Stato (543.965 kmq; 59.183.000 ab.) dell'Europa occidentale. Confina a
Nord-Est con il Belgio, il Lussemburgo e la Germania, a Est con la Germania,
a Sud-Est con la Svizzera e l'Italia, a Sud-Ovest con la Spagna e Andorra. Si
affaccia a Nord sul Mare del Nord, a Nord-Ovest sul Canale della Manica, che lo
separa dalla Gran Bretagna, a Ovest sull'Oceano Atlantico, a Sud sul Mar
Mediterraneo. Fa parte del territorio francese anche la Corsica, isola del
Mediterraneo centro-settentrionale, situata a Nord della Sardegna, da cui è
separata dalle Bocche di Bonifacio. Comprende 22 regioni amministrative (di cui
la Corsica è autonoma), 10 dipartimenti e territori d'oltremare, 4 dipartimenti,
2 collettività territoriali e 4 territori. Capitale: Parigi. Città principali:
Marsiglia, Lione, Tolosa, Bordeaux, Nizza, Nantes, Strasburgo, Lilla, Le Havre,
Reims. Ordinamento: Repubblica presidenziale; il presidente, eletto ogni cinque
anni a suffragio universale, ha ampi poteri: nomina il primo ministro e, su sua
proposta, il Governo; presiede le riunioni dell'Esecutivo; assume, in caso di
emergenza, poteri straordinari. Il potere legislativo appartiene all'Assemblea
Nazionale (577 membri eletti per 5 anni a suffragio universale) e al Senato (321
membri eletti per 9 anni). Il voto contrario del Senato può essere
superato da un secondo voto positivo dell'Assemblea Nazionale. Il potere
esecutivo è attribuito al Governo che non è vincolato
all'eventuale sfiducia espressa dall'Assemblea Nazionale, la quale può
emettere al massimo un voto di censura. Moneta: fino al 31 dicembre 2001, franco
francese; dal 1° gennaio 2002, euro. Lingua ufficiale: francese.
Religione: cattolica; vi sono minoranze protestanti, musulmane ed ebree.
Popolazione: francese; sono presenti immigrati portoghesi, italiani, algerini,
marocchini, spagnoli e turchi.
GEOGRAFIA
Morfologia: ai movimenti orogenici
erciniani del Paleozoico risale la formazione del Massiccio Armoricano e dei
rilievi della Vandea, delle Ardenne, dei Vosgi e del Massiccio Centrale.
L'azione di erosione ha sovente ridotto tali rilievi a un penepiano (Ardenne,
Massiccio Armoricano) e ha creato nei Vosgi e nel Massiccio Centrale vasti
altipiani pianeggianti, dai bordi arrotondati e di altitudine mediocre. L'era
mesozoica fu un periodo di calma, che vide una vasta sedimentazione in fondo ai
mari che ricoprivano gran parte del territorio francese. Si formarono il Bacino
Aquitano, quello Parigino e la geosinclinale alpina. Nel Cenozoico avvenne nei
grandi bacini la sovrapposizione di terreni vari e il movimento orogenico alpino
che diede alla
F. le Alpi, i Pirenei, il Giura, la cui elevazione
testimonia l'età recente. A questa era risalgono pure il cambiamento di
livello marino e la conseguente costituzione della linea di costa attuale, come
pure l'accumulo di materiali prodotto dall'erosione glaciale e fluviale che
contribuirono a creare le pianure alluvionali dei grandi fiumi. Si possono
quindi distinguere in
F. due paesaggi dominanti: a Ovest e a Nord
dominano le pianure interrotte da rilievi mediocri. Nelle sezioni centrali,
orientali e sud-orientali predominano le montagne antiche e recenti. Sul
Mediterraneo le coste sono varie: alte, frastagliate, rocciose a Est; basse,
sabbiose, orlate di lagune, a Ovest. ║
Clima e vegetazione: la
F. ha un clima temperato, variante dal tipo oceanico a quello
continentale. Possiamo distinguere sei tipi di clima, insieme ai quali varia la
vegetazione del Paese.
a) Clima oceanico vero e proprio: in Normandia e
Bretagna, con piovosità e nebulosità intensissime e temperature
piuttosto basse. La flora è costituita da prati, da colture di meli e
dalle lande.
b) Clima aquitano: con massima piovosità in
primavera, temperatura più elevata e venti violenti. Prevalgono le querce
e i pini marittimi, e le colture del grano e del granoturco.
c) Clima
parigino: assai instabile per l'incontro dell'influsso oceanico con quello
continentale: forti sbalzi di temperatura e massima piovosità alla fine
dell'estate e in autunno. La messa a coltura dei territori è quasi
completa.
d) Clima dell'Est: continentale di transizione, con estati
brevi e calde ed inverni rigidi: massime piovosità estive. Assai diffusa
la foresta.
e) Clima mediterraneo: sulla fascia dell'omonimo litorale.
Inverni miti, estati calde, piogge autunnali. La vegetazione è di pini
marittimi, ulivi, macchia mediterranea.
f) Clima di montagna: diminuzione
della temperatura verso le alte quote e aumento di precipitazioni spesso nevose,
con inverni lunghi e rigidi. Colture nei fondivalle, vaste foreste di querce,
faggi, abeti e larici, quindi i pascoli e gli alpeggi. ║
Idrografia: i fiumi principali sono: la Senna, la Loira e la Garonna sul
versante atlantico, il Rodano su quello mediterraneo. Questi quattro fiumi, ai
quali bisogna aggiungere il Reno che interessa per un breve tratto la
F.,
presentano caratteristiche assai complesse legate ai regimi dei loro affluenti
provenienti sovente da regioni a caratteristiche climatiche differenti. I tre
fiumi atlantici hanno importanza a causa dei loro vasti estuari che permettono
l'accesso alle navi e l'instaurarsi di vasti impianti portuali, ma solo la Senna
permette la navigazione fino all'interno del Paese.
Cartina della Francia
ECONOMIAAgricoltura: la
F. è il primo produttore
agricolo dell'Unione europea e uno dei principali esportatori di derrate
alimentari. Il 30% della superficie coltivata è destinata a cereali (frumento,
avena, orzo, segale, mais, riso, sorgo). Diffuse sono anche le coltivazioni di
patate, ortaggi, frutta e fiori sulla Costa Azzurra (Antibes). La
F.
è inoltre tra i primi produttori mondiali di vino, insieme all'Italia. Si
distinguono cinque grandi distretti vitivinicoli: la Champagne (vini spumanti),
la Loira, il Sud-Ovest (Bordeaux, Médoc), l'Est (Borgogna) e il Midi Mediterraneo.
Bordeaux e Parigi sono celebri per i liquori, Cognac e Armagnac per le acquaviti.
Le più diffuse colture industriali sono la barbabietole da zucchero, il lino e
il tabacco. ║
Allevamento: intenso l'allevamento di bovini,
ovini, suini, cavalli (il consumo di carni è tra i più elevati
d'Europa); pregiata la produzione di latticini - burro e formaggi - largamente
esportati. La pesca si colloca, per il suo valore, ai primi posti nel mondo
(ostriche, aragoste, tonni, sardine), alimentando una cospicua industria
conserviera. ║
Industria: ad eccezione del ferro e del carbone,
che hanno permesso il decollo industriale, le risorse minerarie non sono molto
consistenti (manganese, rame, piombo, zinco). Le risorse idroelettriche sono
bene sfruttate. La
F. ha registrato nell'ultimo dopoguerra un intenso
sviluppo industriale, che l'ha stabilmente collocata
tra i primi sette Paesi più sviluppati del mondo. Sono molto fiorenti le industrie siderurgiche, meccaniche
(automobilistiche, aeronautiche e navali), tessili, chimiche, dei tappeti, della
carta, del tabacco, nonché il settore informatico e delle telecomunicazioni.
Particolarmente rinomate sono altre produzioni come le porcellane
di Sévres e di Limoges, i cristalli di Baccarat, gli orologi e gli articoli della
moda, concentrati soprattutto a Parigi. Florido, infine, il turismo.
STORIAPreistoria: in
F. le ricerche
preistoriche hanno particolare importanza, tanto che le fasi tipiche della
preistoria e la loro nomenclatura prendono nome dai giacimenti francesi.
L'industria di amigdale chelleane o abbevilliane venne trovata in grandi
depositi alluvionali nelle valli della Somme e della Senna. Nel Belgio i
giacimenti all'aperto e le caverne fornirono industrie corrispondenti a quelle
delle prossime regioni francesi. Durante il Paleolitico Superiore, i territori
vennero abitati da genti dedite alla caccia e in continuo movimento per
spostamento stagionale. In queste stazioni sovente gli strati archeologici
appaiono sovrapposti con livelli mousteriani, aurignaciani, solutreani e
magdaleniani e talvolta mesolitici. Gli aspetti di civiltà mesolitica
sono ampiamente rappresentati dall'Aziliano, frequente nell'Ariège, nella
Dordogna, mentre nel Settentrione sono largamente diffuse le industrie
microlitiche tardenoisiane. Durante il Neolitico gli aspetti culturali furono
vari: l'industria campignana della selce era diffusa e abbondante nel Nord e
nell'Ovest; essa parrebbe rappresentare una fase neolitica antica, mentre
mescolata con altri elementi sembra abbia raggiunto la fine della civiltà
litica. L'industria microlitica tardenoisiana ebbe analoghe vicende. Sono
celebri le grandi officine litiche delle quali si rinvennero tracce nel luogo
del Grand-Pressigny, donde i prodotti litici di selce si esportavano fino alla
Bretagna. Durante il periodo di transizione dal Neolitico al Bronzo in quasi
tutto il territorio francese si hanno costruzioni funerarie dolmeniche e di
oggetti di corredo, che dimostrano una penetrazione di nuove genti nel
Mezzogiorno francese dalla penisola Iberica, attraverso i valichi dei Pirenei.
Nel territorio francese durante il Bronzo si ebbero tre gruppi archeologici
regionali: uno S-orientale i cui aspetti culturali rimasero in stretto contatto
con quelli della Svizzera occidentale e dell'Italia settentrionale; un secondo,
che comprende i territori volti alla valle del Reno e alla Germania meridionale;
un terzo comprende le regioni occidentali, dove si continuò a subire
influssi culturali iberici. Sul finire della civiltà del Bronzo si
introdusse e si diffuse in Francia il rito funebre della cremazione con
sepolcreti a tombe piane, nei quali predominava la cremazione sull'inumazione.
