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Folclore.

(o folklore). Termine di derivazione inglese, composto da folk: popolo e lore: dottrina, indicante lo studio dei costumi e delle tradizioni popolari. Introdotto verso la metà del secolo scorso, fu presto assorbito nelle varie lingue. Il suo significato è andato modificandosi rispetto a quello iniziale, anche in connessione con i progressi compiuti parallelamente dagli studi etnologici. Inizialmente indicò lo studio delle tradizioni di un popolo trasmesse oralmente: canti, detti, miti, proverbi, ecc. Fu inoltre usato dagli etnologi appartenenti alla Scuola antropologica, in particolare da J. Frazer, per indicare lo studio della mentalità primitiva, legata alla magia e all'animismo. Col progredire degli studi etnologici, il significato del termine è andato circoscrivendosi a quello di studio delle tradizioni popolari nell'ambito dei paesi culturalmente ed economicamente più avanzati, distinguendosi dall'etnologia che si occupa dello studio delle società primitive o a tecnologia semplice. Nelle ricerche folcloristiche sono stati introdotti metodi analoghi a quelli adottati per l'etnologia. Infatti, i dati raccolti vengono esaminati dal punto di vista storico-ambientale e culturale e utilizzati per l'elaborazione di carte raffiguranti le zone d'influenza e di espansione di un dato fenomeno di interesse etnografico: mito, superstizione, costume, canto, ecc. (metodo cartografico). Questo consente la comparazione immediata dei vari fenomeni esaminati e una loro più approfondita comprensione. Un aspetto culturale caratteristico di un popolo può infatti trasformarsi a contatto con le tradizioni di altri popoli: esempi tipici sono dati dalle fiabe e dalle canzoni popolari. Studi particolarmente approfonditi sono condotti sul f. musicale, sia con l'intento di conservare il patrimonio culturale dei canti popolari sia anche con l'intento di definire i rapporti d'interdipendenza fra tradizioni musicali geograficamente anche molto distanti. A questo riguardo l'esempio classico è dato dalla musica jazz le cui radici vanno ricercate nelle tradizioni musicali dei popoli africani. ║ F. musicale: locuzione usata per indicare genericamente quella produzione di canti, di danze o di composizioni strumentali che sono patrimonio di tutti i popoli della Terra e la cui presenza ha accompagnato l'uomo dalle epoche primordiali fino ai nostri giorni. Tuttavia gli studiosi di questo fenomeno parlano di f. solo quando la musica popolare, nelle sue varie manifestazioni come il canto, la danza, ecc. coesiste a fianco di un'arte musicale colta: quando questa circostanza non esiste si preferisce parlare di musicalità primitiva oppure di musica a livello etnologico. Aggiungiamo qui che è assolutamente necessario distinguere fra musica folcloristica e folk song (V.) essendo quest'ultima un'espressione moderna prevalentemente rappresentata dalle canzoni di protesta che hanno avuto, negli ultimi tempi, vasta diffusione in America ed in Europa ma che nulla hanno a che vedere con la vera musica popolare la cui articolazione è per lo più religiosa o ritualistica. Si noti bene, poi, che per la ragione suddetta si possono trovare spesso punti di contatto fra il f. europeo e quello extraeuropeo sia nei generi che vi appartengono sia negli strumenti musicali usati. ║ F. marinaro: complesso di tradizioni popolari, spesso derivate da costumi religiosi primitivi, consistenti in cerimonie, superstizioni, credenze, canti ed usi diversi ma sempre strettamente legati alla vita sul mare. Feste e tradizioni popolari marinaresche presentano caratteristiche diverse a seconda delle popolazioni rivierasche di quasi tutte le parti del mondo, riscontrandosi esse sia presso i pescatori del Mediterraneo, sia presso i cacciatori di foche eschimesi o i