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Malaysia.

Stato (329.847 kmq; 25.580.000 ab.) dell'Asia sud-orientale, formato da due territori distinti: l'estremità meridionale della penisola di Malacca (confinante a Nord con la Thailandia), comprendente 11 Stati e una zona insulare costituita da un vasto lembo del Borneo settentrionale (Stati di Sarawak e di Sabah, tra il Mare Cinese meridionale a Ovest, il Mare di Sulu a Nord e il Mare di Celebes a Est). Capitale: Kuala Lumpur. Città principali: Johor Baharu, Melaka, Seremban, Shah Alam. Ordinamento: Repubblica federale in seno al Commonwealth Britannico. I sovrani ereditari e i capi di Stato elettivi degli Stati membri (ognuno dotato di proprie Assemblee legislative e di propri organi esecutivi) eleggono ogni cinque anni il presidente della federazione. Il Parlamento federale è formato dal Senato e dalla Camera dei rappresentanti. Moneta: dollaro malese, suddiviso in 100 centesimi. Lingua ufficiale: malese; comunemente usati sono l'inglese, il cinese, il tamil. Religione: musulmana; minoranze buddhiste, induiste e cristiane. Popolazione: è formata in prevalenza da Malesi e Cinesi; minoranze indiane.

GEOGRAFIA

La parte continentale della M., ossia la parte terminale della penisola malese, è formata, nella sezione centrale, da un complesso di rilievi isolati, la Catena Centrale, che si snoda da Nord-Ovest a Sud-Est raggiungendo l'altezza massima di 2.190 m col Gunong Tahan, e da una serie di pianure costiere di origine alluvionale. Le coste, accompagnate da numerose isole e banchi corallini, sono per lo più basse e uniformi. Numerosi i fiumi, le cui foci, a estuario, costituiscono degli ottimi approdi per le navi. I territori di Sarawak e Sabah sono separati da una catena costiera, la Crocker Range. Il clima è di tipo equatoriale: caldo umido, con precipitazioni copiose distribuite in modo non uniforme per via dell'influsso dei monsoni.
Cartina della Malaysia

Scorcio di Kuala Lumpur


ECONOMIA

Le colture di sussistenza (riso, mais, patate dolci, manioca, noci di cocco), nelle quali è impegnata la maggior parte della popolazione, non soddisfano le esigenze del mercato interno. Abbondanza di essenze pregiate (teak, mogano, bambù). Lungo le coste si incontrano foreste di mangrovie. Di grande valore commerciale sono invece le coltivazioni di palme da cocco e da olio, di tabacco, cacao, tè, canna da zucchero, spezie. Ma il prodotto principale, di cui il Paese detiene il primato mondiale, è il caucciù. Attiva è la pesca. Notevoli le risorse del sottosuolo: stagno, ferro, carbone e bauxite abbondano nella sezione peninsulare; nel Sarawak, oltre al petrolio (regione di Miri), si estraggono fosfati, bauxite e oro. Le industrie principali sono quelle elettroniche, rivolte soprattutto all'esportazione, le fonderie per la produzione di stagno e le imprese di trasformazione dei prodotti agricoli; importanti anche le industrie automobilistiche, quelle della lavorazione del legno e le raffinerie. Il commercio di esportazione si basa sulla gomma e sullo stagno, mentre le importazioni sono rappresentate da prodotti semilavorati e finiti. Sviluppato il traffico marittimo attraverso i porti di Penang (porto franco), Port Swettenham, Malacca, e quello aereo con gli aeroporti di Kuala Lumpur e Penang. Buona la rete di comunicazione, sia ferroviaria, sia stradale. I rapporti tra la maggioranza malese e i cinesi sono rimasti sempre tesi e la forzata "malesizzazione" di parte dell'economia ha causato una forte emigrazione cinese; nonostante ciò il Paese ha continuato ad avere uno sviluppo economico eccezionale.

