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Fluorescenza.

Fenomeno di emissioni di radiazioni presentato da alcune sostanze sotto l'effetto di radiazioni incidenti, generalmente di diversa lunghezza d'onda. La f. è quindi una particolare forma di luminescenza, cioè di emissioni di radiazioni. Si distingue dalla fosforescenza per il fatto che questa perdura anche al cessare delle eventuali radiazioni che l'avessero causata. La f. invece perdura, al cessare della radiazione che la genera, per un tempo brevissimo, dell'ordine di 10 miliardesimi al secondo, quanto è necessario affinché entro un atomo avvengano transizioni elettroniche fra i diversi livelli. La radiazione incidente che la causa può essere sia una radiazione elettromagnetica (luce visibile o infrarossa o ultravioletta, raggi X, ecc.) sia particelle atomiche o subatomiche, cariche o no. Nella maggior parte dei casi la radiazione emessa ha una lunghezza d'onda superiore a quella della radiazione incidente; questa traslazione di frequenza va sotto il nome di effetto Raman. Se la radiazione emessa contiene delle onde con la stessa frequenza di quelle incidenti si parla anche di radiazione di risonanza. Il fenomeno della f. non è ancora ben spiegato. Di certo si sa che esso si origina per il fatto che la radiazione incidente viene assorbita con un processo quantico da un certo numero di centri attivi, ognuno dei quali assorbe un quanto di energia. Di conseguenza gli atomi (o molecole) assorbenti passano ad uno stato eccitato: uno o più elettroni vengono promossi ad orbitali a più elevato contenuto energetico rispetto a quelli di riposo. Evidentemente gli atomi (o molecole) tendono a ritornare nello stato non eccitato emettendo energia secondo una frequenza loro caratteristica, indipendente da quella di partenza. L'andamento di questa emissione è un esponenziale decrescente per cui un identico andamento sarà presentato dalla radiazione emessa al cessare della radiazione eccitante. Se diciamo t il tempo, I l'intensità dell'emissione ed I0 la stessa intensità in presenza della radiazione incidente, si ha che a partire dall'istante t = 0 in cui questa cessa vale la relazione:

I = I0 e(-t/τ)

essendo e la base dei logaritmi naturali e τ una costante di tempo caratteristica della sostanza. Si osservi che anche per un singolo atomo varrebbe la stessa legge, eventualmente con una diversa costante di tempo. La costante di tempo ha di solito un valore molto piccolo (fino a 10-9 sec. circa) ma può anche essere elevata, giungendo in qualche caso (ad esempio per il silicato di stronzio contenente europio) a circa 2 sec. In questo caso si parla anche di f. lenta ma non di fosforescenza in quanto la costante di tempo è virtualmente indipendente dalla temperatura mentre nella fosforescenza tale dipendenza è molto marcata. Fra le sostanze che presentano in modo vistoso il fenomeno della f. nel visibile ricordiamo certi minerali di uranio (andersonite, bayleyite, torbernite, uranocircite, ecc.) e altri elementi radioattivi ma anche certe forme di minerali comuni come ad es. la calcite e la fluorite. Numerose sono poi le sostanze organiche fluorescenti, sia naturali che sintetiche: alcune sono anche impiegate come indicatori di pH. Un impiego delle sostanze fluorescenti aventi dei tempi di diseccitazione molto piccoli (т dell'ordine di 10-7 sec. o meno) si ha nei contatori a scintillazione. Questi dispositivi servono a rivelare particelle subatomiche o particelle alfa in quanto, laddove incide una particella, il materiale emette una piccola scintilla di luce (visibile) nel riportarsi allo stato non eccitato. Lo stesso fenomeno si ha anche in presenza di altre radiazioni come raggi X o raggi gamma. Dal conteggio delle scintille si può quindi trovare il numero di particelle che incidono sul materiale fluorescente nel tempo di esame oppure ricavare l'intensità del fascio di raggi X o raggi gamma incidente. I contatori a scintillazione sono in generale accoppiati ad un sistema elettronico che effettua il conteggio degli impulsi per unità di tempo oppure per un tempo prefissato e sono di uso comune su molte apparecchiature di rivelazione con particelle o di analisi con radiazioni. ║ Lampade fluorescenti o lampade a f.: lampade che sfruttano il fenomeno dell'emissione