Macassaresi.

Cartina dell'Italia

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Macassaresi.

Abitanti della penisola sud-occidentale di Celebes. Furono anticamente induizzati, e sono oggi interamente convertiti all'Islam. Agricoltori e commercianti, in parte allevatori di bufali, bovini e cavalli, sono noti soprattutto per la loro abilità in alcune industrie (intreccio, tessitoria, oreficeria, ecc.) e nella navigazione. Parlano una lingua di tipo giavanese.

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Penìsola.

(dal latino paene: quasi e insula: isola). Porzione di terraferma che si protende nelle acque. Quando la p. ha forte rilievo è detta promontorio. ║ Collo della p.: zona di attacco al continente; se il collo è molto stretto viene detto istmo. ║ Per antonomasia, l'Italia.

Celebes.

(o Sulawesi). Isola vulcanica (194.441 kmq; 13.772.000 ab.) dell'arcipelago malese; fa parte della Repubblica dell'Indonesia. Ospita le province di C. Centrale (869.726 kmq; 1.947.500 ab.; capoluogo: Palu), C. Meridionale (72.781 kmq; 7.577.800 ab.; capoluogo:Ujung Pandang, ex Makasar), C. Settentrionale (19.023 kmq; 2.652.300 ab.; capoluogo: Manado) e C. Sud-Orientale (27.686 kmq; 1.594.000 ab.; capoluogo: Kendari). Situata ad Est di Borneo, dalla quale è separata per mezzo dello stretto di Makasar, a Nord delle isole della Sonda e ad Ovest delle Molucche. Ha tre profondissimi golfi, che formano quattro lunghe penisole; è prevalentemente montuosa. La flora e la fauna presentano una singolare mescolanza di caratteri asiatici e australiani. ║ Mare di C.: mare formato dall'Oceano Pacifico a Nord di C.

Induismo.

Religione dell'India. In realtà più che di religione si dovrebbe parlare di un complesso di confessioni religiose sorte in seno al brahmanesimo e differenziate o nei riti o nell'importanza maggiore attribuita a questa o a quella divinità. L'I. è in sostanza la manifestazione odierna e popolare del brahmanesimo; consiste prima di tutto nel culto delle somme divinità della trimurti (trinità), Brahma, Visnù e Siva. Visnù, molto popolare per le sue imprese e incarnazioni, è il dio della vita, della costruzione; molto diffuso è anche il culto di Siva, il distruttore. Accanto a queste un gran numero di divinità minori, come Ganesa, il dio-elefante dei commercianti, Kali, la dea della morte, Kamadeva, il dio dell'amore; anche spiriti e altre figure fantastiche trovano venerazione. Diffusa è la credenza nella metempsicosi (trasmigrazione delle anime), con il relativo concetto di karman, per cui ogni colpa viene scontata in questa vita o nella successiva e le sofferenze di questa vita sono conseguenze di peccati commessi in vite precedenti. Ne deriva il carattere asociale di questa religione che in teoria ammette il dolore e la sofferenza degli uomini come giusta conseguenza di un peccato, e perciò non agisce per alleviarli. Da qui il carattere statico dell'I., che oggi si va tuttavia perdendo. Proprio dell'I. è il culto per l'animale, considerato sede di anima, e la rigida divisione della società in classi, formata da 4 categorie principali con innumerevoli sottoclassi e un ceto, il più basso, di fuori casta, i paria, considerati "intoccabili". Naturalmente, grazie anche all'attività del Governo indiano e dei vari movimenti sociali, politici e religiosi di riforma, questi residui, molto radicati nel popolo, vanno scomparendo, come già sono scomparse usanze, quali l'uso che la vedova si gettasse viva sul rogo dove bruciava il cadavere del marito.

Islàm.

(dall'arabo islam: abbandono in Dio). Termine usato dai maomettani per indicare la loro religione. V. ISLAMISMO.

Islamismo.

