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Male.

(dal latino malum). Principio che è contrario al bene; sul piano fisico ciò che provoca dolore, sofferenza, malattia; sul piano morale ciò che infrange le leggi etiche e religiose, in quest'ultimo caso si parla di peccato; sul piano metafisico ciò che denota mancanza di perfezione, limitatezza. ║ Per estens. - Ciò che è oggetto di biasimo, di condanna; ciò che non è utile né opportuno. ║ Disgrazia, infelicità. ║ Meno m.: espressione di soddisfazione, di sollievo specie per situazioni incerte che si sono poi risolte a buon fine. ║ Prendersela a m.: offendersi, risentirsi per qualcosa. ║ Voler m. a qualcuno: provare risentimento verso una persona. ║ Andar a m.: detto di cibi, avariarsi, deteriorarsi. • Filos. - Il problema del m. è sempre stato al centro del dibattito filosofico: la storia del pensiero ha cercato via via di individuare l'origine del m. e di trarne una giustificazione teorica. In generale, si può dire che nelle concezioni materialistiche e meccanicistiche il problema del m. riveste un'importanza limitata in quanto si parte dal presupposto che tutto ciò che accade nel mondo obbedisce a leggi fisiche inderogabili e che quindi nulla è bene o m., ma semplicemente avviene per necessità. Ben più rilevante è il problema del m. nelle concezioni teistiche: in esse la presenza del m. finisce per investire la natura stessa di Dio e i suoi rapporti con le creature, essendo difficile conciliare Dio, inteso come bontà assoluta, come sommo bene con il m. pur riscontrabile nel mondo. La storia della filosofia ci insegna che il m. è stato ricondotto a tre ipotesi fondamentali: il m. non è reale; il m. è reale e deriva da un proprio principio metafisico; il m. si configura come un giudizio negativo di valore, limitandosi ad investire il piano dell'etica. La prima ipotesi si ritrova in tutte quelle concezioni che identificano l'esistente con il positivo, l'essere con il bene. Già in Platone il m. coincide con il non essere, ma sarà con Plotino che il m. si identificherà espressamente con la materia, intesa come assoluta deficienza di essere. Nella filosofia cristiana si ritrova la tesi che il m. sia "privazione di essere": Sant'Agostino, che può considerarsi come il sistematore della concezione cristiana del m., sosteneva che il m. metafisico non esiste come tale. Esso sarebbe la conseguenza della limitatezza delle creature che non possiedono la perfezione, propria soltanto di Dio. Ma le creature, pur se imperfette e finite, sono, in quanto create da Dio, sostanzialmente buone. Il m. fisico sarebbe anch'esso una conseguenza dell'imperfezione dei viventi e si inserisce nell'ordine universale stabilito da Dio. Il m. morale, che non può derivare da Dio, sarebbe da Lui permesso come necessaria conseguenza del libero arbitrio. Scelte moralmente cattive sono da ascriversi ad una volontà umana libera di optare per le cose inferiori, preferendole alle superiori. Questa teoria, divenuta la dottrina ufficiale della Chiesa, è stata proposta anche dai principali filosofi dell'età moderna. Tra questi ricordiamo Leibniz che nella Teodicea formula la tesi dell'irrealtà del m., con la classica distinzione del m. "metafisico, fisico e morale". Il pessimismo domina invece in altre linee di pensiero che affermano la fatale inanità dell'uomo, negando in fondo, la distinzione tra positivo e negativo come risulta dalle posizioni di Schopenhauer, di Heidegger e di Sartre. Fu Kant a ricondurre il concetto di m. su di un piano eminentemente etico. Per il filosofo tedesco il m. è concepibile solo come l'oggetto del giudizio negativo di valore. Esso è quindi soggettivo, ma tale soggettività deve trascendere il piano individuale e empirico per farsi di più ampio respiro. Kant riconosce il m. radicale presente nell'uomo, di fronte al quale la legge morale è un imperativo categorico che trova la sua ragione soltanto nella razionalità del singolo. • Rel. - Da sempre le varie religioni si sono misurate con il problema del m. e con le sue implicazioni dottrinali. Le risposte formulate sono riconducibili a tre tipi fondamentali. Per il monismo (presente in alcune religioni africane e indo-iraniche) il bene e il m. provengono ugualmente da Dio, Ente supremo che è buono e cattivo al contempo. Nel dualismo radicale (manicheismo, zoroastrismo, catari radicali) invece, si assiste ad una rigida separazione tra il principio del bene e quello del m., mentre nel dualismo mitigato (gnosticismo, dualismo indiano, platonico e neoplatonico) la presenza del m. è riconducibile ad un evento primigenio, in genere ad una "caduta". La terza soluzione non demanda il bene e il m. ad un ordine extraumano, ma lo ricollega esclusivamente all'agire dell'uomo (dottrina induista e buddista). Nella tradizione biblica cristiana si coglie l'aspetto prepersonale del m., che viene designato con il termine di "peccato originale". Su di esso poi si possono innestare delle cattive azioni personali, i "peccati", dei quali il singolo è chiamato a rispondere in virtù del libero arbitrio. Con ciò si capisce come in qualsiasi teologia della liberazione, il problema del m. si colleghi strettamente con il problema della grazia e della libertà umana. Se nell'Antico Testamento il m. fisico si presenta come punizione di una colpa propria o dei propri avi (e il monoteismo ebraico ribadisce questa stretta connessione), nel Nuovo Testamento il problema del m. si collega al mistero della redenzione di Cristo. Il m. è concepito non solo come un mezzo di espiazione e di riscatto, ma anche come un mezzo positivo della propria santificazione attraverso la partecipazione alle sofferenze del Cristo. Nelle varie forme religiose si hanno figurazioni degli aspetti negativi dell'esistenza allusive al "maligno", a cominciare dai demoni o dalle divinità portatrici di malattia, morte, sterilità, disastri, dei vari popoli primitivi, fino alle divinità degli inferi delle religioni politeistiche. Ad essi si rivolgono i riti apotropaici e propiziatori per esorcizzare la "regia del m.". Alla rappresentazione del m. risulta dedicato un ampio repertorio dell'iconografia religiosa. • Lett. - M. del secolo (m. du siècle): espressione nata in età romantica per indicare la malinconia e le inquietudini delle giovani generazioni del XIX sec. Vi allude diffusamente Alfred de Musset nell'opera Le confessioni di un figlio del secolo (1836). • Med. - Stato patologico, malattia. ║ M. caduco, piccolo m., grande m.: V. EPILESSIA. ║ M. francese, m. spagnolo, m. napoletano: V. SIFILIDE. • Agr. - Denominazione generica delle malattie di piante di origine batterica, virale o fungina. ║ M. del cuore della barbabietola: malattia della barbabietola causata da carenza di boro nel terreno. ║ M. del gozzo: malattia crittogamica dell'erba medica e del trifoglio di origine fungina. ║ M. dell'inchiostro: malattia del castagno, causata da un fungo. ║ M. dello spacco o m. nero della vite: malattia batterica della vite. ║ M. del piede: nome generico dato a più malattie batteriche e fungine che attaccano il fusto e le radici delle piante.