La prima civiltà del Ferro francese, detta di
Hallstatt, è
caratterizzata da sepolture a tumulo con rito di seppellimento misto: inumazione
e cremazione. Durante questa civiltà si osservano vari gruppi nel
territorio francese; il principale, detto
orientale, si collega alla
regione renana, alla Germania meridionale, alla Boemia, costituendo una sola
grande provincia archeologica propriamente celtica. Nel Mezzogiorno si
esercitò un influsso greco con la fondazione delle colonie focesi. Con il
V sec. a.C., sorse e si sviluppò la civiltà gallica o celtica,
detta di
La Tène. ║
Medioevo: le invasioni barbariche
del V sec. eliminarono il dominio romano sulla Gallia, senza peraltro riuscire a
costituire un unico regno romano-barbarico. Intorno al 476, in Gallia sussisteva
ancora, nei pressi di Soissons, una piccola zona romana: il resto del territorio
fa parte di tre distinti regni barbarici: a Sud quello dei Visigoti, che si
stende anche su buona parte della penisola iberica, a Est quello dei Burgundi,
comprendente pure buona parte dei territori dei Franchi Salî; destinati i
primi due a scomparire assai presto. L'inizio della storia della
F.
moderna può farsi coincidere con le imprese guerresche dei Franchi
Salî e della loro dinastia merovingia, sebbene fino all'843 circa debba
parlarsi piuttosto di
regnum Francorum, con implicazioni territoriali
sensibilmente diverse, anziché di
F. Morto nel 481 il re
merovingio Childerico, il Governo dei Franchi Salî di Tournai passò
al giovane Clodoveo, che eliminò i Romani di Soissons (486-487) e, grazie
alla sua conversione al Cattolicesimo e ad un'abile politica verso il clero e la
popolazione gallo-romana, riuscì assai presto a costituire il proprio
popolo in una forza compatta e ad assicuragli una notevole espansione. Con la
vittoria di Vouillé (507) su Alarico II, eliminò i Visigoti dalla
Gallia, assorbendo il loro regno ad eccezione della Settimania. Alla morte di
Clodoveo (511), il regno si divise tra i figli Teodorico, Clodomiro,
Childeberto, Clotario. Per il momento, tale divisione non segnò la fine
del processo di espansione della monarchia merovingia: penetrazione in
Settimania (534); spedizioni contro i Turingi (529-534); tentativi a danno della
Spagna visigota (541). Nel 558, Clotario I poté riunire in uno solo i
vari regni franchi. Alla morte di Clotario I (561) nuovamente lo Stato venne
diviso tra i suoi quattro figli. Si apre così un periodo di guerre
civili, aggravato da un intenso processo di aristocratizzazione della struttura
sociale dei regni merovingi, per cui accanto alle guerre fratricide tra i vari
sovrani fanno sentire il loro peso, spesso determinando le prime, i contrasti
tra i potenti gruppi aristocratici delle varie regioni. In tali lotte, sebbene
essa possa annoverare dei ritorni di potenza e di unità statale con
Clotario II (613-629) e il figlio Dagoberto (629, 638), la dinastia merovingia
finì con l'esautorare se stessa. Il vero potere passò
all'aristocrazia, il cui strumento per soppiantare il potere monarchico fu la
nuova istituzione dei
maggiordomi o
maestri di palazzo, capi
dell'aristocrazia locale. Tra costoro raggiunse una notevole potenza Ebroino,
autentico padrone della Neustria e dell'Austrasia sotto lo schermo del re
nominale Clotario III, che combatté contro Pipino II, figlio di un
assassinato maestro di palazzo, attorno al quale si era raccolta l'aristocrazia
dell'Austrasia. La vittoria di Tertry (687) segnò la fine del predominio
della Neustria; l'iniziativa passò dunque all'Austrasia e al suo maestro
di palazzo, Pipino II, poi (714) al bastardo di questi, Carlo Martello, il quale
dopo un iniziale periodo di lotte, impose il suo effettivo dominio sulla
Neustria, l'Austrasia e l'Aquitania e iniziò l'età della
ricostruzione interna e di una nuova egemonia del
regnum Francorum. A
Carlo Martello spetta il merito di avere, con la vittoria di Poitiers (732),
respinto l'invasione araba. Nel 751, Pipino il Breve, figlio di Carlo, deposto
il re Childerico III, ultimo dei Merovingi, si proclamò re in sua vece.
Nasce così la dinastia dei Carolingi, che con Carlomagno, figlio di
Pipino (768-814) portò il regno dei Franchi alla maggiore estensione e
potenza. Carlo assunse il titolo di imperatore romano d'Occidente (800), creando
un nuovo organismo politico che,specie sotto i suoi successori, si venne
distinguendo dal regno franco. Il trattato di Verdun dell'843 divise l'Impero,
assegnando rispettivamente ai tre figli superstiti di Lodovico il Pio la
F. orientale (Germania), l'Italia con la Lotaringia (
F. media) e
la
F. occidentale. Quest'ultima, ingrandita (870) da una parte della
striscia intermedia (Lotaringia) in seguito all'estinguersi del ramo di Lotario,
sarà poi, sia pure con notevoli oscillazioni, la
F. storica, il
cui concetto sorge, si può dire, con Carlo II il Calvo e prende
consistenza dopo che la deposizione di Carlo il Grosso (887) ha posto
definitivamente termine all'impero franco-carolingio. Il secolo che segue vede
alternarsi sul trono con gli ultimi carolingi i primi
Robertingi. Una
nuova epoca nella storia della
F. si iniziò nel 987 con l'ascesa
al trono del robertingio Ugo Capeto, i cui discendenti (Capetingi) regneranno
ininterrottamente per oltre 800 anni. Allo spezzettamento operato in
F.
dal feudalesimo fu posto rimedio da Filippo Augusto (1180-1223) che tolse ai re
d'Inghilterra in Normandia, il Poitou, l'Angiò, la Turenna, la Bretagna e
il Maine, lasciando loro solo la Guascogna, e consolidò la sua posizione
con la vittoria di Bouvines (1214) sull'Impero. Sotto Luigi VIII (1226) anche la
Contea di Tolosa fu sottomessa e il Mediterraneo venne nuovamente raggiunto.
L'opera di Filippo Augusto che aveva favorito il movimento comunale, fu
continuata da Filippo il Bello che per primo riunì i rappresentanti dei
comuni in quelli che saranno poi gli Stati Generali. Malgrado ciò,
è con lui che sorse la monarchia assoluta e dispotica, alla quale fu
sottomesso perfino il Papato, che nel 1307 stabilì la sua sede in
Avignone, ove rimase più di 70 anni. Nel 1328 Edoardo III d'Inghilterra
si oppose all'avvento sul trono francese del ramo capetingio del Valois. Fu
l'inizio della guerra dei Cent'Anni. La
F. sconfitta a Crécy
(1346) ed a Poitiers (1356) oltre alle mutilazioni territoriali subì una
crisi economica e finanziaria gravissima. Funestata dalla peste nera e sconvolta
da violente e feroci sommosse nelle campagne (le
Jacqueries), la
F. riuscì a ritrovare la propria coscienza nazionale e con la pace
del 1453 ricacciò definitivamente gli Inglesi dal proprio suolo (Calais
eccettuata). Nasceva intanto dalla disgregazione feudale la nuova borghesia
francese, una classe di proprietari terrieri e di mercanti senza scrupoli. Il
regno di Luigi XI (1461-1483) segnò la rapida ricostruzione della
ricchezza nazionale e un'esplosione territoriale mai conosciuta. ║
Il
XVI secolo: nella seconda metà del XVI sec. il Paese fu straziato
dalle guerre di religione. Famosa la strage della notte di San Bartolomeo
(1572). La spirale della violenza e dell'intolleranza tra i cattolici,
capitanati dai Guisa, e tra gli ugonotti fu spezzata dal capo di questi ultimi,
Enrico di Borbone Navarra, che dopo l'assassinio di Enrico III (1589) e con
l'estinzione del ramo dei Valois Angoulême, si convertì al
cattolicesimo così che gli Stati Generali del 1593 lo invocarono come
unico re di
F. (1594-1610). Riconobbe la libertà di culto ai
Riformati, con l'editto di Nantes (1598). Ad opera del ministro Sully la
F. riacquistò il suo posto di grande potenza. ║
I secoli
XVII e XVIII: a Enrico IV successe Luigi XIII (1610-1643), il quale
chiamò al potere il Richelieu (1624). Scopi essenziali della politica
della monarchia francese furono allora l'esautoramento della nobiltà e
l'abbassamento degli Asburgo. Tale politica fu proseguita con maggior vigore dal
Mazzarino che, succeduto al Richelieu, grazie alla minorità di Luigi XIV
(1643-1715) rimase fino alla morte (1661) l'arbitro assoluto della
F.
Assunto il Governo effettivo del Paese (1661), Luigi XIV pose il proprio
assolutismo a base di tutta la sua politica: ridusse la nobiltà a
nobiltà di corte a Versailles, combatté i giansenisti,
revocò l'editto di Nantes contro i calvinisti (1685), si oppose alle
pretese papali con 4 articoli della dichiarazione gallicana del 1682,
riorganizzò l'esercito, adottando il sistema difensivo delle grandi
fortezze del Vauban, risanò le finanze con J.-B. Colbert, inaugurò
una politica economica mercantilistica e condusse una serie di imprese militari,
alcune delle quali assai fruttuose. All'avvento di Luigi XVI (1774-1792) se le
condizioni economiche del Paese erano ancora buone, il dissesto delle finanze
dello Stato andò sempre più aggravandosi; inoltre l'Illuminismo
aveva spezzato tutte le tavole dei valori tradizionali. Rivoluzione, guerra,
dittatura, impero, restaurazione, furono le basi d'appoggio degli avvenimenti
che si susseguirono in
F. tra il 1789 e il 1815. ║
La
Rivoluzione e l'Impero napoleonico (1789-1815): la situazione rivoluzionaria
era venuta a crearsi sulla base di contraddizioni e squilibri accresciutisi col
crescere della stessa potenza della
F. Alla vigilia della Rivoluzione, la
F. si presentava come un paese di venticinque milioni di abitanti, da
vari secoli ricco e potente, in cui la borghesia mercantile e imprenditoriale
costituiva una classe piuttosto vasta e in rapida ascesa e nel quale gli stessi
contadini (possessori dei due quinti dei terreni), godevano di un benessere
maggiore rispetto a quello dei contadini di qualsiasi altro Paese europeo.