pescatori polinesiani e gli indigeni della Terra del Fuoco, come presso le genti costiere dell'Asia e dell'Africa. ║ F. marinaro italiano: è forse uno dei più ricchi dato il grande sviluppo delle coste italiane, delle isole e dei numerosissimi porti che sorgono in riva al mare. Ci limiteremo a segnalare le feste, le cerimonie, le usanze più importanti. Famosa è la sagra del mare che ha luogo a Procida con la processione dal monte di Procida al mare aperto dove la Madonna si incontra con San Michele; è seguita poi da un grande palio marinaro che impegna tutti gli isolani. A Posillipo, a metà giugno, i marinari della zona di Mergellina vanno in processione reggendo sulle spalle la pesante Madonna protettrice dei pescatori; è questa la festa di Sant'Antonio, sorta in concorrenza della festa del Carmine che si svolge a Napoli nel quartiere del mercato, il quartiere che vide nascere Masaniello. Di fama mondiale è la festa napoletana di Piedigrotta che ha luogo ai primi di settembre: è una celebrazione religiosa animata da cortei di ragazze vestite di bianco, di carri allegorici, da cavalcate di grotteschi personaggi storici che seguono, in processione, la Vergine di Piedigrotta; la festa esplode poi in un'orgia di canti, di colori, di fuochi d'artificio. Altra festa napoletana è quella della Nzegna di antichissima origine (ultima domenica di agosto) quando si festeggia la Madonna della Catena, patrona dei pescatori di Santa Lucia. Secondo la leggenda un pescatore di spugne di Santa Lucia era stato sorpreso dalla tempesta mentre era al largo: la sua fidanzata lo attendeva sulla riva piangendo e invocando la Madonna. All'alba i corpi dei due giovani furono scoperti sugli scogli, ormai senza vita, vicino a una cassa entro la quale fu trovato un dipinto ad olio della Vergine col Bambino, ora conservato nella chiesa della Madonna della Catena. Secondo un'altra leggenda i "luciani" (marinai di Santa Lucia) partirono in barca per recuperare un tesoro sommerso nelle acque della costa africana ma furono catturati dai saraceni che esercitavano la pirateria; ma essi riuscirono a fuggire e a raggiungere a nuoto la riva di Santa Lucia ponendosi in salvo. Oggi, nella ricorrenza della Nzegna, i luciani si tuffano in acqua indossando stracci o vestiti di carta (fino al secolo scorso entravano in mare con i loro migliori vestiti) per onorare la sacra statua posta su un baldacchino eretto in mezzo all'acqua. Anche Venezia ha una ricchissima tradizione popolare: basti citare la festa del Redentore e la Regata storica che si rinnova ogni anno fin dal 1300; in quest'occasione sfilano sul "Canalazzo" le antiche bissone, le gondole, le caroline con i loro equipaggi da lavoro, le iole con i rematori indossanti divise multicolori, le importanti imbarcazioni dette dodesana e disdotona oltre al famosissimo Bucintoro da parata con 18 remi. L'arrivo della regata è posto davanti la Cà Foscari. Una caratteristica festa è quella delle scuse di Barbana che si tiene in luglio a Grado o, meglio, sull'isola di Barbana nella laguna di Grado: si onora un'antica Madonna in legno naufragata nel 582 e ritrovata fra i rami di un albero secco, in mezzo all'acqua. Nessuno sa da quale nave provenga né da dove. Fu onorata soprattutto a partire dal 1232 quando a Grado scoppiò la peste. Per l'occasione la Madonna di Grado, protettrice della cittadina, viene imbarcata su una tartana (la "Santità") e scortata da uno stuolo di imbarcazioni fino all'isola di Barbana dove "va a far visita" alla Signora solitaria di Barbana, la Madonna del Naufragio. A Camogli, in Liguria, si festeggia il giorno di San Fortunato, patrono del paese, facendo in piazza una grande frittura di pesce che viene distribuito gratuitamente a tutti i passanti: l'usanza deriva da un voto fatto secoli or sono dalle donne di Camogli durante