Religione fondata da Maometto e civiltà ad essa connessa. - Rel. - Religione fondata nel VII sec. in Arabia da Maometto. Il messaggio di Maometto, trasmessogli da Dio per mezzo dell'angelo Gabriele, è contenuto in un libro sacro, il Corano, dal quale emerge la credenza in un dio unico e onnipotente, Allah. La dottrina di Maometto non rappresenta un sistema organico e completo, ma consiste in un insieme di elementi assai diversi ricavati dal paganesimo arabo, dal cristianesimo e dal giudaismo. Oltre al Corano fonti della dogmatica sono: la sunnah, complesso delle tradizioni canoniche su detti e fatti di Maometto, ritenuto ispirato da Dio e perciò infallibile; l'igma, accordo dei dotti intorno a questioni non risolte con chiarezza e non comprese nel Corano. Manca nell'i. una gerarchia ecclesiastica, e perfino un vero e proprio clero. Non si possono infatti considerare sacerdoti gli addetti alle moschee come l'imam o guida della preghiera in comune, il khatib che ha il compito di tenere la predica il venerdì, o il muadhdhin (muezzin) che cinque volte al giorno annunzia l'ora della preghiera canonica. Interpreti del dogma, del rito e del diritto canonico sono gli ulama che sono insieme teologi e giuristi. L'unica carica governativa come capo dell'i. è quella del gran muftì che gode di una autorità locale e dà responsi sulle prescrizioni concernenti i vari aspetti della vita umana. Il credo islamico non ammette la Trinità cristiana che il Corano ritiene dottrina politeistica. Dio per i musulmani è unico, onnipotente, creatore e remuneratore. I musulmani considerano la Bibbia e il Vangelo testi sacri, ma nella loro forma attuale alterati o apocrifi e credono nei Profeti quali inviati divini alle nazioni; il primo di essi fu Adamo, l'ultimo Maometto. Gesù è un Profeta anche lui, non già il figlio di Dio. Dopo la morte, gli eletti raggiungeranno i giardini del Paradiso, dove troveranno bellissime fanciulle (uri), future loro compagne. Tutto ciò che avviene nell'universo, anche l'eterna pena o l'eterna gioia, avviene per predestinazione divina: non c'è posto per il libero arbitrio dell'uomo. Le sette più importanti sono i Sunniti, che rappresentano la maggioranza ortodossa, gli Sciiti e gli Ibaditi. Nel XVII sec. scomparve quella dei Mutaziliti. Sul piano rituale ogni musulmano è tenuto alla professione di fede, alla preghiera canonica (salat), al digiuno del mese di ramadan che comporta l'astensione diurna da cibi, bevande, rapporti sessuali e fumo, all'elemosina rituale e al pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta in vita. Il sistema politico islamico fondato anch'esso sulle dottrine religiose considera il mondo diviso in due zone: i Paesi dell'Islam e i Paesi di guerra, abitati da infedeli. A capo dell'universale monarchia musulmana sta il califfo che però non ha alcun potere in materia religiosa. Il governo dei vari territori può essere affidato a principi vassalli. - Dir. - Il diritto viene considerato dall'i. tradizionale come espressione di volontà divina rivelata dal Corano o indirettamente attraverso Maometto, e quindi sistemata dai giureconsulti. Pienamente soggetto di diritto è l'uomo una volta pubere, purché libero e sano. Lo schiavo è un bene commerciabile: può sposare la libera. La moglie può amministrare il proprio patrimonio (e se non vi è un dono nuziale da parte del marito le nozze sono annullabili) ma non può compiere atti di liberalità senza consenso. Il marito può divorziare senza motivo; la moglie deve avere un motivo. La successione è legittima per due terzi del patrimonio: sono chiamati i coniugi, i genitori, gli ascendenti paterni, i discendenti, i fratelli e le sorelle. Genitori, figli e coniuge non sono mai esclusi. Il miscredente, l'omicida del testatore e lo schiavo sono incapaci a succedere. Per la terra conquistata si paga una tassa fondiaria. La terra in proprietà originaria è soggetta a una decima religiosa. La terra incolta diviene proprietà di chi la mette a coltura. Le obbligazioni a interesse sono vietate, comodato e mutuo sono gratuiti. Vigono anche l'uso, l'usufrutto, l'abitazione e le servitù. L'apostasia fa perdere la capacità giuridica