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Meccànica.

Parte della fisica che studia l'equilibrio (statica) e il moto (cinematica e dinamica) dei corpi. ║ Tecnica della costruzione delle macchine e della loro manutenzione. ║ Insieme degli elementi che costituiscono un meccanismo. ║ Per estens. - Complesso di processi e fenomeni che regolano o producono un dato effetto. • St. - Per la sua connessione con le attività pratiche dell'uomo, la m. fu tra le prime discipline scientifiche ad essere oggetto sia di una conoscenza empirica che di uno studio sistematico. Nell'antichità furono trattati per la prima volta problemi di m. da Aristotele, nella Fisica e in Il cielo: le sue teorie sulla dinamica, basate sull'errato concetto che non può esserci movimento in assenza di forza motrice, rimasero in auge fino ai tempi di Galileo. Archimede compì i primi studi sul baricentro, sulle leve e sull'idrostatica. Gli apporti dei filosofi greci giunsero in Occidente grazie agli Arabi. All'inizio del XIV sec. si ebbe una prima evoluzione della dinamica con la formulazione della teoria dell'impeto sviluppata da G. Buridano e Alberto di Sassonia. I fondamentali studi di Leonardo, rimasti però isolati e pressoché sconosciuti ai suoi contemporanei, furono seguiti da numerose ricerche compiute nei secc. XV e XVI da matematici e filosofi quali F. Maurolico, B. Telesio, N. Tartaglia. Le basi della m. moderna furono poste nel Cinquecento e nel Seicento da Copernico, con la riforma astronomica, da Keplero, che fissò le leggi del moto dei pianeti, e da Galileo che, smantellando il sistema aristotelico, determinò la relazione tra accelerazione e forza. Gli studi e gli esperimenti galileiani portarono alla formulazione delle leggi del moto dei gravi nel vuoto, del principio d'inerzia e del principio di relatività, costituendo, con l'opera scientifica di Cartesio, la piattaforma su cui si mossero Ch. Huygens e I. Newton. Importante fu l'apporto di Newton, che fissò il concetto di massa, elaborò le tre leggi del principio di inerzia, della relazione tra forza e accelerazione e del principio di azione e reazione, formulò la legge della gravitazione universale e creò il calcolo infinitesimale (in collaborazione con G.W. Leibniz), operando così il passaggio dalla m. sperimentale a quella razionale. Nel XVII sec. furono approfonditi gli studi galileiani da E. Torricelli (principio sull'equilibrio dei solidi pesanti), B. Pascal e R. Boyle. Nel XVIII sec. D. Bernoulli e L. Eulero fondarono la dinamica dei fluidi perfetti e, grazie soprattutto alle ricerche svolte dai fratelli Bernoulli e da J.-B. d'Alembert, vennero poste le basi della m. analitica (V. OLTRE), sviluppata nell'Ottocento da G.L. Lagrange e W.R. Hamilton. G.-G. de Coriolis determinò il legame tra accelerazione assoluta, relativa e quella di trascinamento, e avviò insieme a J.-V. Ponchelet i primi sistematici sviluppi della m. applicata alle macchine. G.G. Stokes, J.W.S. Rayleigh e O. Reynolds si interessarono della m. dei fluidi viscosi e L.-M.-H. Navier, G. Lamé e A. de Saint Venant posero le basi della m. dei sistemi elastici. J.C. Maxwell, J.W. Gibbs e L. Boltzmann diedero vita alla m. statistica (V. OLTRE). Agli inizi del XX sec., la scoperta di particelle subatomiche e la nuova realtà fenomenica, che si manifesta in relazione a velocità prossime a quella della luce, fecero vacillare la m. classica, rivelatasi insufficiente per l'interpretazione di questi fenomeni. La m. quantistica (V. OLTRE), creata da M. Planck e organizzata sistematicamente da W. Heisenberg ed E. Schrödinger, insieme alla m. relativistica (V. OLTRE), basata sulla teoria della relatività di A. Einstein, si affiancarono a quella classica nello studio della struttura della materia e dei problemi relativi, lasciando a quest'ultima la trattazione dei fenomeni macroscopici. • Encicl. - La m. classica comprende la statica (V.), che studia le condizioni