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Farmacologìa.

Scienza che studia i farmaci, con riferimento particolare alle modificazioni funzionali prodotte da questi, alle leggi che ne regolano l'attività e alle reazioni dell'organismo nelle diverse condizioni di salute e di ambiente. ║ Sperimentazione in f.: uno dei più complessi problemi posti dalla moderna f. è quello delle insufficienti garanzie di sicurezza che molti farmaci posti in commercio offrono. Ne consegue la necessità di più rigorosi controlli da parte degli organi pubblici competenti, per tutelare la salute dei consumatori, in relazione non tanto agli effetti terapeutici dei farmaci, ma a quelli dannosi, collaterali. Molti farmaci non offrono infatti sufficienti garanzie di sicurezza, conseguenti a carenze nella fase di sperimentazione e a una insufficiente valutazione della pericolosità di certe sostanze. L'inadeguatezza dei controlli preventivi è stata dimostrata da alcuni casi drammatici, a cominciare da quello della "talidomite", un farmaco analgesico, causa di gravi malformazioni fetali. Uno dei più importanti problemi della moderna f. è pertanto quello di una seria verifica degli effetti che possono avere sull'uomo sostanze sperimentate su cavie. Anche quando la sperimentazione è stata fatta su animali di diverse specie, il farmaco non offre sicure garanzie, a cominciare da quella della sua tossicità, poiché il diverso corredo enzimatico comporta un'eliminazione più o meno rapida o lenta del farmaco e la conseguente concentrazione dello stesso nel sangue o nei tessuti, in una quantità che può essere eccesiva o insufficiente, rispetto ai risultati medici che si intendono ottenere e, indipendentemente da questi, risultare altamente tossico. ║ F. marina: branca che si interessa dello studio di tutte le sostanze biologicamente attive del mare, comprendendo fra esse soprattutto quelle di origine animale e vegetale. Nella sua caratterizzazione la f. è scienza recente, se non recentissima, per quanto affondi le sue radici nelle ricerche sull'Octopus vulgaris (polpo comune) effettuate dal Lo Blanco il quale scoprì che il polpo non uccide le vittime soltanto facendo uso del suo becco corneo o delle ventose presenti nelle sue braccia ma per mezzo di un potente veleno, segregato dalle sue ghiandole salivari, col quale esso paralizza le sue vittime. Il farmacologo italiano Vittorio Esparmer, nel 1952, avrebbe poi isolato tale veleno riconoscendo in esso la presenza della 5-idrossitriptamina, cioè la "serotonina" dalla spiccata azione neurotossica. La f. richiede un notevole lavoro di coordinamento dei numerosissimi dati già a disposizione e di quelli che giorno dopo giorno vengono acquisiti dagli specialisti in collaborazione con etologi, fisiologi, ecologi, biochimici e farmacologi. Fino ad oggi i più concreti risultati di questi studi concernono le biotossine e, in particolare, le neurotossine. Gia si sono ottenute varie utilizzazioni pratiche come nel caso della nereistossina, isolata dal giapponese Nitta, ricavandola da un verme, l'anellide Lumbriconereis heteropoda, comune nei litorali del Pacifico; se su uno di questi vermi si posa una mosca, essa muore fulminata. Perciò oggi la nereistossina e i suoi derivati sono usati come insetticidi in agricoltura anche perché, pur essendo potentissimi, sono meno nocivi di altri insetticidi sintetici. Saxitossina e tetrodotossina, ricavate rispettivamente da un mollusco bivalve dell'Alaska e da un pesce dei mari giapponesi, sono oggi comunemente usate in neurologia e in neurofisiologia. L'oloturina, che è una miscela di glucosidi presente nelle oloturie, ha trovato impiego nella lotta contro alcuni tipi di cancro. ● St. - La necessità e la possibilità di curare con sostanze medicamentose furono prese in considerazione già in tempi antichissimi, agli albori stessi dell'umanità. Non si trattava ovviamente di f., ma di uso empirico di sostanze