come la morte. Nell'ambito penale vige l'oralità del processo, e l'unicità e inappellabilità del giudice, dotato di larghissimo potere discrezionale, compreso quello di riformare la propria sentenza riconoscendola errata. Per l'omicidio volontario e per le lesioni vige la legge del taglione, la compensazione è però obbligatoria per i reati non intenzionali. L'uomo libero è punito più gravemente dello schiavo o della donna. - Arte - L'unità religiosa e linguistica e la subordinazione di ogni carattere individuale a finalità generali influirono in modo determinante sulle espressioni artistiche delle popolazioni islamiche, sopprimendo in gran parte le tradizioni nazionali dei vastissimi territori conquistati, mentre le strettissime relazioni commerciali tra i vari Stati musulmani e la conseguente rapida diffusione dei ritrovati tecnici e formali, contribuirono alla omogeneità del gusto. L'avversione per ogni rappresentazione della figura umana, per quanto non sempre rigorosa, determinò lo sviluppo dell'arte islamica in senso decorativo, impedendo l'evoluzione autonoma della scultura e della pittura, subordinate con valore ornamentale all'architettura, e favorendo invece la fioritura delle arti minori. L'architettura stessa non propose in genere soluzioni costruttive nuove, limitandosi a combinare variamente elementi già noti ai Sasanidi e ai Bizantini (volta, cupola, sala colonnata, arco carenato), ma eccelse nell'elaborazione in senso decorativo dei dati architettonici. Quasi ovunque si usò il laterizio; furono impiegati l'arco a sesto acuto, a catena (in Persia), a ferro di cavallo (in Spagna), l'arco acuto dentato e quello ribassato; le cupole si elevarono su pennacchi, peducci o nicchie angolari, dalla cui sovrapposizione derivò verso il XII sec. la caratteristica decorazione a stalattiti (Cappella Palatina di Palermo). Tipica è la creazione della moschea, ritrovo, luogo di preghiera e insieme fortificato, costituita nel suo schema più elementare da una sala di preghiera (haram) aperta su di un cortile porticato su tre lati (shan), poi affiancata da altri edifici, come la scuola di teologia (madrasa) e l'ospedale; per influsso bizantino si sviluppò anche la moschea a pianta centrale coperta da cupola (moschea di Selim a Edirne, XVI sec.). Tra le costruzioni profane, notevoli i palazzi, le regge fortificate, i bazar, gli alberghi, le pubbliche fontane, le fortezze costruite secondo il sistema bizantino. Grandissima diffusione e pregi formali e coloristici raggiunsero le tarsie in marmo, i rivestimenti di mattonelle dipinte e in genere le ceramiche, gli intagli in legno, le decorazioni in stucco, le miniature (soprattutto in Persia e in India), i tappeti (in Persia, nel Caucaso e nell'Anatolia), le sete, le oreficerie, l'industria vetraria, ecc. I vari stili dell'arte islamica sono: stile degli Omayyadi (665-750; fino al 1050 in Spagna), caratterizzato dall'assorbimento di elementi bizantini e persiani e dalla costruzione delle prime moschee, a Gerusalemme, a Damasco, ecc.; stile degli Abbasidi (750-1000), esteso all'Asia anteriore e all'Egitto, con l'uso tipico del laterizio e delle decorazioni a ceramica smaltata; stile selgiuchide (1050-1250 circa), esteso ! tutta l'Asia islamica: appare l'elemento turco, si costruiscono edifici e torri funerarie e i primi minareti, il gusto cromatico dell'architettura si accentua; stile fatimita (970-1170), fiorito in Egitto e in parte della Siria, con diramazioni anche nella Sicilia araba, poi seguito nelle stesse regioni da quello ayyubida (1170-1250) e mamelucco (1250-1520); stile moresco (1130-1500), che fiorì in Spagna e si distingue nel periodo almohadico (1130-1250) e nel cosiddetto stile dell'Alhambra (1250-1500); stile persiano-mongolico (1250-1500), sviluppatosi sotto l'influsso orientale a Tabriz, a Buhara (arte ilkhanide) e a Samarcanda; stile safawide (1500-1720), in cui riaffiorano motivi iranici e si sviluppano particolarmente la pittura e l'arte tessile; stile moghul (1520-1800), fiorito in India; stile osmanlio (dal 1300), diffuso in tutto il dominio turco e, dal 1700 in poi, sempre più aperto alla penetrazione di forme europee.

