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Malattìa.

Termine generico designante ogni condizione abnorme di un organismo vivente (animale o vegetale) costituita dalla comparsa di danni organici, locali o generali o di disturbi funzionali, e caratterizzata da un andamento evolutivo verso un esito, che può essere, a seconda dei casi, la guarigione, la morte o l'adattamento a nuove condizioni di vita. Comunemente con il termine m. può indicarsi sia il fatto morboso in sé considerato genericamente nelle sue caratteristiche, sia il singolo fatto morboso considerato nel suo svolgersi e nella sua durata. • Med. - Processo che consta di un concatenamento di manifestazioni essenzialmente consistenti in: 1) alterazioni prodotte, direttamente o indirettamente, dalla causa di m.; 2) fenomeni di reazione difensiva dei tessuti alle medesime; 3) processi riparativi o di adattamento. Esiste però una categoria sui generis di m., i tumori, in cui i vari fenomeni morbosi hanno caratteristiche del tutto peculiari. Dal concetto di m. vengono esclusi i cosiddetti stati patologici, ossia quelle stazionarie condizioni di anormalità morfologica o funzionale, ereditaria, congenita o acquisita, in cui non vi sono tessuti od organi in condizioni di sofferenza e che sono compatibili con uno stato generale di buona salute. Il concetto di m. va altresì distinto da quello di sindrome che prescindendo dall'eziopatogenesi, fa riferimento semplicemente al gruppo di sintomi la cui coesistenza caratterizza una o più m., e da quello di diatesi che designa un complesso di condizioni predisponenti a determinate forme morbose. Le classificazioni delle m. sono diverse; le più comuni sono basate su criteri etiologici oppure di sede (m. della pelle, degli occhi, ecc.); su criteri sociali (m. del lavoro). In base al decorso le m. si distinguono in acute e croniche; secondo che esse abbiano origine dall'interno dell'organismo o dall'esterno, in endogene ed esogene; con riferimento alla modalità di trasmissione invece, in: acquisite, ereditarie, congenite, connatali. • Bot. - Le m. delle piante sono state classificate secondo vari criteri: o in base all'agente eziologico (parassiti vegetali, fattori nutrizionali, ecc.) o secondo l'ordine sistematico delle piante ospiti. Di solito in patologia vegetale si adotta la seguente classificazione: m. da agenti parassitari organizzati, e cioè da animali e da piante; m. da virus; alterazioni di natura non parassitaria. • Dir. - Assicurazione contro le m.: la prima applicazione del principio della obbligatorietà di tale forma di assicurazione sociale si è avuta in Germania, con la legge del 1883, limitata ai dipendenti dell'industria; a essa seguirono l'Austria nel 1888 e l'Ungheria nel 1891. Ma solo dopo la prima guerra mondiale il principio si estese a numerosi Stati, mentre in quelli in cui il principio stesso non prevalse veniva in ogni modo incoraggiata la previdenza libera. In Italia era prevista una assistenza contro le m., esercitata da apposite casse mutue paritetiche, costituite in base ai contratti collettivi di lavoro. Con la creazione (1943) dell'Istituto per l'assistenza di m. dei lavoratori, poi chiamato Istituto nazionale per l'assicurazione contro le m., s'intese dar vita a un ente in cui sarebbero dovute confluire tutte le forme di assistenza m. ai lavoratori. I principi sui quali è basata la generale assicurazione contro le m. sono quelli delle prestazioni dirette (fornite cioè direttamente dall'ente assicuratore) e della adozione, per quanto possibile, del medico di famiglia. Le prestazioni sono di due specie: economiche e sanitarie. ║ Assicurazione contro le m. professionali: questa forma di assicurazione è stata introdotta nella legislazione italiana solo nel 1929 e unificata, nella disciplina, all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Per m. professionale si intende la m. contratta nell'esercizio e a causa di determinate lavorazioni tassativamente indicate nella legge. La differenza tra l'assicurazione contro le m. professionali e l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro consiste essenzialmente nella maggior durata del periodo di carenza e nella più elevata misura della riduzione della capacità lavorativa che dà diritto alla indennizzabilità.