Pertanto, la condizione economica e sociale della
F. era molto più
avanzata rispetto al sistema politico e amministrativo che la reggeva. Fu questo
il motivo determinante per cui il cauto tentativo di modificare la struttura
politica in modo da consentire una maggiore partecipazione al potere delle
classi in ascesa, fece crollare la vecchia impalcatura, basata su secolari
meccanismi di comunicazione tra monarchia, aristocrazia, alto clero, da un lato,
e, dall'altro lato, la grande maggioranza della popolazione, raggruppata sotto
la generica etichetta di "Terzo Stato". Luigi XVI cercò di risolvere la
situazione critica in cui il Paese era venuto a trovarsi con procedimenti
antiquati e meccanismi ormai troppo arrugginiti, dando così il via a una
serie di avvenimenti che dovevano sfociare nella proclamazione della Repubblica
(1791). Dal 1792 la
F. rivoluzionaria si trovò a dover
contemporaneamente sostenere la rivoluzione e la guerra contro il resto
d'Europa. Sul piano interno, le conseguenze furono, oltre al rovesciamento della
monarchia, l'instaurazione della dittatura di Robespierre, il Terrore e l'ascesa
al potere di Napoleone Bonaparte. Tra il 1800 e il 1803, Bonaparte nella sua
qualità di primo console si dedicò alla riorganizzazione interna
del Paese, compiendo un lavoro che doveva dimostrarsi come il più valido
e costruttivo del suo Governo. Contemporaneamente, Napoleone, che nel 1802 si
fece nominare console a vita, compiendo così il primo passo verso il
titolo di "Imperatore dei Francesi", si stava preparando alla ripresa della
guerra contro le potenze europee. Dal maggio 1803, quando si riaccese la guerra,
sino all'abdicazione di Napoleone nel 1814, la
F. non ebbe più
tregua. Se l'Impero napoleonico rimase presto vittima delle sue stesse
contraddizioni interne, esso ebbe il merito di estendere e perpetuare in Europa
i risultati della Rivoluzione francese, distruggendo i residui feudali in buona
parte dell'Italia, della Germania e nei Paesi Bassi. ║
La Monarchia
costituzionale (1815-1848): la Restaurazione borbonica del 1815 non
poté cancellare tutte le nuove istituzioni che la
F. si era data
con la Rivoluzione e che l'Impero napoleonico aveva consolidate. Pertanto, il
regime monarchico instaurato da Luigi XVIII non poté costituirsi su
solide basi di assolutismo e la restaurazione formale coprì un ambiguo
compromesso tra Governo parlamentare e assolutismo monarchico. Questo difficile
equilibrio poté reggere finché sul trono rimase Luigi XVIII, cauto
e rispettoso delle regole parlamentari. Ma, quando l'ultraconservatore Carlo X,
che era succeduto al fratello nel 1824, si mostrò intenzionato a
restaurare l'ordine pre-rivoluzionario, scrisse l'atto di morte della monarchia
borbonica. Pertanto, la rivoluzione del luglio 1830 fu la logica conseguenza di
una politica di assolutismo monarchico ormai incompatibile con le nuove tendenze
di Governo. La caduta del re era stata provocata dai rappresentanti di quel
moderato conservatorismo liberale assai più favorevole a una monarchia
costituzionale che non a una Repubblica parlamentare. Il prevalere delle
tendenze monarchiche su quelle repubblicane e bonapartiste, portò alla
decisione di offrire la corona di
F. al duca d'Orléans,
discendente da un ramo collaterale e rivale dei Borboni, salito al trono col
nome di Luigi Filippo. Il nuovo regime monarchico-costituzionale (1830-1848)
assicurò alla
F. un periodo di pace e di prosperità,
durante il quale l'alta finanza, l'industria e il commercio ebbero grande
impulso. Esso però dovette contemporaneamente fronteggiare, da un lato,
la sorda opposizione dei clericali e dei monarchici legittimisti che giudicavano
il nuovo re un usurpatore, dall'altro lato, la lotta aperta dei bonapartisti,
repubblicani e radicali, che si erano sentiti truffati dalla soluzione del 1830.
La solidità del nuovo regime apparve perciò assai precaria, mentre
le sinistre repubblicane, facendo leva sulle tradizioni rivoluzionarie delle
masse, organizzavano dimostrazioni, scioperi, sommosse soffocate nel sangue
(1832, 1834, 1839). Assai diversi erano gli scopi che si proponevano i vari
gruppi repubblicani. Alcuni di essi si battevano in nome di una repubblica
democratico-parlamentare, altri, invece, in nome di una nuova società
organizzata su basi socialiste e comuniste. Era questo il caso dei gruppi
influenzati da Philippe Buonarroti, Auguste Blanqui e da altri discepoli di
Babeuf, che si tenevano in contatto con la Lega dei Giusti (divenuta poi Lega
dei Comunisti), fondata a Parigi nel 1830 da un gruppo di esuli tedeschi ai
quali si unì nel 1847 Karl Marx. ║
La seconda Repubblica
(1848-1851): questi movimenti furono gli animatori della rivoluzione
scoppiata a Parigi nel 1848 e del primo scontro di classe del proletariato
contro la borghesia. Dopo l'insurrezione popolare del 22 febbraio di quell'anno
anche la Guardia nazionale si era schierata dalla parte dei repubblicani,
costringendo Luigi Filippo a lasciare il trono. Nel maggio-giugno successivo, la
Guardia nazionale rivolse invece le armi contro la folla che reclamava lo
scioglimento dell'Assemblea nazionale in cui prevalevano i deputati di tendenza
monarchica e i repubblicani moderati, mentre socialisti e radicali erano
riusciti a conquistare appena un centinaio di seggi su 876. Essi furono
dichiarati decaduti dopo l'insurrezione del giugno 1848, la cui repressione
aprì la strada alla restaurazione conservatrice, sancita dalla nuova
Costituzione del novembre successivo. In dicembre si svolsero le elezioni
presidenziali in cui Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del grande Napoleone,
ottenne cinque milioni e mezzo di voti, su sette e mezzo. Questo consenso quasi
plebiscitario fu interpretato come un rifiuto, da parte del popolo, della
Repubblica liberale e segnò l'inizio della restaurazione monarchica e
della dittatura militare. ║
Il secondo Impero (1852-1870): nel 1851
il nuovo capo dello Stato rovesciò il regime parlamentare, assunse i
pieni poteri e decretò il prolungamento per altri dieci anni della sua
presidenza. L'anno successivo diede al regime forma pienamente bonapartista,
proclamando il Secondo Impero e assumendo il nome di Napoleone III. L'iniziale
autoritarismo andò però gradatamente allentandosi e, dopo il 1860,
il regime bonapartista sviluppò gradualmente le istituzioni parlamentari,
lasciando maggiore margine di manovra all'opposizione repubblicana che, nel
1869, contava un centinaio di deputati. Premuto dalle forze di opposizione e
screditato da una lunga serie di insuccessi in politica estera, l'Impero stava
già barcollando, quando fu travolto dalla disfatta militare di Sedan
(1870). ║
La terza Repubblica (1871-1918): molto difficili furono
gli inizi della Terza Repubblica, costretta ad accettare le dure condizioni
imposte dalla Prussia per la firma della pace (1871), dovendo cedere
l'Alsazia-Lorena e impegnandosi a pagare una forte indennità, garantita
dalla presenza di truppe tedesche nelle province settentrionali. La protesta
nazionale contro l'umiliazione della disfatta trovò elementi di coesione
con l'opposizione repubblicana contro il Governo provvisorio, presieduto da
Adolph Thiers nel quale prevalevano gli elementi monarchici. A questa
opposizione moderata si aggiunse la lotta di classe del proletariato urbano che
esplose infine nella rivoluzione che va sotto il nome di
Comune di Parigi
(18 marzo-28 maggio 1871). Dopo due mesi di violente battaglie, le forze
nazionali di Thiers si imposero sulla rivoluzione. Si ebbero feroci
rappresaglie, furono imprigionate e deportate migliaia di persone, e avviata una
politica che ben qualificava una "Repubblica" istituita da un'Assemblea composta
in maggioranza da elementi monarchici. Nel 1875, con un solo voto di
maggioranza, fu approvata la nuova Costituzione repubblicana e nel 1877, fallito
il tentativo di un colpo di stato da parte del presidente monarchico M.E. Mac
Mahon, i repubblicani riuscirono ad eleggere 320 deputati contro 210 monarchici.
Nel 1879 Mac Mahon entrò nuovamente in conflitto col Parlamento e si
dimise. L'elezione alla presidenza del vecchio repubblicano Jules Grévy
concluse il primo e travagliato periodo della Terza Repubblica. Tuttavia, anche
negli anni seguenti essa fu a varie riprese messa in pericolo dai furiosi
attacchi sferrati dalla destra monarchica in occasione di alcuni sensazionali
scandali politici. Particolarmente gravi furono lo scandalo riguardante il
finanziamento del Canale di Panama (1891) in cui erano implicati ben sei
ministri, e il clamoroso
caso Dreyfus (1894-1900), il capitano accusato
di spionaggio in favore della Germania e condannato da un tribunale militare
sulla base di prove risultate poi false. La battaglia politica condotta intorno
al caso Dreyfus ebbe importanti conseguenze poiché consentì ai
socialisti di insediarsi saldamente nella vita politica della Terza Repubblica.
Uscita dall'isolamento in cui l'aveva costretta la disfatta del 1870, la
F. aveva operato nel frattempo un avvicinamento alla Gran Bretagna e alla
Russia, partecipando inoltre largamente all'espansione coloniale europea in
Africa e Asia: imposizione del protettorato sulla Tunisia nel 1881: occupazione
dell'Indocina e di Gibuti nel 1883-85, del Madagascar nel 1895, ecc. Sul piano
interno, caduto l'iniziale appoggio dei socialisti ai governi radicali e
accentuatosi il carattere rivoluzionario del movimento sindacale, facente capo
alla CGT, il Governo, capeggiato dapprima dal radicale G. Clemenceau, poi dagli
ex socialisti A. Briand e R. Viviani, operò una sterzata a destra,
reprimendo duramente ogni manifestazione operaia. La relativa esiguità
della classe operaia francese e la scarsa partecipazione sindacale non
consentirono una concreta attuazione, nello sciopero generale, delle
enunciazioni teoriche sulla conquista del potere. Da parte sua, l'esigua
rappresentanza parlamentare socialista (74 seggi nel 1910) non era in grado di
influire efficacemente sull'orientamento del Governo. Nel 1912 il potere fu
assunto da Raymon Poincaré che nei dodici anni successivi esercitò
la propria influenza, oltre che sulla
F., sul resto dell'Europa,
sconvolta dalla guerra. Pur avendo subìto l'invasione di una parte del
proprio territorio, la
F. uscì dalla guerra 1914-18 con una
struttura economica più salda di quella degli altri paesi europei e
ciò le consentì di assumere una posizione di egemonia. ║
Il ventennio tra le due guerre (1919-1939): il Parlamento eletto nel
1920 venne denominato
Chambre bleu-horizon, poiché in esso erano
presenti numerosi ufficiali in uniforme ed era composto in grande maggioranza da
accesi nazionalisti e da conservatori cattolici. Le elezioni del 1924 fecero
giustizia di questa Assemblea conservatrice, così come del Governo di
destra presieduto da Poincaré e dello stesso presidente della Repubblica,
A. Millerand. Esse portarono infatti alla vittoria le sinistre riunite nel
Cartel des Gauches che affidarono la presidenza del Governo dapprima al
radical-socialista E. Herriot, poi al socialista indipendente L. Blum. L'ibrida
coalizione liberal-socialista, fortemente ostacolata dalle destre e dagli
ambienti economici e finanziari, non riuscì a sanare la difficile
situazione economica in cui versava il Paese e nel 1926 cedette il posto al Bloc
National capeggiato da R. Poincaré al quale vennero concessi poteri
speciali. La situazione, resa incandescente da frequenti manifestazioni e
tumulti di piazza, precipitò in seguito allo scandalo bancario Stavisky
che provocò la caduta del Governo presieduto da C. Chautemps (1934).
