Presunto potere di operare prodigi e di dominare le forze della natura
ricorrendo a incantesimi. In origine la
m. era la dottrina e la pratica
dei
magi (V.), sacerdoti dell'antica
religione iranica. Le origini della
m. risalgono alla preistoria e i suoi
riti vengono tramandati attraverso i secoli. Si tratta perciò di un'arte
antichissima che si connette ora con il culto religioso, ora si distingue
nettamente a esso. Comunque, sia la
m. sia la religione fanno parte di
quell'aspetto della vita e di quel campo di attività in cui gli uomini
cercano di raggiungere determinate mete che non sono raggiungibili né con
l'azione né con i mezzi che essi hanno a disposizione. Vengono
perciò chiamate in causa delle forze e degli esseri esterni al corso
della natura così come viene compresa dagli uomini, e che perciò
si considerano soprannaturali. Presso i popoli primitivi, preistorici o
contemporanei, la
m. si presenta sia come un mezzo di difesa contro le
forze soverchianti della natura, sia sotto forma di rituale mediante il quale si
tende a ottenere effetti sulle forze della natura (per esempio la pioggia), sia
come arte di soggiogare, nuocere o attrarre, esercitata nei confronti di altre
persone. Da questo nucleo primitivo si sono andate sviluppando, nel corso dei
secoli, le diverse forme di
m. Alcune hanno assunto un carattere
culturale, altre scientifico e altre erotico, mentre alcune forme, proprie della
m. nera, sono destinate a nuocere. Nell'antico Egitto la
m. era
inizialmente arte e scienza sacerdotale e si sviluppò poi nella
m.
detta
isiaca o
bianca. In Caldea finì col fondersi con
l'astrologia e in Persia, dove
magi venivano chiamati i sacerdoti,
finì con l'identificarsi con la religione e con la filosofia. Il
razionalismo del pensiero greco classico lasciò un campo piuttosto
limitato alla
m. le cui pratiche si ridussero sostanzialmente alla
necromanzia. Solo più tardi, in seguito a contatti con le
civiltà orientali, anche quella cultura ellenistica, la
m. assunse
un'importanza notevole e si ritrova soprattutto nel mondo romano in varie forme
rituali. Ed è proprio nel tardo ellenismo greco-romano (II-IV sec. d.C.)
che la fisionomia dell'arte magica si stabilizza e assume contorni più
precisi. Nel fermento dei movimenti mistici sia pagani che cristiani, gli stessi
filosofi neoplatonici contribuiscono alla fioritura della
m. Nella scala
dei valori delle varie manifestazioni magiche, il primo posto spetta alla
teurgia, o arte di fare i miracoli, segue la
m. cerimoniale e
naturale e, infine, la
goezia o
m. nera. Pertanto,
nell'ambito della
m., e in parte in quello dell'astrologia, si collocano
scienze occulte quali: la
mantica (scienza della divinazione), la
oneirocratica (arte di interpretare i sogni), ecc. Queste forme di
m. si basano sulla cooperazione dei demoni con i quali, per mezzo di
formule fisse, di segni, di riti e d'ingredienti dotati di particolari
virtù, il mago viene in rapporto. La validità della tradizione
magico-demoniaca è confermata, attraverso tutto il Medioevo, dai padri
della Chiesa e dai teologi sino a San Tommaso. Dopo la lotta tra religione e
m. nel Medioevo, durante il quale la
m. diviene sinonimo di eresia
e malefizio, si giunge al concetto di
m. naturale nella filosofia del
Rinascimento e soprattutto nelle correnti neoplatoniche. La
m. si
distingue dalle "scienze occulte", anche se spesso si serve di esse con
l'intento di impadronirsi delle forze segrete della natura, siano esse buone
(
m. bianca) o cattive (
m. nera), per operare prodigi e
incantesimi. Le scienze occulte sono tutte quelle che studiano le forze o i
significati segreti della natura e delle opere umane. Tra queste: la
teosofia, di origine indiana, concernente Dio e le cose divine;
l'
ermetismo, della tarda classicità, insieme di dottrine
religiose, scientifiche e filosofiche in cui è riassunta l'antica
sapienza egiziana; l'
astrologia, scienza antichissima e presente in tutte
le civiltà, basata sulla determinazione degli influssi astrali sugli
eventi terreni e sulle vicende personali; la
cabala ebraica che ricerca i
significati nascosti della Bibbia; la
storiosofia occulta che parla di
misteriosi cicli che devono tornare e di sogni premonitori; la
chiromanzia che cerca di divinare interpretando i segni della mano
così come la
cartomanzia, la
grafomanzia e
l'
oniromanzia cercano di divinare attraverso i segni delle carte, della
scrittura, dei sogni. Con lo sfaldarsi di una visione sintetica e unitaria
dell'universo in una sempre più approfondita analisi dei particolari
considerati in se stessi, si attua il passaggio da una concezione magica della
Scienza all'idea moderna della Scienza autonoma. La scienza del Rinascimento
poggia ancora sull'idea di analogia, di natura e di realtà cosmica con
forze angeliche e demoniache positive. Da Galileo in poi, invece, l'indagine
scientifica tende ad assumere direzioni autonome rispetto all'insieme dei valori
cosmici. Relegata tra le superstizioni più basse, la
m. viene oggi
sporadicamente ripresa dai cultori individuali con pretesa di serietà.
