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Kenya.

Stato (582.646 kmq; 31.486.000 ab.) dell'Africa orientale. Confina a Nord con il Sudan e l'Etiopia, a Est con la Somalia, a Sud con la Tanzania, a Ovest con l'Uganda e si affaccia a Sud-Est sull'Oceano Indiano. Capitale: Nairobi. Città principali: Mombasa, Malindi. Ordinamento: Repubblica presidenziale; il Paese è amministrativamente suddiviso in otto province. Moneta: scellino. Lingua ufficiale: swahili; è largamente impiegato l'inglese e sono diffusi il kikuyu, il kamba e il luo. Religione: animista; esistono minoranze protestanti, cattoliche, musulmane, anglicane. Popolazione: di provenienza indo-pakistana, di razza cafrida e camitica.

GEOGRAFIA

La zona centro-occidentale è occupata da una parte della Rift Valley, depressione occupata da numerosi laghi: Baringo, Nakuru, Naivasha, Magadi. A Est e a Ovest di qusta valle si innalzano gli highlands, rilievi di origine vulcanica sui 2.000 m, da cui si elevano le vette del Kenya (5.199 m), dell'Elgon (4.322 m), del Sattimma (3.994 m), tra le più alte dell'Africa. A Ovest delle alte terre si trova il bacino del Lago Vittoria e a Nord il Lago Turkana, di origine tettonica. La costa è bassa, frammentata da isolotti e lagune e caratterizzata da lunghe barriere coralline. I fiumi principali sono: Tana, Waso, Nyiro. Il clima è equatoriale nei bassopiani; tropico-equatoriale temperato sugli altipiani. Le alte terre erano un tempo ricoperte da una fitta foresta equatoriale, in parte abbattuta; al di sopra dei 2.500 m la foresta lascia il posto alla savana. La fauna è stata decimata dalla pratica della caccia grossa; è rappresentata da leoni, leopardi, elefanti, bufali, rinoceronti, zebre, antilopi, gazzelle, iene, sciacalli, serpenti, uccelli. In K. esistono numerosi parchi nazionali, che costituiscono una delle principali attrattive turistiche del Paese.
Cartina del Kenya

Nairobi: monumento al Kanu


ECONOMIA

L'economia si basa essenzialmente sull'agricoltura indigena, che produce caffè, tè, mais, dura, manioca, arachidi, sesamo, cotone. Sulla costa cresce abbondantemente l'agave sisal, da cui si ricava una fibra naturale molto robusta. Complessivamente la produzione alimentare è insufficiente al fabbisogno del Paese. La foresta è scarsa, con bambù e cedri. Rilevante l'allevamento bovino, caprino, ovino e suino, con relativa produzione di latticini, pelli, lane. Le risorse minerarie sono piuttosto scarse: oro, cianite, amianto, magnesite. e salgemma. Arretrato è il settore industriale (birrifici, zuccherifici, tabacchifici, cartifici). Il turismo ha conosciuto in questi ultimi anni un notevole sviluppo.