di equilibrio dei corpi; la cinematica (V.), che descrive il moto dei corpi indipendentemente dalle condizioni che lo determinano; la dinamica (V.), che studia il moto dei corpi in relazione alle forze che lo producono. Oltre a questa suddivisione tradizionale la m. può essere ulteriormente distinta in varie branche, a seconda dei problemi ai quali è applicata. ║ M. razionale: qualunque parte della m. che si sviluppi con un procedimento matematico-deduttivo da alcuni principi generali. ║ M. analitica: studia lo stato meccanico di un sistema materiale libero o comunque vincolato, soggetto a un insieme di forze assegnate, prescindendo dal suo particolare aspetto fisico e geometrico, in modo che il problema, inquadrato in principi generali analitici, venga risolto con metodi esclusivamente matematici. A fondamento della m. analitica vi sono il principio dei lavori virtuali, il quale afferma che il lavoro delle forze vincolari in un sistema soggetto a vincoli lisci per ogni spostamento virtuale non è mai negativo, e il principio di d'Alembert, il quale afferma che durante il moto di un sistema qualunque le forze perdute e le forze vincolari si fanno, istante per istante, equilibrio. ║ M. applicata: l'insieme delle discipline e degli studi che trovano diretta applicazione nella tecnica. Si divide in m. applicata alle costruzioni (detta comunemente scienza delle costruzioni) e m. applicata alle macchine. ║ M. statistica: studia i sistemi materiali costituiti da un elevatissimo numero di particelle (atomi, molecole, elettroni, ecc.) utilizzando metodi statistici per determinare le configurazioni possibili del sistema. La m. statistica nacque dalla necessità di studiare le proprietà dei gas, partendo dalla considerazione che tali proprietà sono il risultato del comportamento medio della miriade di atomi o molecole che compongono il gas. La m. statistica consente di ricavare parametri macroscopici (temperatura, pressione, volume), quindi le proprietà termodinamiche del sistema (calori specifici, calori di reazione, costanti di equilibrio) esclusivamente per via teorica. Nel caso in cui si studino schemi costituiti da un gran numero di particelle di dimensioni subatomiche, la m. statistica classica non è più applicabile e lo studio viene effettuato nell'ambito della m. statistica quantistica. ║ M. quantistica: tipo di m. che differisce da quella che poneva i suoi fondamenti sulle leggi di Newton. Fornisce una descrizione corretta delle particelle, inspiegabili nell'ambito della fisica classica. Le prime ricerche sulla struttura dell'atomo avevano suggerito un modello semplice e intuitivo secondo cui gli elettroni dovevano ruotare attorno al nucleo su orbite ellittiche, analogamente a quanto accade per i pianeti del sistema solare. Applicando, però, a tale modello le leggi della m. e della teoria elettromagnetica classica, si giungeva alla conclusione che gli elettroni, a causa del loro moto accelerato, avrebbero dovuto irradiare onde elettromagnetiche e perdere gradatamente energia fino a cadere sul nucleo; in tal modo nessun atomo avrebbe potuto essere stabile. Si rese quindi necessaria la formulazione di nuove leggi della m. valide nel campo dei fenomeni atomici. Il problema fu affrontato principalmente da N. Bohr, il quale, dopo che M. Planck e successivamente Einstein ebbero introdotto il concetto di quanto, formulò le ipotesi che agli elettroni siano permessi solo alcuni stati (stati stazionari o quantici) di determinata energia e che in tali stati non irradino. Infatti l'irraggiamento o l'assorbimento avviene soltanto ogni volta che gli elettroni passano da uno stato stanziario a un altro di energia minore o maggiore e nella transizione si ha emissione o assorbimento di un fotone. Alla base del modello atomico di Bohr vi è l'ipotesi dei quanti, formulata da Planck per spiegare l'emissione del corpo nero: ogni processo di emissione o assorbimento di radiazione