luminosa che si accompagna ad una scarica nei gas e la luminescenza di un solido al fine di produrre luce nel campo visibile con un colore voluto. Una lampada di questo tipo è costituita da un bulbo di vetro di forma varia, alle cui estremità sono posti due elettrodi, riempito con un gas (o miscela di gas) a pressione opportuna, ad es. mercurio a bassa pressione. Per effetto della differenza di potenziale applicata agli elettrodi, si stabilisce una scarica nel gas, con emissione di radiazioni delle quali solo una parte, di solito piccola, è compresa nel visibile. La parete interna del tubo è però rivestita di una sostanza opportuna che, assorbendo le radiazioni emesse fuori dal visibile dal gas, emette a sua volta altre radiazioni, aventi una frequenza compresa nello spettro visibile e centrata ad es. sul viola, sul rosso, ecc. In tal modo l'energia elettrica viene convertita in energia luminosa con un rendimento globale del 20 ÷ 30%, mentre nelle comuni lampade ad incandescenza (cioè a filamento) la conversione in luce si aggira sul 7%, e la restante parte viene convertita in calore. Per contro le lampade fluorescenti necessitano di un dispositivo di innesco, detto starter, in quanto la tensione di rete, anche se sufficiente a mantenere la scarica nel gas, non basta per attivarla all'accensione. ║ F. di raggi X: fenomeno della f. allorché esso avviene con assorbimento di raggi X ed emissione di altri raggi X. Con lo stesso nome si indica anche il metodo di analisi basato sullo stesso fenomeno. È noto che in un atomo eccitato, alcuni dei suoi elettroni degli strati più interni sono passati su quelli più esterni; il ritorno sugli strati di partenza avviene con emissione di raggi X. Questi non sono costituiti da uno spettro continuo di emissione ma da un insieme di righe spettrali, aventi ognuna una sua lunghezza d'onda ben precisa, che costituiscono lo spettro dell'elemento. Dato che le radiazioni dello spettro a maggior contenuto energetico sono quelle che interessano gli elettroni degli strati più interni (a riposo), lo stato di aggregazione dell'elemento ed il fatto che esso sia variamente combinato non muta lo spettro di emissione. Ogni atomo presente nel campione che venga eccitato da una radiazione X emette quindi a sua volta un'analoga radiazione con le sue frequenze proprie. L'analisi chimica per f. di raggi X si basa proprio su questa caratteristica. Si abbia un certo campione che contiene più elementi, ad es. una lega ferrosa di Fe, Ni, Co, W, Mo, Mn, C e Si. Se lo bombardiamo con un fascio di raggi X ad alta energia, esso assorbirà questa radiazione e ne emetterà una sua propria, composta dall'insieme degli spettri del ferro, del nichel, del cobalto, e così via. È evidente che, tanto più alta è la percentuale di un elemento nel campione, tanto maggiore è l'intensità delle sue righe spettrali. Se disponiamo di un dispositivo che possa analizzare l'intensità dei raggi X secondari (cioè emessi dal campione per f.) una riga spettrale alla volta, possiamo trovare una correlazione fra questa intensità ed il tenore di ogni elemento nel campione. Su questo fatto si basa appunto questo metodo di analisi. ║ Apparecchiatura: un'apparecchiatura per f. di raggi X (abbreviato: XRF) è in molte parti uguale ad un comune diffrattometro a raggi X. Essa si compone delle seguenti parti fondamentali: 1) generatore di tensione; 2) tubo a raggi X; 3) portacampione; 4) cristallo analizzatore; 5) tavolo goniometrico; 6) rivelatore di radiazioni; 7) sistema di conteggio e registrazione degli impulsi. Esaminiamo singolarmente queste parti e le loro funzioni. 1) Generatore di tensione: consiste di un trasformatore, un sistema di raddrizzatori e di livellamento della tensione. Serve per fornire in uscita una tensione continua assolutamente stabile e regolabile fino ad un massimo di 50 kV (cioè 50.000 Volt) o 100 kV secondo i modelli. Questa tensione serve per l'alimentazione del tubo a raggi X e delle altre parti dello strumento. 