(dal greco
phoínikes). Popolazione semitica, di stirpe cananea,
che abitò l'antica regione omonima sulla costa mediterranea
(V. FENICIA). ● St. - Le fonti per la
ricostruzione della storia di questo popolo ci vengono dai ritrovamenti,
avvenuti nei secc. XIX e XX, di tavolette appartenenti agli archivi diplomatici
di diverse città: l'egizia Tell el'Amarna, l'ittita Hattushash, la
fenicia Ugarit, la mesopotamica Mari, ecc. Ad esse si aggiungono gli annali dei
faraoni, i documenti cuneiformi dei re assiri e babilonesi, le pagine della
Bibbia e degli storici dell'antichità classica. I
F. non
costituirono mai un'entità statale coesa al suo interno e autonoma
rispetto agli Imperi vicini, ma fondarono numerose città-stato distinte
fra loro e più o meno soggette alle influenze e alle dominazioni di
entità più forti. Durante il III millennio a.C. tali città,
fra cui emerse per importanza Biblo, rivolgevano i propri commerci (legname,
resine, metalli, bitume, ecc.) verso l'Egitto, le città accadiche,
neosumeriche e l'egea Cipro, raccogliendo nel contempo variegate influenze
culturali e politiche. Nel corso del millennio andarono progressivamente
formandosi tre nuclei di importanza prevalente, costituiti: a Nord dalle
città di Ugarit, Arado, Antarado e Simira, al centro da Biblo, Berito e
Sidone, mentre a Sud dominava Tiro. Le rivalità e la ricerca di egemonia
politica ed economica attuate dalle singole città favorirono di fatto il
protettorato egizio che si attuò dalla prima metà del II millennio
a.C. In tale periodo, mentre i commerci e il vassallaggio militare erano
monopolizzati dai faraoni, crebbe anche la potenza di Sidone, tanto che le
pagine bibliche e i testi omerici indicavano tutti i
F. con il nome di
Sidoni. Tra il 1750 e il 1580 a.C. circa, l'Egitto subì un periodo
di eclissi (detto "prima età oscura") a causa della dominazione di una
popolazione semitica che si stanziò nelle terre del Nilo: gli Hyksos. I
F. uscirono dalla sfera di influenza egizia per gravitare prima in quella
del Regno di Mitanni e poi in quella hittita. Tuttavia, quando in Egitto le
dinastie indigene scacciarono gli Hyksos, sulle città fenicie ricadde
nuovamente il protettorato faraonico che ne fece le proprie basi per la lotta
contro gli Imperi mitannico e hittita. Tuttavia, quando nei secc. XIV-XIII la
potenza egiziana decadde, i porti fenici acquisirono sempre maggior autonomia e,
con le invasioni dei cosiddetti Popoli del mare nel 1200 a.C., vera e propria
indipendenza. In questo periodo fu egemone la città di Tiro, il cui
predominio appariva già consolidato nell'XI sec.: attraverso l'opera
dello storico romano Flavio Giuseppe ci sono state tramandate parti degli annali
della città. Da questi e dalla Bibbia si ricavano testimonianze certe dei
rapporti commerciali fra il re di Tiro Hiram e Davide e Salomone, re di Israele.
Le numerose notizie circa le doti marinare e la sofisticata tecnica di
navigazione dei
F. risalgono per lo più a questi secoli, anche se
ciò non significa che esse non risalissero ad epoche precedenti. Tuttavia
fu senz'altro durante l'egemonia di Tiro che si verificò la spinta
colonizzatrice fenicia. Essa non ebbe carattere di popolamento per esuberanza
demografica della madrepatria, bensì di espansione commerciale. Le nuove
città avevano la funzione di empori per gli scambi di materie prime e
manufatti con le popolazioni locali: Cartagine, la cui nascita nel IX sec. a.C.
è legata tradizionalmente alla figura del re Pigmalione, fu una di queste
colonie. Esse furono fondate lungo le principali direttrici di traffico: da
Cipro verso le coste dell'Asia minore (dove probabilmente si verificarono
contatti con le popolazioni protogreche); verso l'Egitto e da lì lungo le
coste del Nord Africa, il meridione della penisola iberica e la Sardegna; ancora
dal Nord Africa a Malta e di lì alla Sicilia e alla Sardegna. Queste
località non furono raggiunte direttamente da Tiro o dagli altri porti
fenici, ma partendo dalle colonie già stabilite nelle varie direzioni.
