Elemento chimico di simbolo
P e numero atomico 15; il suo nome, che
deriva dal greco e significa portatore di luce, gli fu attribuito per la sua
caratteristica fosforescenza. Fu ottenuto per la prima volta nel 1669 ad opera
dell'alchimista Brand distillando il residuo dell'evaporazione dell'urina
insieme con sabbia silicea fuori dal contatto con aria; successivamente
Lavoisier lo riconobbe come elemento. In seguito lo Scheele lo produsse dalle
ossa trattate con acido solforico, per riscaldamento a 1.000 °C della massa
così prodotta. Ha peso atomico 30,9738 e presenta un solo isotopo
stabile, l'isotopo
31P. Nella tavola periodica è il secondo
elemento del V gruppo, sottogruppo A, in cui segue l'azoto e precede l'arsenico.
║
Stato naturale: il
f. è un elemento relativamente
abbondante nella crosta terrestre, della quale costituisce lo 0,12% circa. Anche
nell'universo è relativamente abbondante; la sua quantità (in
numero di atomi) è stimata circa l'1% di quella del silicio. Nel corpo
umano è presente per l'1,0%, per cui nel corpo di un uomo medio sono
presenti circa 750 grammi di questo elemento. Lo scheletro umano contiene una
forte percentuale di fosfato di calcio; lo smalto dei denti è
sostanzialmente simile all'apatite, mentre anche le urine contengono una certa
percentuale che è particolarmente alta in certi casi patologici.
Fosfoproteine e nucleoprotidi, che sono costituenti essenziali della vita
animale, contengono pure
f. Nel mondo inorganico il
f., per la sua
grande reattività, non esiste mai allo stato nativo ma sempre combinato,
soprattutto come fosfato. I minerali più comuni sono la
fosforite,
o fosfato tricalcico Ca
3(PO
4)
2 che abbonda in
certi paesi africani (Tunisia, Marocco, Egitto, Algeria) e americani (USA,
Canada); in Europa i giacimenti più ricchi sono in Spagna; negli stessi
paesi esiste di solito anche l'
apatite, fosfato tricalcico e fluoruro di
calcio di formula approssimativamente
CaF
2·3Ca
3(PO
4)
2, di cui
esistono buoni giacimenti anche in Russia. Altri minerali sono la
carbonatoapatite
CaCO
3·3Ca
3(PO
4)
2, la
vivianite Fe
3(PO
4)
2·8H
2O
e la
wavellite ·
4AlPO
4·2Al(OH)
3·9H
2O. Solo i primi
due minerali citati hanno però importanza per lo sfruttamento pratico dei
giacimenti. Si deve inoltre ricordare almeno brevemente il ciclo del
f.,
analogo a quello dell'azoto. Un suolo coltivabile contiene dallo 0,1% allo 0,5%
di
f.: questo e quello contenuto nelle acque vengono utilizzati dalle
piante, alghe e batteri per formare dei composti organici e non, attraverso i
quali passa negli organismi animali, per i quali ha un'importante funzione
plastica ed energetica. Il ciclo si chiude con il ritorno al terreno del
f. attraverso le escrezioni e i resti degli animali e delle piante.
Questo ciclo però è molto lento, di qui la necessità di
supplire continuamente al fabbisogno di
f. dei terreni più
intensamente coltivati, a mezzo di concimi fosfatici. Inoltre è da
ricordare lo scambio fra la crosta terrestre ed il mare. Quest'ultimo si va
arricchendo in
f., seppure molto lentamente. Infatti ogni anno passano
nel mare circa 10 milioni di t di
f. (per l'erosione del mare e dei
fiumi) e solo un millesimo circa di questa quantità torna sulla
terraferma, soprattutto sotto forma di escrementi di uccelli marini
(
guano). ║
Proprietà fisiche: il
f. esiste
almeno in tre diversi stati allotropici:
f. rosso, giallo e
nero.
Essi presentano campi diversi di stabilità e proprietà fisiche (in
parte anche chimiche) diverse, onde li vedremo separatamente. Il
f.
giallo o
bianco è il più comune: il suo colore
caratteristico è un giallo chiaro, onde il suo nome. Si presenta a
temperatura e pressione ambiente come un solido avente a 20 °C un peso
specifico di 1,2 ed un indice di rifrazione di 2,1168. Fonde a 44,2 °C ma
se è a contatto con l'aria si accende già a 34 °C: bolle a
280 °C. Sotto i 15 °C è fragile, sopra questa temperatura
diviene molle come cera. In soluzione e allo stato gassoso è stata
trovata la forma molecolare P
4: solo alle alte temperature (sopra gli
800 °C) inizia il passaggio alla forma biatomica P
2: salendo
ancora si può avere la forma monoatomica P (sopra i 2.000 °C). La
struttura cristallina del solido è esagonale. È pochissimo
solubile, sia in acqua calda che fredda (0,0003% a freddo): si scioglie poco
anche nell'alcool etilico (0,4%) e nel benzene (1,5% a 0 °C, 10% a 31
°C). La solubilità è buona nell'ammoniaca e molto buona nel
solfuro di carbonio: 100 parti di questo ne sciolgono circa 1.000 di
f.
