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Kuwait.

Stato (17.818 kmq; 2.339.000 ab.) dell'Asia Occidentale, nella penisola arabica. Confina a Nord e a Nord-Ovest con l'Iraq, a Sud e a Sud-Ovest con l'Arabia Saudita, a Est si affaccia sul Golfo Persico. Capitale: Al Kuwait. Città principali: Hawallī, Jahrā, Ahmadī. Ordinamento: Monarchia costituzionale; capo dello Stato è lo sceicco, che esercita sia il potere esecutivo sia il legislativo, quest'ultimo insieme a un'assemblea. Amministrativamente il K. è diviso in 4 governatorati provinciali. Moneta: dinar. Lingua ufficiale: arabo; l'inglese è diffusissimo. Religione: musulmana. Popolazione: araba con una minoranza di Persiani, Armeni, Europei, Palestinesi. Il K. è lo Stato maggiormente urbanizzato del Medio Oriente: l'esplosione urbana è iniziata negli anni Cinquanta e si è sviluppata parallelamente alla scoperta dei giacimenti petroliferi.

GEOGRAFIA

Si estende nella parte nord-orientale del Deserto Arabico, occupando un tavolato arido e sabbioso solcato da scarsi uidian che si gettano nel Golfo Persico. La vegetazione è scarsissima. Il clima è subdesertico, con un'alta percentuale di umidità sulla costa. Forti sono le escursioni termiche, sia giornaliere che annue.
Cartina del Kuwait


ECONOMIA

Risorse tradizionali del Paese sono la pesca (anche quella delle perle nelle acque pescose del Golfo Persico) e l'allevamento (ovini, caprini, bovini). L'agricoltura è limitata ad alcune oasi e produce datteri, ortaggi e foraggi. La risorsa principale è il petrolio. La scoperta di enormi giacimenti di petrolio e il loro sfruttamento a partire dal 1946 hanno fatto del K. uno dei maggiori produttori a livello mondiale. I forti redditi derivati dall'esportazione del petrolio hanno consentito una rapida modernizzazione del Paese, grazie alla creazione di un settore industriale moderno e diversificato e all'investimento dei capitali in opere pubbliche, quali scuole, strade, ospedali, impianti di dissalazione dell'acqua marina, ecc. Il petrolio viene convogliato mediante oleodotti al porto d'imbarco di Mena Al Ahmadi, ove è in funzione una raffineria. Oltre a raffinerie e a impianti petrolchimici, sono presenti nel Paese industrie del cemento, dei laterizi, stabilimenti metallurgici e tessili. Importante voce del settore secondario è infine l'edilizia. Per il quadriennio 1988-1992 erano state progettate l'edificazione di due nuove città nei pressi di Subiya e di Al Khayran capaci di accogliere complessivamente circa 400.000 abitanti. Le recenti distruzioni provocate dall'aggressione dell'Iraq e i 600 pozzi di petrolio incendiati e fortunatamente spenti con anticipo sulle previsioni, hanno inferto un duro colpo all'industria portante del K., quella petrolifera. Il costo economico della ricostruzione dell'emirato è stato valutato intorno ai 20 miliardi di dollari. Le iniziative di ricostruzione, immediatamente avviate dopo la fine del conflitto, sono state assegnate per il 75% a ditte statunitensi. I primi segni di ripresa economica si sono mostrati verso il 1995-1996.