una tempesta per ottenere la grazia che i loro uomini, tutti fuori in mare per la pesca, potessero salvarsi. A Cervia si praticano invece le nozze del mare: il vescovo di Ravenna benedice il mare da un battello da pesca e getta in acqua un anello di valore (ma questo viene recuperato tempestivamente da un buon nuotatore del posto). Interessante anche la festa dei garagoj che si celebra a Marotta, non lontano da Fano: già al sorger del sole si cucinano in piazza enormi quantità di molluschi - e specialmente di murici, i garagoj - che la gente consuma allegramente bevendoci dietro ottimo vino bianco. Un corteo notturno caratterizza la festa di San Nicola a Bari: la festa ha lo scopo di ricordare il furto delle ossa del santo, vescovo di Mira (Asia Minore), effettuato nel 1087 da 47 marinai baresi mentre i musulmani stringevano d'assedio Bari. Assai interessante anche la processione del cavallo bardato che, a Brindisi, si ripete fin dal 1252 quando l'arcivescovo andò ad incontrare San Luigi IX, re di Francia, miracolosamente salvatosi da un naufragio dopo esser stato sconfitto in mare dai musulmani. Innumerevoli, poi, sono i canti marinari fioriti lungo le coste del nostro paese in un arco lunghissimo di tempo: famose le villotte di Chioggia che trovano riscontro negli stornelli dell'Italia centrale e nei ffronne'e limone dei napoletani o nei a figliola, tipici dei marinai di Nola. Interessanti anche i canti dei gondolieri veneziani, originariamente improvvisati sulle ottave del Tasso. Lo stesso dicasi per la Sicilia con i suoi strambotti (Poveri marinara sbinturati... o San Patru fu lu primu piscaturi...) e i suoi mutu che rievocano le incursioni dal mare dei corsari barbareschi. Anche la decorazione delle barche da pesca ha spesso elementi tradizionali che fanno parte del f. locale. Le barche di Catania portano spesso, a prora, la figura dipinta di una danzatrice che appariva anche nelle imbarcazioni di duemila anni fa. Gli antichi Greci scolpivano sulle polene le loro divinità e i Romani simboleggiavano Giove o Nettuno con le prore a collo di cigno o con i rostri a tridente: oggi i pescatori riproducono sulle loro barche le immagini dei Santi. Tradizionali sono pure alcuni sistemi di pesca: tipica la pesca del pesce spada praticata in Calabria con gli ontri e le palamatare: legata alla tradizione è pure la mattanza che si svolge nelle tonnare siciliane e che conserva caratteri tipici della sua origine araba attraverso i cialome, canti dei pescatori di tonno, e numerosi termini usati dai pescatori stessi. Aspetti folkloristici hanno la pesca delle anguille a Comacchio, quella delle aragoste in Sardegna, e del corallo, quest'ultima praticata con le salabre catalane. ║ F. marinaro dei popoli primitivi: spesso le usanze delle popolazioni costiere sono collegate a riti di magia propiziatoria. Tra i pescatori di diverse regioni, anche molto lontane fra loro, si riscontra spesso il "gioco dell'uomo pesce"; questo viene praticato quando la pesca è scarsa: un uomo viene gettato in mare dai suoi compagni e quindi ripescato con la rete e tratto sulla barca come se si trattasse di un vero pesce. Presso alcune genti marinare l'uomo pesce viene sostituito da un fantoccio. Secondo i primitivi, poi, la semplice raffigurazione della preda ne facilita la cattura; ecco perché molti pescatori portano con sé in mare, amuleti e statuette a forma di pesce. I pescatori Indios della Guiana coprono il proprio corpo con foglie chiare e scure per imitare la pelle maculata del pesce aumara: i Cükci usavano come galleggianti per le reti figurine di legno a forma di foche. Altri primitivi, come i melanesiani di Ulaka (isole Salomone) prima di pescare i bonitos, cantano una sorta di litania con la quale invitano i pesci a saltare nella barca o ad abboccare all'amo. In certe regioni, mentre