Corrente di pensiero interna al Socialismo, vitale in differenti Partiti europei
durante i primi decenni del XX secolo. Derivò tale denominazione dal
fatto che i suoi sostenitori, in contrapposizione a riformisti, minimalisti,
gradualisti, perseguivano la realizzazione di un programma "massimo" che
prevedeva anche l'azione rivoluzionaria per il rovesciamento dell'ordine
capitalista e l'instaurazione del modello socialista. ║ Per estens. -
Assumendo una connotazione negativa, il termine è oggi usato ad indicare
anche un atteggiamento estremista che non è però in grado di
produrre una concreta e coerente azione politica e pratica. • St. -
Movimento politico russo, talvolta erroneamente identificato con il bolscevismo
(V.). I massimalisti costituirono uno dei piccoli
gruppi, interni al socialismo rivoluzionario russo, sorti all'inizio del secolo
e che ebbero un periodo di autonoma esistenza politica. L'Unione dei socialisti
rivoluzionari massimalisti si costituì nel 1900 come gruppo estremista di
sinistra del Partito socialista rivoluzionario, da cui presto si separò.
I suoi aderenti furono particolarmente attivi e strettamente legati ai
bolscevichi nella richiesta di espropriazione e collettivizzazione
dell'industria. Su tale obiettivo cercarono di guadagnarsi un seguito nella
massa popolare. Dopo la Rivoluzione d'Ottobre appoggiarono i bolscevichi, non
rinunciando però ad agire come gruppo di pressione per la costituzione di
una "repubblica dei lavoratori", propugnando la socializzazione e il diretto
controllo operaio, in contrapposizione alla politica comunista di
nazionalizzazione e di controllo verticistico. Al pari dei comunisti di
sinistra, criticarono la sostituzione dell'iniziativa operaia con direttive
centralizzate. Sin dal 1918, per quanto appoggiassero ufficialmente la politica
dei comunisti al potere, dalle pagine del loro organo settimanale,
"Maksimalist", cominciarono a levarsi proteste contro l'atrofia dei Soviet, la
crescente estraneità dei dirigenti comunisti rispetto alle masse, i
soprusi dei commissari periferici. Si delineò in tal modo, nell'ambito
dello stesso
m., una minoranza anticomunista distinta da una maggioranza
filocomunista, tanto che, nell'aprile del 1920, quest'ultima decise di confluire
nel Partito comunista, mentre la minoranza si sciolse e molti dei suoi esponenti
lasciarono l'Unione Sovietica. ║ Corrente del Partito Socialista Italiano.
Ebbe in G.M. Serrati il proprio leader e si costituì come corrente
maggioritaria al Congresso di Bologna del 1919, assumendo la direzione del
Partito. Sostenitore del "programma massimo", tale raggruppamento operò
scelte centriste per conservare una formazione unitaria con le altre correnti
socialiste. Infatti, durante il Congresso di Livorno del gennaio 1921, convocato
per votare le condizioni poste dalla Terza Internazionale per l'accesso del PSI
nell'Internazionale stessa, la maggioranza massimalista si rifiutò di
espellere dal Partito Socialista i riformisti. Tale decisione, d'altra parte,
determinò la scissione a sinistra dell'ala rivoluzionaria e comunista di
Gramsci, senza evitare che nell'ottobre 1922, poco meno di due anni dopo, i
riformisti lasciassero ugualmente il corpo del Partito. Nel 1924 parte degli
aderenti al
m. italiano confluirono nel Partito Comunista, altri furono
riavvicinati dalla comune lotta antifascista ai riformisti: la riunificazione fu
sancita ufficialmente dal Congresso di Parigi del 1930. ║ Il
m.
agì anche come componente teorico-pratica del Partito Socialista Italiano
del secondo dopoguerra e ispirò, nel 1964, la scissione dell'ala sinistra
del partito che costituì il Partito Socialista Italiano di Unità
Proletaria. Ideologicamente marxista, strategicamente operaista, ma gravato da
una pratica politica inconcludente e inefficace anche nell'individuazione degli
obiettivi programmatici, il PSIUP si sciolse nel 1972.