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Sinonimi

agricoltore

(s.m. Contadino, chi pratica l'agricoltura), colono, coltivatore, contadino, imprenditore agricolo, mezzadro, villano, villico.

commerciante

(s.m.f.), bottegaio, esercente, mercante, negoziante, rivenditore, trafficante, venditore.

Bùfalo.

(dal latino classico bubalus). Zool. - Nome comune attribuito a varie specie di mammiferi appartenenti alla sottofamiglia dei bovini, famiglia dei Bovidi, ordine degli artiodattili. Sono animali caratterizzati dalla mole cospicua e da una corporatura massiccia con coda più o meno lunga e terminante con un ciuffo di peli. Sia l'esemplare maschio che quello femmina hanno corna prive di noduli trasversali e, in genere, di notevoli dimensioni, ravvicinate alla base, larghe e appiattite, dirette verso l'esterno e ripiegate verso l'alto. Le femmine hanno due mammelle, ciascuna delle quali è fornita di 4 capezzoli; il muso è largo, sempre umido, e il collo tozzo e possente. Tra le specie più notevoli, il b. indiano (Bubalus bubalis), alto al garrese 1,80 m. È un esemplare presente in India e nell'arcipelago della Sonda, zone nelle quali è stato largamente addomesticato; un certo numero di esemplari è stato introdotto anche in Italia (nella Maremma, in Puglia e in Campania), dove viene allevato soprattutto per ottenere il latte da cui ricavare latticini e formaggi. Le principali razze africane sono rappresentate dal b. di savana (Africa orientale e meridionale) e dal b. di foresta (Africa occidentale e centrale), più piccolo e con pelo tendente al marrone. Il b. viene allevato perché è un animale utile per il lavoro; inoltre fornisce carne e latte. Nei Paesi asiatici viene impiegato spesso anche come animale da tiro. Questi animali sono oggi costretti a vivere prevalentemente in riserve, a causa delle stragi compiute dai cacciatori e per l'estendersi delle zone coltivate, che costituiscono una grave minaccia. Altre specie di b. sono l'anoa o b. pigmeo dell'isola di Celebes, alto al massimo 120 cm; il tamaru (b. di Mindoro) delle Filippine; il b. rosso dell'Africa occidentale.

Esemplari di bufalo

Esemplari di bufalo

Bovini.

Sottofamiglia di mammiferi bovidi, di forme massicce, con corna possenti, cilindriche e lisce, e coda terminante in un fiocco. I b. sono tra gli animali più diffusi, adattandosi alle più svariate condizioni di ambiente per clima, abitudini e alimentazione, e tra i più importanti per l'economia. Essi producono infatti la maggior parte della carne destinata al consumo, il latte, le pelli e la forza motrice ancora impiegata largamente nell'agricoltura. Il Paese che possiede le migliori razze di b. è l'Inghilterra: esse sono la Durham, la Hereford, la North Devon, la Red Pulled, l'Aberdeen Angus, per la produzione della carne; la Jersey e la Guernsey per la produzione del latte. Altri Paesi che vantano razze pregiate sono l'Olanda (Frisona), la Svizzera (Simmenthal, Friburgo, Svitto), la Francia (Fiamminga, Normanna, Charolaise, Limousine), la Danimarca (Holstein, Jütland). L'allevamento bovino in Italia interessa tutte le regioni; le razze principali sono: la pezzata nera olandese, la bruno-alpina, la pezzata rossa friulana, la Piemontese, la Valdostana, la Modenese, la Reggiana, la Romagnola, la Chianina, la Maremmana, la Marchigiana, la Pugliese, la Calabrese, la Modicana, la Sarda.

Intreccio.

L'azione e l'effetto dell'intrecciare. ║ Fig. - Insieme di fatti che si intrecciano, si intersecano. ║ Il complesso delle vicende che costituiscono la trama di un'opera. - Ind. tess. - Incrocio dei fili di ordito con quelli di trama per la formazione del tessuto. - Sport - Nella lotta libera, presa di gamba a terra con immobilizzamento delle braccia.

Tessitorìa.

L'arte del tessitore; la bottega del tessitore, il luogo in cui si svolge il lavoro di tessitura.

Tessitore.

Chi è addetto alle operazioni di tessitura, operaio dell'industria tessile. ║ Fig. - Chi ha la capacità di comporre con molta arte. ║ Fig. - Chi prepara un'azione, un evento, ecc. particolarmente complessi con grande attenzione e meticolosità. ║ Fig. - Chi trama inganni, orditore. - Zool. - Termine generico con il quale si indicano le diverse specie di uccelli passeriformi appartenenti alla famiglia Ploceidi.