gli uomini sono a pesca in mare, le donne rimaste a casa devono evitare di compiere certe azioni o certi gesti che influirebbero negativamente sulla pesca. Tra gli indiani delle coste del Pacifico viene praticata la cerimonia del salmone; tra gli Eschimesi dell'isola di Nunivak ha luogo la festa della riconciliazione in corrispondenza con la fine della stagione di pesca: durante tale cerimonia quei pescatori chiedono scusa ai pesci ed agli altri animali marini da essi catturati e sacrificati: gli uomini, in tal modo, si sentono purificati e pronti ad iniziare una nuova stagione di pesca. Gli Eschimesi asiatici gettano in mare assi di legno decorate con figure di animali acquatici sulle quali dispongono vivande varie destinate a placare gli spiriti marini. Tra queste genti numerose sono poi le feste di ringraziamento rivolte a far la pace con i pesci o le foche e le feste delle imbarcazioni che servono a consacrare le loro canoe. Durante la festa delle vesciche, cerimonia assai importante per gli Eschimesi occidentali, gli sciamani cantano per le foche, i salmoni e i venti favorevoli mentre i pescatori gettano in mare quanto rimane dei pesci catturati durante la precedente stagione e le donne cuciono abiti nuovi per la famiglia. Questa festa dura parecchi giorni e, in questo periodo, sono vietati tutti i contatti sessuali, mentre ciascuno cura a fondo la pulizia personale. Inoltre si canta, si danza e i vecchi invocano lo spirito di tre foche per spaventare donne e bambini. Poi le vesciche delle foche catturate durante l'anno vengono gonfiate e gettate in mare: questo è il rito di chiusura della lunga festa. Gli Eschimesi dell'Alaska, prima di dar inizio alla caccia delle balene, purificano con riti speciali i propri corpi, le imbarcazioni e le armi; quindi eseguono canti propiziatori e offrono cibo agli spiriti. Chi ha catturato una balena la trascina fino alla propria abitazione e qui le donne le danno da mangiare (anche se è morta, naturalmente) e da bere acqua dolce: per tutto il tempo in cui l'animale resta esposto nessuno deve usare strumenti o utensili di ferro che potrebbero ferire l'anima della balena: inoltre viene sospesa ogni normale attività. Gli uomini recuperano tutto ciò che dell'animale è utilizzabile e i resti, inservibili, vengono alla fine gettati in mare non senza essere invitati, con particolare rito, a farsi ritrovare nuovamente l'anno dopo. Anche l'Oceania è ricchissima di tradizioni popolari: nelle Nuove Ebridi le feste hanno carattere tranquillo e sono caratterizzate soprattutto dalle danze rituali nelle quali gli uomini sono totalmente separati dalle donne: tali danze vengono eseguite in riva al mare e si dividono in danze diurne e danze notturne, ciascuna caratterizzata da ritmi particolari. Quelle notturne hanno luogo alla luce di un gran fuoco tenuto costantemente acceso e sono sempre a movimento rotatorio. Diversi da quelli praticati dalle tribù dell'interno sono i riti di passaggio delle genti costiere della Melanesia dove, per le danze, vengono usati tamburi a forma di clessidra chiusi da membrane di pelle di serpente o di interiora di pescecane: in Polinesia i tamburi sono più grandi mentre i flauti, di osso o di legno, a tubo o a vaso, di bambu o di canna, suonati col naso o con la bocca, non vengono mai adoperati in presenza delle donne perché servono per le cerimonie di iniziazione. Assai pittoresche sono le cerimonie di passaggio in Polinesia: i giovani devono sottoporsi a numerose prove di coraggio e spesso anche a dolorosi interventi; tipica poi è la credenza della morte del giovane e della susseguente sua rinascita come adulto. Tutte le cerimonie di iniziazione, presso le genti marinare dell'Oceania, sono ricche di significati sessuali in quanto, dopo il passaggio, il giovane diventa atto alla procreazione.