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Guatemala.

Stato (108.889 kmq; 11.844.000 ab.) dell'America centrale. Confina a Nord e a Ovest con il Messico, a Nord-Est con il Belize, a Est con l'Honduras, a Sud-Est con El Salvador; si affaccia a Est sul Mare delle Antille e a Sud-Ovest sull'Oceano Pacifico. Capitale: Guatemala (2.205.000 ab.). Città principali: Quetzaltenango, Chiquimula. Ordinamento: Repubblica presidenziale. Il potere esecutivo spetta al presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale per quattro anni, che è anche capo del Governo; il potere legislativo è esercitato dal Congresso della Repubblica, composto da 158 membri eletti a suffragio universale per quattro anni. Moneta: quetzal, diviso in 100 centavos. Lingua: spagnolo; sono parlati dialetti maya. Religione: cattolica e, in secondo ordine, protestante. Popolazione: è composta per circa il 40% da amerindi e per il 30% da meticci; esistono anche minoranze di creoli e neri.

GEOGRAFIA

Il territorio è in gran parte costituito da rilievi vulcanici (Tajumulco, Santa Maria, Atitlán, Fuego, Agua, Pacaya, Tacaná), scoscesi verso il Pacifico e soggetti a frequenti fenomeni sismici. A Nord si estende una regione bassa e uniforme, il tavolato calcareo del Petén: la costa pacifica è formata da una pianura alluvionale orlata di lagune, mentre a Est si aprono ampie vallate che convergono all'Atlantico. I corsi d'acqua che scendono al Pacifico sono brevi e impetuosi: più lunghi e imponenti i tributari dell'Atlantico, di cui i principali sono il Motagua (410 km), il Polochic e l'Usumacinta. Il clima è caldo-umido nella regione pianeggiante (tierras calientes); quelle di media altezza (tierras templadas) presentano temperature più moderate; le regioni più elevate (tierras frías) hanno escursioni termiche accentuate, con inverni molto freddi.
Cartina del Guatemala


ECONOMIA

L'economia è basata prevalentemente sull'agricoltura (mais, riso, frumento, sorgo, banane, caffè, canna da zucchero, patate dolci, tabacco, cotone) e sull'allevamento bovino. Significative le risorse minerarie (petrolio, antimonio) e l'industria dello zucchero, tessile, del tabacco e del cemento. Dalle foreste del Petén si ricavano legname (mogano e cedro), caucciù e chincona (da cui si estrae il chinino). Il turismo è un'importante fonte di entrate.