Tessitura.

L'arte del fabbricare, con una serie di operazioni artigianali o industriali, un tessuto mediante l'intreccio al telaio di un insieme di filati ottenuti da fibre tessili: la t. del cotone. ║ Il modo in cui si tesse: una t. fitta. ║ Lo stabilimento industriale e anche il reparto di un lanificio, in cui sono installati i macchinari necessari per fabbricare i tessuti partendo da filati già preparati: in periferia ci sono numerose t. ║ Per estens. - Qualsiasi lavoro eseguito a intreccio: la t. dei vimini di un cestello. ║ Fig. - In un'opera letteraria, poetica o narrativa, o in un lavoro teatrale, la disposizione, l'organizzazione che si dà agli eventi e alle idee: la t. del poema sembra molto innovativa. - Geol. - T. di una roccia: la disposizione spaziale assunta dai singoli componenti cristallini della roccia. - Agr. - T. del terreno: la composizione di un terreno in riferimento alla grandezza delle particelle solide che lo formano. - Mus. - In riferimento a una voce o a uno strumento musicale, l'estensione entro cui si svolge una melodia o una parte operistica: in particolare, è detta parte di t. alta (o acuta) quella che si tiene in media sulle note alte, parti di t. bassa e media quelle che si tengono rispettivamente sulle note basse e medie. - Costr. - In un fabbricato o in una qualsiasi costruzione, la distribuzione degli elementi resistenti (travi in legno o ferro, barre metalliche di armatura nel caso del cemento armato, ecc.) delle strutture portanti costituite da numerosi elementi paralleli (tetto, solaio, ecc.), in relazione alla disposizione delle altre strutture portanti principali (murature, travi perimetrali, ecc.). - Arte - La più elaborata espressione di t. artistica è rappresentata dall'arazzo, divenuto oggetto di grande interesse in numerosi Paesi non solo europei. In Francia, alle tradizionali e antichissime manifatture di Stato o private (Gobelins, Beauvais, Aubusson) e alle scuole di Strasburgo, Anger, Sèvres, si affiancarono nuovi ateliers (Saint-Cyr, Cauquil-Prince, Plasse Le Caisne e La Baume-Dürrbach, specializzato dal 1960 nell'esecuzione di arazzi da Picasso) e gallerie (La Demeure di Parigi). Le realizzazioni e le tecniche dell'officina di t. del Bauhaus furono riprese da Anni Albers (1899-1994), che ne promosse la diffusione negli Stati Uniti d'America, e da Gunta Stadler-Stölzl (1897-1983), che le fece conoscere in Svizzera. In Italia, notevole importanza ebbe l'attività privata di N. Berlinguer, nota peraltro come abile interprete di cartoni di Cagli, Guttuso, Mastroianni, Mirko, Fontana, ecc. Ulteriori innovazioni furono poi elaborate dalle scuole dell'Europa orientale, degli Stati Uniti e dell'America Latina: esse furono il risultato dell'intensificarsi, nel secondo dopoguerra, delle tendenze di sperimentazione volte a liberare questo tipo d'arte dai suoi limiti intrinseci, derivanti dall'impiego dei materiali e degli strumenti di lavorazione tradizionali. Il ricorso a nuovi materiali, dalle fibre sintetiche al metallo, così come la disponibilità di nuove tecniche, dagli antichi modi artigianali popolari al collage e all'assemblage, e l'intervento diretto dell'artista nell'esecuzione