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Filosofìa.

(dal greco philosophía: amore del sapere). Originariamente il termine venne usato in senso generale per indicare la scienza e la ricerca culturale in genere. Una sua delimitazione, nel senso di disciplina avente per oggetto lo studio dell'attività speculativa, cominciò ad aversi solo con Platone. Il termine f. cominciò infatti a prevalere nei circoli socratico-platonici in contrapposizione a sofista (sapiente), usato sino allora col significato che oggi viene dato al vocabolo filosofo. Successivamente il termine sofista passò a indicare una particolare scuola filosofica classica e, nel suo significato più largo, chi si dedica a una ricerca pretenziosa e fa uso di ragionamenti intenzionalmente capziosi. La f. presocratica circoscriveva il proprio compito alla ricerca intorno al supremo principio della natura. Pur rimanendo questo uno dei compiti della ricerca filosofica di ogni tempo, essa assunse una nuova dimensione con Socrate e Platone, trasformandosi da ricerca naturale in ricerca ideale dei valori, e fu questa la ragione per cui questi pensatori respinsero l'attributo di sapienti. Secondo la nuova concezione, infatti, il filosofo non è un "sapiente", ma un semplice "ricercatore di sapienza", e la f., intesa come scienza dei valori, non è più "sapere", bensì "ricerca". Questa nuova concezione non annullò quella originaria della f. intesa come ricerca intorno al supremo principio della natura. Da essa tuttavia derivò una nuova interpretazione e l'esigenza di nuovi valori da porre al pensiero. Questa concezione caratterizzò tutta la f. classica. Col crollo della società antica, venne a cadere anche il tentativo di trovare un principio logico da cui dedurre scientificamente il mondo e prevalse la tendenza a ricorrere a un Essere supremo, concepito come persona dotata di volontà assoluta e perciò trascendente ogni ragione umana. Il problema del rapporto tra ragione e fede divenne predominante. Il contributo del pensiero cristiano alla f. fu di mostrare che il principio universale non può essere che l'atto di coscienza. Questo era stato già intuito da Platone che, però, non ne aveva sviluppato a sufficienza il significato. Con ciò il pensiero cristiano poté considerarsi l'interprete delle stesse esigenze della f. greca. Col ritorno al classicismo del periodo rinascimentale, venne ripresa anche l'esigenza di considerare la f. come la base costitutiva dell'ordine scientifico del mondo. Si pervenne così alle concezioni di Cartesio e di Spinoza. A quest'ultimo si deve il tentativo più compiuto di spiegare tutto e di giustificare tutto, compreso il male, inserendolo in una costruzione scientifica del mondo, interpretato come un'unica grande coscienza, avente in sé la ragione del proprio ordine. La possibilità di far coincidere una sistemazione scientifica del mondo con un ordinamento di valori venne posta in dubbio da Kant che postulò, invece, un mondo degli oggetti avente soltanto valore relativo, fenomenico, ossia privo di valore, e un mondo di puri valori. Con Kant, la f. rinuncia a costituirsi come scienza suprema, mentre viene approfondito il concetto di valore e si afferma il principio che ogni valore trova fondamento nell'unità della coscienza. L'idealismo post-kantiano, pur riconoscendo che tutto deve essere l'espressione di un atto di coscienza, tenta di ricostruire l'unità del mondo e dei valori. Esso però si richiama alla coscienza in generale, ossia allo spirito. Nella f. contemporanea è prevalso invece il tentativo di concepire il valore come atto della coscienza singola, pur non rinunciando alla sua universalità e alla costruzione di un ordine razionale, scientifico, della natura, in cui questi valori siano applicati. Avendo rinunciato a una visione unitaria del pensiero, si sono poste alcune esigenze fondamentali: 1) spiegazione scientifica, razionale, del mondo fisico, biologico e psicologico; 2) necessità che tale spiegazione risponda a valori assoluti; 3) necessità che questa visione del mondo, secondo fini