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Filippine.

Stato (300.076 kmq; 83.538.000 ab.) dell'Asia sud-orientale, il cui territorio è formato da oltre 7.000 isole. L'arcipelago è compreso fra l'Equatore e il Tropico del Cancro. Le isole maggiori sono: Luzon, Mindanao, Samar, Negros, Palawan, Panay, Mindoro, Leyte e Bohol. Capitale: Manila (1.581.082 ab.), nell'isola di Luzon. Città principali: Quezon City e Cebu. Le F. sono una Repubblica, ripartita in 56 province. Secondo la Costituzione del 1987, il presidente della Repubblica, che detiene il potere esecutivo, è eletto a suffragio diretto, resta in carica 6 anni e non può essere rieletto. Il potere legislativo spetta invece al Parlamento, composto dalla Camera dei deputati (222 membri elettivi) e dal Senato (24 membri elettivi). Moneta: peso filippino. Lingua: tagalog; sono diffusi l'inglese e lo spagnolo. Religione: cattolica, con minoranze di musulmani e protestanti. Ad eccezione di alcuni gruppi pigmoidi, la popolazione autoctona è costituita da indonesiani, distribuita in un gran numero di gruppi etnici. I più antichi fra questi, isolati nelle regioni forestali e montuose dell'interno, conducono tuttora una vita relativamente primitiva, basata sull'agricoltura. Le popolazioni più evolute e demograficamente più numerose derivano probabilmente da migrazioni più recenti (neo-indonesiani o malesi). Vi sono anche comunità di Cinesi e Indiani.

GEOGRAFIA

Le coste delle F. sono frastagliate, ma non molto tortuose. I tre quarti del territorio sono montuosi, le altezze massime sono raggiunte dal monte Pulog (2.880 m), nell'Isola di Luzon, e dal vulcano Apo (2.930 m), nell'Isola di Mindanao. Il clima è influenzato dalla latitudine e dalla periodicità dei monsoni. La temperatura è alta e costante. L'elemento differenziatore delle stagioni è determinato dalla piovosità; a Nord si hanno precipitazioni invernali, a Ovest estive, a Est invernali ed estive, a Sud durante tutto l'anno. Da aprile a dicembre, si verificano violentissimi tifoni che, spesso, distruggono le piantagioni. Più della metà dell'arcipelago è ricoperta da ricche foreste. Vi è molto legname prezioso (teak, legno-ferro, ebano, mogano). Fra le piante a fibre tessili, diffusa è la Musa textilis, da cui si ricava la canapa di Manila. La savana offre terreni adatti a vari tipi di coltivazioni. Il sistema idrografico è formato da corsi d'acqua perenni: i principali sono il Cagayan (350 km) e il Pampanga (200 km) nell'Isola di Luzon, il Rio Grande (300 km) nell'Isola di Mindanao. I laghi più vasti si trovano nell'Isola di Luzon: sono la Laguna di Bay e il Lago Taal (nel mezzo del quale si erge il pittoresco vulcano omonimo).
Cartina delle Filippine


ECONOMIA

Tra le principali attività economiche c'è l'agricoltura; fra i cereali, predominano le culture a riso e a mais. Determinano una buona esportazione la palma da cocco, la canna da zucchero, l'abaca e il tabacco. Molto diffuso è il banano. Il patrimonio zootecnico è costituito in prevalenza da suini e bufali; seguono bovini, caprini, equini ed ovini. L'oro proviene da Luzon; ad esso è spesso associato l'argento. Minerali ferrosi sono lavorati a Mindanao. Giacimenti di cromite si trovano nella penisola di Zambales. L'industria ha un certo rilievo per la lavorazione dello zucchero, del riso, dell'olio e dei tabacchi. Elevati sono i capitali stranieri investiti nell'industria tessile, delle confezioni, elettronica e chimica, attratti soprattutto dall'esiguo costo della manodopera. Notevole impulso ha ricevuto anche l'industria cementiera. Per quanto riguarda le vie interne di comunicazione, insufficienti alle esigenze del Paese, vi sono 202.124 km di strade, di cui solo 20.212 km asfaltati, mentre le ferrovie si estendono per 429 km.