medicamentose. Reperti preistorici confermano l'esistenza di rudimentali attività farmaceutiche quando ancora l'uomo viveva nelle caverne o su palafitte. Tali attività andarono gradualmente perfezionandosi, raggiungendo un livello piuttosto elevato di specializzazione presso Egizi, Indiani, Cinesi, Ebrei, che preparavano medicinali in polvere, unguenti, decotti, usando sostanze ancora oggi di uso farmaceutico. I primi contributi di tipo propriamente scientifico si ebbero però nell'antica Grecia, a cominciare da Ippocrate che cercò di identificare il reale meccanismo di azione nell'organismo di alcune di tali sostanze. Dioscuride, il medico greco vissuto nel I sec. d.C., raccolse per primo il complesso delle nozioni esistenti sui farmaci. Infatti, la sua opera Sulla materia medica, in cinque libri, rappresenta il primo trattato completo di f. ed esercitò grandissima influenza sino ai tempi moderni, rimanendo sino al XVI sec. l'opera più sistematica e autorevole di questa materia. Anche il romano Galeno e la sua scuola diedero un notevole contributo agli studi farmacologici, ponendo una prima chiara distinzione tra medicina e f. Tale distinzione si realizzò definitivamente con la scuola medica araba di Avicenna (IX sec.). Sembra risalga al IX-X sec. la comparsa al Cairo delle prime botteghe specializzate nella preparazione e vendita dei medicinali. Al fiorire della civiltà araba si deve l'impiego anche in Occidente, nel periodo medioevale, di sostanze quali: la cassia, il rabarbaro, la senna, la valeriana, ecc. Tuttavia nel Medioevo gli sviluppi della f. furono, nel loro complesso, piuttosto modesti. Non vanno però trascurati i contributi dati dagli alchimisti e da ricercatori quali Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, Arnaldo da Villanova. Nel Rinascimento si ebbe invece una grande fioritura, grazie a due importanti fattori: l'invenzione della stampa favorì la diffusione delle conoscenze sui farmaci e la scoperta dell'America fece conoscere nuove piante usate dagli indigeni tra cui la china, la gialappa, l'ipecacuana, la salsapariglia. Durante il Rinascimento si intensificarono anche le ricerche su erbe, piante, droghe, i cui effetti erano da tempo noti, per cercare di dare una base scientifica alle conoscenze empiriche. Rilevante fu il contributo dato a queste ricerche da T. Paracelso (1493-1541) che cominciò a estrarre dalle droghe i loro principi attivi e introdusse in terapia l'uso di sostanze minerali. Con l'intensificarsi delle ricerche sperimentali, all'empirismo si sostituì un'impostazione scientifica alla quale contribuirono studiosi quali M. Malpighi, F. Redi, G. A. Borelli, K. Gesner, R. Boyle, T. Wills. Contemporaneamente ai progressi nell'ambito della ricerca farmacologica e all'impostazione di problemi riguardanti il meccanismo dell'assorbimento dei farmaci da parte dell'organismo, la loro tollerabilità, il dosaggio, ecc., cominciarono ad aversi anche profonde modificazioni nel campo della produzione che, da essenzialmente artigianale (prodotta in piccoli laboratori annessi alle farmacie), cominciò a diventare industriale. Sorse così la chimica farmaceutica che ebbe come tappe principali la scoperta della proprietà medicinali, dei composti del mercurio e dell'antimonio, degli anestetici, degli antimalarici. Nel XIX sec. e all'inizio del XX, con la farmacoterapia sperimentale (R. Bucheim e O. Schmiedeberg che estesero lo studio dei farmaci all'esame di tutti gli aspetti della loro azione) e con la chemioterapia (P. Ehrlich che introdusse gli arsenobenzoli per la terapia della sifilide), e successivamente con la scoperta dei sulfamidici (G. Domagk, 1932) e degli antibiotici (la penicillina di A. Fleming), sono stati fatti notevoli passi avanti, e la f. continua ad essere in costante sviluppo e aziende chimico-farmaceutiche sono diventate complessi di grandi dimensioni, collegati, entro e fuori dei confini dei vari paesi, in rusts.