STORIA

Il territorio del K., limitatamente alla fascia costiera, fu colonizzato da mercanti arabi che, a partire dal VII sec., crearono insediamenti stabili. Nel XVII sec., sotto l'autorità degli imam di Mascate, si costituì un potentato arabo con centro a Zanzibar. Il territorio fu toccato nel 1648 dalla spedizione di Vasco de Gama diretta alle Indie Orientali. Nei decenni successivi, la fascia costiera divenne meta di numerose spedizioni commerciali portoghesi che entrarono presto in concorrenza con gli Arabi i quali, sino ad allora, avevano esercitato il monopolio del commercio verso l'interno. Per salvaguardare la loro posizione di privilegio, essi ricorsero all'aiuto dell'imam di Oman, costringendo i Portoghesi a lasciare il territorio. Nel corso del XIX sec. varie spedizioni europee penetrarono all'interno, mentre iniziative coloniali furono prese da alcune grandi compagnie, in particolare dall'inglese Imperial East Africa e dalla tedesca Deutsche Ostafrikanische Gesellschaft, che misero in crisi l'autorità del sultano di Zanzibar. Quando la controversia anglo-tedesca per la delimitazione delle rispettive zone d'influenza fu risolta, il sultano fu costretto a cedere alla Gran Bretagna l'amministrazione della fascia costiera (1887). Successivamente l'occupazione fu estesa anche alle regioni dell'interno e nel luglio 1895 fu proclamato il Protettorato dell'Africa Orientale Britannica. Nel 1920, il Paese fu diviso in due zone distinte: Protettorato del K., costituito dalla regione costiera soggetta alla sovranità del sultano di Zanzibar, e Colonia del K., comprendente i territori dell'interno. Frattanto, due provvedimenti, emanati nel 1898 e nel 1902, avevano portato alla creazione di "riserve" destinate alle popolazioni indigene (Masai e Kikiyu), assegnando le terre migliori degli altopiani (white highlands) ai coloni europei. L'opposizione e il malcontento della popolazione locale trovarono un punto di riferimento politico dapprima nel Kikuyu Central Association, costituitosi nel 1922, poi nella Kenya African Union di Jomo Kenyatta, disciolta nel 1971. Nel 1946, per iniziativa dello stesso Kenyatta, venne fondata la Kenya African National Union (KANU). Nel 1948, con l'istituzione dell'East Africa High Commission, un organismo comprendente, oltre il K., anche il Tanganika, l'Uganda e Zanzibar, fu avviato il processo costituzionale verso l'indipendenza. Questo fu scosso dalla rivolta dei Mau Mau (1952-56), organizzata dal KANU, che esprimeva in maniera esasperata la protesta di un popolo contadino privato delle proprie terre. Nel 1952, Kenyatta fu arrestato e condannato a sette anni di carcere per attività terroristica. Col diminuire della tensione, il leader kenyano fu rimesso in libertà e la lotta per l'indipendenza giunse alla sua fase conclusiva nel 1960. In quell'anno fu introdotta una nuova legge elettorale che consentì la creazione di grandi partiti politici in cui, tuttavia, si riflettevano le antiche divisioni tribali. Infatti, al di là del diverso orientamento ideologico e politico, anche i due partiti maggiori risentivano di questo tipo di divisioni. Essi erano il radicale KANU di Kenyatta, rappresentante i Kikuyu e i Luo, e il moderato KADU (Kenya African Democratic Union) di Ronald Ngala, rappresentante i Massi e altre tribù dedite alla pastorizia. Prendendo a pretesto le rivalità tribali, le autorità inglesi rallentarono il processo verso l'indipendenza. Una spinta decisiva venne dalla netta affermazione elettorale del partito di Kenyatta nel maggio 1963. Divenuto presidente del primo Governo autonomo del K., Kenyatta proclamò l'indipendenza del Paese (12 dicembre 1963). Capo indiscusso dello Stato e del partito di Governo, Kenyatta rappresentò anche negli anni seguenti il simbolo dell'unità nazionale. Venuta meno la diffidenza iniziale della Gran Bretagna e del mondo occidentale, il K. fu incluso tra i Paesi africani di tendenza moderata considerati tra i più sicuri per gli investimenti stranieri, garantiti dalla prestigiosa leadership di Kenyatta. Tuttavia, il limite della stabilità politico-sociale del K. consisteva nel grande ascendente che il leader esercitava su tutta la popolazione kenyota. Dietro la proclamazione del partito unico, attuata nel 1964 con lo scioglimento volontario e l'assorbimento del KADU, continuarono infatti a persistere divergenze politiche di fondo, mentre permasero profonde lacerazioni nel tessuto sociale. Queste derivarono, oltre che dalle antiche rivalità tribali, da nuove rivendicazioni sociali che assunsero i caratteri di rivendicazioni di classe. Un primo avvertimento si ebbe nel 1966, con l'affermazione elettorale del Kenya People's Union (KPU), il partito costituitosi in seguito alla scissione dell'ala rivoluzionaria del KANU, capeggiata da Oginga Odinga, intransigente assertore di idee e programmi socialisti rivoluzionari. In seguito all'assassinio di Tom Mbuya, segretario del partito di maggioranza e delfino di Kenyatta (luglio 1969), il KPU fu messo fuori legge, Oginga Odinga incarcerato, e il KANU ritornò ad assumere le caratteristiche del partito unico. Gli anni Settanta furono difficili per il K.: l'assassinio del deputato dell'opposizione Kariuki e l'insabbiamento della relativa inchiesta sottoposero il Governo di Nairobi a pesanti critiche internazionali. Con la morte di Kenyatta (1978) venne eletto presidente il candidato del KANU Daniel Arap Moi, il quale, dopo aver sventato un colpo di Stato (agosto 1982) in cui persero la vita oltre 500 persone, riuscì in meno di anno in anno a consolidare la propria