STORIA

Situato in una zona per gran parte desertica, lo sceiccato del K. andò acquistando rilievo internazionale solo dopo la seconda guerra mondiale, in seguito alla scoperta di ingenti risorse petrolifere e all'acquisizione di una nuova importanza strategica, data la sua posizione nel golfo Persico. Sviluppatosi come entità politica autonoma nel corso del XVIII sec., attorno alla città omonima, si costituì in sceiccato verso la fine del secolo, ma rimase sottoposto nominalmente all'impero ottomano e incluso nella provincia di Bassora. Nel 1899 lo sceicco accettò il protettorato britannico, confermato da un nuovo accordo nel 1914, mentre nel 1934 fu stipulato un trattato, per la ricerca e lo sfruttamento petrolifero, con Stati Uniti e Gran Bretagna. Divenuto Stato indipendente nel 1961, nel quadro politico dei Paesi arabi il K. scelse una posizione di equidistanza tra i Paesi arabi socialisteggianti e quelli soggetti alle monarchie conservatrici. Il rapido passaggio da una posizione di assoluta povertà e di feudalismo medioevale a una condizione di ricchezza, conseguente allo sfruttamento petrolifero, iniziato nel 1946, sconvolse profondamente la struttura del piccolo Stato, che vide quadruplicare la propria popolazione nel giro di un ventennio per l'ingente flusso immigratorio dai vicini Paesi arabi. L'aumento vertiginoso del reddito e della popolazione, conseguente alla produzione petrolifera non fu però accompagnato da un adeguato sviluppo sociale e politico (gli immigrati, che rappresentano il 60% della popolazione, non godono del diritto di voto, né di tutela sindacale). Nei confronti dei movimenti di opposizione si assunse un atteggiamento più paternalistico che oppressivo e venne inoltre impostata una politica sociale di una certa ampiezza nel campo della previdenza, dell'assistenza sanitaria, dell'educazione e della promozione sociale. Sempre più forti andarono facendosi le spinte del nazionalismo arabo e una certa ripercussione si ebbe anche sulla Assemblea scaturita dalle elezioni del gennaio 1971, in cui dieci seggi furono conquistati dal movimento nazionalista arabo, filo-egiziano, mentre gli altri 40 andarono ai tradizionali gruppi espressi dalla Corte, ossia a quello beduino, a quello dei mercanti e agli indipendenti. Nuove difficoltà vennero dalla costante pressione dei Paesi arabi vicini. Il 20 marzo 1973 venne emesso un comunicato in cui si annunciava che reparti dell'esercito iracheno avevano occupato la postazione di confine di Al-Samita. L'azione irachena era il risultato di una controversia che si trascinava da vari anni, non avendo l'Iraq mai riconosciuto la linea confinaria tracciata nel 1932 e continuando a rivendicare la sovranità su due zone petrolifere poste nel K. settentrionale. Il Governo iracheno non aveva inoltre mai nascosto le proprie ambizioni sul K. Nel febbraio 1981 il Parlamento riprese le sue funzioni (sospese cinque anni prima) trovandosi a gestire un Paese che, nonostante tutto, aveva mantenuto in vita le regole basilari di un ordinamento democratico. Il K., guidato dallo sceicco Jaber al-Ahmed al-Sabah entrato in carica nel 1977, sconvolto da numerosi attentati terroristici condotti da avanguardie islamiche, assunse per tutti gli anni Settanta il ruolo di mediatore tra i Paesi del Medio Oriente, riuscendo a comporre le diatribe tra lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud (1979) e facendosi portavoce degli Stati produttori di petrolio, nell'ambito dei quali, specialmente negli anni 1979-1980, si dichiarò fautore della linea favorevole all'aumento del prezzo del greggio e al rallentamento dei ritmi di estrazione. Nel 1982 il Paese affrontò una gravissima crisi finanziaria determinata dal crollo del suq-al-Manakh, una specie di "borsa libera" parallela a quella ufficiale, provocato da speculatori. Dopo una serie di fallimenti, grazie alle ingenti risorse finanziarie di cui disponeva, il K. si avviò, comunque, alla soluzione della crisi. Sul piano interno, dal 1984 si registrarono alcuni episodi di terrorismo, come gli attentati alle ambasciate degli USA e della Francia e il dirottamento a Teheran di un aereo della Kuwait Airways, attribuiti dalle autorità a estremisti islamici. Sin dall'inizio del conflitto tra Iran e Iraq, il K. si schierò, insieme all'Arabia Saudita, apertamente a favore dell'Iraq, subendo, come conseguenza, attentati terroristici da parte dei fondamentalisti islamici. Nel 1987 il K. aprì le trattative con gli USA per porre sotto la protezione americana le sue petroliere. Successivamente il K. si impegnò a smantellare quella rete di complicità e di connivenze eversive, creata dagli integralisti della