Titolo attribuito dai Romani all'imperatore. Rimesso in uso da Carlo V,
continuò a essere dato agli imperatori, al re e alle loro consorti.
• St. del dir. -
Lesa M.: in termini di diritto, il reato di lesa
m. si configurava in due modi: o come offesa contro la divinità o
come offesa contro persone che godevano di speciali privilegi giuridici.
Nell'antica Roma i primi a godere di questi privilegi furono i tribuni della
plebe i quali, per poter svolgere con imparzialità e sicurezza la loro
funzione di salvaguardia delle classi subordinate della società romana,
godevano del privilegio dell'intoccabilità. Chi attentava alla loro
persona commetteva un delitto di
laesae maiestatis che poteva anche
comportare come punizione la pena di morte. In seguito, con l'aumentare del
potere dei tribuni della plebe, conseguenza dei mutati rapporti di forza che
intercorrevano tra i vari strati sociali di Roma, non solo l'attentato alla
persona fisica di un tribuno venne considerato reato di lesa
m., ma
vennero considerate anche offese nei confronti di questi le interruzioni dei
loro interventi in senato. Quando la figura dei tribuni della plebe venne a
perdere importanza il delitto di lesa
m. si configurò come offesa
nei confronti dei massimi dirigenti dello Stato romano e delle sue istituzioni
più importanti. Nel periodo imperiale il reato di lesa
m. venne
praticamente identificato con le offese alla persona dell'imperatore o di altri
componenti la famiglia imperiale. Questa accusa dopo il periodo augusteo,
durante il quale era stata raramente lanciata contro cittadini romani, divenne
un'arma politica assai frequente durante i regni di Caligola e di Tiberio che
non esitarono a combattere la loro battaglia contro l'aristocrazia senatoria che
non accettava l'estensione del potere imperiale, accusando numerosissimi patrizi
romani di lesa
m. e costringendoli al suicidio o all'esilio. Il reato
venne anche contestato dalle comunità cristiane che si rifiutavano di
adeguarsi alla divinizzazione dell'imperatore creando un precedente che il
potere imperiale non poteva sottovalutare. Dall'epoca romana il reato è
stato trasportato, attraverso il periodo feudale, nella giurisprudenza degli
Stati assolutistici che ne hanno fatto dei cardini fondamentali per
salvaguardare il principio del potere sovrano e della sua intangibilità.
In periodi più recenti il reato, criticato dagli studiosi di diritto di
tutto il mondo, sopravvive solo nei regimi a carattere totalitario o apertamente
fascista.