la
gloria di Dio, i cui morti avrebbero ricevuto la palma del martirio. Capo e
organizzatore supremo era il pontefice, che concedeva ai crociati la remissione
dei peccati in cui erano incorsi. Alla base di questo grandioso movimento erano
anche altre motivazioni, oltre all'entusiasmo religioso e alla speranza di
guadagnarsi la vita eterna: la difesa dei territori cristiani e della pratica
del pellegrinaggio in Terrasanta; l'esigenza di conquista di nuovi mercati per
il nascente ceto borghese e di nuove terre per i cadetti della nobiltà
feudale ormai esautorata dal potere; la salvaguardia dei cospicui interessi
commerciali e politici delle città marinare nel Mediterraneo orientale;
il bisogno della Chiesa di riaffermare la propria autorità messa in crisi
dalla lotta con l'Impero. La prima crociata partì per Costantinopoli nel
1096, in seguito all'appello mosso l'anno precedente ai principi d'Europa da
papa Urbano II, e portò nel 1099 alla presa di Gerusalemme e alla
formazione di principati latini nei territori dell'Impero bizantino; la settima
e ultima fu bandita da Clemente IV e organizzata nel 1270 dal re di Francia
Luigi IX che vi trovò la morte, insieme con gran parte dell'esercito,
decimato dalla peste. In realtà la pretesa intenzione di portare aiuto
all'Impero bizantino, che dopo lo scisma del 1054 costituiva l'ultima roccaforte
della cristianità in Oriente, contro la minaccia musulmana dei Turchi
Selgiuchidi, si attuò di fatto in una politica ambivalente, volta
all'acquisizione di principati territoriali e di lucrosi bottini a spese dello
stesso Impero bizantino, politica che ebbe il suo apice nella IV crociata, con
la conquista e il saccheggio di Costantinopoli da parte degli eserciti
occidentali nel 1204. Le crociate, in definitiva, moltiplicarono per le potenze
europee le occasioni di bottino e di lucrosi guadagni e fornirono alle
Repubbliche marinare italiane l'opportunità di fondare vere e proprie
colonie di là dal mare, monopolizzando di fatto il commercio dei prodotti
orientali e dei preziosi articoli asiatici, trasportati dalle carovane via
Damasco o Aleppo. In Europa, intanto, la nuova borghesia artigianale e
mercantile mise progressivamente in crisi l'ordinamento sociale retto fino a
quel momento dall'aristocrazia feudale e impose gradualmente i propri interessi,
determinando rivolgimenti politici di notevole portata. I Comuni italiani
approfittarono delle lotte tra papi e imperatori per emanciparsi da entrambi
questi poteri; essi, tuttavia, non giunsero mai a pretendere una formale
indipendenza politica che li ponesse al di fuori dell'Impero, ma si limitarono a
rivendicare l'autonomia normativa ed economica, che fu loro riconosciuta da
Federico I Barbarossa con la Pace di Costanza nel 1183, al termine di un lungo
braccio di ferro con l'imperatore. Altrove in Europa (Inghilterra e Francia),
alla crisi delle due grandi istituzioni universalistiche corrispose il
delinearsi di un nuovo modello politico: la Monarchia, quale Stato in via di
centralizzazione. Anche in Spagna le guerre di
Reconquista contro i Mori
portarono all'affermazione di un'identità nazionale, che culminò
con la costituzione dei due Regni di Aragona e di Castiglia. Sul terreno
religioso nacquero gli ordini dei frati mendicanti, francescano e domenicano,
rappresentanti di un nuovo spirito religioso e di un nuovo apostolato, volto a
rispondere ai bisogni spirituali della nascente società urbana. Alle
reazioni che si collocarono nel quadro dell'ortodossia ecclesiastica fecero eco
quelle che nacquero nel solco dell'
eresia; quella catara
(V. CATARI) scosse la cristianità con la
spinta rivoluzionaria contenuta nelle sue prese di posizione radicali, sia in
ambito teologico, sia sociale, e provocò una reazione violentissima da
parte della Chiesa romana: nel 1208 fu indetta da papa Innocenzo III la crociata
contro gli Albigesi (dalla città di Albi, in Provenza, in cui i catari
erano particolarmente numerosi), che produsse lo sterminio indiscriminato della
popolazione e pose fine ad una delle civiltà più fiorenti
dell'Occidente medioevale. Alla nuova fioritura economica si accompagnò,
nel XIII sec., una straordinaria attività intellettuale. La nuova cultura
ebbe i propri centri propulsori nelle
università, le corporazioni
di studenti e maestri che assunsero il controllo dell'educazione superiore
ponendo fine al monopolio culturale delle scuole monastiche. Parigi, Oxford,
Bologna, Pavia divennero meta degli studenti di tutta Europa per lo studio delle
arti liberali, del diritto e della teologia e si avvalsero dell'insegnamento di
studiosi come Abelardo, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Duns Scoto, Ruggero
Bacone. Questa fioritura culturale fu caratterizzata anche dalla riscoperta
delle opere di Aristotele, inizialmente attraverso la mediazione costituita
dalle traduzioni arabe di Avicenna e Averroè. La sua
Politica
servì come modello a tutte le opere politiche per alcuni secoli, mentre
la
Metafisica costituì, insieme o talvolta in opposizione ai