assoluti, costituisca una garanzia contro la falsità e il male. Come osserva il filosofo esistenzialista K. Jaspers, la f. non può essere definita in quanto "non è determinabile mediante altro che non sia f.". Essa tuttavia si differenzia dalle altre forme di conoscenza e dalle scienze particolari in quanto, pur avendo in comune con esse l'esigenza scientifica, presenta anche l'esigenza, a queste sconosciuta, che l'ordine razionale scientifico abbia anche valore assoluto. Pertanto la f. non può raggiungere, come invece le scienze particolari, risultati definitivi e perfettamente dimostrabili. Nella f., infatti, poiché ogni termine è in rapporto con un valore postulato, esso ha validità solo per coloro che accettano tale valore, e ogni deduzione risulta opinabile. La sua esigenza scientifica differenzia però la f. dalla religione per quanto anche questa si presenti come la ricerca di un valore supremo. Infatti, la ricerca filosofica, pur cominciando con un atto di fede in un valore assoluto, pone a se stessa l'obbligo di presentare tale valore come un principio di razionalità. Nel corso di tutta la storia del pensiero, la validità della f. è stata a varie riprese negata. Scettici, mistici e dogmatici negano infatti, con diverse motivazioni, la possibilità di pervenire alla conoscenza dei fini ultimi e a una visione razionale della realtà. Spesso, però, tra i negatori della f. e della validità della ricerca filosofica, figurano pensatori che occupano un posto di primo piano nella storia della f. che essi hanno arricchita di nuovi fermenti. ║ Storiografia filosofica: sin dall'antichità classica si trovano tentativi di ordinare lo sviluppo del pensiero precedente nelle sue varie ramificazioni. Questo tentativo fu compiuto da Aristotele con lo scopo di tracciare una linea di sviluppo, un processo storico delle correnti filosofiche a lui anteriori. La storia della f. ha però assunto la caratteristica di branca autonoma solo nel XIX sec., quando più viva cominciò a farsi sentire l'esigenza di vedere, al di là della costruzione sistematica del singolo filosofo, la continuità di un lungo processo razionale. La storia della f. si propone infatti di cogliere il filo sotterraneo che lega i singoli pensatori e i problemi dibattuti, lungo tutto il corso del pensiero, pur nella libera concezione del filosofo. Da parte di alcuni storici della f. è stato inoltre posto il problema del rapporto esistente tra l'apparire storico di certe correnti di pensiero filosofico e i problemi da queste sollevati, e i contemporanei sviluppi di altre branche quali l'arte, la letteratura, la dottrina politica. Si è così arrivati a una concezione che tende a vedere in ogni età l'espressione di una problematica comune a tutti i pensatori, pur nella diversità delle singole interpretazioni. La storia della f. tende sempre più ad essere considerata un momento tipico della storiografia in generale, senza un proprio sviluppo autonomo, scisso dal processo degli eventi storici. Sulla necessità di mantenere un costante contatto tra la storia della f. e la storia della cultura in generale hanno insistito i migliori storici della f. Infatti, i vari fenomeni culturali sono tra loro strettamente connessi, per cui non è possibile intendere e penetrare i sistemi e le dottrine filosofiche, se ci si limita a seguire l'evoluzione del processo filosofico attraverso la filiazione delle idee da altre idee, senza tener conto del complesso svolgimento della civiltà umana. Così, per es., è impossibile intendere la rivoluzione filosofica del Rinascimento, se non si tiene conto della novità introdotta dal sistema copernicano, né è possibile dare una giusta valutazione del positivismo del XIX sec. se non si tiene presente il contemporaneo sviluppo delle scienze. ● Encicl. - Se non si tien conto del pensiero orientale, ossia della tradizione filosofica cinese e indiana, lo sviluppo storico della f. ha inizio con la civiltà greca e si distingue, nelle sue grandi linee, in f. antica, medioevale, moderna, contemporanea. Nel periodo pre-socratico (VII-V sec. a.C.) il