dell'opera concorsero a unificare creazione e produzione, eliminando il momento servile e meramente riproduttivo del processo artistico. L'abbandono, in molti casi, del vincolo a un supporto murale diede la possibilità di eseguire la t. in una nuova dimensione spaziale, creando forme tridimensionali tessute o sculture in fibra. La diffusione delle nuove tendenze fu favorita dall'allestimento di svariate mostre, tra le quali, oltre alla Biennale de la Tapisserie di Losanna, vanno menzionate la Woven forms (1963) e la Sculpture in fiber (1972) di New York, la Perspectief in textiel (1969) di Amsterdam e la Woven structures (1972) di Londra. Tra gli artisti più rilevanti possiamo citare: i polacchi M. Abakanowicz, B. Falkowska e W. Sadley, la croata J. Buić, i romeni R. e P. Jacobi, il ceco A. Kybal, gli spagnoli Aurelia Muñoz e J. Grau-Garriga, la svizzera E. Giauque, l'olandese H. Scholten, gli statunitensi L. Tawney, E. Rossbach, K. Sekimaki. ║ Il modo in cui vengono adoperati, in un dipinto, gli elementi figurativi: t. cromatica. - Ind. tess. - Nota fin dal Neolitico, la t. ebbe origine dalla pratica di intrecciare materiali vegetali (giunchi, vimini e altri elementi non filati) per fabbricare cesti, stuoie, ecc. Rimasta un'attività di tipo artigianale fin verso la fine del XVIII sec., si meccanizzò in seguito alle importanti innovazioni apportate al tradizionale telaio a mano, che permisero la nascita e il rapido sviluppo dell'industria tessile. La t. viene eseguita al telaio. Nella maggior parte dei casi l'intreccio (V. anche TESSUTO) risulta formato da una serie di fili paralleli detti di ordito e da un filo continuo detto di trama che, andando da un'estremità all'altra del tessuto, viene fatto passare tra i primi. Nel corso della t. determinati elementi del telaio, chiamati licci, alzano o abbassano, a seconda del tipo di armatura prestabilito, una parte dei fili d'ordito, aprendo così un varco per il passaggio del filo di trama. Una volta riportati dai licci nella posizione originaria, i fili d'ordito si spostano come prima ma in verso contrario, per consentire nuovamente il passaggio di un altro filo di trama, e via di seguito; le trame inserite, spinte l'una contro l'altra dal pettine del telaio, formano così il tessuto. I tipi di tessuto ottenuti variano a seconda delle modalità con cui vengono abbassati o sollevati i fili d'ordito (V. TELAIO). I tessuti vengono quindi tolti dal telaio e sottoposti a numerose verifiche, che consentono di rilevare le caratteristiche meccaniche proprie di ciascuno di essi. Prima di essere venduta, la pezza grezza subisce inoltre svariati trattamenti di finitura, finalizzati a eliminare i difetti di t., la peluria che riveste la superficie del tessuto o le materie vegetali che esso può contenere, a conferire un tatto più morbido, una migliore copertura, un maggior corpo, ecc., a dare l'esatto grado di umidità, a fissare definitivamente le dimensioni della pezza, a ricoprire la superficie di uno strato particolare o a ottenere effetti speciali, a tingere, candeggiare, impermeabilizzare, ecc. Dal tipo di tessuto dipendono tanto la quantità quanto la qualità dei trattamenti.