Seguirono poi un tentativo di colpo di stato da parte di elementi filofascisti e
la costituzione di un Governo "nazionale d'emergenza", ossia di destra,
presieduto dal vecchio G. Demergue, di cui era ministro degli Esteri Pierre
Laval, che perseguì una politica condiscendente nei confronti dei governi
nazi-fascisti. La minaccia del Fascismo favorì la costituzione del Fronte
popolare, ossia della coalizione di sinistra (comunisti, socialisti e radicali)
affermatasi nelle elezioni del 1936. Si formò un Governo, appoggiato
all'esterno dai comunisti, presieduto da L. Blum. Tra innumerevoli
difficoltà e violente opposizioni il Rassemblement populaire portò
avanti una politica per molti lati fallimentare, e riuscì a sopravvivere
per soli due anni. Infine fu costretto a cedere il posto a un nuovo Governo
presieduto dal radicale E. Daladier (1938-1940) che governò con decreti
speciali, mentre si addensavano le nubi della guerra. ║
La seconda
guerra mondiale (1939-1945): di fatto il Parlamento fu svuotato di ogni
potere ancor prima della sua convocazione a Vichy (1940) per ratificare
l'armistizio con la Germania, dopo che le truppe tedesche avevano occupato
Parigi. Esso conferì i pieni poteri al decrepito maresciallo
Pétain, affiancato da P. Laval. A questo Governo filofascista, si
contrappose però immediatamente il Movimento per la
F. libera,
costituitosi ancor prima che fosse firmato l'armistizio, in seguito all'appello
lanciato da radio Londra (1940) dal generale Charles de Gaulle che incitava i
Francesi a continuare la lotta. Egli si assunse il compito di riscattare
l'operato del Governo di Vichy e ciò consentì alla
F. di
figurare tra le potenze vincitrici. All'Assemblea costituente, eletta il 21
ottobre 1945, emersero tre grandi partiti di massa: comunista, socialista
(SFIO), democratico-cristiano (MRP: Mouvement républicain populaire). Su
questa base tripartita, con le caratteristiche del Fronte popolare, fu
costituito un Governo presieduto da De Gaulle. Nel gennaio 1946 egli però
si dimise e venne sostituito dal socialista F. Gouin al quale succedettero G.
Bidault e L. Blum. ║
La quarta Repubblica (1946-1958): in una
situazione politicamente molto incerta, il 13 ottobre 1946 nasceva la Quarta
Repubblica, e nel gennaio successivo veniva eletto presidente il socialista V.
Auriol. Con la costituzione del Governo presieduto da L. Ramadier, i grandi
programmi della Resistenza vennero ridimensionati e la vita politica andò
assumendo un orientamento sempre più favorevole alle correnti moderate e
conservatrici, arroccatesi attorno al gollista Rassemblement du peuple
français. Nel maggio successivo il Partito comunista, che nelle elezioni
di novembre si era affermato come lo schieramento più forte fu escluso
dal Governo. Ne seguì una instabilità di governo che portò
a una rapida successione di ministeri di centro-destra e di centro-sinistra,
concordi nell'adozione di una politica rigorosamente occidentalista,
concretatasi nell'adesione al Patto Atlantico (1949). La situazione politica
interna non si presentava molto dissimile da quella dell'anteguerra a causa
della cronica instabilità di governo e dell'impossibilità di
elaborare un serio programma di rinnovamento strutturale. Questa situazione,
già di per sé grave, era inoltre appesantita dalla mancata
soluzione del problema coloniale. L'adozione di una politica di forza contro i
movimenti nazionalisti dell'Indocina (Vietnam) e dell'Africa settentrionale
portò la
F. ad avventurarsi in una serie di conflitti che la
portarono sull'orlo del collasso. Mentre di fronte all'aggravarsi della
situazione P. Mendès-France, divenuto primo ministro nel 1954, ebbe il
coraggio di sanare, con un taglio netto, le piaghe dell'Indocina e della
Tunisia, i governanti che lo seguirono apparvero incapaci di trovare una qualche
soluzione. Di fronte alla rivolta militare di Algeri (1958) e al pericolo di una
guerra civile, il Parlamento (nelle elezioni del 1956 si era avuto il
disfacimento dei gruppi gollisti, l'affermazione dei comunisti e la nascita del
pujadismo) accettò la candidatura al potere di De Gaulle. ║
La quinta Repubblica: costituito un Governo di Unione Nazionale (1958),
il generale preparò il referendum che avrebbe dato vita alla Quinta
Repubblica. Salito al potere come rappresentante dei colonialisti, De Gaulle si
assunse il compito di liquidare il pesante fardello coloniale, opponendosi agli
oltranzisti di Algeri che, come ultima risorsa, fecero ricorso all'insurrezione
armata (1961). Risolto il problema algerino con la piena indipendenza (1962), De
Gaulle impostò su nuove basi, per molti versi più solide, i
rapporti con le ex colonie africane. Inaugurò inoltre una politica
tendente a riscattare la
F. dalla soggezione agli Stati Uniti,
impegnandosi per il superamento dei "blocchi", in nome della
grandeur
francese e di un'Europa estesa dall'Atlantico agli Urali. Le componenti di fondo
su cui si erano articolate le vicende della
F. gollista sino al 1969
ebbero come conseguenza il distacco della
F. dalla NATO e dagli Stati
Uniti, la creazione di una forza nucleare autonoma, il rifiuto di firmare il
trattato per una parziale messa al bando degli esperimenti nucleari, l'adozione
di una politica di apertura verso l'Unione Sovietica e gli altri paesi
comunisti, compresa la Cina, riconosciuta ufficialmente sin dal 1964. Tale linea
non mancò di sollevare timori e perplessità all'interno dello
schieramento gollista. Sul fronte opposto, il progetto delle sinistre di
costituire un'alternativa al gollismo si concretò con la candidatura,
nelle elezioni presidenziali del 1965, di F. Mitterand che, al secondo
scrutinio, riuscì a sottrarre il 45% dei voti a De Gaulle. Nonostante le
spinte centrifughe, avvenute all'interno del Partito gollista, ribattezzato al
Congresso del 1967 Union des Démocrates, la politica gollista non
subì varianti e, tra l'altro, la
F. continuò ad opporre il
proprio veto all'ingresso della Gran Bretagna nel MEC. Molti problemi restavano
però insoluti ed il Paese fu coinvolto in una grave crisi finanziaria.
Nel maggio 1968 fu scosso da un'ondata rivoluzionaria, nata come agitazione
studentesca e trasformatasi in un vasto movimento popolare che colse di sorpresa
la stessa organizzazione comunista, impegnata, insieme con l'organizzazione
sindacale, facente capo alla CGT, a incanalare l'agitazione entro gli argini
tradizionali. De Gaulle sciolse l'Assemblea nazionale, appellandosi
all'elettorato che, nell'atmosfera di panico, dirottava una parte dei propri
voti dalla sinistra allo schieramento gollista. Nonostante il successo
elettorale, la posizione di De Gaulle andò ulteriormente indebolendosi
così che nel referendum del 1969, per l'approvazione della riforma
amministrativa, fu messo per la prima volta in minoranza. Avendo dato al
referendum un valore di fiducia, De Gaulle si dimise e, nelle elezioni
presidenziali dello stesso anno, di fronte a uno schieramento di sinistra quanto
mai frazionato e in piena crisi ideologica e politica, spettò a due
esponenti dello schieramento conservatore di contendersi il potere. L'ex primo
ministro G. Pompidou si affermò col 58,20% dei voti su Poher. Della
politica gollista non rimaneva però ormai che l'etichetta. L'assunzione
della presidenza da parte di Pompidou riportava infatti la
F. entro gli
argini di una politica moderata, meno intransigente verso l'europeismo e la
politica statunitense, meno incline alla
grandeur, e tesa soprattutto al
risanamento dell'economia del Paese. Nel 1969, il Governo presieduto da
Chaban-Delmas procedette alla svalutazione del franco (12,50%) e adottò
una serie di misure restrittive, tendenti a riequilibrare l'economia del Paese e
consentire una successiva fase espansionistica. La compagine gollista
cominciò tuttavia a presentare sempre più evidenti segni di crisi.
La nomina di Pierre Messmer a primo ministro (1972), in sostituzione di
Chaban-Delmas, non valse ad arrestare lo sfaldamento dell'UDR (Union des
démocrates pour la République), investita da una serie di scandali
e di defezioni da parte di ex ministri gollisti, tra cui uomini di prestigio
come E. Faure. Da parte loro le sinistre, in vista delle elezioni del 1973,
diedero vita a un patto di unità tra comunisti e socialisti. Il primo
turno delle elezioni legislative, svoltosi il 4 marzo, faceva registrare un
netto avanzamento delle sinistre nel loro complesso (46,49%) e un sensibile
regresso del campo gollista. Tuttavia, dato il sistema elettorale uninominale,
la composizione del nuovo parlamento vide riconfermata la maggioranza della
coalizione di Governo, per quanto ridimensionata: 181 seggi al gollista UDR
(31,5% dei voti); 54 seggi ai repubblicani indipendenti di Giscard d'Estaing
(6,9%); 21 seggi al Centro democrazia-progresso (4,2%); 31 ai "riformatori"
guidati da Lecanuet e Servan-Schreiber (6,3%). Quanto alle sinistre, pur avendo
guadagnato un centinaio di deputati rispetto al 1968, non riuscirono a
conquistare che 181 deputati: 89 socialisti, 73 comunisti, 11 radicali, 5 di
estrema sinistra, 3 del PSU. La nuova legislatura della Quinta Repubblica
iniziò con le dimissioni formali del primo ministro Messmer, subito
riconfermato dal presidente Pompidou. Nei mesi seguenti cominciarono a
manifestarsi sempre più evidenti segni di nervosismo nella maggioranza,
anche in conseguenza dell'aggravarsi dello stato di salute di Pompidou a due
anni dalla scadenza del suo mandato presidenziale. Il 2 aprile 1974 George
Pompidou moriva e il 5 maggio si svolgeva il primo turno delle elezioni
presidenziali che segnavano il crollo elettorale del gollismo, rappresentato
ufficialmente da Chaban-Delmas (15,15% dei voti), nettamente superato dal leader
dei repubblicani indipendenti, Giscard d'Estaing (32,70%), fattosi portavoce di
quello schieramento di centro-destra che De Gaulle aveva assorbito nel suo
grande Fronte Nazionale. Al secondo turno il "fronte" delle destre si
schierò compatto per Giscard che risultò vincitore, sia pure di
strettissima misura, sul candidato della sinistra unita, Mitterand (49,33%),
confermando la bipolarizzazione della politica francese tra destra e sinistra.
