Stats Tweet

STORIA MEDIEVALE - IL FEUDALESIMO

INTRODUZIONE

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, il V secolo fu caratterizzato dalla nascita dei primi regni romano-barbarici in Europa. Fra tutte queste organizzazioni statali, sorte in seguito all'invasione dell'Impero Romano d'Occidente da parte delle popolazioni germaniche, si distinse il regno dei Franchi, che più tardi avrebbe esercitato la propria influenza su tutta l'Europa occidentale.
I Franchi erano un popolo formato da diverse tribù germaniche (Catti, Sigambri, Teucteri) ed abitavano, già dal III secolo d.C., nel territorio sulla sponda destra del Reno. Intorno al 400 d.C. cominciò la lenta infiltrazione franca nell'Impero Romano; ma a differenza delle altre popolazioni germaniche, i Franchi, suddivisi in due gruppi principali (i Salii e i Ripuarii), calarono nel sud Europa molto lentamente e senza abbandonarsi a saccheggi o a violenze.
L'unificazione del popolo franco fu opera del re Clodoveo che, durante il suo regno dal 481 al 511, riuscì a riunire le due tribù dei Salii e dei Ripuarii, fondando così la prima dinastia franca.

CLODOVEO

La storia dei Franchi nel periodo anteriore al 481 ci è nota solo in parte a causa della mancanza di testimonianze scritte. Conosciamo solamente alcuni nomi di sovrani, probabilmente leggendari, come Faramondo, Meroveo, che diede il nome alla dinastia Merovingia, e Childerico, padre di Clodoveo.
Nel 481, alla morte di Childerico, salì sul trono dei Franchi Salii il giovane e saggio re Clodoveo. Fin dai primi anni del suo governo egli si dimostrò una valida guida per il Paese.
Egli riuscì infatti ad allargare i confini del regno annettendo gran parte della Francia centrale e meridionale. Nel 486 d.C. proseguì la sua politica espansionistica penetrando nel territorio romano del generale Siagrio e occupando parte della Gallia settentrionale tra il corso medio della Loira e la Somme.
Nel 496 la tribù dei Ripuarii, minacciata dagli Alemanni, chiese aiuto a re Clodoveo, il quale assalì con il suo esercito il popolo invasore, infliggendogli una pesante sconfitta nella battaglia di Tolbiac (l'odierna Zülbich). La sconfitta degli Alemanni permise al regno franco di estendere ancora una volta i propri confini, che giunsero a comprendere anche la Svizzera settentrionale.
Dopo la vittoria di Tolbiac, Clodoveo e i suoi sudditi si convertirono al Cattolicesimo, per opera di San Remigio.
Nel contesto della storia europea, questa conversione assunse un'importanza grandissima: la Chiesa romana e le popolazioni latino-cattoliche trovarono infatti nel popolo dei Franchi un valido alleato contro i soprusi e le violenze dei popoli germanici.
Nonostante la conversione al cattolicesimo, Clodoveo proseguì incessantemente la sua politica espansionistica. Nel 500 i Franchi sconfissero a Digione il popolo dei Burgundi, sottoponendolo all'obbligo del pagamento di un tributo.
Fra il 507 e il 508 Clodoveo riuscì a sconfiggere persino il temibile popolo dei Visigoti, conquistando tutti i loro territori compresi fra la Loira e i Pirenei.
Nel 510 d.C., nella chiesa di S. Martino a Tours, l'imperatore d'Oriente Anastasio concesse a Clodoveo il titolo e le insegne del consolato. Questo titolo legittimava il potere del re dei Franchi agli occhi delle popolazioni romane sottomesse, che consideravano quindi degli usurpatori gli altri re romanobarbarici.
Ma nel 511, con la morte di Clodoveo, il regno dei Franchi conobbe un periodo di profonda crisi, iniziata con la spartizione dello Stato fra i quattro figli del re scomparso.
L'unità del regno franco creata da Clodoveo andò così perduta nella seconda metà del secolo, a causa della concezione patrimoniale e dinastica dello Stato che avevano i sovrani barbarici; infatti alla loro morte il regno doveva essere diviso fra i figli maschi come se si trattasse di una comune eredità privata, con tutte le conseguenze che si possono immaginare. Si trattava senza dubbio di una concezione rozza e primitiva, che ancora non sapeva cogliere il concetto di continuità dello Stato al di sopra delle dispute individuali.