comunità sciita responsabili di molteplici azioni terroristiche. Nel 1990, in seguito alla rottura dei negoziati in corso con l'Iraq sulla questione del debito contratto da questo Paese nei confronti del K. durante il conflitto Iran-Iraq, si profilò una situazione di tensione fra i due Stati. I confini vennero chiusi e l'Iraq, il 3 agosto, invase il K., assumendo il controllo della capitale e spodestando l'emiro Jaber al-Ahmed al-Sabah. L'invasione suscitò l'immediata reazione di quasi tutti i Paesi aderenti all'ONU, i quali intimarono al dittatore iraqueno Saddam Hussein il ritiro immediato delle truppe. L'occupazione dell'emirato non cessò neppure in seguito all'intervento del segretario generale dell'ONU Perez de Cuellar. Le Nazioni Unite perciò attuarono un embargo economico, sostenuto per lo più dalle forze militari statunitensi, giunte appositamente a presidio del Golfo Persico. I tentativi di mediazione volti alla risoluzione della crisi si rivelarono vani; il 17 gennaio 1991 le truppe dell'ONU diedero inizio al conflitto per la liberazione dell'emirato. Per far fronte alla superiorità bellica delle truppe alleate, Saddam Hussein cercò di attirare nel conflitto tutti i Paesi arabi per fare causa comune sotto la bandiera dell'Islam. Ma il suo tentativo fallì; la guerra si concluse il 28 febbraio 1991, con la resa incondizionata di Saddam e il ritorno dell'emiro legittimo sul trono del K. Nel Paese, saccheggiato e devastato dagli invasori, cominciò la difficile ricostruzione. La restaurata dinastia regnante si preoccupò innanzitutto di salvaguardare la stabilità del regime monarchico ereditario messa in pericolo dalle spinte verso una democratizzazione del Paese. Nel 1992 fu consentita la rielezione dell'Assemblea nazionale (sciolta nel 1986); tuttavia i partiti rimasero illegali e il suffragio ristretto a una porzione esigua della popolazione. La diminuzione dei redditi da petrolio (conseguente all'incendio di gran parte dei pozzi petroliferi durante la guerra del Golfo) e la difficile situazione economica provocarono l'espulsione di gran parte dei lavoratori stranieri e spinsero il Governo a varare, nel 1995, una serie di provvedimenti atti a realizzare una riforma finanziaria e fiscale e a sviluppare le privatizzazioni. Nell'ottobre 1996, il Governo conquistò 30 dei 50 seggi nelle elezioni dell'Assemblea nazionale. Nel novembre del 1997, l'emiro ordinò la chiusura della frontiera con l'Iraq e rafforzò la vigilanza in vari punti di confine, a causa della nuova crisi scoppiata tra Washington e Baghdad. Nel 1998 il Governo del primo ministro, sceicco Saad al-Abdallah al-Salem al-Sabah, si trovò in difficoltà a causa delle accuse di corruzione rivolte al vice primo ministro e ministro delle Finanze Nasser Abdallah al-Roudhan. Nel marzo successivo, per evitare un voto di sfiducia, il Governo si dimise in blocco. Di fatto assunse le redini del potere Saad al-Abdullah al-Sabah (dal momento che il principe ereditario e il cugino Sheikh Saad al-Abdullah al-Sabah erano entrambi malati), che formò un nuovo Governo. Nel 1999 si svolsero le elezioni legislative anticipate, dopo che l'emiro Jaber al-Ahmed al-Sabah ebbe sciolto il Parlamento, ritenendolo troppo ostile al Governo. Nel maggio 2002, l'emiro sciolse nuovamente il Parlamento, adducendo a motivo della sua decisione la mancanza di cooperazione fra i membri del Parlamento e il Governo. Le elezioni parlamentari tenutesi il 5 luglio 2003 si conclusero con la vittoria delle liste islamiche e la nomina ufficiale a primo ministro di Saad al-Abdullah al-Sabah. Per la prima volta nella storia del K. la carica di premier non venne affidata al principe ereditario. Nel maggio 2004 lo sceicco Jaber al-Ahmed al-Sabah presentò al Parlamento un disegno di legge per estendere il diritto di voto alle donne, che avrebbero altresì potuto candidarsi alle elezioni. La legge, rimasta a lungo bloccata a causa dell'ostruzionismo dell'Assemblea, venne approvata nel maggio 2005. Nel gennaio 2006 morì Jaber al-Ahmed al-Sabah. La scomparsa dello sceicco simbolo del Paese innescò una violenta lotta tra le fazioni della sterminata famiglia al-Sabah. Dopo la destituzione (formalmente per problemi di salute) del principe ereditario Saad al-Abdullah al-Sabah, sul trono salì Sabah al-Ahmad al-Sabah, il quale sciolse immediatamente il Parlamento indicendo elezioni anticipate. Le consultazioni di maggio, le prime a suffragio universale, registrarono la sconfitta dei partiti di Governo e la vittoria della coalizione formata da islamisti sunniti (prima forza politica), liberali e nazionalisti che conquistarono 33 seggi su 55 in palio.
L'emiro Jaber al-Ahmed al-Sabah