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Marmo.

(dal latino marmor). Roccia calcarea, dura, formatasi in seguito alla ricristallizzazione di rocce carbonatiche, a grana piuttosto uniforme più o meno grossa; è chiamata anche calcare saccaroide per l'aspetto simile allo zucchero in pani. ║ Per estens. - Ogni roccia che si possa sottoporre a taglio e a lucidatura con fini decorativi (lastre, blocchi, colonne, architravi, ecc.). ║ Lastra in m. posta, soprattutto nel passato, su alcuni mobili. ║ Fig. - Essere di m., con il cuore di m.: mostrarsi freddo, insensibile, indifferente. ║ Fig. - Diventare un pezzo di m.: irrigidirsi dal freddo, in senso sia fisico che spirituale. ║ Data da incidere sul m.: ricorrenza memorabile, degna di esser ricordata in futuro. • Petr. - Calcare saccaroide costituito essenzialmente di calcite (in cristalli o granuli di dimensioni comprese tra 0,2 e 5 mm) e, in percentuali minori, di quarzo, grafite, clorite, rutilo, granati, spinelli, anfiboli, sostanze carboniose. In base alla diversa natura e distribuzione di tali componenti o per la presenza di sostanze in miscela isomorfa col carbonato di calcio, i m. possono assumere le tinte più svariate: grigio, verdastro, giallastro, nerastro, ecc. Se la loro colorazione è uniforme, si diranno monocromi, nel caso contrario policromi. ║ M. italiani: l'Italia produce alcune tra le varietà di m. più apprezzate nel mondo, fra cui si ricordano i m. di Carrara estratti sin dai tempi dei Romani nelle Alpi Apuane. Essi comprendono m. monocromi, come il bianco chiaro (di color grigio-azzurrognolo), lo statuario (bianchissimo) o m. policromi come l'arabescato e il fior di pesco. Calcari cristallini di pregevole qualità sono anche i m. piemontesi di Candoglia e Crevola d'Ossola, o i m. lombardi di Musso e Zandobbio. I m. sono diffusi in molte altre località della penisola: citiamo il portoro (m. nero venato di giallo) della Liguria, i neri del Carso, l'alabastro gessoso di Volterra, il m. fantastico di Lasa (Alto Adige), il libeccio policromo di Trapani, le brecce del Gargano, il travertino di Tivoli. ║ M. esteri: molto noti sono anche i m. della Grecia (in particolare dell'isola di Paros), usati sin dall'antichità per opere di grande valore; quelli della Germania, del Belgio, della Francia, della Svezia, della Spagna. Nell'America si ricordano quelli del Vermont e del Tennessee, oltre agli alabastri detti onici del Messico e del Brasile. ║ M. artificiale: materiale costruito a imitazione del m., usato in lastre per il rivestimento di pareti. È costituito da gesso misto ad allume, solfato di zinco, solfato ferroso, cloruro di calcio ed altre sostanze lavabili che lo rendono più resistente. • Edil. - I m. trovano innumerevoli impieghi come materiale ornamentale e di rivestimento nelle costruzioni civili. Le impurità (come silice, idrossidi di ferro, pirite, oligisto, miche, granati), disseminate intorno a venature o fratture, costituiscono motivi ornamentali; i m. sono assai usati come decorazioni, rivestimenti, lastre, pavimenti, come pietra concia e da taglio; non hanno però molta resistenza agli agenti atmosferici, anche a causa delle fratture e delle venature che facilitano la penetrazione dell'umidità e del gelo. • Ind. estratt. - Cave di m.: nella maggior parte dei casi sono a cielo aperto. L'uso di mine è limitato ai lavori preparatori, quali sbancamento del cappellaggio, frantumazione di masse non utilizzabili, ecc. Il metodo più usato per l'abbattimento è quello che impiega il filo elicoidale, formato da tre fili d'acciaio avvolti ad elica: è così possibile tagliare blocchi di dimensioni e forme qualsiasi, assolutamente esenti da lesioni e senza produrre detriti. Nelle segherie i blocchi sono portati alla sega a telaio che li taglia in lastre lungo le direzioni determinate dalla giacitura del banco, dalla distribuzione delle tinte, dai difetti e crepe presenti nella massa. Dalle lastre si ricavano i pezzi nelle dimensioni e forme più varie usando le segatrici, le sagomatrici e le raffilatrici. I pezzi così ottenuti sono sottoposti a levigatura a mezzo di lucidatrici. • Arte - Fin dall'antichità il m. è stato uno dei materiali usati dagli scultori per creare le loro opere. Nessun mutamento profondo è intervenuto, attraverso i secoli, nei procedimenti di lavorazione del m., anche se oggi vi sono macchinari che hanno semplificato la preparazione. Fondamentale è la distinzione fra opera scolpita nel m. direttamente ed opera copiata da un gesso o altro modello qualsiasi. Nel primo caso l'originale rispecchia l'ispirazione immediata dell'artista nella materia stessa, nel secondo si ha invece un'opera di riporto guidata dalla possibilità di concentrare la propria azione in un'esecuzione senza incertezze. ║ L'uso più antico del m. è quello decorativo. Il suo impiego strutturale risale al VI sec. a.C., quando il m. cominciò ad essere impiegato in Grecia a blocchi squadrati usati nel vivo della struttura. Di impianto interamente marmoreo sono i monumenti dell'acropoli ateniese. Costruzioni a strutture marmoree si hanno poi in quasi tutti i principali centri della Grecia e dell'Asia Minore. A Roma il m. fu impiegato solo eccezionalmente nella struttura e con frequenza sempre maggiore in funzione decorativa, specialmente per pavimenti e per rivestimenti parietali. Ai m. greci Roma aggiunse l'impiego dei m. di Carrara. L'utilizzazione dell'incrostazione marmorea, in particolare di m. rari, continua nell'epoca cristiana (un esempio sono le basiliche latine) e si diffonde poi particolarmente nell'architettura bizantina (S. Sofia a Costantinopoli) e veneto-ravennate (S. Marco a Venezia). A Roma, nei secc. XIII e XIV la tradizione dei m. subisce fortemente l'impronta personale data dai Cosmati e dai Vassalletto che fecero ricorso alla tarsia. Il Quattrocento italiano impiega ampiamente il rivestimento marmoreo per le sue facciate (Certosa di Pavia, S. Maria Novella a Firenze). Sul finire del Cinquecento e poi sempre più nel Seicento e nel Settecento, il m. viene di preferenza impiegato negli interni, e lo si fa con una sontuosità e un gusto della policromia nuovi rispetto al passato (cappella Paolina di S. Maria Maggiore a Roma). L'uso del m. ha avuto una vigorosa ripresa, sia per gli esterni sia per gli interni, nell'architettura moderna.
Una cava di marmo