I RE «FANNULLONI» E I PIPINIDI

Nonostante le discordie interne, i successori di Clodoveo riuscirono ad estendere ulteriormente i confini del regno. Nel 531 i Franchi conquistarono la Settimania togliendola ai Visigoti di Amalarico e, fra il 523 e il 534, riuscirono, dopo non poche difficoltà, a sottomettere le popolazioni dei Borgognoni e dei Turingi, allargando il proprio dominio in Franconia. Ma nonostante queste vittorie, la società franca era ormai in disfacimento, soprattutto a causa dell'inettitudine degli ultimi re merovingi, passati alla storia con l'appellativo di re fannulloni.
Dopo aver smembrato lo Stato in più parti, fra cui l'Austrasia (a nord-est), la Neustria (a nord-ovest) e la Borgogna (a sud), essi commisero l'errore di assegnare vasti territori alla nobiltà locale. In realtà i re merovingi attuarono questa politica per tenere a bada la grande nobiltà, sempre smaniosa di potere, cercando invece di sfruttare le risorse economiche e finanziarie delle città del Mezzogiorno affacciate sul Mar Mediterraneo.
Ma quando, sul finire del VII secolo, l'espansione araba causò il crollo dei traffici, i sovrani merovingi si ritrovarono completamente esautorati e in balìa della grande nobiltà. In questa situazione acquistarono sempre più autorità i maestri di palazzo, o maggiordomi, che in passato avevano svolto la semplice mansione di ministri ma che ora, in qualità di rappresentanti della nobiltà latifondista, erano i veri depositari del potere politico.
Verso la seconda metà del VII secolo la vita politica francese vide la crescente affermazione di una famiglia di maggiordomi, destinata a modificare radicalmente il futuro dell'Europa: i Pipinidi. Il capostipite, Pipino il Vecchio, che era il maggiordomo dell'Austrasia e possedeva vari terreni nella Lorena e nelle Fiandre, incominciò con molta saggezza a sostituirsi al sovrano merovingio e ad acquistare maggiore credibilità ed autorità. La stirpe dei Pipinidi si consolidò definitivamente con Pipino di Heristal che nel 687, dopo aver sconfitto gli avversari della Neustria, riunì nelle sue mani tutte le regioni della Francia. Anche il figlio di Pipino di Heristal, Carlo Martello, contribuì ad aumentare il prestigio della famiglia grazie alla famosa vittoria di Poitiers sugli Arabi nel 732.
Carlo Martello in quell'occasione si rese conto che il suo esercito, formato da uomini liberi che combattevano a piedi, non era adatto ad uno Stato tanto esteso come quello franco. La necessità di creare un nuovo organo di difesa spinse così Carlo Martello ad adottare una serie di provvedimenti molto radicali. Dopo aver confiscato parte dei territori dello Stato della Chiesa, li affidò in usufrutto a persone fidate, le quali si impegnarono a creare un corpo di cavalleria ben addestrato e pronto a prestare il proprio aiuto militare qualora il maggiordomo lo richiedesse. La creazione di questa nuova realtà gerarchico-amministrativa gettò le basi definitive per la nascita e la crescita di quella società feudale che avrebbe caratterizzato la storia e le società europee sino all'XI secolo. Tutte queste profonde trasformazioni operate da Carlo Martello furono realizzate con il tacito assenso dei re merovingi che, esclusi oramai dai processi decisionali, si limitavano ad esercitare un potere formale. Basti pensare che nel 741, alla morte di Carlo Martello, da ben quattro anni l'ultimo re merovingio era scomparso senza che nessuno avvertisse la necessità di eleggere un successore.
I figli di Carlo Martello, Pipino il Breve e Carlomanno, non osarono però farsi eleggere re dei Franchi e preferirono chiamare al trono Childerico III. Ma nel 751, dopo che Carlomanno si era ritirato in convento, Pipino il Breve rinchiuse in un monastero Childerico III, facendosi eleggere re dei Franchi da un'assemblea di nobili.