Il nuovo presidente affidò l'incarico di costituire il Governo al giovane
gollista Chirac, che impostò un programma piuttosto impegnativo e
caratterizzato in senso riformistico, per contrastare il passo alle sinistre sul
loro stesso terreno: trasformazione della società in modo da assicurare
alle masse un "reddito minimo garantito" e di promuovere la giustizia sociale.
Sul piano della politica estera il presidente Giscard indicava i principi ai
quali si ispirava il suo programma e in primo luogo la libertà di
decisione che la
F. si riservava nel rispetto degli impegni
internazionali precedentemente sottoscritti. Egli inoltre affermava la
dimensione mondiale della politica estera francese. Sia sul piano interno che
internazionale non vi erano novità di rilievo rispetto al periodo
precedente, essendo le modifiche più di stile che di sostanza. Sul piano
interno, nonostante le ambizioni riformistiche giscardiane, non poche erano le
manifestazioni di malcontento, soprattutto da parte dei giovani, attivi nelle
caserme, contro una disciplina militare oppressiva, nelle scuole, contro sistemi
educativi considerati antiquati, nelle agitazioni sociali di ogni genere in cui
il Partito comunista si poneva in prima linea, per non lasciare spazio ai gruppi
dell'estrema sinistra. Nelle elezioni del 1978, i partiti di Governo ottenevano
la maggioranza dei voti, ma nonostante ciò si apriva per Giscard un
periodo di gravi difficoltà, generate innanzitutto dal fallimento del suo
piano per fronteggiare l'acuta crisi economica. La difesa del franco, il
contenimento della bilancia dei pagamenti e la riorganizzazione dell'assistenza
sociale, non riuscivano ad impedire l'aggravarsi del deficit pubblico che
provocava il dilagare di manifestazioni di protesta. Questa situazione favoriva,
nelle elezioni regionali del marzo 1979, una considerevole affermazione dei
partiti di sinistra. Gli anni immediatamente precedenti le consultazioni
elettorali per la presidenza della Repubblica vedevano una perdita di
popolarità di Giscard: gli interventi militari in Africa, la scelta
nucleare e alcuni gravi scandali che coinvolgevano lo stesso presidente in
carica (l'affare Bokassa; il suicidio del ministro del lavoro Robert Boulin)
rendevano problematica la riconferma del mandato presidenziale di Giscard. Nel
maggio 1981, infatti, veniva proclamato presidente della Repubblica il
socialista François Mitterand che affidava a Pierre Mauroy l'incarico di
formare il nuovo Governo. Nelle elezioni politiche tenutesi nel giugno
successivo, i socialisti confermarono il proprio successo ottenendo la
maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Pierre Mauroy fu nuovamente
indicato come primo ministro e costituì il suo gabinetto includendo nella
compagine ministeriale quattro esponenti del PCF. In accordo con il programma
caldeggiato anche da Mitterand, il Governo si impegnò in una serie di
riforme quali l'abolizione della pena di morte, la nazionalizzazione di alcuni
settori economici, progetti di cogestione delle imprese, settimana lavorativa di
39 ore, una sorta di tassa patrimoniale, provvedimenti di decentramento
amministrativo a vantaggio di dipartimenti e regioni, ecc. La politica estera,
invece, mantenne un indirizzo europeista e filo-occidentale, pur manifestando
maggior interesse e iniziativa nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo. Tuttavia
la situazione di recessione, di crescente inflazione e disoccupazione
portò di necessità a un maggior rigore nella gestione
dell'economia, a un blocco dei salari e ad una certa condiscendenza alle leggi
di mercato. Tutto ciò portò a una rottura con il Partito comunista
e ad una crisi dell'esecutivo, anche in seguito ai risultati deludenti delle
sinistre alle elezioni europee del 1984 a fronte di un incremento di consensi
delle destre neogolliste. Mauroy si dimise e fu sostituito da Laurent Fabius che
costituì un nuovo Governo escludendo i comunisti sia dalla rappresentanza
ministeriale sia dalla maggioranza politica. Questo fatto segnò la fine
della Union de la Gauche che aveva di fatto caratterizzato il decennio
precedente. Nei suoi due anni di vita il Governo Fabius, dimenticata la propria
vocazione riformista, pur ottenendo un discreto successo contro l'inflazione
(che scese al 5%) e pur operando un ribasso dei carichi fiscali, non
riuscì a raggiungere apprezzabili risultati nella lotta alla
disoccupazione. Ne seguì, alle consultazioni legislative del 1986, un
consistente spostamento a destra dell'elettorato e una sostanziale punizione
della sinistra, sia socialista sia comunista. Pur restando i socialisti il
maggior gruppo rappresentato in Parlamento, l'incarico per la formazione del
Governo fu di necessità affidato da Mitterand al neogollista Jacques
Chirac, premier della coalizione vincente alle elezioni, le prime con il sistema
proporzionale introdotto nel 1985. Si verificò così, per la prima
volta, il fenomeno della "coabitazione", essendo contemporaneamente in carica un
presidente della Repubblica e un primo ministro appartenenti a due schieramenti
opposti. Il nuovo esecutivo si impegnò a una serie di privatizzazioni
(spesso di imprese nazionalizzate pochi anni prima dai socialisti), a
provvedimenti di liberalizzazione e deregolamentazione economica e, nonostante
la stagnazione e una lenta crescita del prodotto interno, a un incremento delle
spese militari. Il malessere sociale e le frequenti contestazioni di piazza
(ricordiamo in particolare quella studentesca che coinvolse un milione di
giovani contro il progetto di riforma delle università) crearono
difficoltà a Chirac che infatti, nel 1988, sfidò Mitterand nelle
elezioni presidenziali e ne uscì sconfitto. Il presidente socialista, non
appena riconfermato, sciolse l'Assemblea Nazionale e ne indisse il rinnovo per
ristabilire armonia di intenti tra i due rappresentanti del potere esecutivo. La
maggioranza dei seggi ottenuta dalle sinistre gli consentì, infatti, di
chiamare alla formazione del governo il socialista Rocard. Quest'ultimo,
appoggiandosi ora al Partito comunista ora al centro moderato e riformista,
cercò di governare la difficile situazione economica (alto tasso di
disoccupati, bassi salari specie nel settore pubblico, ripresa dell'inflazione)
nonché i problemi sociali legati al malfunzionamento scolastico e al
fenomeno dell'immigrazione. La scarsa incisività della sua azione lo
costrinse, però, alle dimissioni nel 1991 (caldeggiate dallo stesso
presidente) e portò alla nomina nel maggio del 1992 di Edith Cresson,
collaboratrice di lunga data di Mitterand e già titolare del ministero
dell'Agricoltura e poi del Commercio. Neanche in questo caso il bilancio dei
risultati fu lusinghiero, come mostrarono le elezioni cantonali della primavera
1992 con il crollo di consensi subito dal Partito socialista. La signora Cresson
fu sostituita alla guida del Governo da Pierre Bérégovoy,
incaricato di condurre il Paese alla scadenza elettorale del 1993 e di
risollevare il credito del partito nell'opinione pubblica.
Bérégovoy si concentrò nella lotta all'inflazione e nella
difesa del valore della moneta nazionale anche sul mercato estero;
parallelamente, però, si ebbe una crescita del tasso di interesse che, a
sua volta, contribuì a portare il numero dei disoccupati addirittura
all'11% della popolazione attiva. L'appuntamento elettorale, in cui fu
ripristinato il sistema maggioritario, non premiò il lavoro del Governo,
anche a causa di una serie di scandali in cui erano stati coinvolti alcuni dei
suoi membri. Il netto successo delle destre portò per la seconda volta a
una coabitazione fra Mitterand e un esponente neogollista, Edouard Balladur, che
si diede due obiettivi prioritari: il rilancio dell'economia e la soluzione del
problema immigrazione. Il ministro degli Interni Pasqua inaugurò una
linea puramente e duramente repressiva nei confronti non solo degli immigrati
recenti ma degli stranieri tout court. Le elezioni presidenziali del 1995 videro
la vittoria di Chirac sul candidato socialista Lionel Jospin e l'immediata
nomina di Alain Juppé come primo ministro. All'iniziale priorità
conferita dall'esecutivo alla lotta alla disoccupazione, subentrò la
consueta azione rigorista costituita da privatizzazioni, ristrutturazioni e
interventi di tagli alla sanità e alla previdenza sociale. L'autunno fu
segnato da uno sciopero, iniziato dai ferrovieri e dilagato a numerose
categorie, che costrinse il Governo a recedere su numerosi punti. La cronaca
interna registrò invece episodi drammatici di terrorismo compiuti dagli
estremisti algerini nel 1995, mentre si acuì durante tutto il 1996 il
problema dei
sans papier, gli stranieri senza permesso di soggiorno. In
politica estera ci furono disaccordi con gli Stati Uniti riguardo agli
interventi in Iraq e all'embargo contro la Libia e Cuba; d'altra parte la
decisione di effettuare sei esperimenti atomici in Polinesia costò alla
Francia una censura formale da parte dell'ONU. Alle elezioni del 1997 i partiti
della coalizione di Governo vennero duramente sconfitti dalle sinistre e il
nuovo esecutivo, guidato dal socialista Lionel Jospin, si trovò a dover
coabitare con un capo dello stato di opposta tendenza. L'affermazione dei
socialisti si consolidò con la vittoria alle Europee del 1999, dovuta in
buona parte ai risultati positivi raggiunti dalla politica del premier Jospin in
materia di lotta alla disoccupazione. Nelle amministrative del 2001 la sinistra
conquistò Parigi con l'elezione a sindaco di Delanoë, ma la destra
si affermò nel resto del Paese. Nel corso del 2001 scoppiarono
numerosi scandali che coinvolsero il presidente Chirac, relativi alle case popolari
e ai fondi al suo partito; nonostante ciò egli si ricandidò alle presidenziali,
tenutesi nella primavera 2002, che lo riconfermarono presidente, segnando la netta
avanzata dell'estrema destra di Jean-Marie Le Pen. Il terremoto elettorale
provocò l'abbandono della scena politica da parte del socialista
Jospin, sostituito dal moderato di destra Jean-Pierre
Raffarin, nominato ad interim fino alle elezioni legislative del giugno seguente.
Il 1° gennaio 2002 l'euro era intanto divenuto la nuova moneta ufficiale del Paese.