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Oreficerìa.

Arte di lavorare i metalli nobili e le pietre preziose al fine di creare gioielli, oggetti d'ornamento, d'arredamento o di culto. ║ Negozio o laboratorio dell'orefice. ║ Insieme di oggetti d'oro o di altro metallo lavorati. ● Tecn. - I metalli che vengono impiegati nella fabbricazione degli oggetti di o. sono principalmente oro, argento e platino. Mentre il platino viene sempre usato puro, oro e argento vengono alligati, cioè uniti ad altri materiali in concentrazioni diverse: l'argento in genere con il rame; l'oro con argento, rame, nichel, zinco e palladio. La quantità di metallo nobile presente nella lega equivale al titolo; i titoli legali sono: 750, 500, 333 millesimi, abitualmente indicati rispettivamente con 18, 12 e 8 carati. La lavorazione dei gioielli, un tempo eseguita esclusivamente a mano e oggi quasi completamente con le macchine, si articola in tre processi principali: preparazione del metallo; riproduzione degli oggetti e rifinitura. Una volta lavorato l'oro, il gioiello può essere completato con pietre preziose, smalti, incisioni o cesellature. Gli oggetti di o. si possono anche ottenere direttamente per fusione: per oggetti in serie si adoperano in genere matrici di ferro, mentre per piccole produzioni si usano matrici di terra refrattaria e gesso, o di sabbia. La rifinitura consta di tre operazioni: imbianchimento, polimento e coloritura. ● Encicl. - Non è facile dare un quadro d'insieme dell'evoluzione di quest'arte, perché i reperti ritrovati sono frammentari e privi di continuità temporale. Già in epoca neolitica si forgiarono piccoli ornamenti aurei, lavorati con martelli di pietra (sono stati trovati in dolmen e grotte dei Pirenei in Francia, e anche in Egitto, in tombe del V millennio a.C.). Gli artigiani egiziani seppero creare straordinari gioielli in oro e pietre preziose: nella tomba della madre di Cheope a el-Giza, per esempio, furono ritrovati monili d'oro e d'argento incastonati di lapislazzuli, corniola e turchesi. Straordinarie dimostrazioni di abilità ci pervengono dalla Mesopotamia (2000 a.C.) con oggetti in oro molto raffinati, abbelliti da decorazioni policrome. Nel II millennio fiorì l'arte orafa nel Caucaso e in Cappadocia. L'abilità artigianale raggiunse livelli alti a Micene nel XVI sec. a.C. come dimostrano i preziosi ritrovamenti dei recinti funerari che vantavano oggetti in oro, bracciali, maschere, pugnali e vasellame. In Etruria si lavorarono i metalli preziosi sin dal IX sec. a.C. per creare splendidi monili personali, come dimostrano i reperti ritrovati nella tomba Regolini Galassi a Cerveteri e i bracciali di Vetulonia. Nell'antica Roma, gli artigiani crearono straordinari servizi d'argento (argenteria ritrovata nella casa di Menandro a Pompei, oggi conservata nel Museo Nazionale di Napoli). Di epoca paleocristiana restano poche testimonianze. La lenta transizione dall'antichità classica al Medioevo fu segnata da fattori economici e sociali di grande rilievo che influirono anche sull'o. Constantinopoli si ispirò alla tradizione orientale mentre Roma e l'Impero romano d'Occidente restarono fedeli all'antichità classica con una produzione elaborata di piatti e vassoi istoriati, di vasi di vario uso e di cofanetti. Dal IV sec. d.C. in poi si assistette a una dissoluzione della forma, all'uso del chiaroscuro e della tecnica dell'incavo obliquo. In seguito si diffuse la tecnica del traforo e della decorazione policroma, mutuate dall'Oriente. In Italia, l'Alto Medioevo coincise con la fioritura di arte sacra, come le custodie delle reliquie dei santi o della Croce, calici, pissidi e altri oggetti liturgici di pregevole fattura come quelli conservati nei musei di Roma, Brescia, nel duomo di Monza: di particolare valore la famosa Chioccia, opera longobarda dei secc. VI-VII e la corona ferrea, opera carolingia, del IX sec. Nel Medioevo prosperò l'o. liturgica, ispirata alle tecniche più varie, descritte peraltro in un manoscritto del XII sec. intitolato Diversarum artium schedula. Nel resto d'Europa si imposero gli artigiani germanici dell'area mosana e renana, che introdussero l'uso dello smalto, poi perfezionato a Limoges in Francia. Con l'affermarsi del Gotico, nelle officine di Parigi si produssero oggetti di o. estremamente raffinati; lo stile gotico perdurò nell'o. assai più a lungo che in altri campi. Dalla metà del XV sec. le fiorentissime botteghe d'orafi di Firenze dove lavoravano i maggiori artisti (Verrocchio, Luca della Robbia, Ghiberti, Pollaiolo, Michelozzo) crearono capolavori nello stile del Rinascimento. La scuola orafa si diffuse in tutta Italia, grazie ad artisti di fama come il Caradosso, Vittore Camelio e Leone Leoni che utilizzarono materiali preziosi e non, come le conchiglie marine, per adornare con gusto e fantasia oggetti e monili. Dal Cinquecento in poi, con l'arrivo dalle Americhe di grandi quantità di oro, argento e pietre preziosi, l'o. si fece sempre più sontuosa: con il Barocco, decaddero ovunque le tecniche più delicate (filigrana, glittica, ecc.), mentre prevalse il gusto per lo sbalzo a superficie, in vista di un effetto appariscente, unitario. In Italia Barocco e Rococò segnarono un momento di grande sviluppo per l'arte orafa, che coincise con i fasti della corte papale e delle chiese dei padri gesuiti e fiorì in tutte le più grandi città da Genova a Palermo. Verso la fine del XVIII sec. si ritornò ai ritmi decorativi semplici, classici e molto raffinati, applicati specialmente a piccoli oggetti personali (tabacchiere, oggetti di toeletta e simili): come fonte d'ispirazione gli artigiani ebbero i monili dell'antichità, ritrovati nel corso degli scavi di Ercolano e nelle tombe etrusche. Con la Rivoluzione industriale e l'introduzione di macchinari, si inaugurò la produzione in serie dei gioielli in fogge ripetute, ma sempre con grande attenzione al cesello. Nel periodo romantico venne rivalutata l'arte medioevale e rinascimentale, priva, però, di fantasia e creatività, soffocata forse dal diffondersi della produzione in serie. Dopo il periodo liberty, l'o. moderna si allineò su posizioni semplici, funzionali, ma decisamente creative, come dimostrano le recenti creazioni di Consagra, Pomodoro, Santomaso, e Cannilla.