pensiero si volge all'osservazione del mondo e al problema delle origini del reale e i pensatori sono, insieme, filosofi e scienziati della natura. Così i primi filosofi fioriti nella Ionia (Scuola ionica o Scuola di Mileto) tra cui Talete, Anassimene, Anassimandro, ricercano la "sostanza prima" del mondo. Talete sostiene che tutte le cose scorrono in un flusso continuo, come vuole la natura del loro elemento originario, l'acqua. Anche l'anima viene considerata come un principio di movimento in un universo tutto animato. Altri pensatori, seguendo una concezione pluralistica, basano invece la loro ricerca sulle "sostanze molteplici" costitutive del cosmo: così Empedocle (concezione dei quattro elementi: acqua, aria, terra, fuoco), Anassagora (teoria delle omeomerie, le particelle elementari della realtà), Democrito (concezione atomistica). Già con Anassagora, però, s'inizia un processo di differenziazione tra natura e spirito, mentre gli Eleati (Parmenide, Melisso, Zenone) si pongono il problema dell'essere. Col movimento sofistico (Protagora, Gorgia, Prodico di Ceo), l'interesse si volge prevalentemente verso l'uomo. Tale processo di avvicinamento all'uomo e ai problemi etici raggiunge la sua piena maturità con Socrate (469/70-399 a.C.) che pone la ricerca filosofica su nuove basi e col quale s'inizia un'opera di rinnovamento e si apre un processo etico-spirituale che raggiunge le vette più alte nell'opera di Platone. Per distinguerle dalla scuola socratica che fa capo a Platone, vengono indicate come "scuole socratiche minori" quelle che raggrupparono i vari discepoli e continuatori di Socrate, ramificandosi in varie correnti: cirenaica (Aristippo, Egesia, Annicceri); cinica (Antistene, Cratete, Diogene), megarica (Euclide di Megara, Eubolide, Stilpone). Seguendo l'ispirazione etica del maestro, Platone (428/ 27-348/47) giunge a costruire una f. che non rappresenta un rigido sistema, ma un complesso di problemi alla cui base si pone la teoria delle forme eterne del reale, nota come "dottrina delle idee". Discepolo di Platone, Aristotele (384/83-322/31) svolge una profonda critica all'assolutismo trascendente platonico, in nome delle reali esigenze e debolezze degli individui nella loro concretezza presente. Con Platone e Aristotele, l'analisi del pensiero porta al completamento della Fisica con l'Etica e la Metafisica, e alla costruzione della Logica. Lo spirito, in quanto sostanza pensante, viene distinto dal corpo, e indicato come dovere morale dell'uomo quello di svilupparlo, domando la sua natura materiale. Contro gli sviluppi logico-ontologici del socratismo, compiuti da Platone e Aristotele, e come reazione al movimento socratico minore, si sviluppò lo scetticismo greco di cui fu primo assertore Pirrone (365-274 a.C.). A partire dal III sec., la ricerca filosofica acquistò un orientamento prevalentemente etico, con lo sviluppo della Scuola stoica ed epicurea. Fondatore dello Stoicismo fu Zenone (334-262 a.C.). Esso si basava su una logica del concreto non molto dissimile da quella epicurea. Queste due correnti filosofiche, soprattutto lo Stoicismo, ebbero il loro sviluppo finale a Roma. Tra i massimi rappresentanti dell'ultima fase stoica, figurano M.A. Seneca, Musonio Rufo e l'imperatore Marco Aurelio. Nel primo secolo dell'era cristiana, si sviluppa una filosofia semiorientale della rivelazione che si svolge in parte sul terreno dell'ellenismo greco e in parte su quello giudaico, avendo il suo centro in Alessandria, punto d'incontro e di fusione delle due culture. Questo indirizzo ebbe tra i suoi massimi rappresentanti Filone di Alessandria (30/20 a.C. - 50 d.C.). Tra le scuole di questo periodo, ebbe particolare fortuna il Neopitagorismo, rappresentato dai cosiddetti scritti "ermetici". Questo indirizzo si concretò nel Neoplatonismo in cui confluirono le grandi correnti della filosofia precedente: platonismo, aristotelismo, stoicismo, pensiero giudaico-alessandrino, neopitagorismo. Iniziato da Ammonio Sacca, il Neoplatonismo ebbe il suo massimo rappresentante in Plotino (204-270) che cercò di conciliare le esigenze razionalistiche del mondo ellenico con l'esperienza mistica dell'Oriente, sulla base di un'ispirazione eminentemente religiosa. Pertanto, con Plotino, gl'interessi religiosi prendono il sopravvento su quelli filosofici e lo scioglimento della scuola di Atene nel VI sec. segna la fine della f. greca. ║ F. medioevale: il pensiero cristiano, in quanto volto a creare una f. di Dio, del mondo e dell'uomo, è l'erede del pensiero greco, filtrato però attraverso il Neoplatonismo che, con le sue esigenze spirituali, più si avvicina alle preoccupazioni teologiche degli scrittori cristiani. Nei primi tre secoli si affermano i Padri apostolici, gli apologisti e i controversisti. Particolarmente importanti, sotto l'aspetto filosofico, sono i Padri apologisti, tra cui spicca San Giustino, in quanto essi sviluppano il loro pensiero in polemica con quello classico. Il massimo sviluppo della Patristica si ha a partire dal III sec. durante il quale centro del pensiero cristiano fu la Scuola di Alessandria, il Didascaleion, in cui si opera un avvicinamento dell'apologia cristiana con le dottrine classiche. Massimi rappresentanti di questa scuola furono Clemente Alessandrino e Origene che fu il primo vero grande filosofo del Cristianesimo. Mentre l'indirizzo filosofico-teologico della Patristica orientale è prevalentemente speculativo, quello seguito dai padri latini è soprattutto pratico. Tra questi un posto di primo piano occupa Tertulliano, al quale fece seguito Sant'Agostino (354-430), il massimo pensatore della Patristica e uno dei più grandi di tutti i tempi. In ogni modo, più che filosofico, l'interesse vitale dell'età patristica fu di natura teologica e i Padri operarono per pervenire a una sistemazione dell'insegnamento evangelico: dottrina della Trinità, Incarnazione, Redenzione, Provvidenza, Grazia, ecc. Al di là della riduzione della f. a teologia, si ebbe l'assimilazione del pensiero classico che penetrò nell'elaborazione della dottrina di Dio e dell'uomo, affermando l'ancillarità della f. rispetto alla teologia. A partire dal IX sec., con la formazione delle nuove scuole, s'inizia la Scolastica che non è un sistema filosofico, ma una convergenza spirituale. È questa l'epoca in cui l'individuo tende a nascondersi dietro la comunità e la personalità singola dietro la corporazione. Scholasticus fu detto chiunque si occupasse di f. o di teologia nell'ambito delle scholae. La f. delle varie "scuole", in quanto organi ufficiali della Chiesa Cattolica, presenta caratteri comuni sia dal punto di vista formale sia da quello contenutistico. Al di là di questi caratteri è tuttavia possibile ravvisare una molteplicità d'indirizzi e di correnti. La f. scolastica è prevalentemente ricettiva e si richiama al pensiero antico e a quello patristico, basandosi sul commento di testi e su dispute interpretative (il famoso problema degli universali). Molla di tutta la speculazione scolastica è la metafisica e il problema centrale della speculazione cristiana tra il IX e il XIV sec. è quello dei rapporti tra fede e ragione: credo ut intelligam. All'interno della Scolastica si muovono vari indirizzi di cui i principali sono quello mistico e quello razionalistico. Il centro più vivo della mistica speculativa fu nel XII sec. l'abbazia di San Vittore di Parigi, da cui il nome di Vittorini dato a questi pensatori. Un altro centro particolarmente vivo durante il XII sec. fu la scuola del chiostro di Chartres che s'impegnò per lo sviluppo della cultura profana e che ebbe il suo massimo rappresentante in Giovanni di Salisbury. I maestri del XIII sec. approfondirono l'utilizzazione della filosofia orientale e dei motivi più rilevanti della speculazione araba ed ebraica. Centro culturale particolarmente vivo fu l'università di Parigi. Tra i grandi maestri di questo secolo si ricordano Guglielmo d'Auvergne, San Bonaventura, Alberto Magno. Ma la Scolastica tocca le sue vette più alte con Tommaso d'Aquino, Sigieri di Brabante, Duns Scoto. La speculazione del primo (Tomismo) doveva diventare