FRANCHI, PAPATO E LONGOBARDI

Nel 751, mentre Pipino il Breve veniva eletto re dei Franchi, in Italia la situazione politica assumeva toni particolarmente drammatici.
Re Astolfo, il successore di Liutprando al trono longobardo, stava conducendo una politica molto spregiudicata e, dopo aver occupato l'Esarcato e il Ducato di Spoleto, giunse a minacciare la stessa città di Roma, sede del Papato. Il pontefice Stefano II, succeduto nel 752 a Zaccaria, decise allora di approfittare dei buoni rapporti fra lo Stato della Chiesa e i Franchi e chiese a Pipino di intervenire nelle questioni italiche. Il patto di alleanza fra i due fu stipulato nel gennaio del 754 a Ponthion in Francia: l'accordo prevedeva che i Franchi avrebbero avuto l'assenso papale alla conquista dell'Italia longobarda, mentre i territori già bizantini occupati da Astolfo sarebbero andati alla Chiesa romana. Per suggellare il patto, il papa Stefano II incoronò Pipino re dei Franchi e gli conferì il titolo onorifico di patricius Romanorum.
In realtà Pipino il Breve, pur essendosi legato al Papato, voleva evitare uno scontro frontale con i Longobardi, poiché questi erano stati alleati di Carlo Martello contro gli Arabi e perché un'impresa guerresca in Italia avrebbe potuto trovare l'opposizione della nobiltà latifondista franca.
Così, nella primavera del 755 dopo aver tentato inutilmente la via delle trattative con Astolfo, Pipino entrò in Italia e cinse d'assedio la città di Pavia. Il re longobardo a questo punto chiese la pace e si impegnò a donare allo Stato della Chiesa tutti i territori bizantini già occupati. Ma quando Pipino tornò in patria, Astolfo venne meno ai patti e cinse d'assedio la città di Roma.
Nell'estate del 756, su invito di papa Stefano II, Pipino il Breve ritornò in Italia e sconfisse nuovamente i Longobardi, imponendo delle condizioni di pace molto più dure delle precedenti: Astolfo fu obbligato a pagare un'indennità di guerra, a consegnare tutti gli ostaggi e ad accettare la presenza di alcuni presidi franchi con funzioni di controllo. In quest'occasione lo stesso re dei Franchi donò al Papato tutti quei territori che l'anno prima Astolfo si era impegnato a consegnare al pontefice; si costituì così uno Stato della Chiesa sufficientemente ampio e protetto dal governo franco.
Nello stesso anno il trono del regno longobardo passò da Astolfo a Desiderio. Quest'ultimo, pur volendo seguire la politica antipapale impostata dal suo predecessore, si dimostrò molto più saggio e cauto in campo diplomatico: Desiderio mirava infatti, in un primo tempo, ad allontanare i Franchi dallo Stato della Chiesa.
L'occasione propizia si manifestò nel 768 quando, alla morte di Pipino il Breve, il regno franco passò nelle mani dei due figli, Carlo e Carlomanno. Desiderio tentò immediatamente di accattivarsi le simpatie dei due futuri sovrani, dando loro in moglie le proprie figlie, Ermengarda e Gerberga.
Dopo un breve periodo di pace, i progetti di Desiderio subirono un improvviso sconvolgimento: nel 771 Carlomanno morì e Carlo divenne sovrano di tutto il regno franco. Due mesi dopo venne eletto papa l'energico Adriano I e, contemporaneamente, Carlo ripudiò la moglie Ermengarda, in segno di rottura con i Longobardi.
Nel 773 Carlo, passato alla storia con il titolo di Magno (ovvero «il Grande»), scese in Italia e sconfisse i Longobardi alle Chiuse di Susa, nella Pianura Padana. Desiderio, tradito da molti duchi, fu costretto a rifugiarsi a Pavia e, dopo un anno d'assedio, ad arrendersi ai Franchi. Suo figlio Adelchi, sconfitto alla porte di Verona, per non cadere nelle mani del nemico riparò a Costantinopoli. Il regno dei Longobardi, protrattosi in Italia per più di due secoli, scomparve così dalla scena, lasciando il posto alla nuova dominazione franca.
Nel 774 Carlo Magno si proclamò re dei Franchi e dei Longobardi, impegnandosi a donare alla Chiesa di Roma una parte dei territori conquistati. Fra i possedimenti longobardi, Carlo concesse l'indipendenza solo al Ducato di Spoleto e a quello di Benevento, che svolsero la funzione di Stati-cuscinetto fra i confini del regno franco e quelli dell'Impero Romano d'Oriente.