STORIA

Le F. furono scoperte da Magellano nel 1521, ma la colonizzazione spagnola iniziò solamente nel 1571. Gli Inglesi, per colpire indirettamente la Francia attraverso la Spagna, sua alleata, tentarono la conquista delle F. e s'impadronirono, nel 1762, di Manila, restituita l'anno successivo, in seguito a un accordo firmato a Parigi. Il XIX sec. fu caratterizzato dai tentativi da parte degli indigeni di ottenere l'uguaglianza civile e politica con i dominatori bianchi. L'indipendenza dalla Spagna, proclamata nel 1898, fu di breve durata, poiché al termine del conflitto ispano-americano l'arcipelago delle F. fu ceduto agli Stati Uniti che, vinta la resistenza filippina, operarono in modo da formare una classe dirigente locale moderata, in grado di governare autonomamente, ma nel pieno rispetto degli interessi statunitensi. Molte tensioni rimaste insoluti per vari decenni emersero nel corso della seconda guerra mondiale. Infatti, l'occupazione giapponese determinò, da un lato, la costituzione di un Governo-fantoccio capeggiato da J. Laurel e, dall'altro, un fronte partigiano (Hukbala hap), guidato dai partiti comunista e socialista, che nelle zone da esso liberate avviò una radicale politica di riforma agraria. Dopo la liberazione e la concessione dell'indipendenza (luglio 1946), di fronte al prevalere delle correnti conservatrici, i guerriglieri si rifiutarono di deporre le armi e la lotta continuò nelle campagne sino al 1953, quando gli Stati Uniti, di fronte alla resistenza popolare e al dilagare della corruzione politica, ritennero opportuno operare una svolta, favorendo la sostituzione del presidente Elpidio Quirino con Ramón Magsaysay, che si era dichiarato favorevole a una politica di riforme tendente a ridimensionare i grandi latifondi. Questa politica era però ancora allo stadio delle enunciazioni programmatiche, quando a Magsaysay, morto in un incidente aereo (marzo 1957), subentrò il nazionalista Carlos P. Garcia che abbandonò ogni proposito riformatore. Essendo però di fatto i due partiti nient'altro che "cartelli" tra clan familiari, la linea politica rimase immutata anche dopo la vittoria del liberale Diosdado Macapagal nelle elezioni del novembre 1961. Infatti, nessuno dei due schieramenti politici alternatisi al potere, il nazionalista (conservatore) e il liberale (teoricamente progressista), apparve in quegli anni in grado di esprimere un'alternativa politica. Entrambi, infatti, furono condizionati, in politica interna, dal clientelismo e, in politica estera, dalla strategia statunitense nell'Asia sud-orientale. Tuttavia, pur essendo marginali le differenze tra i due partiti, sino al 1965 la loro alternanza al governo sembrava essere frutto di una dialettica interna, che venne a mancare dopo il ritorno al governo dei nazionalisti (alle presidenziali del novembre 1965), capeggiati da Ferdinand Marcos, riconfermato nel 1969. Non potendo, per legge, aspirare a un terzo mandato, Marcos provviede a varare una nuova costituzione (novembre 1972) incentrata sulla modifica del regime presidenziale in regime parlamentare, e tale da consentirgli di governare a tempo indeterminato. Mentre la corruzione della vita pubblica dilagava, sempre più lontane sembravano farsi le promesse riforme per una ridistribuzione del reddito e della terra, così che il 90% della ricchezza nazionale rimase concentrato nelle mani di alcune centinaia di famiglie. Ridotti al silenzio gli avversari politici, con la sospensione dell'habeas corpus, l'imposizione della legge marziale e l'entrata in vigore di una nuova Costituzione, Marcos instaurò un regime dittatoriale, rivolgendosi all'elettorato solo per chiedere un consenso formale, mediante referendum, alle leggi antiliberali da lui volute e punendo come reato, (sei mesi di reclusione), la mancata partecipazione al voto. Nonostante il divieto di ogni forma di protesta e di propaganda astensionistica, in occasione del referendum indetto nel febbraio 1975 in favore del mantenimento della legge marziale, le opposizioni fecero sentire la propria voce e alcune migliaia di persone scendessero a manifestare nelle strade della capitale, in segno di protesta contro la farsa di un referendum il cui risultato plebiscitario era scontato. Sino a quella data, la legge marziale, in vigore dal 1972, non era servita a schiacciare la ribellione armata in atto in varie parti del Paese. Particolarmente attive nella guerriglia contro le autorità centrali erano state le popolazioni musulmane delle isole meridionali dell'arcipelago filippino contro cui Marcos non aveva esitato a