monocromatica di frequenza υ è caratterizzato dall'energia E, emessa o assorbita, pari a E = hυ, essendo h una costante universale, detta costante di Planck. In seguito Einstein suppose che l'energia non sia quantizzata solo all'atto dell'emissione o dell'assorbimento, ma viaggi nello spazio localizzata in quanti di luce o fotoni e che, quindi, agisca localmente in interazione con la materia. Tale concezione mise in luce un nuovo aspetto della radiazione, che non rappresenta però un ritorno alla teoria corpuscolare di Newton, poiché i fotoni non vanno considerati come corpuscoli materiali, né l'energia hυ ad essi associata (se υ è la frequenza della radiazione) deve essere pensata come energia cinetica. Tuttavia è necessario attribuire ad essi proprietà analoghe a quelle dei corpuscoli materiali, come ad esempio una certa quantità di moto p = hυ/c (dove c rappresenta la velocità della luce). Tutto ciò portò alla nascita di un nuovo problema dovuto al fatto che l'interpretazione corpuscolare data da Einstein all'ipotesi di Planck, per cui la radiazione elettromagnetica è costituita da un flusso di fotoni (interpretazione confermata sperimentalmente dall'effetto fotoelettrico e dall'effetto Compton) era duale a quella ondulatoria (provata dai fenomeni di diffrazione e interferenza). Tali fatti portarono L.-V. de Broglie a supporre che il duplice aspetto ondulatorio-corpuscolare della radiazione elettromagnetica dovesse riscontrarsi anche nelle particelle elementari (elettroni, protoni, neutroni, ecc.) e più in generale nella materia, e che, quindi, come a un'onda elettromagnetica di frequenza υ e lunghezza d'onda λ = c/υ è associato un fotone di energia E = hυ e quantità di moto p = hυ/c, così ad una particella (per esempio un elettrone) di energia E e quantità di moto p = mv doveva essere associata un'onda di lunghezza d'onda λ = h/mv. La teoria di de Broglie (1924), nota col nome di m. ondulatoria, venne confermata sperimentalmente poco dopo da Davisson e Germer, che riuscirono (1927) ad ottenere figure di diffrazione, usando un fascio di elettroni. In seguito si poté stabilire che quanto postulato da de Broglie era valido, non solo per gli elettroni, ma anche per le altre particelle elementari e per la materia in generale. Questi studi furono poi ripresi e sviluppati da E. Schrödinger, a cui si deve (1926) la determinazione dell'equazione delle onde materiali, detta anche equazione di Schrödinger. Quasi contemporaneamente ai lavori di de Broglie e Schrödinger si sviluppò ad opera di W. Heisenberg la m. delle matrici (1925). Questa teoria prende il nome dal fatto che ad ogni grandezza che compare in essa non corrisponde un numero, bensì una matrice, i cui elementi sono numeri collegati a quantità direttamente misurabili (quali per esempio l'energia emessa o assorbita nelle transizioni tra stati stazionari di un atomo) allo scopo di eliminare gli elementi ausiliari (grandezze non direttamente osservabili quali la traiettoria dell'elettrone o la sua posizione). Le relazioni algebriche fra grandezze fisiche si traducono, quindi, in relazioni tra le matrici corrispondenti secondo le regole del calcolo matriciale. La m. ondulatoria e la m. delle matrici, che si possono considerare come due forme matematiche diverse di una medesima teoria e conducono in ogni caso allo stesso risultato, sono il nucleo fondamentale della odierna m. quantistica. A conclusione dell'opera di Schrödinger, che completò il modello ondulatorio della materia proposto da de Broglie, si presentò ai fisici il fondamentale problema di eliminare la contraddizione fra l'aspetto corpuscolare e quello ondulatorio sia della radiazione sia della materia. Si pose quindi il problema di ricercare un formalismo matematico capace di conciliare il dualismo onda-corpuscolo e a cui fosse possibile associare un'interpretazione fisica valida e facilmente intuibile. Alla base dei successivi sviluppi della teoria