CARLO MAGNO

Questo grande sovrano, durante il suo lunghissimo regno (dal 771 all'814), dovette affrontare una moltitudine di problemi sia interni che esterni: la regolamentazione dei rapporti con il Papato, i delicati contatti diplomatici con l'Impero di Bisanzio, il proseguimento della lotta antimusulmana in Spagna, le rivolte anti-franchi in Italia, la pressione sui confini di popoli barbari quali i Sassoni e gli Avari e la riorganizzazione del vasto regno furono solo i principali campi d'azione di Carlo Magno.
Ma nonostante la molteplicità dei problemi, Carlo riuscì molto saggiamente a superare tutti gli scogli: non a caso la letteratura europea trasse ispirazione dalla sua vita per creare una leggenda epica che, negli anni a venire, fornì lo spunto ideale alle imprese dei Crociati. A questo proposito vale la pena di ricordare la celebre Chanson de Roland, che narra l'epico scontro di Roncisvalle in cui perse la vita il conte paladino Rolando (Orlando).
Carlo Magno, dopo la vittoria sui Longobardi e il suo rientro in patria, dovette ritornare in Italia varie volte per reprimere le ripetute ribellioni. Nel 780 e nel 787 i Franchi, dopo aver sedato la rivolta organizzata dal duca del Friuli Rotgaudo, combatterono contro il duca di Benevento e altri duchi delle Venezie, colpevoli di aver cospirato contro il dominio franco. Ma, contemporaneamente alle vicende italiane, Carlo Magno dovette affrontare altre imprese in varie parti dei suoi domini: la campagna contro i Sassoni, stanziati fra il Reno e l'Elba, fu senza dubbio la più difficile: iniziata nel 772 e conclusa nel 797, costò al regno franco una ventina di spedizioni particolarmente impegnative. Spinto dalla necessità di rendere più sicure le frontiere del regno, Carlo Magno impose la propria autorità in tali zone sin dal 772; ma le popolazioni barbaro-pagane, nemiche della cristianità, diedero vita ad una serie incessante di ribellioni. La prima, durata dal 777 al 785, fu soffocata dall'esercito franco in modo assai cruento: a Verden in un solo giorno furono massacrati 4.500 Sassoni. Per evitare ulteriori sommosse Carlo Magno introdusse la pena di morte per tutti coloro avessero celebrato altre cerimonie pagane o rifiutato il battesimo cristiano. Ma gli indomabili Sassoni insorsero nuovamente nel 792 e i Franchi dovettero compiere altre quattro spedizioni prima di riuscire ad avere la meglio sui rivoltosi.
