Generale greco. Mandato in esilio da Cleomene, re di Sparta, lo combatté
alla testa dei suoi concittadini a Sellasia dove egli stesso decise la vittoria
di Antigono Dosone con un'ardita manovra (222 a.C.). Nominato stratega,
migliorò l'armamento dei soldati, intensificandone gli esercizi e la
disciplina. Nel 208 batteva e uccideva, a Mantinea, Macanida, tiranno di Sparta
e toglieva Messene a Nabide, di lui successore. Dopo un viaggio a Creta fu
rieletto stratega e mandato nuovamente contro Nabide. Vinto sul mare, lo
sconfisse in battaglia campale, ma la politica romana non gli permise di
annientarlo. Dopo la morte del tiranno riuscì a far entrare Sparta nella
lega achea e punì crudelmente una sommossa del partito democratico.
Approssimandosi la dominazione di Roma, divenne sospetto al Senato che
incaricò Flaminio di creargli dei torbidi. Era stratega per l'ottava
volta quando Dinocrate separò Messene dalla lega. Egli marciò
contro di lui, fu vinto, fatto prigioniero durante la ritirata e condannato a
bere la cicuta. Dice Plutarco raccontando la sua vita: "Così perì
l'ultimo dei Greci" (Megalopoli 253 - Messene 183 a.C.).