modelli logico-culturali attinti al Platonismo e all'Agostinismo, la struttura
portante per la giustificazione teoretica della filosofia cristiana. Tornava
così ad affacciarsi nel panorama culturale dell'Occidente il razionalismo
greco, che avrebbe presto conosciuto un nuovo periodo di splendore. Grandiosa
espressione di questo fermento culturale fu, in campo architettonico, il
passaggio dallo stile romanico a quello gotico, che attestava non soltanto il
rinnovamento del gusto, ma anche l'adozione di tecniche di costruzione
più avanzate. Risalgono a questo periodo le grandi cattedrali gotiche di
tutta Europa: Parigi, Chartres, Colonia, Canterbury, Orvieto, ecc. Sul piano
letterario, il processo di frammentazione dell'unità politica e religiosa
della
respublica christiana favorì un regionalismo che
rappresentò la spinta alla differenziazione delle culture: sorsero
così le diverse letterature nazionali nelle varie lingue "volgari", che
si erano andate progressivamente distaccando dal latino e avevano acquisito
dignità di lingue letterarie, rompendo il monopolio della letteratura
mediolatina. ║
Il tardo M. (secc. XIV-XV): nuove e più
accentuate tendenze disgregatrici si manifestarono nel XIV sec. L'ultimo
tentativo di reagire al nuovo corso storico fu compiuto da papa Bonifacio VIII
con la promulgazione nel 1302 della bolla
Unam Sanctam, che riproponeva
con una formulazione ancora più rigida le teorie teocratiche dei suoi
predecessori. Ne scaturì un grave contrasto con la Francia di Filippo IV
il Bello. Un inviato del re di Francia insultò e arrestò ad Anagni
(1303) il pontefice, che morì poco dopo. Con lui venne meno la pretesa
dei papi di governare il mondo. Dopo la lunga parentesi del trasferimento della
curia papale ad Avignone (la cosiddetta
cattività avignonese che
si protrasse dal 1309 al 1376) e la fine del grande scisma nel 1417, il Papato
andò progressivamente italianizzandosi: nel XV sec. i papi erano ormai
dei veri e propri principi. In definitiva, sebbene agli inizi del Trecento
l'idea di Impero universale sopravvivesse ancora nella coscienza popolare, in
realtà essa poco contò sul piano delle realtà politiche.
L'autorità dell'imperatore, i cui diritti assumevano carattere più
che altro formale, fu condizionata dal consenso dei principi elettori e la sua
azione fu sempre più ristretta ai confini della Germania. Dante
Alighieri, l'ultimo grande partigiano dell'accordo tra i poteri, era in ritardo
rispetto al suo tempo. L'ideale universalistico si andò quindi sfaldando
parallelamente alla decadenza delle due entità, Papato e Impero, che
l'avevano sostenuto, mentre emergeva la nuova realtà degli Stati
nazionali, rappresentata dalle grandi Monarchie occidentali (Francia,
Inghilterra, Castiglia, Aragona) e da una congerie di piccoli staterelli e
città-Stato nell'area imperiale (Principati e Signorie in Germania e
nell'Italia centro-settentrionale, Repubbliche marinare, territori della Chiesa,
Regno di Napoli, in mano agli Angiò). Molti nobili cercarono di
approfittare dei vantaggi che venivano concessi dai re e dai principi e si
trasformarono in cortigiani. Si moltiplicarono i titoli nobiliari e gli ordini
cavallereschi. A Oriente, i Regni di Boemia e d'Ungheria confinavano con un
Impero bizantino sempre più indebolito e pronto a cadere nelle mani dei
Turchi Ottomani, che riuscirono a conquistare Costantinopoli nel 1453. Questa
nuova Europa delle Nazioni non trovava più neanche nella religione un
elemento unificatore. Per la prima volta nel XIV sec., l'eresia si
collegò con il sentimento nazionale: movimenti ereticali come quelli di
Wycliff in Inghilterra e di Hus in Boemia miravano alla rigenerazione della
Chiesa e contenevano già fermenti nazionalistici per certi versi
precursori delle istanze luterane. Tra la metà del XIV e la metà
del XV sec. l'evoluzione degli Stati nazionali dovette passare attraverso la
sanguinosa
guerra dei Cent'anni (1339-1453) tra Francia e Inghilterra e,
mentre in Spagna si portava a compimento l'unificazione dei Regni di Castiglia e
Aragona (1469), in Italia il precario equilibrio tra i cinque Stati più
potenti (Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli) si rompeva sotto i colpi
dell'espansionismo di Francia, Spagna e Impero (gli ultimi due uniti, dal 1519,
sotto Carlo V). La nuova letteratura in volgare conobbe una eccezionale
fioritura in Italia con Dante, Petrarca, Boccaccio, ma letterature nazionali si
svilupparono anche in Inghilterra (G. Chaucer) e in Francia (F. Villon). Con le
nuove scoperte della stampa a caratteri mobili, che facilitò enormemente
la diffusione dei libri, e dell'artiglieria, che modificò radicalmente la
tecnica militare, l'Europa delle Nazioni si affacciò all'età
moderna, mentre i confini del mondo conosciuto si allargarono progressivamente e
la scoperta dell'America, spostando gradualmente l'asse degli interessi europei
e modificando i rapporti di forza tra le potenze, aprì un nuovo periodo
per la storia del mondo.