Nel giugno 2002 si svolsero le elezioni legislative in un clima di astensionismo record
(disertò il 39% degli elettori): ai ballottaggi del 16 giugno il centro-destra
trionfò, la sinistra di Jospin subì un'altra sconfitta, così
come il Fronte Nazionale di Le Pen, che scomparve dall'Assemblea Nazionale. Il Governo,
guidato dal confermato Raffarin, dovette presto affrontare problematiche di tipo
sociale: i progetti di riforma nel settore previdenziale incontrarono una vastissima
opposizione, sfociata in scioperi e movimenti di massa. In particolare i vasti scioperi
del novembre 2002 (dei dipendenti pubblici contro i progetti governativi di
privatizzazione) e del maggio 2003 (contro i progetti di riforma pensionistica
portati avanti dal nuovo Esecutivo) bloccarono per giorni molte attività del
Paese. Se la linea adottata dal Governo in ambito economico-sociale risultò nettamente
impopolare, le scelte di politica internazionale ottennero, invece, un ampio
sostegno da parte dei Francesi: fin dalla fine del 2002 la
F. si oppose a un
intervento armato in Iraq, battendosi, insieme a Germania e Russia, per la
continuazione della missione in Iraq degli ispettori dell'ONU. In seguito
all'attacco anglo-statunitense in Iraq (marzo 2003), si creò una seria
frattura politica con i Paesi interventisti su problemi di fondamentale
importanza, quali il ruolo dell'ONU e la legittimità della guerra "preventiva"
statunitense. Dopo il crollo del regime di Saddam Hussein, la
F.,
mantenutasi neutrale durante tutte le fasi della guerra, offrì il suo contributo
per la ricostruzione dell'Iraq, che venne rifiutato dall'amministrazione
Bush (dicembre 2003). Nel febbraio 2004 una legge approvata dal Parlamento
provocò numerose reazioni all'interno del Paese: ispirata da principi di
laicità, la legge obbligava i membri di gruppi religiosi a non ostentarne
la loro appartenenza, proibendo quindi l'uso del velo islamico, del copricapo
ebraico, del turbante Sikh e di croci vistose. In marzo si tennero le elezioni
amministrative che decretarono la netta sconfitta del partito del presidente
Chirac e la vittoria delle sinistre. Nonostante le sue pronte dimissioni, il
premier Raffarin si vide riconfermata la fiducia presidenziale e fu incaricato
di formare un nuovo Governo. Nel maggio 2005 il Paese venne chiamato
a ratificare con un referendum la Costituzione europea: nonostante gli appelli
del Governo, la
F. decise di negare il suo consenso. Il voto negativo
provocò una crisi all'interno dell'Esecutivo che si risolse con le dimissioni di
Raffarin, sostituito da Dominique de Villepin. In ottobre il Paese si trovò di
fronte a un'emergenza senza precedenti. Dopo la morte di due giovani nord-africani
che, inseguiti dalla polizia, avevano trovato rifugio in una cabina dell'energia
elettrica rimanendo fulminati, le periferie settentrionali di Parigi furono devastate da
disordini che si tradussero in centinaia di auto incendiate e in violenti scontri
con la polizia. Ben presto le proteste si estesero ad altre periferie francesi
e il Governo decise di introdurre misure di sicurezza
straordinarie, tra cui il coprifuoco. Qualche mese dopo, nel marzo 2006, il Paese fu percorso da un'ondata
di protesta promossa dagli studenti liceali e universitari, i quali, appoggiati dai sindacati
e dagli insegnanti, manifestarono nelle piazze il loro dissenso nei confronti del disegno di legge denominato
CPE (Contratto di prima assunzione), che prevedeva la possibilità per i datori di lavoro di licenziare senza vincoli
nei primi due anni. In aprile il CPE venne ritirato dal Governo. In giugno il Parlamento approvò un nuovo provvedimento restrittivo in
materia di immigrazione, mentre sul piano internazionale, il presidente Chirac aveva
annunciato in precedenza che l'arsenale nucleare francese era stato riconfigurato ed era ora in grado
di colpire qualsiasi Paese avesse appoggiato un'azione terroristica contro la Francia.
Le none elezioni presidenziali francesi, nel 2007, videro la vittoria di Nicolas Sarkozy, il candidato appoggiato dal presidente Jacques Chirac,
con il 53,3% dei consensi.
LE FASI PRINCIPALI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
|
1789
|
5 maggio Il re inaugura gli Stati Generali. Ha inizio la
Rivoluzione. 9 luglio Viene proclamata l'Assemblea
Nazionale Costituente, col compito di preparare una Costituzione e trasformare
la monarchia assoluta in costituzionale. 14 luglio Il popolo di
Parigi, guidato dalla borghesia, assalta la Bastiglia. 26
agosto L'Assemblea Nazionale Costituente approva la Dichiarazione
dei diritti dell'uomo e del cittadino.
|
1790
|
Dalla seconda metà dell'anno comincia a delinearsi una rottura
tra la borghesia, la nobiltà monarchico-costituzionale e il
popolo.
|
1791
|
20 giugno Il re Luigi XVI e la sua famiglia tentano la fuga, ma
vengono fermati a Varennes. 30 settembre Il re approva la
Costituzione. L'Assemblea Costituente si scioglie e ha inizio
l'Assemblea Legislativa.
|
1792
|
20 aprile Luigi XVI dichiara guerra
all'Austria. 10 agosto Il popolo assalta Les Tuileries,
residenza del re. L'Assemblea Legislativa vota la convocazione di una
Convenzione eletta a suffragio universale. 20 settembre La
Convenzione abolisce la monarchia e proclama la repubblica. I gruppi politici
facenti parte della Convenzione furono i girondini, i montagnardi e la
Palude.
|
1793
|
21 gennaio Luigi XVI è ghigliottinato sulla Place de la
Concorde.
febbraio-marzo
Si forma la prima coalizione contro la Francia. Partecipano: Austria,
Prussia, Russia, Spagna, Sardegna, Stato Pontificio, Toscana e Regno di
Napoli. 6 aprile Viene istituito il Comitato di Salute
Pubblica, dominato da Danton. 10 luglio Danton viene escluso
dal Comitato; subentra Saint-Just. 13 luglio Jean Paul Marat
viene ucciso da Charlotte Corday. 27 luglio Robespierre entra
nel Comitato di Salute Pubblica. Ha inizio il Terrore.
fino all'estate del 1794
Il tribunale rivoluzionario erogherà più di 18.000 condanne a
morte. 29 settembre La Convenzione vota il maximum generale:
è il culmine dell'economia controllata. 16
ottobre La regina Maria Antonietta viene giustiziata.
|
1794
|
5 aprile Esecuzione di Danton e degli altri capi montagnardi
moderati. 22-23 luglio Ha inizio la cospirazione di Termidoro,
guidata da alcuni estremisti montagnardi. Robespierre e i suoi vengono
progressivamente isolati. 27 luglio Robespierre e Saint-Just
vengono giustiziati.
|
1795
|
maggio-giugno
Aumenta la repressione di chi ha un passato giacobino: è il
cosiddetto Terrore bianco. 22 agosto La Convenzione vota la
Costituzione dell'anno II, che abolisce il suffragio universale e crea due
Camere e un Direttorio. 5 ottobre Le truppe del giovane
generale Napoleone Bonaparte reprimono un tentativo realista del 13
Vendemmiaio. 26 ottobre Scioglimento della Convenzione. Ha
inizio il Direttorio.
|
1796
|
aprile
Comincia la grande ascesa di Napoleone. 10 maggio In
seguito ad un tentativo di rivolta, la Congiura degli Eguali, Babeuf è
arrestato e ghigliottinato.
|
1797
|
Il Direttorio è ormai privo della forza per lottare. Continua
l'avanzata di Napoleone (17 ottobre: Pace di Campoformio).
|
1798
|
febbraio
Elezioni dei Consigli: il predominio passa ai giacobini. 11
maggio Colpo di Stato del 22 Floreale; le elezioni non vengono
svolte.
|
1799
|
18 giugno I Consigli prendono il sopravvento sul
Direttorio. 9 ottobre Napoleone torna in Francia
dall'Egitto. 9-10 novembre Colpo di Stato del 18 Brumaio.
Napoleone rovescia il Direttorio, istituisce il Consolato ponendo così
fine alla Rivoluzione francese.
|
La Francia nel XVIII secolo
LETTERATURAMedioevo: nel IX e X sec. la
F. possedeva già due lingue letterarie: la
lingua d'oc o
provenzale, che poi decadde (XIV sec.) al rango di dialetto, e la
lingua
d'oïl o francese, che era formata dall'apporto di vari dialetti
(lorenese, piccardo, borgognone,
francien, ecc.). Il
francien fu
adottato come lingua ufficiale dalla cancelleria capetingia e si affermò
sugli altri dialetti. I più antichi monumenti letterari francesi furono
poemi epici, racconti cavallereschi. Questi poemi (detti
chanson de
geste) avevano come eroi personaggi, veri o fantastici, del mondo di Carlo
Magno, e specialmente Orlando; il più antico è la
Chanson de
Roland, giunto a noi in una redazione del XII sec. Nei poemi d'amore, i
personaggi erano eroi del
ciclo di Bretagna, re Artù e i cavalieri
della Tavola Rotonda (
Il santo Graal, Merlino, Artù, Lancellotto del
Lago, Tristano, ecc.). Un terzo gruppo di opere aveva come argomento fatti e
personaggi, fantasticamente e ingenuamente deformati, di Troia, Grecia e Roma.
Posteriori al XIII sec. sono vari romanzi d'avventure (
Guillaume de Palerme,
Floire et Blanchefleur, Aucassin et Nicolette). Prodotto caratteristico del
Basso Medioevo francese sono i
fabliaux, composizioni letterarie di varia
forma, di intento satirico, a volte anche licenzioso, descriventi, con
humour, fatti vissuti o inventati e situazioni comiche. Opere didattiche
furono il
Roman de la Rose (di Guglielmo de Lorris e Giovanni di Meung),
i vari
Bestiari, il
Liber de Creaturis,
L'image du monde.
Fra i lirici medioevali il più grande fu Rutebeuf. Copiose erano le opere
a carattere religioso, fra cui anche i drammi (sacre rappresentazioni), come il
Mistero della Passione. Il teatro comprendeva nel suo repertorio anche
abbondante materiale profano, e poeti come Rutebeuf o Adam de la Halle scrissero
composizioni (dialoghi, canzoni, ecc.) per la rappresentazione. Fra le opere
storiche, sono degne di nota le
Gran cronache di Francia (dal 1274), la
Cronica di Reims, ecc. Nel XV sec., che vede il crollo della
feudalità medioevale, fiorì il grande poeta François Villon
(1431-65 circa). Fra le opere in prosa:
Chronique scandaleuse di Juvenal
des Ursins (1388-1473), le
Cent Nouvelles, la
Chronique de Jacques de
Salaing. ║
Rinascimento: in
F. durante l'epoca del
Rinascimento, in seguito alle guerre in Italia e all'afflusso degli artisti e
letterati italiani alla corte di Carlo VIII, di Luigi XII e di Francesco I, si
afferma nettamente l'influenza italiana. Legate allo spirito dell'Umanesimo, ma
non ancora svincolate dal Medioevo, sono le scuole di poesia della fine del
Quattrocento, in cui vengono ammirati, assieme a maestri come Marot e
Scève, mediocri rimatori come Chastellain, Molinet, Meschinot. Esauriti i
temi e i modi di espressioni del Medioevo, sotto l'influenza dei modelli antichi
e dei poeti italiani, la lirica francese si raccoglie, nella seconda metà
del Cinquecento, sotto l'insegna della nuova scuola, la
Pléiade:
essa si propone di trasformare la lingua poetica nazionale, difendendola dai
poeti mediocri e cortigiani ed elevandola, sulla traccia degli antichi (Omero,
Pindaro). Ai propositi, espressi teoricamente nella
Défense et
illustration de la langue française da Du Bellay (1594), i poeti
della
Pléiade, e principalmente il maestro Pierre de Ronsard
(1524-85), risposero con energico slancio: imitando gli antichi, con una lingua
copiosa e ricca, in tutti i generi letterari. I cultori della lirica, Ronsard
stesso e Du Bellay, rinnovarono la lingua poetica, variando i ritmi e
gareggiando in nobiltà di espressione con gli antichi e con gli italiani.