posizione, sopprimendo il multipartitismo. Il Governo di Moi perseguì una politica di distensione con la Tanzania e con l'Uganda, dopo che già era avvenuto il riavvicinamento al Governo di Mogadiscio: questa politica portò alla riapertura della frontiera (1983) fra il K. e la Tanzania, chiusa nel 1977. In ambito interno, destò qualche preoccupazione il movimento Mwakenya, un gruppo clandestino di opposizione di area marxista legato all'università di Nairobi, ma con un discreto seguito anche nelle aree rurali. Nel 1987 si verificò una crisi tra Nairobi e Kampala: dopo un incidente di frontiera con morti e feriti, il presidente Moi richiamò il proprio ambasciatore in Uganda ed espulse l'ambasciatore ugandese in K. e il suo primo consigliere. Inoltre venne ordinata la chiusura dell'ambasciata libica a Nairobi. Per quanto riguarda la situazione economico-sociale, i maggiori pericoli alla stabilità del K. derivavano dall'incremento demografico accelerato e dalla diffusa disoccupazione. Nel marzo 1988, in uno scrutinio a cui parteciparono solo i candidati della lista unica di Governo, Moi venne rieletto presidente della Repubblica. Negli anni successivi si moltiplicarono nel Paese le manifestazioni a favore del pluripartitismo, in seguito alle quali nel dicembre 1991 venne nuovamente introdotto. Nel gennaio 1992 sorsero ufficialmente due partiti di opposizione, il Forum per la restaurazione della democrazia (FORD) e il Partito democratico del K. (PDK). Sul piano internazionale, il K. mantenne rapporti privilegiati con la Gran Bretagna e riprese le relazioni con Israele, mentre continuavano a essere difficili i rapporti con gli Stati confinanti. Nonostante un indebolimento del regime registratosi nel corso del 1992, alla fine dello stesso anno il presidente Moi fu riconfermato e il KANU ottenne una netta vittoria nelle elezioni legislative. Dal 1993 il Governo di Moi si impegnò in un programma di riforme economiche e di liberalizzazione, che includeva l’abbattimento delle barriere tariffarie, la privatizzazione di aziende statali e la razionalizzazione dei servizi pubblici. Grazie anche al sostegno del Fondo Monetario Internazionale, tali riforme condussero il Paese verso tassi di crescita economica di rilievo e verso la stabilizzazione dell’inflazione (1995-96). Alla fine del 1997 si svolsero nuove elezioni; malgrado le accuse di brogli e le intimidazioni dei canditati dell'opposizione, Moi riuscì nuovamente a essere eletto capo dello Stato. Anche le elezioni legislative si conclusero con la vittoria del KANU: nonostante l'introduzione del multipartitismo, ben pochi spazi vennero lasciati all'opposizione, del resto continuamente divisa da rivalità tribali e personali. Il processo di crescita economica ebbe una brusca battuta d’arresto negli anni 1997-98, a causa della crisi che investì il settore agricolo (alluvioni provocate da El Nino) e turistico. Il turismo entrò in una fase di declino in seguito all’attentato ai danni delle ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam (7 agosto 1998), che uccise più di 250 persone e ne ferì più di 500, attribuito al fondamentalista saudita Osama bin Laden. Ad aggravare la già precaria situazione contribuì la politica Fondo Monetario Internazionale, che nel 1997 sospese il programma di aiuti a causa dell’incapacità e dell’inefficienza del Governo nella lotta alla corruzione e nell’attuazione delle riforme. Gli anni 1999-2000 furono anni di forti siccità, caratterizzati da razionamenti idrici ed energetici, che concorsero all’ulteriore indebolimento dell’attività agricola, settore centrale dell’economia kenyota. Il FMI riprese a finanziare progetti in K., per sospenderli nuovamente nel 2001, quando il Governo dimostrò ancora scarsa determinazione nell’adottare misure anti-corruzione. Nel corso del 2001 e del 2002 proseguirono le tensioni tra i diversi gruppi etnici, culminati in violenti scontri. Il 29 novembre 2002 Mombasa fu interessata da un doppio attentato anti-israeliano: mentre tre kamikaze provocavano la morte di 12 persone in un albergo della città, due missili tentavano, con esito negativo, di far esplodere in aria un aereo israeliano decollato da Mombasa e diretto verso Tel Aviv. Le elezioni presidenziali tenutesi il 29 dicembre portarono alla sconfitta di Moi, al potere da 24 anni, e all'elezione di Mwai Kibaki, leader del neonato Partito d'opposizione National Rainbow Coalition (NARC). Il nuovo Governo si pose come obiettivi primari la lotta alla corruzione, la rivitalizzazione dell'economia, la gratuità dell'educazione scolastica primaria, l'accesso all'assistenza sanitaria, la privatizzazione degli enti pubblici non efficienti. Dopo una prolungata siccità che aveva provocato una drammatica carestia, nel maggio 2003 le regioni occidentali del K. furono colpite da un'alluvione che fece rimanere senza casa un milione di persone. Nel luglio 2004 fu portato a compimento il progetto di nuova Costituzione, che, modificando la Carta promulgata al momento dell'indipendenza, istituiva la figura del primo ministro, vietava la proprietà della terra agli stranieri, introduceva il permesso per le donne di ereditare. Nel novembre 2005 si tenne il referendum per l'approvazione della nuova Costituzione che registrò la sconfitta dei "sì" e del Governo guidato da Kibaki, che vide in questo modo svanire anche la possibilità di privare dell'immunità Moi per processarlo per malversazione e guadagni illeciti. Nel corso del 2006 proseguirono gli episodi di corruzione che videro coinvolti numerosi esponenti politici del Governo.