più tardi la dottrina ufficiale della Chiesa. Il secondo è il massimo rappresentante dell'Averroismo latino, ossia dell'indirizzo di pensiero che si rifà all'arabo Averroè per contestare l'interpretazione tomistica dell'aristotelismo. G. Duns Scoto, infine, ebbe il merito di aver vigorosamente contrapposto il mondo della conoscenza a quello dell'azione, il mondo della necessità a quello della libertà, facendo una distinzione fra ricerca teorica e ricerca pratica, e preludendo alla fine della Scolastica che avvenne con l'insinuarsi della sfiducia nella possibilità di mantenere la fede come perno della ricerca umana. Ma, ancor più che da Duns Scoto, la fase critica del distacco del mondo della fede da quello della ricerca razionale è rappresentata da Guglielmo di Occam. Critica della metafisica razionalistica e fondazione della metafisica mistica sono i due aspetti complementari dell'occamismo in cui la fede tende a diventare un residuo teorico-pragmatico; mentre la ragione, come esperienza, diventa il principio della ricerca. A Occam si ricollega il movimento (movimento occamistico) che si affermò lungo tutto il XIV sec., preannunciando la f. moderna. ║ F. moderna: la f. moderna si apre con il moto culturale (Umanesimo) che cominciò ad affermarsi soprattutto in Italia, nella seconda metà del XIV sec., per raggiungere le sue vette più alte nel secolo successivo. Le molteplici tendenze filosofiche del Rinascimento, pur partendo da posizioni tra loro molto diverse, convergono nella loro contrapposizione, spesso fortemente polemica, alla declinante f. scolastica. Il XV sec. è percorso dal tema di un rinnovamento del pensiero, e dall'espressa esigenza di un ritorno ai classici, visti nella loro luce vera e non attraverso le deformazioni e alterazioni operate dalla Scolastica medioevale. Si afferma che l'opera degli antichi va colta nel suo significato più profondo, per scoprire verità nuove, e non per ripetere temi già noti. Nasce così l'Accademia Fiorentina che si propone come continuatrice dell'antica Accademia Ateniese, fondata da Platone. Da essa non uscì nessun grande filosofo, ma rilevante fu il suo contributo alla diffusione delle dottrine platoniche secondo l'interpretazione umanistico-rinascimentale. Parallelamente si sviluppava la dottrina politica e religiosa e tra le figure di maggior rilievo si ricordano N. Machiavelli, Erasmo da Rotterdam, Lutero, Calvino, G. Bruno, T. Campanella. Contemporaneamente, anche la ricerca scientifica compiva grandi progressi e si avevano le geniali intuizioni di Copernico, Keplero, Galileo, Newton. Questi fermenti e i mutamenti di pensiero riflettevano le trasformazioni politiche, sociali ed economiche che andavano verificandosi in tutto il complesso della società europea, simili dunque, per quanto distinte da innumerevoli differenze locali. Si andò accentuando il distacco della filosofia politica dalla teologia alla quale era stata unita per tutta la precedente era cristiana. I fermenti di quest'epoca dovevano portare al razionalismo cartesiano e allo sviluppo di varie correnti di pensiero, aventi prevalentemente carattere nazionale. Nasce così e si sviluppa l'empirismo inglese che ha inizio con F. Bacone (1561-1626) il cui merito principale fu quello di aver considerato ormai matura per il proprio tempo la fondazione di una scienza della natura, assegnando al pensiero filosofico il compito di determinarne il metodo. L'empirismo inglese raggiunse il suo pieno sviluppo con Th. Hobbes, J. Locke (il padre dell'Illuminismo inglese), G. Berkeley, D. Hume. Dal razionalismo di Cartesio (1596-1650) si sviluppa in Francia una corrente di pensiero che porta alla revisione dei valori teorici e pratici del passato, sino a sfociare nell'Illuminismo settecentesco. Diverso sviluppo ebbe il razionalismo cartesiano filtrato attraverso il pensiero di Spinoza che pervenne a una metafisica monistica da cui si diramano i grandi sistemi idealistici del pensiero tedesco. La filosofia di G. W. Leibniz rappresenta, nel XVII sec., la più compiuta espressione dell'esigenza razionale