2) Tubo a raggi X: si utilizzano dei tubi generatori di raggi X nei quali i raggi sono generati da una piccola placca metallica, detta anticatodo, di composizione esattamente nota, di solito un metallo o una lega. L'apparecchiatura è di solito dotata di più tubi, aventi anticatodi diversi (di solito metalli pesanti: rame, molibdeno, tungsteno, ecc.), fra loro intercambiabili. I tubi sono raffreddati ad acqua; sul circuito di questa è inserito un interruttore di sicurezza che spegne l'alimentazione se la pressione dell'acqua non è sufficiente ad assicurare un buon raffreddamento. Nell'analisi si impiega un tubo di un elemento diverso da quelli analizzati (nel campione) per evitare disturbi dovuti alle possibili riflessioni: di qui l'esigenza di avere più tubi per poter analizzare molti elementi. Le migliori rese si hanno impiegando un tubo che ha delle righe spettrali abbastanza vicine a quelle degli elementi da analizzare. 3) Portacampione: si tratta di un sistema di bloccaggio del campione che ne espone solo un'area nota (da qualche mm2 a diversi cm2) alla radiazione incidente. Per provini solidi è molto semplice: per provini liquidi esso è a forma di una vaschetta chiusa sul fondo da una membrana di una materia plastica trasparente ai raggi X. In tal caso il fascio di raggi deve necessariamente provenire dal basso. In taluni casi il portacampione è a tenuta e collegato ad una pompa a vuoto in modo da fare il vuoto su tutto il percorso dei raggi e migliorare la sensibilità dello strumento. 4) Cristallo analizzatore: ha la funzione che nella spettrofotometria assolve un prisma ottico, cioè quella di separare la radiazione incidente (emessa dal campione in prova) in una serie di radiazioni ognuna con una sua lunghezza d'onda e di emetterle secondo un certo angolo Fluoresc00.png che dipende in modo univoco dalla lunghezza d'onda stessa. Esso non è altro che un cristallo di materiale opportuno, tagliato secondo un certo piano cristallino, che funziona da reticolo di diffrazione. Se d è la distanza fra i piani interatomici del cristallo e Fluoresc00.png l'angolo che la radiazione incidente forma col piano del cristallo, la legge di Bragg afferma che di tutte le radiazioni incidenti sul cristallo l'unica ad essere riflessa è quella con lunghezza d'onda λ tale che valga la relazione:

λ = 2 d sen Fluoresc00.png

Se dunque ruotiamo il cristallo analizzatore rispetto ad un suo asse il modo da variare con continuità l'angolo Fluoresc00.png di incidenza della radiazione, potremo selezionare una qualsiasi lunghezza d'onda, almeno entro un certo campo. La costruzione dello strumento è tale per cui la radiazione selezionata esce dal cristallo analizzatore formando un angolo pari a 2Fluoresc00.png rispetto alla radiazione incidente. Generalmente si hanno a disposizione diversi cristalli, aventi diversa distanza d fra piani cristallini (da qualche Ångström a qualche decina di Ångström: 1 Ångström = 10-8 cm) in modo che è possibile accomodare un vasto campo di lunghezze d'onda senza dover ricorrere ad angoli Fluoresc00.png prossimi a 0° o 90°, che danno le letture meno precise. 5) Tavolo goniometrico: è il tavolo che porta il cristallo analizzatore e talvolta anche il portacampione. Esso reca due cerchi graduati sui quali è possibile leggere l'angolo Fluoresc00.png e l'angolo 2Fluoresc00.png della formula sopra vista. Inoltre di solito è motorizzato nel senso che può essere fatto muovere con Fluoresc00.png gradualmente crescente o descrescente da un certo valore prefissato con una velocità angolare costante preselezionata. 6) Rivelatore di radiazioni: può essere del tipo a scintillazione, ad effetto valanga, ecc. La sua funzione è di emettere un impulso elettrico per ogni quanto di radiazione X che riceve dal campione. La scelta dipende dalla lunghezza d'onda che si vuol esaminare e dall'intensità della radiazione; comunemente si impiega il tipo a scintillazione che è adatto per la maggior parte dei casi. 7) Sistema di conteggio: si tratta di un dispositivo elettronico che effettua un conteggio dei quanti di radiazione ricevuti dal rivelatore, contando gli impulsi emessi da questo. Esso è dotato di un orologio elettronico per cui può dare in uscita direttamente il numero di impulsi per secondo o per minuto. Si possono adottare due metodi di misura dell'intensità della radiazione: a tempo fisso oppure a numero fisso. Nel primo metodo si imposta sull'apparecchiatura un certo tempo (ad esempio 10 secondi, 2 minuti, ecc.) e si dà il via: l'apparecchiatura conta gli impulsi che le giungono sommandoli automaticamente