Essa è inoltre divenuta oggetto di studio, nelle sue cause e nei suoi
fenomeni, da parte della ricerca scientifica. • Antropol. - Di
m.
si sono interessati soprattutto gli studiosi di antropologia sociale, a
cominciare da E.B. Tylor (1832-1917) e J. Frazer (1854-1941), massimi
rappresentanti della scuola antropologica inglese. Secondo Tylor, la
m.
è nata dalla idea che le associazioni del pensiero dovessero avere dei
rapporti con connessioni consimili nella realtà. Questo fatto sembrava
permettere la possibilità di prevedere il futuro e la possibilità
di recar danno e maleficio con mezzi di cui la moderna scienza sperimentale ha
dimostrato l'assoluta inefficacia. Tylor considera la
m. una
pseudo-scienza, condannata a una progressiva emarginazione col progredire della
scienza reale, per quanto di essa rimangano tracce in pratiche superstiziose di
vario genere. Al pari di Tylor, anche Frazer considerò la
m.
pseudo-scienza. Egli inoltre elaborò una spiegazione delle credenze
magiche, scorgendone l'origine nelle associazione di idee. Due erano le sue
teorie: la prima, quella della
m. omeopatica o
imitativa; la
seconda quella del
contagio o
contatto. Secondo la teoria della
m. omeopatica, oggetti che avrebbero caratteristiche comuni si
influenzano a vicenda, in modo tale che è possibile produrre un effetto
su uno di essi imitando tale effetto sull'altro. L'esempio classico è
quello della pratica di trafiggere con degli spilli l'immagine di una persona di
cui si desidera il male. Secondo la teoria del contagio si può
danneggiare la salute di una persona e anche arrecarle la morte agendo su una
parte della stessa: capelli, frammenti di unghie, ecc. Frazer prese in esame
anche metodi di
m. benefica ed elaborò le sue teorie sulla base di
numerose esemplificazioni e documentazioni desunte da autori greci e latini,
oltre che dalle opere di etnografia. Nella sua elaborazione, Frazer era giunto
alla conclusione che mito e pensiero scientifico, seguendo strade diverse,
cercano di pervenire a una comprensione della realtà. Pertanto, non vi
sarebbe alcuna separazione netta tra arte magica e schemi del pensiero
scientifico: quando la
m. simpatica si trova nella sua forma pura e
inalterata, essa ammette che, nella natura, a un evento ne segue necessariamente
e inevitabilmente un altro, senza l'intervento di nessun agente spirituale o
personale. La concezione fondamentale della
m. è, secondo Frazer,
identica a quella della scienza moderna, in quanto si basa sulla fede
nell'ordine e nell'uniformità della natura: "il mago non dubita che le
stesse cause produrranno sempre gli stessi effetti, che l'esecuzione esatta
della cerimonia, accompagnata da appropriate parole magiche sarà
inevitabilmente seguita dal risultato voluto, a meno che non siano contrastate e
annullate dai più potenti incantesimi di un altro mago". La concezione di
Frazer viene oggi per buon parte respinta, in quanto considerata corrispondente
a una visione antiquata sia della
m. che della scienza. A differenza di
quanto supponeva Frazer, la preoccupazione della coscienza magico-mitica del
primitivo non è quella che invece contraddistingue lo scienziato del XIX
sec., ossia il conoscere il corso della natura nelle sue leggi immutabili,
bensì il garantirsi contro le forze avverse, sentendosi circondato da
potenze ausiliatrici. Anche il sociologo francese E. Durkheim (1858-1917), come
Frazer, volle ritrovare nella mentalità primitiva, da lui studiata nelle
società totemiche australiane, l'origine delle moderne categorie logiche,
ma il suo metodo di indagine risulta meno rigido rispetto a quello del Frazer.