Giava.

Isola (132.187 kmq; 104.167.800 ab. con la vicina isola di Madura) dell'Indonesia, dell'arcipelago della Sonda. Ha forma allungata: si affaccia a Nord sul Mare di Giava e a Sud sull'Oceano Indiano; confina a Ovest con l'isola di Sumatra e ad Est con l'isola di Bali. Città principali: Djakarta, Surabaja, Bandung, Solo, Jogjakarta, Semarang. L'isola è suddivisa amministrativamente in 4 province (G. Occidentale, G. Centrale, Yogyakarta e G. Orientale) cui si aggiunge il distretto urbano di Djakarta. - Geogr. - Prevalentemente montuosa, G. presenta massicci di origine vulcanica, tra i quali si estendono vaste depressioni e valli sul cui fondo scorrono i principali fiumi: Solo, Moloc e Taroen. Possiede 121 coni vulcanici, di cui 27 attivi. Il clima è di tipo equatoriale, caldo umido, con abbondanti precipitazioni. - Econ. - Si basa sull'agricoltura (riso, zucchero, tè, caffè e tabacco), la pesca e il commercio, che si avvale della notevole rete ferroviaria e stradale. - St. - Abitata sin dal pleistocene inferiore, vi si sono trovati i resti del Pithecanthropus erectus, dell'Homo Soloensis e dell'Homo Wadjakensis. Fu colonizzata verso il II sec. dagli indù che vi regnarono a lungo, fondandovi numerosi Stati. L'unità politico-territoriale fu raggiunta definitivamente soltanto nel XIV sec. Tra il XV e il XVI sec. cominciò da Malacca la penetrazione portoghese cui si accompagnarono il crollo dei regni indù e la formazione di sultanati musulmani. Nel 1600 giunsero a G. gli Olandesi che vi crearono le prime fortezze costiere della Compagnia delle Indie Orientali. Nel 1795, dopo l'invasione francese dell'Olanda, la Compagnia venne sciolta con grande vantaggio dell'economia locale. Nel 1811 l'isola cadde sotto gli Inglesi, ma con il 1816 ritornò all'Olanda. Numerose rivolte scoppiarono durante tutto il XIX sec. Verso il 1920 venne fondato il movimento del Sarikat Islam cui si aggiunsero altri partiti. Si giunse così alla costituzione di un fronte unico, guidato da Sukarno, mentre sempre più chiaro si delineava l'obiettivo dell'indipendenza. Durante la seconda guerra mondiale l'isola fu occupata dai Giapponesi, ma al ritorno degli Olandesi il fronte rivoluzionario aveva già proclamato la Repubblica dell'Indonesia (1945). V. INDONESIA. - Etn. - La popolazione di G. si è formata con successive ondate culturali specialmente di origine indiana, sovrappostesi a un substrato etnico arcaico, ed è oggi costituita per lo più da giavanesi di religione musulmana, con minoranze maduresi e sundanesi. - Arte - Fino al IX sec. l'arte di G. ebbe carattere prettamente indiano. Nel XIII sec. essa acquistò caratteristiche tipicamente giavanesi, perdendo però di coesione stilistica. Nel XV sec., sotto l'influsso dell'Islam, l'arte cominciò a decadere. Fiorenti l'oreficeria e l'intaglio su legno. - Mus. - La storia della musica giavanese è, alle origini, strettamente legata all'influsso della musica indocinese. Dal XIV sec. risentì degli influssi della musica arabica e persiana e successivamente di quella europea. La musica giavanese è essenzialmente strumentale (lo strumento fondamentale è il gong). Di notevole interesse le danze.

Scene di vita a Giava

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