per un tempo uguale a quello impostato, al termine del quale si arresta indicando l'ammontare del conteggio. Nel metodo a numero fisso si imposta il numero di conteggi da effettuare (ad es. 200.000) e si dà il via: l'apparecchiatura effettua il conteggio degli impulsi che le pervengono e si arresta quando il totale raggiunge il numero impostato. In questo caso in uscita compare il tempo che essa ha impiegato per giungere ad assommare un tal numero di impulsi. I due metodi sono pressoché equivalenti; quello a numero fisso è in generale più veloce ma l'altro offre maggior precisione per le radiazioni di bassa intensità. Nella maggior parte dei casi si usa il metodo a tempo fisso. Inoltre è possibile ottenere una registrazione quantitativa, in forma di grafico su striscia di carta, della velocità di conteggio. Questa registrazione può essere fatta avendo come ordinata l'angolo 2Fluoresc00.png impostato sul goniometro. ║ Analisi qualitativa: mediante la XRF è possibile effettuare un'analisi qualitativa molto veloce di un campione contenente molti elementi in breve tempo. Sono esclusi dall'analisi gli elementi più leggeri: le apparecchiature meno recenti non consentono l'analisi di elementi a numero atomico inferiore a 11 (cioè che precedono il sodio); quelle più recenti consentono anche la rilevazione del fluoro (numero atomico 9). Per effettuare un'analisi qualitativa si opera in questo modo: si pone il campione nel portacampioni e si imposta una rotazione automatica del tavolo goniometrico a partire da un certo angolo (0° o anche se si sanno approssimativamente gli elementi presenti, anche un angolo maggiore) e si effettua una registrazione su carta del numero di conteggi per secondo in funzione dell'angolo 2Fluoresc01.png. Il diagramma così ottenuto presenta una serie di picchi in corrispondenza a certi angoli 2Fluoresc00.png: ognuno di questi corrisponde ad una certa lunghezza d'onda, che è propria di un certo elemento. I casi di due elementi che emettono righe molto vicine sono rari e comunque possono essere risolti per il fatto che ogni elemento emette più righe. Sono disponibili delle tabelle che in funzione dell'angolo 2Fluoresc00.png danno direttamente gli elementi per i quali si presentano i picchi, per cui è possibile osservando il grafico rilevare tutti gli elementi presenti nel campione, eccetto quelli a numero atomico più basso di cui si è detto. In realtà questa analisi è anche semiquantitativa perché l'altezza dei picchi è correlata con la quantità di elemento presente nel campione: si possono dunque trarre già delle indicazioni. Ad esempio si consideri il caso di un acciaio bassolegato: con un minimo di esperienza si può dire, osservando il grafico, se vi è un'aggiunta di nichel (o qualsiasi altro alligante) oppure se questo elemento è presente solo nella piccolissima quantità che si trovava nei minerali o nei rottami usati per la fabbricazione dell'acciaio. ║ Analisi quantitativa: noti gli elementi che devono essere presenti nel campione e che si vogliono determinare quantitativamente occorre determinare le quantità. Si deve tener conto che per un certo elemento in una certa miscela l'emissione è costante ma questa può cambiare da una miscela all'altra. Inoltre l'emissione è diversa, a pari quantità e miscela (o matrice) da elemento ad elemento; in generale essa è tanto maggiore quanto più alto è il numero atomico dell'elemento considerato. Operando in una soluzione la matrice è composta essenzialmente da acqua (e quindi da elementi leggeri) per cui non ha alcuna influenza. Si può quindi trovare una curva di taratura per ogni elemento preparando delle soluzioni campione con diverse concentrazioni dell'elemento. La costruzione delle curve è molto semplice perché in un caso come questo sono praticamente delle rette. Operando con un solido, ad esempio un acciaio, la matrice può avere influenza: per un acciaio è infatti costituita da ferro, che è relativamente pesante. Occorre in questo caso avere a disposizione una serie di alcuni campioni dello stesso tipo di acciaio con composizioni simili ma tenori variabili degli elementi interessanti. Effettuando per ognuno di questi la rilevazione degli impulsi per un certo tempo (o del tempo per raggiungere un certo numero di impulsi) naturalmente con