Le odi, le elegie, le egloghe di Ronsard, riunite in
Elégies,
Mascarades, Bergeries (1565) più che i petrarcheschi
Amours,
dànno una piena misura della grazia e della leggerezza dell'arte del
poeta. Un uguale rinnovamento formale e di temi si ha nella prosa del
Cinquecento. Il romanzo cavalleresco cede il passo ai
contes e alle
nouvelles, dove si comincia a sentire l'influenza di Boccaccio; e diviene
naturalistico con Rabelais: eccellono nell'eloquenza Michel de l'Hôpital e
St. François de Sales; Montaigne nella filosofia e nella saggistica, cui
seguono pensatori come Etienne de la Boétie, Pierre Charron e Jean Bodin;
rivivono sotto la penna di traduttori, come Amyot, le grandi opere classiche; e
l'oratoria, con la
Satire Ménippée, si avvia allo splendore
del secolo successivo. ║
Secolo d'oro: il XVII sec. è
l'età classica per eccellenza. La cultura e l'ammirazione degli antichi
ha ormai raggiunto un grado tale di raffinatezza e di equilibrio da permettere
ai maggiori spiriti del tempo una eguale padronanza nell'azione e nel pensiero,
nell'erudizione e nell'arte. La ricerca dell'ordine e della chiarezza domina
nella prima metà del secolo, che va dalla riforma di Malherbe
all'apparizione delle
Provinciales (1590-1656): a questa esigenza
razionalistica si accompagnano, senza però annullarsi, uno spirito
cristiano di moralizzazione e di verità, e uno spirito mondano, di
dialogo e di scambio del pensiero. Sono gli aspetti che confluiscono nell'opera
di Descartes, di Pascal e di Corneille, dove si faranno udire le note più
profonde ed interiori dell'uomo. Nella seconda metà del secolo, fu detta
Scuola del 1660 quella che ebbe ad esponente critico l'
Art
poétique di Boileau (1674) e in cui figurano J. Racine,
Molière, J. de La Fontaine. Racine, con le sue migliori tragedie profane,
dall'
Andromaque (1667) alla
Phèdre (1677), creava una sua
forma di dramma passionale e intimamente poetico. Molière portava la
commedia moderna alle maggiori altezze con
Tartuffe, Le Misanthrope, Le
bourgeois gentilhomme e
Les femmes savantes. La Fontaine dopo avere
sperimentato le sue virtù di stilista nei poemetti mitologici e nei
Contes in versi, animava le
Fables di un'espressione libera,
felice, e insieme densa e snodata. Una vita di società intensa e
raffinata favorì l'osservazione dei costumi e dei sentimenti, nei
moralisti, come F. de La Rochefoucauld, J. de La Bruyere, nei
memoralisti, nelle dame scrittrici (Madame de Sévigné,
Madame de La Fayette); mentre F. Fénelon infonde nelle sue opere
educative e religiose una morbidezza e una sensibilità che paiono
sottrarsi al dominio della ragione. ║
Illuminismo:
La Querelle
des anciens et des modernes, con le sue varie riprese tra la fine del XVII e
l'inizio del XVIII, chiude l'età classica e imposta i problemi critici
che si renderanno sempre più imperiosi attraverso lo sviluppo dello
spirito preromantico. Di questo, i primi indizi si scorgono nell'opera
dell'abate A.-F. Prévost, oltre che nella letteratura narrativa con A.-L.
Lesage che scrisse
Gil Blas e altri romanzi (quasi tutti di derivazione
spagnola) e commedie satiriche, e P.-C. de Marivaux sottile psicologo, autore di
numerose opere teatrali e di due romanzi (
Marianne e
Le Paysan
parvenu). La letteratura di memorie è rappresentata stupendamente da
Saint-Simon (con le sue
Mémoires), uno dei più grandi
prosatori francesi. La vera centrale della cultura settecentesca è
costituita dall'Illuminismo, a cui fa capo un moto di pensiero che ci è
dato riconoscere negli scritti di P. Bayle, di B. Fontenelle e degli autori
cosiddetti libertini o epicurei. La dottrina politica, che sarà poi
chiamata liberale, si dichiara validamente nell'opera di Montesquieu. Le varie
correnti ideologiche e scientifiche concorrono alla fondazione
dell'
Encyclopédie, il cui programma apparve nel 1750 e la cui
pubblicazione, diretta da Diderot e dal d'Alembert, si estese per oltre un
ventennio ed ebbe fra i collaboratori principali Turgot, d'Holbach, Quesnay,
ecc. Due personalità dominanti prodigano la loro attività
spirituale, che non fu solamente letteraria: Voltaire e Rousseau. Il primo,
versato in ogni campo, dalla poesia al teatro, dalla storia alla filosofia, lega
il suo nome al ricordo di uno spirito corrosivo, eminentemente borghese e
individualista, ma elevato da un senso generoso della verità e della
giustizia; il secondo, sciolto da ogni tradizione, vagheggia un'umanità
primitiva, guidata verso il bene per un impulso del sentimento. L'ultima tempra
di poeta settecentesco è André Chenier. ║
Romanticismo: dopo la Rivoluzione francese, Madame de Staël e
Chateaubriand sono gli annunziatori di una nuova cultura e di una nuova poesia:
l'una, soprattutto per le idee critiche, espressa nel trattato
De
l'Alemagne; l'altro, con un richiamo immaginoso alla bellezza della fede,
nel
Génie du christianisme e nel poema in prosa dei
Martyrs. Lamartine rivendica i diritti della semplice poesia
d'ispirazione sentimentale con le
Méditations (1820) e le
Harmonies (1830); Nodier e de Nerval si compiacciono di vaghe suggestioni
fantastiche. L'energia creatrice di Victor Hugo se anche torbida a volte, e
speciosa, quale fu certamente nel dramma, impronta di sé tutta la poesia
francese dell'Ottocento. Spirito altero e severo è Alfred de Vigny, le
cui più belle poesie costituiscono il volume postumo delle
Destinées; Théophile Gautier (1811-1872) rivolse le sue
attitudini ad una poesia e ad una prosa ricchissime di forme e di colori; A.
Barbier, i Deschamps, A. Brizeux, H. Moreau, M. Desbordes-Valmore, A. Dumas
padre, ecc., composero il vasto coro della Musa romantica. Honoré de
Balzac innalzò il gigantesco edificio della
Comédie
humaine, che valse a orientare tutta la letteratura realista del XIX sec.
Noti scarsamente nel tempo della loro apparizione, i due grandi romanzi di
Stendhal
Le Rouge et le Noir e
La Chartreuse de Parme, furono
celebrati con vasto consenso soltanto molti anni dopo la morte dell'autore,
mentre declinava la rinomanza di George Sand. Gli scrittori di politica e di
religione: de Maistre, Ballanche, Lamennais, gli storici Thierry, Michelet,
Thiers, si susseguono con un fervore a cui non è estraneo il risveglio
romantico. La critica letteraria diviene critica storica con Villemain, critica
essenzialmente psicologica con il Sainte-Beuve. Dedita alla pura forma, alle
belle apparenze, è la poesia parnassiana che ha il suo massimo poeta in
Leconte de Lisle. Un profondo turbamento, una disperata stanchezza
dell'esistenza è alla radice dei
Fleurs du mal di Charles
Baudelaire (1857). L'anno stesso appare il romanzo di Gustave Flaubert,
Madame Bovary, dove l'arte si compenetra di un giudizio desolato sulle
illusioni umane. ║
Naturalismo: il realismo, che dominava
già nel romanzo, s'insediò nel teatro con Emile Augier e Alexandre
Dumas figlio; poi, al cadere del secondo Impero, assunse il nome di Naturalismo
e fu capeggiato da Emile Zola (1840-1902), col quale si accordarono, tranne
lievi sfumature di principio, i fratelli Goncourt, Alphonse Daudet, Guy de
Maupassant e la maggior parte dei narratori fin verso il 1890. Il Naturalismo fu
ben presto avversato col sorgere del Simbolismo. ║
Simbolismo:
nacque da un gruppo di poeti che riconobbero quali maestri Paul Verlaine e
Stéphane Mallarmé, tutti e due emigrati dal
parnasse.
Verlaine fece conoscere i versi di Tristan Corbière e di altri "poeti
maledetti", fra cui Arthur Rimbaud. Il Simbolismo radunò scrittori di
varia tempra, quali Jean Moréas, Henri de Regnier, Francis Jammes, Jules
Laforgue, Paul Fort, ecc.; la sua azione si estese fino a Paul Valéry,
che sentì l'influsso del Mallarmé, e a Paul Claudel, che ha
dichiarato il suo debito spirituale verso il Rimbaud. Il realismo regnò
ancora nei drammi di Henry Becque e nel
Teatro libero fondato da A.
Antoine nel 1887. Edmond Rostand risuscitò, con qualche artificio, e con
molta fortuna, il dramma in versi. Numerosi commediografi tennero viva in tutti
i teatri d'Europa la tradizione parigina del
vaudeville, dei giuochi
scenici spiritosi e brillanti. A. Thibaudet apparve come il critico ufficiale
della letteratura d'avanguardia. ║
Novecento: al principio del
Novecento lo scrittore francese più celebre era forse Anatole France
(1844-1924), insieme a Maurice Barrès, Paul Bourget, Romain Rolland.
L'arte di André Gide rappresenta il punto culminante della prosa
letteraria di questi ultimi anni, la più prossima ai grandi modelli,
seguita da vicino da quella di Marcel Proust, scrittore dotato d'uno stile
personale e aderente al gioco di quelle illuminazioni segrete che costituiscono
la trama fitta e sottile del suo potere di narratore. Seguendo oltre che gli
splendidi esempi di Proust e di Gide, quelli di G. Duhamel, F. Mauriac, A.
Maurois, Colette, J. Giraudoux, J. Chardonne, J. Cocteau, R. Martin du Gard, J.
Romains, J. de Lacretelle, A. Malraux, H. de Montherlant, P. Morand, G.
Bernanos, J. Giono, variamente impegnati all'indagine psicologica, alla
descrizione di ambienti, a problemi morali, la narrativa degli ultimi anni
interpreta nuove correnti e descrive i nuovi tipi umani sorti dalla guerra e
dalla resistenza in H. Daniel-Rops, P. Hamp, M. Jouhandeau, J. Cassou, A.