STORIA

Frantumato in innumerevoli piccole entità statali, il territorio malese non conobbe mai un potere politico unitario, né uno sviluppo civile ben definito. Terra tradizionalmente di transito, la Malesia ha conosciuto infatti, nel corso dei secoli, il passaggio e la sovrapposizione di genti di varia provenienza, legando le proprie vicende storiche soprattutto a quelle dell'Indonesia. Nel XVI sec. entrò nella sfera di dominio coloniale portoghese, successivamente (XVIII sec.) passò sotto il controllo olandese, divenendone poi uno dei punti-base del colonialismo inglese in Asia. La Gran Bretagna mantenne la tradizionale divisione del territorio in sultanati inserito in un sistema di protettorato della Corona britannica. Negli oltre cinquant'anni di protettorato britannico la Malesia subì una profonda trasformazione economica ed etnico-sociale, per l'immigrazione di imponenti masse di Indiani e Cinesi. Mentre i lavoratori indiani venivano assorbiti soprattutto nelle piantagioni di gomma, quelli cinesi venivano assunti nelle miniere di stagno e nelle aziende industriali e commerciali di Singapore. La popolazione malese continuò invece a dedicarsi alle attività agricole e artigianali. Data questa configurazione etnica, non si verificò in Malesia alcuna identificazione tra nazionalismo e anticolonialismo. Una piena aderenza vi fu invece tra lotta anticoloniale e lotta di classe, di cui si fece interprete il proletariato cinese. Esso infatti fu il protagonista della resistenza antigiapponese durante la seconda guerra mondiale e della rivolta antibritannica del dopoguerra. Lo scopo della guerriglia, protrattasi per oltre dieci anni, era sia di impedire il ripristino del potere coloniale britannico sia di combattere i privilegi dell'aristocrazia malese cui il potere coloniale consentiva di tutelare i propri privilegi. Poiché in seguito alle massicce immigrazioni indiane e cinesi la popolazione malese era diventata minoritaria, la classe dirigente malese, per garantirsi il predominio etnico in vista dell'indipendenza, aveva ottenuto, nel 1946, il distacco di Singapore in cui predominava la popolazione cinese. Nel 1948 venne costituita la Federazione della Malesia, comprendente nove sultanati e gli stabilimenti di Malacca e Penang, mentre Singapore, insieme con le isole Cocos, Labuan, Cisman, rimase colonia britannica. L'indirizzo politico della Federazione, retta da un partito conservatore, dominato dalla tradizionale casta di potere, non modificò sostanzialmente dopo la concessione dell'indipendenza nel 1957. A partire dal 1960 cominciò a farsi strada il progetto di una federazione tra la Malesia, Singapore e i tre territori del Borneo britannico (Borneo settentrionale, Brunei, Sarawak). La nuova Federazione della Grande Malesia (M.) venne proclamata il 16 settembre 1963 con l'unione di Singapore e dei territori borneani di Sabah e Sarawak. La classe dirigente malese mostrò presto la propria incapacità di accogliere il dinamismo progressista della borghesia cinese di Singapore. Inoltre, la costituzione di questa nuova, artificiosa entità statale incontrò la netta opposizione dell'Indonesia e delle Filippine. Ciò rese ancora più difficile la vita del nuovo Stato il cui precario equilibrio fu rotto dalla secessione di Singapore nell'agosto 1965. Negli anni seguenti piuttosto precario si mantenne sia l'equilibrio interno che esterno, per il contrasto con le Filippine per il Sabah (Borneo Settentrionale). L'equilibrio politico interno fu violentemente scosso nel maggio 1969 dai sanguinosi scontri tra gruppi malesi e cinesi e dalla netta perdita di voti dell'Alleanza, la coalizione di Governo tra i partiti rappresentanti le tre comunità etniche del territorio: UMNO (United Malay National Organization); MCA (Malay Chinese Association); MIC (Malayan Indian Congress). La radicalizzazione della lotta aveva infatti indotto molti elettori ad abbandonare i tradizionali partiti dell'Alleanza a favore di schieramenti ideologicamente più caratterizzati, cioè del partito musulmano, PMIP (Pan Malayan Islamic Party), e soprattutto del cinese DAP (Democratic Action Party) e del Gerakan (Partito del Lavoro), l'unico schieramento con un programma chiaramente classista, non condizionato dagli schemi razziali. Nonostante gli sforzi del primo ministro Tunku Abdul Rahman, la maggioranza di Governo perse le proprie caratteristiche plurirazziali, garantite dall'Alleanza, sancendo l'egemonia politica del gruppo etnico malese. Nell'agosto 1970, dopo quindici anni di governo, Abdul Rhaman annunciò le proprie dimissioni, rese effettive il 22 settembre, con la costituzione di un nuovo Governo presieduto da Abdul Razak che assunse anche i dicasteri degli Esteri e della Difesa. Il nuovo primo ministro adottò una politica di impegno internazionale, di orientamento neutralista, volta al progresso economico del Paese. Il secondo piano quinquennale di sviluppo, avviato nel 1971, previde investimenti per cinque miliardi di dollari entro il 1975 e la creazione di seicentomila nuovi posti di lavoro. Tuttavia, il banco di prova della politica governativa rimase quello dei rapporti tra le comunità razziali (50% Malesi, 40% Cinesi, 10% Indiani) non certo