prefissate condizioni di alimentazione del tubo generatore, con un certo cristallo, con una certa geometria del provino, ecc., si ottengono altrettante curve di taratura che riportano la concentrazione in funzione degli impulsi (o del tempo) conteggiati. Queste curve servono per i successivi esami: ogni provino viene analizzato per i diversi elementi che interessano e le letture fatte sono tradotte in percentuali interpolando sulle curve di taratura. Una volta che l'analisi su un certo tipo di matrice è stata messa a punto e le curve sono disponibili, la determinazione di una decina di elementi comporta dei tempi variabili da 10 minuti ad un'ora nel caso peggiore. Esistono anche degli strumenti a più canali, uno per ognuno degli elementi che interessano: in corrispondenza ad ogni angolo 2Fluoresc00.png di uno di questi elementi si trova un rivelatore che invia i dati ad un suo sistema di conteggio per cui i vari elementi sono analizzati in parallelo anziché in serie. Addirittura si può applicare allo strumento un minicalcolatore che effettua l'interpolazione sulle curve di taratura e stampa direttamente le percentuali degli elementi. Il tempo di analisi si riduce quindi a pochissimi minuti, in qualche caso a meno di un minuto. Questo tipo di strumento è però adatto ai casi in cui si debbano fare numerosissime analisi ripetitive e molto veloci. Il suo costo però è molto elevato, di solito più che doppio rispetto agli strumenti ad un canale che costano già 15 4 25 milioni di lire. È quindi utilizzato solo in casi ben precisi, ad esempio per il controllo delle composizioni dei minerali entranti in un certo impianto o dell'andamento del tenore degli elementi più interessanti durante un'operazione di affinazione: la velocità di analisi è allora essenziale per poter effettuare per tempo certe aggiunte correttive o per il controllo del processo. Ad esempio l'analisi per via umida del tungsteno in un acciaio legato richiede, anche col metodo spettrofotometrico al ditiolo, un minimo di 8 ore, mentre con la XRF si può effettuare in pochissimi minuti. Per di più non occorrono reagenti e attrezzature ausiliarie. Con la XRF si ha anche il vantaggio che l'analisi non è distruttiva, purché il campione sia abbastanza piccolo da entrare nel portacampione e presenti un tratto di superficie relativamente piana. ║ Precisione: la precisione del metodo dipende essenzialmente dalla qualità della strumentazione e dalla bontà della sua messa a punto, oltre che da altri fattori quali la omogeneità del campione, l'accuratezza della curva di taratura, il tempo utilizzato per i conteggi e così via. Alle bassissime concentrazioni, 0,01% o meno, l'analisi è ancora precisa entro qualche percento del tenore rilevato per gli elementi di numero atomico medio o alto; su quelli più leggeri può dare degli errori anche del 10% del tenore rilevato. Per le concentrazioni più elevate l'errore può essere contenuto nell'1% o anche nello 0,1% del valore rilevato secondo il peso dell'elemento ed il tipo di matrice. Mentre alle bassissime concentrazioni il metodo non è competitivo quanto a precisione con altri quali l'assorbimento atomico e la spettrografia (entrambi più lenti: inoltre il primo ha un costo di gestione elevato ed il secondo può operare solo su campioni solidi con punto di fusione abbastanza elevato) alle concentrazioni medie ed alte la precisione ottenibile è pari a quella data dalla migliore strumentazione industriale. Nessun metodo poi è altrettanto veloce su un numero elevato di elementi. ║ Applicazioni: la XRF ha quindi trovato una vasta diffusione sia nei laboratori di ricerca per analisi ripetitive sia come controllo della qualità di processi fabbricativi che dei materiali in accettazione. Un uso molto spinto ne viene fatto anche dai laboratori di analisi dei minerali, soprattutto per la facilità con cui si può effettuare un'analisi qualitativa e semiquantitativa. Uno dei maggiori ostacoli alla sua diffusione è costituito dall'elevato costo iniziale dell'attrezzatura, anche nella versione più semplice. Ricordiamo infine che molte apparecchiature per la f. di raggi X possono essere utilizzate, sostituendo alcune parti facilmente intercambiabili, per la diffrazione di raggi X, cioè per esami sulla struttura cristallina di campioni solidi.