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Fenomenologìa.

Descrizione dei fenomeni. Il termine, introdotto dal filosofo matematico tedesco J.H. Lambert nel 1764 (Phänomenologie oder Lehre des Scheins), fu poi usato, con diversi significati, da vari filosofi, tra cui Kant ed Hegel. Kant indicò, col termine f., quella parte della metafisica della natura che considera la stasi e il movimento come puri fenomeni del mondo esterno. Hegel indicò come f. (Die Phänomenologie des Geistes, 1807: Fenomenologia dello spirito) la storia delle fasi successive per le quali lo spirito si eleva al di sopra della sensazione, che costituisce la sua forma più elementare, sino all'autocoscienza della ragione universale. In Hegel, l'itinerario della f. riproduce l'odissea della coscienza umana dalle sue forme più elementari di conoscenza sino allo spirito, passando attraverso l'autocoscienza e lo sviluppo della ragione. Nonostante gran parte della fortuna del termine sia dovuta all'uso fattone da Hegel, è però solo con Edmund Husserl (1859-1938) che il termine f. ha assunto l'attuale significato speculativo. Per f. si intende oggi propriamente la scuola filosofica che fa capo a Husserl e che mira a una descrizione puramente fenomenologica dalle esperienze mentali. Egli ha messo in evidenza l'intenzionalità dei dati di coscienza e ha riconosciuto una sfera di verità logiche indipendenti dalle verità di fatto. Oggetto dell'analisi fenomenologica non è il fatto empirico, psichico o fisico. Non viene infatti presa in considerazione l'esistenza dell'oggetto intuito e neppure l'esistenza del soggetto intuente e dei suoi processi fisio-psichici. Ciò in quanto le sensazioni costituiscono soltanto il momento iletico, ossia materiale, dell'atto di coscienza. Permane così un "residuo fenomenologico" che costituisce il noema, cioè l'"essenza logica", chiara, evidente che prende forma nell'atto intenzionale (noesi). Per esempio, è possibile dubitare che una qualità percettiva, come può essere un colore, corrisponda a una realtà effettiva. È possibile altresì dubitare che tale realtà sia una o molteplice. Non è invece possibile mettere in dubbio che il colore bianco sia diverso dal nero e che le qualità percepite al momento siano una, due o più. Poiché il processo della verità consiste nel ricondurre il dato sensibile all'evidenza delle essenze intuite, la filosofia, che indaga il senso della realtà, analizza queste essenze, nonché i loro rapporti intuitivi. Essa determina così delle sfere eidetiche (della religiosità, della natura, della moralità, ecc.) ciascuna delle quali è sufficiente a se stessa, in quanto soggetta a una sua organizzazione strutturale. Se la f. limitasse il proprio compito alla descrizione delle singole sfere eidetiche (ontologiche), essa non potrebbe raggiungere né la sistemazione unitaria delle essenze, né la totalità del sapere filosofico. Per dichiarazione dello stesso Husserl, la f. non è un sapere chiuso e definito, ma un programma di ricerche, un metodo, un'esigenza il cui compimento è l'opera di un'indagine indefinita. La dottrina fenomenologica ebbe il suo organo nel Jahrbuc für Philosophie und phänomenologische Forschung, fondato nel 1912 e posto sotto la direzione dello stesso Husserl, al quale collaborarono M. Geiger, A. Pfänder, A. Reinach, M. Scheller. Particolarmente interessanti sono gli sviluppi che la f. ha avuto per opera di Dietrich Mahnke e di Nicolai Hartmann. Il metodo di indagine fenomenologico ha esercitato notevole influenza anche su pensatori e psicologi di diverse tendenze. Tra questi Max Scheler che si ricongiunge alla tradizione realistica medioevale e considera merito della f. quello di aver affrontato una teoria delle essenze, e di aver abbandonato lo psicologismo, l'empirismo e il relativismo. Dalla f. discende, anche se per sviluppi molto personali, il pensiero esistenzialistico di M. Heidegger. Inoltre hanno tratto ispirazione dalla f. pensatori quali Merleau-Ponty, J.-P. Sartre, G. Marcel, e vari altri. Alla f. husserliana si riconnette inoltre, in modo originale, il problematicismo di Antonio Banfi che la integra con lo storicismo e col trascendentalismo.