Gli annali dei re assiri ci mostrano che già nell'XI sec. a.C. essi
avevano avuto mire espansionistiche verso le coste fenicie, ma tali aspirazioni
si realizzarono sul finire del IX sec., quando le tavolette di Assur ci
informano dei tributi che i porti fenici dovevano pagare ai re assiri. In questo
periodo la prosperità di Tiro declinò a vantaggio di Biblo e
Sidone che, però, fu distrutta nel VII sec. dopo una rivolta. La
dominazione assira, infatti, fu punteggiata da ribellioni da parte delle
città che dall'VIII sec. costituirono una vera e propria provincia
dell'Impero di Sargon e Sennacherib. Quando Ninive cadde per l'invasione dei
Medi nel 612, i
F. non fruirono a lungo della loro indipendenza passando
dalla dominazione neobabilonese a quella dei Medi e, infine, persiana (538
a.C.). Ciro concesse un ampio spazio di autonomia che, però, non produsse
grande prosperità a causa della forte concorrenza delle colonie greche
nel Mediterraneo. Quando l'Impero persiano fu sconfitto dalle leghe elleniche,
ci furono rivolte nella satrapia fenicia che, però, non ebbero miglior
esito che quello di favorire le conquiste di Alessandro Magno (che
assediò e distrusse Tiro). Durante l'epoca ellenistica i
F. furono
soggetti in parte ai Tolomei e in parte ai Seleucidi, finché Antioco III
di Siria li annesse ai suoi domini nel 197 a.C. Quando Pompeo conquistò
la regione nel 64 a.C., le città fenicie furono incluse nella provincia
romana
Syria Phoenicia, mentre la popolazione, già ampiamente
grecizzata, fu assimilata culturalmente a quella dominante. ● Arte -
Vissuti nel punto di incontro della sfera di influenza di grandi civiltà
e culture (egizia, siriana, anatolica, mesopotamica e, più tardi, egea,
persiana, greca ed ellenistica), i
F. ne assorbirono gli influssi nella
propria arte che, per certi versi, può apparire dunque poco originale. A
ciò si aggiunga che la stabilità nel tempo della dislocazione
degli insediamenti urbani produce difficoltà nel reperire reperti e dati
che consentano la valutazione storica della produzione artistica e
architettonica. Sono perciò importanti per le nostre conoscenze sia le
fonti indirette, sia i dati reperiti in centri minori, agricoli o relativamente
tardi. Da essi si è ricavato, per esempio, l'uso fenicio per
l'architettura monumentale di pietra calcarea o l'adozione nella pianta dei
santuari di una struttura tripartita (vestibolo, cella e
sancta
sanctorum) in asse. Scavi effettuati a Biblo, comunque, hanno portato alla
luce i resti di un tempio, risalente al III millennio a.C., in parte ricostruito
intorno al 2000 a.C. e distrutto in epoca romana. Esso presentava sia
caratteristiche egizie sia elementi originali fenici o, per lo meno, semitici:
le due colonne dell'ingresso, per esempio, non legate all'edificio ma lasciate
completamente libere. Anche ad Ugarit sono stati riportati alla vista i resti di
due templi, entrambi dotati di un cortile vestibolare basso e aperto, nel quale
era collocato l'altare per i sacrifici, e una cella più elevata e
coperta. Questi dati sembrano convalidare la supposizione per cui il celeberrimo
tempio di Salomone a Gerusalemme sarebbe stato costruito da
F., dal
momento che presentava le due colonne libere ai fianchi dell'ingresso e la
tipica tripartizione (portico, cella e sacrario). A Ugarit è stato
scoperto anche un complesso palatino, databile circa al 1600 a.C., che presenta,
oltre ad elementi anatolici, la caratteristica disposizione egea degli ambienti
intorno a cortili (qui sei) e un piano superiore cui si accedeva da 11 rampe di
scale. All'architettura locale appartengono anche i recinti dei cosiddetti
"luoghi alti", al centro dei quali si trovava l'altare (bètilo).
L'architettura funebre rupestre è assimilabile alla modalità
egizia: i re di Biblo, per esempio, furono sepolti in ipogei che presentavano un
ingresso "a pozzo" e una grande camera funeraria contenente il sarcofago. Le
tombe a
dromos, invece, sembrano legate ad elementi mediterranei, come le
semplici sepolture a
tholos con cupola. Per quanto riguarda la scultura,
essa ci è testimoniata dai resti delle statue dei templi, dai
bassorilievi di Ugarit e dai fregi che adornavano i sarcofaghi, che riflettono
una chiara influenza egizia come accade per tutti gli elementi figurativi
dell'arte fenicia. I sarcofaghi antropoidi, ritrovati anche nelle colonie,
assumono, col decrescere dell'antichità, caratteri ellenici. Scolpite
erano anche le stele votive che superiormente terminavano con l'immagine di una
divinità: denunciano un'influenza egizia le più antiche, greca le
più recenti. Numerose e significative le piccole sculture in pietra,
avorio, legno, bronzo e terracotta, per lo più figurazioni di
divinità, che spesso mostrano elementi di ascendenza anatolica e
mesopotamica. Ai
F. si deve probabilmente anche la prima lavorazione del
vetro, testimoniata dai vasetti di vetro opaco, a linee chiare e ondulate su
fondo blu, e dai famosi "vasi sidoni", forse i primi ad essere realizzati con il
metodo della soffiatura. Altre specialità dell'artigianato fenicio furono
le piastre d'avorio scolpite, utilizzate per la decorazione dei mobili; gli
oggetti votivi di Biblo decorati con la tecnica del "tratteggio"; gli intarsi su
pietra; le tipiche coppe d'argento, di cui furono trovati esemplari anche in
Italia, in Grecia e a Cipro; le elaborate "patere" (d'oro o d'argento).
Particolarmente rinomata era l'arte della tessitura, tintura e ricamo delle
stoffe: erano famose e pregiate le stoffe di Sidone e la porpora di Tiro.
● Rel. - Le credenze dei
F. erano omogenee a quelle delle
popolazioni semitiche e cananee in particolare e si esprimevano nei culti
poliadi delle singole città. Divinità prevalenti erano quelle del
dio supremo
El, del dio della pioggia e della vegetazione
Baal e
della sua paredra
Astarte. Rilevante la funzione mitologica del giovane
dio Adone, che muore e risorge, sotteso al ciclo annuo vegetativo. Il clero non
svolgeva un forte accentramento ideologico (e ciò spiega la
varietà dei culti) pur esistendo una classe sacerdotale organizzata, in
cui figuravano anche i
profeti, che assursero a maggiore importanza in
Israele. ● Ling. - Il fenicio, come si ricava dalle iscrizioni, era un
dialetto del gruppo cananaico, nella fase più antica molto affine
all'ebraico, poi coincidente con il punico e il neopunico cartaginese. La
scrittura, non sillabica ma consonantica, fu uno dei primi alfabeti, da cui
sarebbe disceso direttamente quello greco.
Cartina dell'espansione fenicia