quantistica vi furono il principio di complementarità, enunciato nel 1928 da Bohr, e il principio di indeterminazione di Heisenberg. Partendo dal fatto che, analizzando i fenomeni atomici, si può vedere come da una parte i concetti di spazio e di tempo e dall'altra quelli di quantità di moto e di energia sono in relazione ai due diversi aspetti dei fenomeni, Bohr giunse ad affermare che le leggi fisiche riferite a eventi nello spazio-tempo sono complementari a quelle riferite a relazioni energia-quantità di moto. Il pensiero di Bohr pose quindi in evidenza che la duplice natura, corpuscolare e ondulatoria, a prima vista contraddittoria, è in realtà la manifestazione di due aspetti complementari. Un'ulteriore precisazione del principio di complementarità venne dal principio di indeterminazione di Heisenberg (1927), secondo il quale la misura simultanea della quantità di moto e della posizione di una particella è possibile solo con delle incertezze. A tale proposito si ricordi che, per la relazione di de Broglie (λ = h/mv), ad ogni lunghezza d'onda corrisponde un valore determinato della quantità di moto; considerando, poi, che un'onda di lunghezza ben definita si deve estendere in tutto lo spazio, si vede come a una particella, la quale abbia una ben determinata quantità di moto, corrisponde un'onda la cui ampiezza è diversa da zero in una regione abbastanza vasta dello spazio: la particella potrà trovarsi allora in punti dello spazio assai distanti tra loro, cioè la sua posizione sarà fortemente indeterminata. D'altra parte un'onda, la cui ampiezza è diversa da zero in una ristretta regione dello spazio, si può ottenere solo sovrapponendo onde monocromatiche di lunghezze d'onda assai differenti tra loro: la particella sarà allora localizzata in una piccola regione dello spazio, ma potrà avere valori assai differenti della quantità di moto. Sulla base di tali principi Bohr riuscì, poi, a superare il dualismo onda-corpuscolo, dando una particolare interpretazione fisica all'equazione di Schrödinger e supponendo che la funzione d'onda di Schrödinger, invece di rappresentare la densità della materia in un punto in un determinato istante, desse la misura della densità di probabilità di trovare la particella in quel punto in quell'istante. Allora, se tale densità di probabilità è diversa da zero solo in una regione dello spazio abbastanza piccola da poterla considerare puntiforme, in modo da avere un pacchetto d'onde, tale regione, che rappresenta la posizione approssimata della particella, si muove secondo le leggi della m. del punto. ║ M. relativistica: m. fondata sui principi della relatività, in contrapposizione alla m. classica. • Astron. - M. celeste: ramo della m. che studia il moto dei corpi celesti per effetto delle reciproche azioni gravitazionali. Sviluppatasi parallelamente allo studio del sistema solare, la m. celeste è stata poi applicata allo studio dei moti delle stelle del sistema galattico. In base alle leggi di Newton è possibile determinare teoricamente il moto dei corpi celesti, che però non descrivono orbite rigorosamente kepleriane, a causa delle mutue attrazioni. Nel moto reale di un qualsiasi corpo celeste, infatti, bisogna tener conto di tutti gli altri corpi del sistema, considerando che la posizione del corpo in un dato istante è funzione delle posizioni occupate in quel medesimo istante da ogni altro corpo. • Costr. - M. dei terreni: considera il modo in cui si comportano i terreni per ricavarne norme utili per lavori diversi. • Biol. - Processo di svolgimento di una funzione fisiologica. ║ M. dello sviluppo: espressione coniata da W. Roux per indicare l'embriologia sperimentale. • Mus. - Negli strumenti musicali, il complesso dei congegni con cui l'azione dell'esecutore viene trasformata in suono. Negli strumenti a fiato le parti che costituiscono la m. sono le chiavi, i pistoni, ecc.; nel pianoforte sono i tasti, i martelletti, ecc.