giallo: questa soluzione all'aria si infiamma spontaneamente. Il
f.
bianco è una forma metastabile, ma a temperatura ambiente la
trasformazione (in
f. rosso) avviene con velocità bassissima,
soprattutto al buio: alla luce il
f. giallo invece si ricopre rapidamente
di uno strato rosso. È molto tossico: circa 0,15 g sono già una
dose letale per un uomo. Il
f. viene spesso usato nell'industria chimica
nella sua modificazione gialla perché è molto attiva: va
però conservato fuori dal contatto dell'aria, in recipienti chiusi; di
solito si conserva ed usa allo stato liquido. Il
f. rosso è invece
una forma stabile: si può ottenere dalla forma gialla per riscaldamento
fuori dal contatto dell'aria a 250÷300 °C per alcune ore: la reazione
è più rapida se si usano tracce di iodio quale catalizzatore. Ha
densità 2,20 a 20 °C: fonde a 590 °C sotto la pressione di 43
atmosfere: non bolle ma si infiamma a 725 °C. È insolubile sia in
acqua calda che fredda, come anche nel solfuro di carbonio e nell'ammoniaca: si
scioglie invece abbastanza negli alcali forti. A differenza di quello giallo
è poco velenoso e non si autoaccende all'aria, per cui è impiegato
nella fabbricazione dei fiammiferi. Il
f. violetto è identico a
quello rosso e non costituisce una modificazione allotropica nuova; ne
differisce solo in densità. Il
f. nero si ottiene scaldando quello
giallo sotto alte pressioni. Ha peso specifico 2,69 e struttura romboedrica. Non
è noto il punto di fusione: scaldato non bolle mai ma si accende a circa
400 °C. È insolubile in acqua sia fredda che calda ed in solfuro di
carbonio. Per quanto riguarda la molecola del
f., che in quasi tutte le
condizioni è tetratomica, cioè P
4, occorre notare la
sua caratteristica struttura. Essa infatti è formata a tetraedro, con i
quattro atomi ai quattro vertici; ognuno di essi ha un legame covalente con
ognuno degli atomi restanti. ║
Proprietà chimiche: il
f. è un tipico non metallo; gli stati d'ossidazione stabili che
può avere sono -3, +3, +5. Il
f. nella forma gialla è
estremamente reattivo, con proprietà fortemente riducenti. Si combina
direttamente con pressoché tutti gli elementi (eccetto carbonio e azoto);
molto spesso la reazione è molto violenta. Si ossida molto facilmente sia
all'aria (si accende spontaneamente già a 34 °C) sia a spese di
altre sostanze: ad es., riduce l'acido solforico a SO
2 e l'acido
nitrico a vapori nitrosi; contemporaneamente si ossida ad acido fosforico. La
combustione con aria od ossigeno porta invece all'anidride fosforica
P
2O
5, che è scritta anche
P
4O
10). Su molti metalli in soluzione ha l'azione di
precipitare i fosfuri o addirittura i metalli a valenza zero. Ad alta
temperatura (circa 600 °C) è in grado di decomporre l'acqua, con
formazione di idrogeno e acido fosforico secondo la
reazione:
P
4 + 16 H
2O → 10 H
2
+ 4 H
3PO
4La fosforescenza caratteristica del
f. è dovuta alla lenta ossidazione all'aria della forma gialla; la
forma rossa invece è molto meno reattiva. Nella fabbricazione dei
fiammiferi un tempo si usava
f. giallo, ma era molto facile che essi si
autoaccendessero. Si passò allora al
f. rosso. Oggi i cerini e gli
zolfanelii hanno la capocchia costituita essenzialmente da un ossidante tipo
permanganato di potassio o biossido di manganese e
f. rosso, insieme con
opportuni leganti. I fiammiferi di sicurezza (o
svedesi) non hanno
f. nella capocchia che è composta principalmente di clorato
potassico KclO
3 e solfuro di antimonio Sb
2S
3;
il
f. (rosso) si trova nella superficie su cui si sfregano per
accenderli. La fabbricazione dei fiammiferi assorbe grandissime quantità
di
f.; questo elemento per la sua grande reattività è
particolarmente adatto a questo uso e non è facilmente sostituibile con
altri elementi o composti. ║
Produzione industriale del f.:
l'industria del
f. e dei suoi derivati è imponente. La principale
materia prima di partenza per la sua produzione è la fosforite, che ha
formula 3Ca
3 (PO
4)
2·CaF
2. In
questo composto il
f. ha lo stato di ossidazione +5, onde dovrà
essere ridotto allo stato elementare (valenza zero) a mezzo di un opportuno
riducente. Come in tutti gli altri casi analoghi, si usa il riducente più