migliorati dai provvedimenti di malaysazione adottati dal Governo dopo i disordini del 1969. Essi infatti provocarono una netta ripresa della lotta armata da parte del Partito comunista, rendendo ancora più instabile il precario equilibrio fra le tre comunità. Per fronteggiare la situazione, furono introdotti alcuni emendamenti costituzionali e adottata una nuova politica economica (NEP). Inoltre, in sostituzione della troppo logora Alleanza tripartita, il primo ministro Razak diede vita a un nuovo Fronte nazionale, composto da nove partiti, due dei quali avevano sino allora fatto parte dello schieramento di opposizione: il Partai Islam e il Gerakan Rakiat Malaysia. La linea adottata non mancò di dare frutti anche sul piano elettorale: il Fronte governativo riportò una schiacciante vittoria nelle elezioni svoltesi nell'agosto del 1974, riducendo praticamente l'opposizione parlamentare al solo Democratic Action Party. Al di là dei consensi elettorali, molto precario si dimostrò l'equilibrio tra le compagini del Fronte nazionale, mentre continuava l'attività guerrigliera da parte dei comunisti capeggiati da Chin Peng. Per stroncare tale attività, o almeno per contenerla, nell'ottobre del 1975 il Governo varò una serie di leggi straordinarie che limitavano ulteriormente l'attività della stessa opposizione legale. Alla morte di Razak (gennaio 1976) la carica di primo ministro e di leader dell'United Malays National Organization venne affidata a Datuk Husayn Onn il quale, grazie ai risultati delle elezioni tenutesi due anni più tardi, che decretarono la netta vittoria del Fronte nazionale (coalizione di partiti nell'ambito della quale l'Umno rappresentava il gruppo più importante), poté svolgere liberamente il proprio mandato senza particolari problemi. Nel 1981 Onn rassegnò le dimissioni, sostituito alla guida del Governo dal compagno di partito Mohamad Mahathir, già vice primo ministro. Le consultazioni elettorali del 22 aprile 1982 confermarono la supremazia dell'UMNO, cui andò la grande maggioranza dei seggi del Dewan Ra'ayat (Camera dei rappresentanti). Mahathir mantenne la carica di premier. Annullata tale elezione per presunte irregolarità, il premier diede vita a una nuova formazione politica, la UNMO-Barru, che gli consentì di restare al potere. Negli anni Novanta il Fronte nazionale (UMNO) rafforzò la sua posizione aggiudicandosi le elezioni nel 1990 e nel 1995; il suo leader, il primo ministro Mahathir, continuò a godere dell'appoggio popolare anche grazie alla politica di sviluppo avviata dal Governo in campo economico. La crescita economica proseguì fino al 1997, quando iniziò una crisi che condusse il Governo ad adottare drastiche misure restrittive della spesa pubblica. La svalutazione della moneta malese coincise con un degrado della situazione sociale. All'inizio del 1998 la disoccupazione colpì un milione di persone. Il Governo reagì alla crisi con l'espulsione di 200.000 lavoratori stranieri e decretò un cambio ufficiale del ringgit con il dollaro, riducendo l'offerta della sua moneta nei mercati stranieri e stabilendo controlli bancari sul commercio off-shore, sulle esportazioni e sull'entrata e uscita di capitali dal Paese. Tali misure, aspramente criticate perché in contrasto coi suggerimenti del Fondo Monetario Internazionale, riuscirono tuttavia a risollevare l'economia della M. A partire dal 1998, Mahathir accentuò il carattere autoritario del suo Governo: fece incarcerare numerosi oppositori, fece chiudere alcuni giornali d'opposizione e indusse a dimissioni forzate ministri che avrebbero potuto intaccare la sua leadership. Nel 1999 il Fronte nazionale vinse ancora una volta le elezioni politiche, riconfermando primo ministro Mahathir Mohamad. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono, anche la M. entrò nel mirino degli Stati Uniti: uno dei dirottatori, Khalid Al-Midhar, nel gennaio 2000 si era incontrato a Kuala Lumpur con un terrorista coinvolto nell'attentato alla nave da guerra Cole nello Yemen (ottobre 2000). Nel febbraio 2002 la polizia malaysiana arrestò migliaia di Indonesiani e Filippini nel corso di una campagna per sradicare l'immigrazione illegale. Nel mese di giugno il premier Mahatir annunciò a sorpresa l'intenzione di voler rinunciare al proprio incarico: nell'ottobre 2003, dopo 22 anni di governo, si dimise, designando come suo successore Abdullah Ahmad Badawi, già ministro degli Esteri (1998) e vice primo ministro (dal 1999). Badawi avviò una seria campagna anticorruzione mettendo sotto inchiesta esponenti del precedente Governo e guadagnò un'enorme popolarità che gli permise di vincere le elezioni del marzo 2004. Il neo premier pose come obiettivi primari del suo Governo la ricerca di un equilibrio per la convivenza delle diverse etnie, il rilancio dell’economia e la lotta alla corruzione. Nel dicembre 2004 la M. fu colpita da un devastante tsunami che causò decine di vittime e di dispersi. Il maremoto, provocato da un forte sisma di magnitudo 9 della scala Richter con epicentro al largo della costa nord-occidentale dell'isola di Sumatra, interessò molti Stati del Sud-Est asiatico.
Il maremoto che ha colpito gli Stati del sud-est asiatico il 26 dicembre 2004