Durkheim avverte il valore religioso delle grandi rappresentazioni sociali e
pone come elemento distintivo della religione la presenza di una chiesa. Secondo
tale concezione, mentre la religione è una forza sociale atta a
mantenere, nei partecipanti al rito, i sentimenti che essi devono provare per
poter subire le costrizioni che la società loro impone, la
m.
è antisociale e non ha quindi una chiesa, in quanto è praticata
dagli individui per raggiungere i loro fini privati. La maggior parte degli
antropologi riconoscono un progresso nel considerare
m. e religione come
appartenenti a un unico complesso di fenomeni, mentre i primi studiosi, come
Tylor, hanno trattato la
m. come un fenomeno a sé, di ordine
inferiore. Del resto, in contrasto con quanto afferma Durkheim, secondo cui
l'antisocialità è propria della
m., lo stesso comportamento
del credente religioso rientra spesso nella categoria antisociale (per esempio
il cristiano che caccia il demonio facendosi un segno di croce o prega per
ottenere dei benefici personali). A differenza di Durkheim, che esclude la
m. dal campo del sacro, l'antropologo polacco B. Malinowski (1884-1942)
afferma che essa ha molto più in comune con la religione che non con le
pratiche della vita quotidiana. Secondo Malinowski, sia la
m. che la
religione nascono da bisogni emozionali e offrono all'uomo il modo di
fronteggiare quelle situazioni che non è in grado di controllare. Con
riferimento alle popolazioni delle isole Trobriand da lui studiate, Malinowski
rileva che il primitivo ricorre alla
m. non nelle operazioni tecniche
quotidiane, ma solo quando deve affrontare situazioni inconsuete e pericolose.
Infatti, quando deve produrre un arnese l'indigeno non fa ricorso ad alcuna
pratica magica ed è strettamente empirico, ossia scientifico.
Impegnandosi in un lavoro, egli fa assegnamento completo sulla propria
abilità manuale e sulla propria tenacia nel lavoro. Il ricorso alla
m. si ha invece quando l'uomo è minacciato da pericoli estremi,
come le malattie, la morte, oppure deve affrontare situazioni nelle quali le
tecniche normalmente impiegate sono ritenute insufficienti. La
m.
supplisce alla tecnica, come nel caso in cui la si invoca per fare in modo che
una canoa navighi più velocemente, oppure si ricorre a essa per quelle
operazioni in cui non esiste una tecnica ben definita, come nel caso
dell'innamorato-a che ricorre a pratiche magiche per far sì che la
persona amata gli dimostri una maggiore attenzione. Mentre la
m. è
diretta a mete specifiche, la religione dà all'uomo un conforto di fronte
alla maestà dell'universo e ha nell'atto religioso stesso i propri fini.
Una distinzione nell'ambito degli studi di antropologia sociale e di etnologia
viene fatta inoltre tra
m. e
stregoneria, anche se per molte
società tale distinzione è piuttosto difficile. Nell'ambito della
nostra area di civiltà la
m. è oggi relegata tra le
superstizioni più basse. Tuttavia il presunto potere di ottenere effetti
con mezzi e leggi diversi da quelli scientificamente riconosciuti e il temere
punizioni o invocare benefici da parte di potenze soprannaturali è
tuttora largamente diffuso. Permangono infatti innumerevoli pratiche
superstiziose basate sull'ipotesi che i processi naturali possono essere
influenzati da azioni che propiziano agenti soprannaturali o da azioni
(
m. per simpatia) somiglianti (o simboleggianti) quelle che il mago
desidera indurre. Sul piano personale, il coltivare concetti irrazionali come il
timore di punizioni da parte di potenze extranaturali crea il pericolo di un
comportamento nevrotico. • Psicol. - Molto simili alle credenze di tipo
magico sono le fantasie di onnipotenza cui possono andare soggetti soprattutto
individui nevrotici. La cosiddetta onnipotenza del pensiero si riferisce alla
convinzione che i pensieri possono di per se stessi provocare mutamenti nel
mondo esterno. Da indagini psicologiche in profondità è risultato
che i bambini, nella prima infanzia, credono nell'onnipotenza del pensiero e in
seguito alle successive esperienze di frustrazione imparano ad adeguarsi al
principio di realtà. Secondo Freud, la credenza sull'onnipotenza del
pensiero è alla base dell'animismo, della
m. e delle pratiche
religiose. Essa è inoltre alla base della "nevrosi ossessiva" e la
psicoanalisi si serve di essa come spiegazione del fatto che i desideri possono
destare un senso di colpa altrettanto accentuato quanto le azioni considerate in
contrasto con le proprie norme morali.