economico, cioè il carbone. La reazione da realizzare è la
seguente:
Ca
3(PO
4)
2 + 5C ½
P
4 + 5 CO + 3 CaO
che è fortemente endotermica ed
avviene solo a temperatura elevata. Alcuni processi per fornire il calore
lavorano con un eccesso di carbone, che brucia con aria nel reattore; il metodo
che si è imposto quasi universalmente utilizza invece un forno elettrico
rotante, con tre grandi elettrodi mantenuti ad una differenza di potenziale
(massima) di circa 300 Volt. Si lavora con corrente alternata trifase e con
correnti molto forti (fino a 50.000 Ampère). La temperatura nel forno si
aggira sui 1.500÷1.600 °C. Si hanno problemi per la scarsa
conducibilità della fosforite e per la presenza del fluoruro di calcio
CaF
2; inoltre la reazione sarebbe molto lenta. Si ovvia a ciò
aggiungendo della silice SiO
2 che ha molteplici funzioni. Essa
innanzitutto attacca la fosforite, liberando l'anidride fosforica
P
2O
5 che è facilmente ridotta; inoltre forma con il
calcio dei silicati fusi alla temperatura di lavoro (che possono essere
spillati), aumenta la conducibilità elettrica e infine forma con il
fluoruro (in parte) dei fluorosilicati fusi. La maggior parte di fluoruro
però viene liberata dalla silice e se ne va come tale nella fase gassosa.
Su questa si opera un recupero delle polveri trascinante mediante precipitatore
elettrostatico, indi si procede al recupero del
f., presente anch'esso
come gas, mediante condensazione. Il raffreddamento necessario è fatto
investendo i gas con una pioggia di acqua; ciò è particolarmente
utile in quanto il
f. che si ottiene (che è nella forma gialla) va
conservato appunto sott'acqua. Naturalmente il forno usato è in materiale
refrattario, eccetto la base che è costituita da un blocco di carbone, in
quanto funziona da elettrodo. Come sottoprodotti si hanno le polveri
pre-precipitate dal filtro elettrostatico, usate come concimi, e una lega
ferro-
f. la quale, spillata dal forno attraverso un'apposita apertura,
viene venduta come tale e usata in fonderia. ║
Usi del f.: il
f. allo stato puro ha scarsissime applicazioni: viene infatti impiegato
principalmente per la produzione dei suoi acidi, sali o altri composti. Molto
usati sono invece i suoi sali. V. FOSFATI. ║
Composti del f.: 1)
Fosfina: composto di formula bruta
PH
3, ottenuta facendo reagire
f. e idrogeno nascente. In tutto
simile all'ammoniaca, è un energico riducente. Bolle a -85 °C e
solidifica a -132 °C. 2)
Difosfina: composto di formula
P
2H
4, si ottiene in piccole quantità nel processo
di produzione della fosfina. Unito alla fosfina stessa si autoaccende molto
facilmente (fuochi fatui). 3)
Fosfuri: sono tutti i composti del
f. con i metalli. Le loro caratteristiche variano in relazione al metallo
usato: con i metalli alcalici o alcalino-terrosi i fosfuri sono composti
analoghi alla fosfina, in cui il metallo costituisce l'idrogeno (infatti,
trattati con H
2O, dànno fosfina); con i metalli pesanti e di
transizione i fosfuri hanno il carattere di composti intermetallici. Il
f. è poi presente come elemento di alligazione in molte leghe.
Negli acciai si cerca di solito di mantenerlo il più basso possibile,
eliminandolo dalla ghisa (nella quale è sempre presente nei minerali
caricati all'altoforno) fino ad un livello di 0,03%; in altre leghe invece viene
aggiunto appositamente. 4)
Anidridi e Ossidi: sono composti ottenuti
dall'unione di
f. e ossigeno. Ricordiamo i più importanti:
anidride fosforica (P
2O
5): è un solido
bianco, amorfo; reagendo con H
2O dà l'
acido fosforico
(V.);
anidride fosforosa
(P
2O
3): fonde a 22,5 °C e bolle a 173 °C; solida
e molto velenosa, reagendo con H
2O dà origine ad
acido
fosforoso H
3PO
3;
tetrossido di f.
(P
2O
4), si ottiene dall'anidride fosforosa. 5)
Solfuri: sono tutti quei composti derivanti dalla reazione del
f.
con lo zolfo. Ricordiamo il
trisolfuro di f. (P
4S
3)
e il
pentasolfuro di f. (P
2S
5). 6)
Sali:
innumerevoli sono i sali derivanti dai vari acidi del
f. La loro
nomenclatura segue le regole generali, cambiando cioè la desinenza
-oso con quella
-ito e la desinenza
-ico con la
-ato. Molto importanti sono tutti i fosfati (di Ca, di Na, ecc.) usati
come fertilizzanti.