di unità e di universalità nell'ambito religioso e culturale. Tra i grandi pensatori del XVII sec. figura G.B. Vico, secondo cui la vera scienza umana è la "scienza della storia". Si perviene così all'Illuminismo, termine col quale s'indica il vasto movimento di idee sviluppatosi in Europa tra la Rivoluzione inglese (1688) e la Rivoluzione francese (1789). Esso raggiunse la massima intensità e forza rinnovatrice in Francia anche per le violente opposizioni che le idee da esso propugnate incontrarono nelle forze conservatrici. Dalla Francia il moto si diffuse nel resto d'Europa e soprattutto in Germania. Carattere essenziale dell'illuminismo fu il proposito di fare trionfare i "lumi della ragione" in ogni campo del pensiero e della vita. Esso si oppose a ogni dogmatismo e metafisica, e nella sua polemica contro il passato giunse talvolta a concezioni materialistiche. L'illuminismo ebbe la sua massima espressione nell'Enciclopedia francese alla quale collaborarono, tra gli altri, Rousseau, Voltaire, Montesquieu. Tra gli Illuministi italiani si ricordano: A. Genovesi, P. Verri, C. Beccaria. Una nuova fase della storia della f. si apre con I. Kant, la cui f. costituisce la base di tutto il pensiero successivo: la realtà è un mondo di fini e tutto il nostro conoscere è un giudizio di valore. Con Kant s'inizia la fondazione dell'idealismo che si svilupperà poi in modo diverso con Fichte, Schelling, Hegel. ║ F. contemporanea: la f. contemporanea viene in genere fatta iniziare a partire dal movimento romantico che, nel suo sviluppo filosofico, si oppone all'intelletto e alle sue astrazioni, ossia all'Illuminismo, in nome del sentimento, della passione, dell'oscurità dionisiaca dell'anima umana e di tutto ciò che d'irrazionale vi è nell'uomo. Se Novalis è il pensatore più dichiaratamente romantico, l'irrazionalismo romantico è presente anche nel pessimismo di Schopenhauer, nell'esaltazione del superuomo di Nietzsche, nell'esistenzialismo di Kierkegaard. Filosofo romantico per eccellenza fu J.G. Fichte (1762-1844) che, dal kantismo, sviluppò per primo un sistema idealistico originale. Dal fichtismo si sviluppò la f. di F. Schelling (1775-1854). Essa si propone come f. della libertà (basata sulla ricerca di un realismo capace di spiegare l'esistenza come libera creazione insieme di Dio e dell'uomo) contrapponendosi all'hegeliana f. della necessità. Il pensiero di Hegel (1770-1837) sovrasta ogni altra costruzione filosofica del XIX sec. per l'ampiezza dei suoi orizzonti, per la risonanza avuta nel proprio tempo e per l'influenza avuta sugli sviluppi del pensiero successivo. All'idealismo hegeliano si richiamano infatti le massime ideologie politiche del XIX e XX sec.: costituzionalismo conservatore, liberalismo, socialismo marxista. Una nuova fase nella storia della f. s'inizia dopo la parentesi positivistica. Vengono indicate come Positivismo quelle dottrine sviluppatesi dal pensiero di A. Comte (1798-1857) e che hanno in comune il principio fondamentale secondo cui valida e feconda è soltanto la conoscenza dei fatti, ragione per cui la certezza viene unicamente dall'osservazione che è propria delle scienze sperimentali. Le nuove correnti di pensiero sviluppatesi a cominciare dagli ultimi decenni del secolo scorso, e che rappresentano più propriamente la f. contemporanea, costituiscono per gran parte una reazione al positivismo. Le principali sono: Pragmatismo (S. Perice, W. James, J. Dewey); Spiritualismo (C. Renouvier, L. Brunschvicg, O. Laprune, M. Blondel, H. Bergson); Neocriticismo (R. Lotze, G. Fechner, W. Wundt, W. Windelband, E. Rickert, W. Schuppe, H. Cohen, P. Natorp, E. Cassirer); Neoidealismo o Neohegelismo (J. Royce, P. Martinetti, G. Gentile, B. Croce); il Personalismo (E. Mounier); Neorealismo (W. Schuppe, O. Kulpe, N. Hartmann); Fenomenologismo (E. Husserl); Esistenzialismo (M. Heidegger, K. Jaspers, J.P. Sartre). Tra le correnti di pensiero che si sono sviluppate negli ultimi decenni figura poi anche il Neopositivismo o Positivismo logico, che si propone come analisi della scienza.