(dal greco
melancholía, der. di
mélas: nero e
cholé: bile). Nella medicina antica, uno dei quattro umori
(
umor nero) che si credeva fossero generati dall'organismo umano. Si
dividevano i vari tipi psicologici, in precedenza distinti secondo i quattro
elementi (aria, acqua, terra, fuoco) dei segni zodiacali, in quattro
temperamenti umorali:
flemmatico, sanguigno, collerico e
melanconico cui era attribuito l'atteggiamento abitualmente tetro e
accidioso. Questa teoria e classificazione, elaborata dal medico greco Ippocrate
(V sec. a.C.) e fatta propria dal romano Galeno (II sec. d.C.) si mantenne
valida sino al Settecento e fu utilizzata anche successivamente dalla psicologia
e dalla psichiatria. Infatti, lo stesso Pavlov la utilizzò come schema di
classificazione per la descrizione dei tipi nervosi, e Jung per i suoi tipi
psicologici. ║ Stato d'animo di chi per temperamento o per eventi tristi
s'abbandona a una calma e composta mestizia. • Psicol. - In psichiatria e
psicoanalisi, sinonimo di depressione; ossia indica una malattia psichica, di
tipo depressivo, che si manifesta con alterazioni dell'umore, tristezza abituale
e invincibile, senza cause apparenti. Lo stato malinconico si identifica anche
con la fase depressiva della psicosi maniaco-depressiva. Pertanto, col
significato di malattia depressiva, il termine sta a indicare che l'individuo
malinconico non è semplicemente abbattuto, ma che ha un'attività
mentale rallentata, soffre di inibizioni generalizzate, ha tendenza
all'autoaccusa e al suicidio. Ma, oltre a questo stato depressivo che inibisce
tutta l'attività psichica e motoria (
facies melanconica),
potendosi aggravare sino allo stato stuporoso (
stupore melanconico),
possono verificarsi anche esplosioni di crisi di furore autodistruttivo e di
aggressività (
raptus melanconico). Vi sono infatti anche forme di
m. agitata, proprie di quei pazienti che, oltre a essere profondamente
depressi e tesi, sono anche inquieti e ansiosi, con una particolare tendenza a
formulare idee deliranti e di autoaccusa. Pur trattandosi di una forma di
psicosi, quindi difficilmente curabile attraverso un trattamento analitico, di
essa si è occupata anche la psicoanalisi, secondo cui nel soggetto
melanconico si produce una introflessione degli impulsi aggressivi, dovuta
all'impossibilità di esprimere l'ambivalenza verso un oggetto che
è stato incorporato. Secondo l'ipotesi freudiana, questa malattia si
spiega coll'ambivalenza dei sentimenti che ci uniscono all'oggetto dell'amore:
amore e odio, attrazione e repulsione, desiderio di possesso e, insieme, di
distruzione, bisogno di soddisfazione eroica e, insieme, bisogno di punire chi
ci ha procurato la soddisfazione.