ricorrere al massacro in massa e ai bombardamenti aerei, come nel caso della città di Jolo, occupata nel febbraio 1974 dal movimento indipendentista musulmano Fronte Moro di Liberazione Islamico (FMLI), contro cui vennero inviate ingenti forze militari che consentirono di rioccuparla e di raderla al suolo nel giro di due giorni. L'accordo firmato a Tripoli tra la moglie del presidente Marcos e i rappresentanti del FMLI (dicembre 1976) non riuscì ad appianare i contrasti. Il referendum dell'aprile successivo che avrebbe dovuto decidere l'autonomia di 13 province bocciò la proposta nella misura del 97,93%; il risultato convinse il Fronte Moro dell'inutilità dell'accordo e i guerriglieri ripresero le ostilità. Nel 1981 il presidente Marcos (riconfermato nella sua posizione dalle elezioni del 1980) abrogò la legge marziale nelle isole settentrionali, esattamente un mese prima della visita del Papa nelle F. Permasero comunque le misure eccezionali che permisero a Marcos di esercitare il suo autoritarismo, misure confermate dalle modifiche costituzionali introdotte nel 1981, dopo essere state "approvate" da un referendum popolare. Successivamente il regime di Marcos fu scosso dalle dimostrazioni popolari in seguito all'assassinio di Benigno Aquino, il maggior leader dell'opposizione. Le elezioni del 1984 registrarono un forte progresso delle opposizioni. La posizione di Marcos uscì ancor più indebolita a causa dell'aperto contrasto col cardinale Jaime Sin. Il governo inefficiente e corrotto del presidente filippino rese così sempre più probabile un'ulteriore svolta a destra e la presa del potere da parte di una giunta militare. Nelle elezioni alla fine del 1985 emerse ancora una volta la fiducia della maggioranza della popolazione nei confronti del regime presidenziale e la nuova opposizione, coagulatasi intorno alla moglie di Aquino, riscosse ampi e numerosi consensi. Infatti nel febbraio 1986 Cory Aquino venne nominata presidente, con l'appoggio degli USA, mentre Marcos fu costretto all'esilio. Il nuovo Governo si dimostrò tuttavia molto instabile: furono frequenti i tentativi di colpo di Stato da parte dei militari di destra (sette tra il 1986 e il 1990) e la guerriglia comunista si fece sempre più violenta. Le condizioni economiche erano disastrose, la disoccupazione era elevatissima e il debito con l'estero rappresentava un onere insopportabile per il bilancio statale. Deboli furono sia i programmi di privatizzazione dei monopoli prosperati ai tempi di Marcos, sia i tentativi di negoziare con i guerriglieri comunisti. A tutto questo si aggiunse l'appoggio discontinuo, per nulla sufficiente, offerto alle F. dal Governo di Washington. Negli anni successivi, nonostante gli aiuti internazionali e la politica di privatizzazione e di liberalizzazione del mercato avviata ufficialmente da Cory Aquino, la situazione economica e sociale rimase disastrosa, accompagnata da ripetuti tentativi di golpe militare. Nel 1991 le difficoltà economiche furono aggravate da due calamità naturali: l'eruzione del vulcano Piñatubo (risvegliatosi dopo 611 anni) e un violento tifone, che provocarono numerose vittime e centinaia di migliaia di profughi. Scaduto il mandato presidenziale di Cory Aquino, nel maggio 1992 si tennero nuove elezioni in seguito alle quali - non ricandidandosi l'Aquino - fu designato presidente Fidel Ramos, ex segretario della Difesa. Sostenuto da un Governo di composizione varia, il nuovo presidente si impegnò nel difficile tentativo di operare una pacificazione politica con i militari, i ribelli comunisti e i musulmani, adoperandosi per legalizzare il Partito comunista, intraprendendo la pacificazione dell'Isola di Mindanao, continuando nella via del dialogo, fino a ottenere un accordo con il musulmano FMLI, che si batteva per creare uno Stato indipendente nell'Isola di Mindanao. Il processo democratico culminò nella condanna della moglie dell'ex dittatore Marcos (1993) e nelle elezioni dei membri delle barangay (unità politiche di base) (1994), effettuate per la prima volta dopo il 1989. Il processo di democratizzazione venne accompagnato da un'analoga apertura diplomatica nei confronti dei Paesi asiatici, anche al fine di incoraggiare gli investimenti stranieri. Nel corso del 1995 il presidente Ramos intensificò i rapporti con i Paesi esteri; il processo di apertura diplomatica venne coronato dalla visita del presidente americano Clinton (novembre 1994) e da quella del papa (gennaio 1995). Negli anni successivi manifestazioni e violenze diffuse turbarono il Paese e nel luglio 1997 fu firmato un