Opera esercitata da un mediatore, persona o ente, per favorire un accordo tra
due o più parti, appianare una controversia, stipulare un contratto.
║ Per estens. - La provvigione spettante al mediatore. • Dir.
internaz. - Intervento di uno Stato nel caso di conflitto di interessi fra due o
più Paesi, allo scopo di condurli ad un accordo mediante la proposta di
una soluzione. Uno Stato può offrire la sua
m. spontaneamente,
cioè senza previa richiesta delle parti, oppure in seguito a richiesta
ufficiale da parte degli Stati in conflitto: in quest'ultimo caso lo Stato
richiesto è libero di rifiutare la sua
m. Lo Stato mediatore
dirige i negoziati, riceve le reciproche dichiarazioni delle parti e suggerisce
il modo di porre fine alla controversia. La
m., che ha lo scopo di
evitare scontri armati, può essere esercitata non solo da Stati, ma anche
da singole personalità politiche, da enti o organizzazioni internazionali
(ad esempio l'Organizzazione delle Nazioni Unite). La
m. ebbe un grande
sviluppo nel Medioevo, quando l'intervento pontificio valse spesso a scongiurare
guerre e contribuì alla conclusione di importanti trattati di pace. In
epoca moderna la funzione mediatrice fu svolta soprattutto dagli Stati che
godevano di maggior prestigio e maggior potenza politica. Attualmente, invece,
la
m. da parte di singoli soggetti internazionali si verifica raramente,
mentre è più frequente l'intervento di organismi internazionali.
• Dir. priv. - Contratto mediante il quale il mediatore mette in contatto
le parti allo scopo di favorire la stipulazione di un contratto e le assiste
nelle fasi di definizione dello stesso. Oltre alla
m. propriamente detta
esistono altre forme particolari: la
m. che ha luogo nelle operazioni di
borsa; la
m. soggettivamente indiretta, nel caso in cui il mediatore
abbia segnalato l'affare ad una seconda persona, per mezzo della quale le parti
si mettono in relazione e concludono il contratto; la
m. oggettivamente
indiretta, nel caso in cui le parti, messe in relazione dall'intermediario
per la conclusione di un determinato affare, ne concludono invece uno
completamente diverso. • Filos. - Passaggio graduale da una proposizione
all'altra, mediante una o più proposizioni intermedie; esso rispecchia la
caratteristica principale di qualsiasi procedimento di tipo discorsivo, che si
contrappone al metodo intuitivo per la presenza appunto di passaggi intermedi.
Il metodo di
m. fu adottato fin dai tempi antichi, per esempio nel
sillogismo (V.). In epoca moderna, soprattutto
Hegel sottolineò l'importanza della
m. nella conoscenza
filosofica, pur dando di tale concetto un'interpretazione in senso ontologico:
in qualsiasi triade, infatti, il termine medio è quello che consente il
superamento del termine originario. Il concetto di
m. viene in tal modo a
identificarsi con quello di dialettica. • Psicol. - Fenomeno per il quale
il pensiero deduce una conoscenza astratta (
conoscenza mediata)
generalizzando i dati che trae dalla conoscenza sensoriale (
conoscenza
immediata). • St. -
Atto di m.: atto costituzionale del 19
febbraio 1803 che permise a Napoleone Bonaparte di riorganizzare la Repubblica
Elvetica ripristinando parzialmente la situazione esistente prima del 1798. Ai
Cantoni venne lasciata grande autonomia, ma successivamente venne loro imposto
un trattato di alleanza con la Francia che li obbligò a fornire a
Napoleone un esercito di 16.000 uomini. L'atto di
m. venne abrogato nel
1814.