STORIA

Centro dell'antica civiltà maya, nel 1524 il territorio guatemalteco fu assoggettato al dominio spagnolo da Pedro de Alvarado. I conquistatori spagnoli, dopo aver sterminato gran parte della popolazione maya, costituirono il Capitanato generale del G. che, oltre al territorio guatemalteco, comprendeva gli attuali territori di El Salvador, Honduras, Costa Rica e Nicaragua. I quattro Paesi rimasero uniti anche dopo la proclamazione dell'indipendenza della Spagna, nel 1821, dando vita, insieme, alla Repubblica Federale dell'America Centrale. Quando questa si sciolse nel 1838, il G. si costituì in Repubblica indipendente. La vita politica del Paese fu turbata da vari pronunciamientos che portarono all'insediamento di dittatori quali: Rafael Carrera (1838-65), Justo Rufino Barríos (1871-85), Manuel Estrada Cabrera (1898-1920), Jorge Ubico Castañeda (1931-44). Questi regimi dittatoriali erano appoggiati, oltre che dall'oligarchia locale, dalle grandi compagnie statunitensi, in particolare dalla United Fruit Company, proprietaria di oltre un milione e mezzo di ettari coltivati, nonché di buona parte della rete stradale e ferroviaria e dell'industria di trasformazione dei prodotti agricoli. Dato il ristretto margine di manovra lasciato alle forze democratiche, tutti i tentativi riformistici, compiuti nei brevi periodi di interregno fra un regime dittatoriale e l'altro, erano destinati a fallire. Sino al 1944, quando un movimento rivoluzionario a base popolare condusse al potere J. José Arévalo, la grande maggioranza della popolazione, costituita da indios raccolti in comunità agricole, era rimasta estranea alla vita politica e civile del G. Sotto la presidenza di Arévalo, il Paese imboccò finalmente la via delle riforme, ma, ancora una volta, i maggiorenti locali, con l'appoggio diretto degli Stati Uniti, decisero di intervenire. Nel 1954 J. Arbenz Guzmán, salito alla presidenza nel 1951, fu abbattuto sotto l'accusa di filocomunismo. Alla presidenza venne insediato Carlos Castillo Armas, che abolì la maggior parte delle riforme approvate nel decennio precedente. Assassinato nel 1957, venne sostituito dal generale Ydigoras Fuentes, che perseguì una politica rigidamente autoritaria. Nonostante il clima poliziesco in cui ebbero luogo le elezioni del 1962 per il rinnovo parziale del Parlamento, le forze progressiste ottennero un notevole successo. In vista di un'affermazione del candidato delle sinistre, nelle elezioni presidenziali del novembre 1963, i gruppi reazionari organizzarono un colpo di Stato che portò all'insediamento di una giunta militare, presieduta dall'ex ministro della Difesa, colonnello Enrique Peralta. Contro ogni previsione, egli governò con una certa moderazione e, nel 1966, indisse regolari elezioni. Vincitore di stretta misura sugli altri due candidati, entrambi militari e di destra, risultò il candidato del Partito Revolucionario Cesar Méndez, sostenuto dalla borghesia progressista. Egli si trovò presto a dover fronteggiare da un lato l'opposizione terroristica della destra, facente capo alla società segreta MANO (Movimento Anticomunista Nacionalista Organizado), dall'altro l'opposizione della sinistra rivoluzionaria (fatta eccezione per il Partito guatemalteco del lavoro, allineato sulle posizioni tattiche dei partiti comunisti tradizionali), collegata alla più attiva guerriglia dell'America centrale. Fallito il tentativo riformistico di Méndez, andarono moltiplicandosi gli episodi di violenza privata, testimoniati da clamorosi rapimenti e assassinii, tra cui quelli dell'ambasciatore degli Stati Uniti (agosto 1968), della Germania Occidentale Karl-Maria von Spreti (aprile 1970), nonché da numerosi rapimenti e assassinii di uomini politici guatemaltechi. In quel clima di violenza, che provocò oltre 50.000 morti, le elezioni presidenziali del marzo 1978 portarono alla presidenza della Repubblica il generale Romeo Lucas García, e al congresso una maggioranza di coalizione comprendente il Partito istituzionale democratico e il Partito rivoluzionario. Lo stesso García venne però deposto nel marzo 1982 da un golpe militare capeggiato dal generale Efrain Ríos Montt. Nell'agosto 1983 un nuovo colpo di Stato militare destituì Montt dalla sua carica, che venne assunta dal generale Oscar Humbero Mejia Victores. Il nuovo presidente tentò di riportare il Paese alla normalità attraverso una "democrazia guidata" e il ripristino delle attività dei partiti, ammessi alle libere elezioni. Alla vigilia delle nuove elezioni presidenziali, annunciate per il 1985, la guerriglia aprì nuovi fronti, mentre il presidente annunciò che i poteri esecutivo e legislativo sarebbero rimasti nelle sue mani fino alle elezioni del presidente. Il nuovo presidente Marco Vinicio Cerezo Arevalo intraprese una politica di conciliazione con i guerriglieri, incontrando alcuni esponenti del Governo e della guerriglia armata. Egli avviò una politica di riforme, volta a ridurre l'inflazione e a modernizzare le strutture produttive, suscitando però un'ondata di proteste contro il rincaro delle tariffe e l'incremento della disoccupazione. Se in politica estera vennero stretti rapporti con i Paesi europei e con quelli americani, le continue agitazioni sociali e i ripetuti tentativi di golpe resero instabile la situazione interna del Paese. Scaduto il mandato presidenziale, nel gennaio 1991 venne eletto Jorge Serrano Elias, candidato della destra. Nel 1994 apparve di nuovo sulla scena politica Efrain Ríos Montt che, con il suo partito, vinse le elezioni legislative e, nel 1995, fu eletto presidente del Parlamento. Nel 1996, il conservatore Alvaro Arzu vinse le elezioni presidenziali. Tra i principali obiettivi del suo programma figurarono la lotta contro la criminalità e il rispetto dei diritti umani. Ma in contrasto con le promesse elettorali, Arzu mantenne in vita lo Stato maggiore presidenziale, un organismo formato da ufficiali dell'esercito, incaricato di controllare le decisioni del Parlamento. Nel dicembre 1996, il Governo firmò una serie di accordi di pace con i guerriglieri di sinistra e l'esercito si impegnò a ridimensionare il suo ruolo nelle questioni di sicurezza nazionale. Nel 1999 si tennero le prime elezioni presidenziali dalla firma dell'accordo di pace del 1996. La grande maggioranza dei voti (69%) andò al populista Alfonso Portillo, candidato del Fronte repubblicano (FRG) dell'ex dittatore Efrain Ríos Montt. Nel 1999 una commissione sostenuta dall'ONU dichiarò che le forze di sicurezza furono responsabili della violazione dei diritti civili durante la guerra civile (che provocò 200.000 vittime) e confermò il ruolo di primo piano di alcuni ufficiali in 626 massacri in numerosi villaggi Maya. Nel 2000 fu aperta un'inchiesta per accertare le responsabilità degli ex dittatori Montt, Mejia Victores e García nei massacri di Amerindi maya compiuti durante gli anni Ottanta. Nel settembre 2002 fu raggiunto un accordo, tra G. e Belize, riguardo al problema dei confini (il G. rivendicava un'area di 12.000 kmq appartenente al Belize) che per due secoli oppose i due Paesi. Nel novembre 2003 si tennero le elezioni generali (presidenziali, parlamentari e amministrative) in condizioni di accettabile ordine pubblico e con limitati episodi di violenza: esse decretarono la sconfitta del partito governativo. Il ballottaggio - svoltosi in dicembre - sancì la vittoria alle presidenziali di Oscar Berger, ex sindaco della capitale e candidato della coalizione di destra GANA (Gran Alianza Nacional). Poco dopo il G. sottoscrisse, insieme a Nicaragua, El Salvador e Honduras, il Trattato di libero commercio tra Stati Uniti e Centroamerica (TLCEUCA-CAFTA), che suscitò la viva reazione delle organizzazioni civili, preoccupate per le conseguenze che l'apertura delle frontiere al colosso statunitense avrebbe comportato. Il neopresidente Berger pose fra le priorità della sua politica la lotta al crimine, alla corruzione e alla povertà dilagante. Negli anni seguenti, tuttavia, il G. continuò a essere un Paese molto povero e violento, con gravi difficoltà a proseguire il suo cammino di sviluppo. I circa 5.000 casi di morte violenta registrati nel 2005 rappresentarono solo uno dei fattori di indebolimento dello Stato, che risultò sempre più ingovernabile. Nei primi mesi del 2006 squadre speciali al servizio di poteri extra istituzionali, presumibilmente collegate alle forze di sicurezza, giustiziarono sommariamente più di 150 persone sospettate di svolgere attività illegali.
Scorcio del centro storico di Guatemala

Panorama di Quetzaltenango, in Guatemala