accordo di pace tra il Governo e il FMLI, ma la guerriglia proseguì senza sosta. Nel marzo 1998 fu concluso un accordo di pacificazione con il Fronte Nazionale Democratico (FND) di ispirazione marxista, l'altro gruppo di opposizione armata. Le elezioni presidenziali del maggio 1998 decretarono la vittoria del vicepresidente Joseph Estrada, continuatore della linea politica di Ramos. Nel biennio 1999-2000 si intensificarono gli scontri armati tra le truppe governative e il FMLI. Nell'aprile 2000 l'esercito attaccò il gruppo separatista islamico Abu Sayyaf. In novembre ebbe inizio il procedimento di impeachment a carico del presidente Estrada, accusato di corruzione, tradimento della fiducia pubblica e violazione della Costituzione; nonostante le numerose proteste di piazza, il procedimento venne sospeso nel gennaio 2001. Dopo essere stato rilasciato su cauzione, in aprile Estrada fu nuovamente arrestato con l'accusa di "saccheggio delle casse pubbliche". Nel frattempo a gennaio la vicepresidente Gloria Macapagal Arroyo, figlia dell'ex presidente Diosdado Macapagal, aveva assunto la carica di presidente delle F.; le elezioni del 14 maggio confermarono la vittoria della coalizione guidata dalla Arroyo. Per quanto riguarda la guerriglia musulmana attiva nelle isole meridionali, la presidente ordinò la sospensione unilaterale delle operazioni contro i guerriglieri del FMLI, mentre dichiarò guerra totale ai ribelli di Abu Sayyaf, che in maggio avevano effettuato un nuovo rapimento di turisti nell'Isola Palawan (gli ostaggi furono poi trasferiti sull'Isola di Basilan, dove i ribelli avevano una loro base). Nei mesi successivi le truppe governative diedero il via a una serie di operazioni militari sull'Isola di Basilan nel tentativo di liberare gli ostaggi. Dopo il ritrovamento dei corpi di ostaggi decapitati, in luglio le forze governative riuscirono ad arrestare Nadjmi Sabdula, uno dei leader di Abu Sayyaf. In seguito agli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono, la situazione precipitò dal momento che anche altri gruppi islamici ripresero le armi contro Manila. A dicembre una serie di attentati simultanei nella capitale provocarono la morte di 14 persone. All'inizio del 2002 gli Stati Uniti e l'esercito filippino intrapresero una serie di operazioni congiunte contro i ribelli di Abu Sayyaf, ritenuti fiancheggiatori di Osama Bin Laden. I disordini all'interno del Paese persistettero e nel mese di luglio 86 persone persero la vita negli scontri scoppiati durante lo svolgimento delle elezioni locali. Anche i primi mesi del 2003 furono caratterizzati da continui attentati, che provocarono decine di morti e centinaia di feriti. Nel mese di febbraio, nell'offensiva sferrata nell'Isola di Mindanao dalle forze governative contro la banda di sequestratori denominata Pentagon, persero la vita circa 140 guerriglieri islamici. In maggio la presidente Arroyo lanciò un ultimatum al FMLI, intimandogli di porre fine agli attacchi contro i civili e di interrompere qualsiasi legame con altre organizzazioni estremistiche entro il 1° giugno 2003. In caso contrario il Fronte Moro, con cui era ancora vigente la tregua stipulata nel 1997, sarebbe stato trattato alla stregua di tutti gli altri gruppi terroristici. Il 25 maggio 2003, in un disastro navale al largo delle F., trovarono la morte almeno 28 persone. Nel mese di giugno venne concordato il cessate il fuoco tra il Governo e il FMLI a seguito di negoziati svoltisi in Malaysia. Nello stesso mese, però, la presidente dovette affrontare un tentativo di ammutinamento da parte di alcune centinaia di soldati asserragliatisi in un centro commerciale. Nonostante la resa pacifica dei militari, la Arroyo decise di istituire lo stato di emergenza. Nel maggio 2004 si tennero le elezioni presidenziali. La presidente uscente, in lizza contro l'attore cinematografico Fernando Poe Junior, venne riconfermata nella sua carica. Nell'autunno dello stesso anno centinaia di persone persero la vita a causa delle avverse condizioni atmosferiche che colpirono il Paese. Nuovi scontri tra il Governo e membri del FMLI, nel gennaio 2005, decretarono la fine del cessate il fuoco. Nel mese di luglio la presidente Arroyo venne invitata a dimettersi perché accusata di manipolazione elettorale, ma rifiutò e riuscì a passare indenne da un tentativo di impeachment. Nel febbraio 2006 venne proclamata una settimana di emergenza dopo la dichiarazione dell'esercito di avere sventato un colpo di Stato. Nel giugno dello stesso anno nelle F. venne abolita la pena di morte.
Scorcio di Manila