Una volta ristabilito l'ordine, Carlo fece deportare intere tribù di Sassoni e assegnò le terre di quella zona a nobili franchi, a enti ecclesiastici e a Sassoni dimostratisi fedeli al cattolicesimo. Il pieno controllo della Sassonia fu stabilito soltanto nel 797 e i provvedimenti contro i Sassoni furono mitigati. In Europa ebbero altrettanta importanza gli scontri con i Bavari e gli Avari. La Baviera fu conquistata abbastanza facilmente nel 778; mentre gli Avari, stanziati lungo il corso medio del Danubio, riuscirono in un primo tempo a resistere alla forza dell'esercito franco; tuttavia dopo una lunga serie di aspre battaglie gli Avari furono completamente sterminati nel 795. Per garantire una maggior sicurezza ai confini orientali, Carlo Magno creò sui territori degli Avari la «Marca Orientale» (Osterreich), da cui prese il nome il Ducato d'Austria.
Le cosiddette marche erano delle unità amministrative governate da un marchese, che avevano il compito di organizzare al meglio la difesa dello Stato.
Durante il suo lungo regno, Carlo Magno, in nome del Cristianesimo di cui era difensore, riprese la politica antimusulmana che era stata inaugurata anni prima da Carlo Martello. La prima campagna franca contro i califfi musulmani, che aveva come unico scopo la presa di Saragozza, fallì; anzi durante la ritirata verso nord, la retroguardia franca fu sorpresa dai Baschi a Roncisvalle e venne sopraffatta. Fu proprio in questa occasione che morì il paladino Rolando, che la poesia epica ricorda nella già citata Chanson de Roland.
Dopo questa sconfitta iniziale, Carlo Magno preparò altre spedizioni e nel ventennio successivo riuscì a sottrarre lentamente agli Arabi il territorio spagnolo compreso fra i Pirenei e il fiume Ebro.
Fu creata così la Marca di Spagna, alla quale si unì il piccolo regno cristiano delle Asturie, che si dichiarò spontaneamente vassallo di Carlo Magno.
All'inizio del IX secolo il regno di Carlo Magno assumeva proporzioni veramente imperiali: i Franchi erano padroni dell'Europa, dall'Ebro fino all'Elba e dalle coste del Mare del Nord sino all'Italia centrale.
Nella notte di Natale dell'800, nella basilica di S. Pietro a Roma, papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero. Con questo gesto il pontefice volle ribadire il proprio appoggio all'opera dei Franchi.
Ma il delicato rapporto fra potere temporale dell'imperatore e potere spirituale del pontefice nei secoli successivi avrebbe portato a contrasti talvolta drammatici.
L'ultima conquista diplomatica di Carlo Magno fu l'avvicinamento con l'Impero Romano d'Oriente: nell'812 i Franchi resero la città di Venezia all'imperatore di Bisanzio, il quale riconobbe definitivamente la realtà del Sacro Romano Impero carolingio. Carlo Magno morì nell'814, circondato dall'ammirazione e dal rispetto del suo popolo e di tutto il mondo cristiano dell'epoca.
Carlo Magno in un antico dipinto