Chamson, J. Prévost. Sono molto vive e operanti le istanze già
delineatesi nel presentimento del crollo delle vecchie società borghesi e
conservatrici: quella marxista e quella cattolica, e l'esistenzialismo (J.-P.
Sartre, Albert Camus, i collaboratori di "Les Temps modernes": R. Aron, M.
Merleau-Ponty, S. de Beauvoir, ecc.). Il teatro di Sartre, di un audace e
pesante realismo, ha scavalcato il teatro esistenzialista cattolico di G.
Marcel. Espressioni di tendenze più inerenti all'arte che alla filosofia
di propaganda, accenti più decisamente vivi e poetici si ritrovano in
quello di J. Anouih, A. Salacrou, S. Passeur, P. Raynal, ecc. Delle vecchie
tendenze d'avanguardia, l'ultima, il surrealismo, sopravvive, anche come
programma, solo nella poesia di A. Breton; ma, praticamente, ciascuna di quelle
correnti s'infiltra nella poesia francese contemporanea, con una facoltà
di adattamento che si scopre anche nei più attuali, dal punto di vista
della tecnica e dell'ispirazione, L. Aragon, P. Eluard, J. Prévert, ecc.
L'eredità poetica francese è messe così vasta che ciascuno
può farsi la sua parte, e presentarsi con un messaggio sotto il quale si
riconoscono, volta per volta, Mallarmé o Valéry, Apollinaire o
Péguy o Claudel.
ARTELa storia dell'arte francese ha origini
remote. Nelle caverne dei Pirenei, del Perigord e dell'Ariège si sono
scoperti meravigliosi disegni e plastici di animali, in cui l'uomo primitivo
rivela un intuito artistico sorprendente; essi rappresentano i più
lontani saggi delle arti figurative. Ma non v'è continuità storica
fra queste prime manifestazioni artistiche e le successive. Anche l'architettura
ha i suoi prodromi in
F. nei
dolmen e nei
menhir, peraltro
non esclusivi di questo Paese. Fu la conquista romana che portò in Gallia
i primi modelli architettonici. L'eredità dei Galli nelle arti plastiche
si limitò ai lavori di gioielleria. Le più antiche chiese
cristiane in
F. risalgono al V sec. ed imitano i modelli bizantini. I
Franchi non lasciarono tracce profonde. Il monumento più cospicuo
dell'arte carolingia, la cappella Palatina di Aquisgrana, è ispirata a
San Vitale di Ravenna. Sono invece notevoli i loro lavori e le loro miniature.
Alle fondazioni monastiche francesi medioevali si deve la formazione di nuovi
stili architettonici. L'Abbazia di Cluny (XI sec.) è il punto di partenza
dell'arte romanica francese, che si diffuse in tutta Europa. La
F. fu
pure nel XII sec. la culla dell'architettura gotica; la cattedrale di Nogon
è la prima chiesa gotica in ordine di tempo. Tra le successive primeggia
Notre-Dame di Parigi. Cluny diede anche nuovo impulso alla scultura che si
affermò in portali, capitelli, statue religiose, ecc. La pittura francese
del periodo romanico continua la tradizione bizantina, mentre gli artisti gotici
estrinsecano le proprie concezioni nelle vetrate dipinte. Il XIV sec. vede un
rinnovamento sia in pittura che in scultura. Avignone, nuova sede del papato, e
Parigi diventano importanti centri d'arte, in cui affluiscono gli artisti
italiani e dei Paesi Bassi. Ne nasce un'arte nuova a tendenze naturalistiche,
detta
borgognona, preludio del Rinascimento fiammingo. Fouquet e Clouet
furono i pittori più insigni del tempo. Nel XVI sec. tutta l'arte
francese è gradualmente dominata dal Rinascimento italiano, la cui
influenza perdura nei secoli successivi. Il XVII sec. segna il trionfo del
barocco, da cui derivò uno stile ornamentale leggiadro e fiorito, detto
rococò. Verso la metà del secolo sorsero anche in
F.
le Accademie che avviarono l'arte nazionale verso i modelli della Roma
imperiale. Artisti notevoli furono Lebrun e Poussin. Agli inizi del XVIII sec.
l'arte francese si è completamente liberata da influssi stranieri e si
diffonde in tutta Europa. Dopo alcuni anni di fortuna, il nuovo orientamento,
sfarzoso ed elegante, che ha avuto come interprete Watteau, è contrastato
da un nuovo stile accademico classicheggiante, che si concreta nello stile
impero. Ma ben presto altri concetti estetici sconvolgono il campo artistico
francese e, nella prima metà del XIX sec., ridanno alla pittura e alla
scultura francese un posto di primo piano. Con l'avvento del Romanticismo si ha
una grande fioritura di artisti e di scuole. Insigni rappresentanti della
pittura romantica sono: E. Delacroix, J.B. Corot e i paesaggisti della Scuola di
Barbizon. Agli aspetti più deteriori e scenografici della cultura
romantica reagiscono, in nome di un nuovo naturalismo, diversi artisti tra cui:
A. Rodin in scultura e G. Courbet in pittura. La reazione proseguì, dopo
il 1860, con i grandi maestri dell'Impressionismo: Manet, Degas, Renoir e altri.
L'esotismo di P. Gauguin, la rigorosa struttura formale di Cézanne, la
scoperta della scultura negra e la violenza cromatica di Van Gogh influiscono,
all'inizio del XX sec., tanto sulla nascita del Fauvisme, con H. Matisse, G.
Rouault, A. Derain, quanto su quella del più tardo Cubismo con Picasso,
Braque, Gris, punto di partenza di tutte le correnti artistiche contemporanee.
Nel 1919 F. Picabia e M. Duchamp trasferiscono in
F. il Dadaismo; nel
1924 A. Breton stende il manifesto del Surrealismo. A varie altre tendenze,
appartengono, in pittura: A. Modigliani, M. Utrillo, M. Chagall, e in scultura:
H. Laurens, C. Brancusi, A. Archipenko. Nel XIX sec. nascono i primi esempi di
edifici in ferro (Galleria del Louvre, Torre Eiffel). Delle possibilità
costruttive del ferro e del cemento armato, nella ricerca di un nuovo linguaggio
architettonico, si valgono nel XX sec. A. e G. Perret e poi tutti i maggiori
esponenti dell'architettura
razionale, da Le Corbusier a T. Garnier.
║ La produzione della ceramica francese, limitata nel XIV e XV sec.
all'Ile-de-France, si diffonde, a partire dal XVI sec. a Nîmes, a
Montpellier, a Rouen, a Lione, dove prevalgono gli influssi della ceramica
faentina e di quella spagnola, e a St. Porchair, dove invece le opere di Palissy
contrastano con tali tendenze. In seguito forme cinesizzanti e persianizzanti
caratterizzano la produzione delle manifatture di Parigi, Saint-Cloud, Lilla e
Marsiglia. Intorno alla metà del XVIII sec. la ceramica francese subisce
un ulteriore rinnovamento con la tecnica a piccolo fuoco, mentre comincia a
imporsi la produzione di Sèvres. Oggi anche la ceramica francese segue il
generale rinnovamento delle arti visive, specialmente della pittura (Picasso,
Léger, Matisse).
MUSICANulla si conosce delle remote manifestazioni
musicali dei Celti o dell'età gallo-romana. Nel folclore bretone,
normanno e provenzale, tuttavia, esistono melodie e danze antichissime ma di
oscura origine. I primi documenti attestanti l'inizio della civiltà
musicale francese risalgono all'Alto Medioevo, quando sorse il canto chiesastico
gallicano. A partire dalla seconda metà del IX sec., le abbazie di Saint
Amand, di Jumièges, e il convento di San Marziale a Limoges divennero i
fulcri della vita musicale. Nel X sec. comparvero i primi canti su un miscuglio
di latino e provenzale o in lingua
d'oc. Seguì, tra il XII e XIV
sec., la grande fioritura poetica e musicale che ebbe per protagonisti i
trovatori, in Provenza e nella
F. meridionale, e i trovieri nelle regioni
di lingua
d'oïl. Nel XV sec. l'arte musicale francese trovò
nuove linfe nella contigua area culturale dei Paesi Bassi. Tale influenza si
prolungò lungo tutto il XVI sec., fatta eccezione per il genere
leggero della canzone polifonica, nel quale eccelse C. Jannequin. Nei due
secoli successivi la civiltà musicale francese riprese vigore con la
nascita e l'affermazione del balletto e del
grand-opera. Egualmente
coltivate furono le forme di musica strumentale, nelle quali eccelse il
clavicembalista F. Couperin. Parigi divenne il più importante centro
musicale europeo, attirando molti compositori stranieri da Gluck a Rossini. Il
XIX sec. vide l'affermazione di H. Berlioz e più tardi quella di G.
Bizet. Altre personalità di rilievo della cerchia romantica francese
furono gli operisti C. Gounod e J. Massenet. Ancora più importante il
contributo francese alle ricerche compositive attuali da C. Debussy, A. Roussel
e M. Ravel, a D. Milhaud, F. Poulenc, A. Jolivet, al caposcuola O. Messiaen, a
P. Boulez (1925) e a P. Shaeffer, uno dei maggiori esponenti della musica
concreta. ║
Musica e danza popolare: si può dire che ogni
regione della
F. ha le sue musiche e le sue danze caratteristiche. Ci
limiteremo a segnalare le più interessanti, cominciando dalla
F.
Sud-orientale dove è tuttora di moda, fra le danze popolari, il
Rigaudon detto anche
Montagnarde: è un tipico esempio di
danza di corteggiamento nella quale il ballerino batte le mani, fa schioccare le
dita, saltellando davanti alla sua dama alla quale sussurra parole adatte a
richiamarne l'attenzione. Chi, in Provenza, non ha mai assistito alla
Farandola danzata da gruppi folcloristici? Non c'è
festività della regione in cui questa celebre danza non sia eseguita nel
suo ritmo allegro e veloce in tempo 6/8. In Bretagna, nel Borbonese, si balla
ancor oggi la
Musette, accompagnata non più dall'antica cornamusa
che portava lo stesso nome, ma dalla fisarmonica. In Alsazia si balla
l'
Hammeltanz in cui i danzatori, uomini e donne, girano intorno a un palo
adorno di nastri multicolori che essi trattengono fra le dita. La Normandia,
invece ha trasformato gli antichi
rondò medioevali in
attraentissime danze acrobatiche. Il famoso
Can can dei palcoscenici
parigini deriva direttamente dall'antico
Triori, tipico della Bretagna.
Fra i canti, segnaliamo le canzoni a ballo, caratteristiche dell'Ile-de-France,
i canti paesani gustosissimi del Berry, e le dolci melodie proprie della
Loira.
Parigi: L'Hôtel de la Ville
La tour Eiffel a Parigi
Panorama di Digione
Avignone: il ponte St.-Bénezét, sul Rodano