IL FEUDALESIMO

Si dice feudalesimo l'ordinamento sociale e amministrativo riscontrabile in tutta l'Europa occidentale a partire dall'VIII secolo circa.
Il feudalesimo rimase in vigore per tutto il Medioevo e nei primi tre secoli dell'Età Moderna, anche se in forme diverse.
Questo ordinamento, che ridimensionò la vita cittadina e gli scambi commerciali a vantaggio della grande proprietà terriera, nacque larvatamente già durante la decadenza dell'Impero Romano d'Occidente, si sviluppò nella prima metà dell'VIII secolo al tempo di Carlo Martello ed ebbe la sua definitiva affermazione con il regno di Carlo Magno. Sull'origine del feudalesimo, le opinioni degli storici sono state e sono ancora molto divergenti; la tesi oggi più accreditata è quella che riscontra in questo ordinamento la presenza di elementi romani e di elementi barbarici, senza dare la preminenza a nessuno di essi.
Il feudalesimo ebbe la sua origine tra i Franchi ma si diffuse rapidamente in gran parte dei Paesi europei.
Nel suo periodo di massimo sviluppo il sistema feudale penetrò nelle società di tutta l'Europa: fu particolarmente presente in Polonia, nei Paesi baltici, in Ungheria, in Inghilterra, in Spagna e in Italia.
Nell'XI secolo, con le Crociate, il feudalesimo fu introdotto anche in oriente.
Ma la culla del sistema feudale rimaneva comunque la Francia, dove i grandi signori, che già beneficiavano delle maggiori cariche pubbliche, pretesero e gradatamente ottennero una lunga serie di privilegi.
Nell'877, con il Capitolare di Kiersy, il sovrano carolingio Carlo il Calvo riconobbe esplicitamente ai grandi feudatari il diritto di trasmettere ai figli il feudo in eredità.
Questo scosse il sistema feudale alle fondamenta: infatti in passato il beneficio non prevedeva il passaggio di proprietà del terreno ma solamente l'usufrutto. Con l'ereditarietà del feudo i grandi signori divennero i veri e propri proprietari dei vasti possedimenti concessi loro dal sovrano.
L'ereditarietà del beneficio, concessa con il Capitolare di Kiersy ai grandi signori, venne ben presto estesa anche ai feudi minori (1037). Erano designati col nome di feudi maggiori quelli ottenuti per investitura sovrana, mentre minori erano chiamati quelli non concessi dal re o dall'imperatore, ma derivanti dal frazionamento della proprietà di un singolo signore. Questo riconoscimento rafforzava in modo definitivo la potenza dei grandi feudatari nei confronti dell'autorità del sovrano, che s'indebolì sensibilmente. La crisi del potere centrale era tale che nell'887, dopo la deposizione dell'ultimo sovrano carolingio, iniziò un periodo di anarchia feudale che avrebbe caratterizzato le vicende dell'Europa occidentale sino alla metà del X secolo.
La piramide feudale

Ricostruzione delle principali fasi di evoluzione di un castello

Volo virtuale attorno al castello di Charmes

IL FEUDALESIMO IN ITALIA

Carlo Magno, dopo le ultime rivolte dei duchi longobardi, creò nei territori italiani numerosi feudi vassallatici regi, retti da persone di sua fiducia. Questa iniziativa, che aveva come unico scopo quello di prevenire eventuali rivolte, fu ripresa ed attuata su altri territori già in possesso dei Longobardi.
Verso la fine dell'VIII secolo si era definitivamente creata in Italia una gerarchia feudale che vedeva al gradino più alto i possessori di cariche pubbliche e a quelli più bassi gli addetti ai servizi domestici della corte. Ma lo sviluppo del feudalesimo non fu un processo omogeneo su tutto il territorio italiano: mentre infatti le regioni centro-settentrionali seguirono il modello francese, il Mezzogiorno non adottò l'ordinamento feudale.
Nell'Italia meridionale il feudalesimo fu pressoché assente perché in quelle regioni l'Impero Bizantino fece sempre sentire la propria autorità, non permettendo la nascita di organismi autonomi. Inoltre l'introduzione del feudalesimo era resa problematica dalla presenza di numerose città costiere, che erano dedite ad attività mercantili e commerciali.
Il tipo di feudalesimo introdotto in Italia ebbe però caratteristiche differenti da quello francese; la storiografia distingue infatti il feudo longobardo da quello franco.
Le differenze fondamentali fra i due ordinamenti erano le seguenti: il feudo longobardo poteva essere venduto alla sola condizione che il compratore si sottoponesse agli stessi obblighi assunti in precedenza dal venditore, mentre quello franco era inalienabile (ovvero non commerciabile); il feudo longobardo inoltre, a differenza di quello franco, era divisibile fra i discendenti maschi del signore ed era trasmissibile anche alle donne.
Con il Capitolare di Kiersy, i feudatari francesi acquisirono il diritto di trasmettere il beneficio al primogenito maschio, ma non ottennero la possibilità di suddividerlo fra la prole. Le disposizioni del Capitolare di Kiersy erano tuttavia limitate ai feudi maggiori; i feudi minori diventarono infatti ereditari solamente nel 1037, grazie alla Constitutio de feudis concessa da Corrado II all'aristocrazia milanese.
Nel 920 il sistema feudale cominciò a penetrare gradatamente anche nel sud dell'Italia per opera dei Normanni, che fondarono le prime signorie feudali, dichiarandosi vassalli di duchi longobardi o dell'imperatore. Il feudo introdotto dai Normanni ebbe le stesse forme e regole di quello franco.

LA SOCIETÀ FEUDALE

Tra il X e l'XI secolo, il feudalesimo si era ormai diffuso in vaste regioni dell'Europa. Nati come distretti del regno franco (contee e marche di confine), i feudi erano guidati dai conti e marchesi di nomina regia che, teoricamente, agivano come funzionari del sovrano.
In cambio di tale servizio e di sostegno militare, il re assegnava loro benefici, cioè territori e talvolta la facoltà di esercitare su di essi diritti regi, come la riscossione delle imposte, di dazi e pedaggi. Con il passare del tempo e con la crisi del potere regio, i feudatari usurparono spesso i diritti goduti dal sovrano e resero ereditari i beni ricevuti temporaneamente (Capitolare di Kiersy) cosicché il feudalesimo, nato come sistema di stretto controllo esercitato dal sovrano sui territori conquistati, venne trasformandosi in strumento di potere dei grandi signori e di crisi della monarchia. A sua volta, il feudatario stringeva a sé, con vincoli di dipendenza personale, i membri dell'aristocrazia minore (vassalli, valvassori, valvassini) per cui la società feudale si trovò ingabbiata in una struttura gerarchica piramidale al cui vertice si situava formalmente il sovrano. Alla base stava invece la massa della popolazione dedita all'agricoltura, divisa in liberi coloni (che coltivavano appezzamenti propri), affittuari del signore e servi della gleba. Economicamente il feudo, come già la signoria rurale dell'età tardo romana, era un'entità che tendeva all'autarchia, cioè alla produzione di tutti i beni per il consumo interno.

Esso era diviso in una pars dominica (la «parte del signore»), direttamente dipendente dal feudatario che la faceva coltivare da propri servi (ministeriales), e in una pars massaricia, costituita da mansi, appezzamenti affittati ad una famiglia di coloni che pagava il signore con una parte dei frutti della terra e con giornate di lavoro non retribuito (corvês) sui terreni della pars dominica. Al centro di questa sorgevano edifici, come stalle, forni, mulini e la dimora del signore, in cui egli esercitava funzioni di giudice per quanto concerneva la «bassa giustizia» (reati contro il patrimonio, furti ecc.).
Castello feudale

Visita virtuale all’interno dell’abitazione di un alchimista del Medioevo

LA CAVALLERIA

Un'istituzione caratteristica del sistema feudale e ad esso connessa è quella della cavalleria, che si sviluppò soprattutto in Francia, dove per legge il feudo era indivisibile e alla morte del feudatario passava interamente nelle mani del primogenito. I fratelli minori si venivano così a trovare in una condizione di inferiorità e di subordinazione: molti di essi cercavano un'affermazione personale nella carriera ecclesiastica, altri invece si dedicavano alla vita militare, mettendosi al servizio di un principe. Il termine cavaliere, che prima era utilizzato per indicare indistintamente un qualsiasi guerriero a cavallo, indicò successivamente solo questa particolare classe di combattenti. Nei secoli IX e X essi si dedicarono ad azioni guerresche sporadiche e sempre al servizio del proprio signore, mentre nell'XI secolo assunsero una caratteristica differente. In quel secolo la Chiesa, per moderare gli abusi e le violenze tipiche dei cavalieri, chiese ed ottenne di vincolare a sé la nuova istituzione, conferendole un significato puramente religioso. I cavalieri divennero così i soldati di Dio, come testimonia il decalogo a loro imposto. Fra le varie norme, riteniamo molto significative le seguenti: «proteggerai la Chiesa; farai guerra ad oltranza agli infedeli; sarai sempre e dovunque il campione del diritto e del bene contro l'ingiustizia e il male; avrai rispetto per tutti i deboli che difenderai dai soprusi dei potenti».
La cavalleria, intesa come guida religiosa e militare, si diffuse soprattutto in Occidente ed in particolar modo in Francia e in Germania.
Non bisogna dimenticare l'apporto fondamentale offerto dai cavalieri nell'ambito delle Crociate. A questo scopo la Chiesa istituì anche alcuni ordini religiosi cavallereschi, quali i Templari e i Cavalieri di S. Giovanni, che avevano il compito di difendere con le armi la Terra Santa dagli infedeli.
Ricostruzione virtuale della vestizione di un cavaliere medievale

ARMI DA ASSEDIO MEDIOEVALI

Largamente praticata nell'antichità, l'arte dell'assedio visse un grande sviluppo durante il Medioevo, le cui tecniche, con poche variazioni, furono applicate fino all'invenzione della polvere da sparo.
Molte erano le armi e le macchine belliche usate durante un assedio; in base al loro funzionamento possono essere divise in due gruppi principali:
a) le macchine a torsione, che utilizzano per il loro funzionamento l'energia liberata dal rapido svolgimento di una matassa, di solito una corda, come la catapulta o onagro, e la balista.
b) le macchine a contrappeso, che utilizzano per il loro funzionamento l'energia prodotta dalla caduta del contrappeso, come il trabucco e il mangano.

LA CATAPULTA

La catapulta era una macchina da guerra che funzionava come una gigantesca fionda in grado di scagliare dardi, massi o altri tipi di proiettili al di sopra di mura, fossati e ostacoli. Le catapulte di dimensioni maggiori erano montate su una piattaforma di legno; si trattava di armi simili a gigantesche balestre, il cui propulsore veniva caricato tirandolo all'indietro per mezzo di funi ed era trattenuto da un gancio di arresto.
Un altro tipo di catapulta sfruttava la torsione di grosse funi per scagliare pesanti massi al di là di mura o di fossati; le funi venivano torte con l'uso di argani. Le catapulte venivano solitamente assemblate sul luogo dell' assedio, e gli eserciti portavano con loro pochi o nessun pezzo di tale macchina, in quanto il legno era solitamente disponibile sul posto. Le prime catapulte apparvero verso la fine dell'era greca e vennero sviluppate maggiormente in epoca romana e nel Medioevo.
Simulazione tridimensionale del funzionamento di una catapulta medievale

LA BALISTA

La balista era un particolare tipo di catapulta in grado di lanciare dardi, giavellotti e grosse pietre sfruttando le forze di torsione di grosse corde. In generale la balista era fatta di legno, con qualche parte costruita o rivestita di metallo; le corde utilizzate come tensori erano ottenute dai tendini di animali. Non permetteva tiri molto precisi. Il suo utilizzo cessò verso l'anno 1000 in seguito agli alti costi necessari per costruirla. Fu inventata dai Greci, fu usata soprattutto dai Romani ed era diffusa in epoca medievale.
Simulazione tridimensionale del funzionamento di una balista

IL TRABUCCO o TRABOCCO

Il trabucco era una macchina d'assedio di grandissime dimensioni. Utilizzato spesso negli assedi, era la più grande arma a tiro indiretto a disposizione degli assedianti. Inventata in Cina tra il V e il III a.C., la macchina giunse in Europa verso il VI sec. d.C.
Era costituito da un enorme braccio di legno posto in posizione molto elevata, su di una struttura di sostegno abbastanza grande e robusta da sostenere la tensione a cui la macchina veniva sottoposta durante il suo impiego. Il braccio era montato su un perno orizzontale nel punto in cui incontrava le struttura di sostegno, in maniera tale che un'estremità del braccio, la più sottile, sia più lunga, robusta e pesante dell'altra. A quest'ultima veniva di solito appesa una cassa o un grande cesto, pieno di macigni o di altro materiale abbastanza pesante da fungere da contrappeso. All'altra estremità del braccio vi era un gancio a cui era fissata una specie di grossa fionda, all'interno della quale era posto il proiettile, di solito un grande masso.
Questa eccezionale macchina d'assedio era in grado di scagliare pesantissimi macigni fino alla considerevole distanza di 300 metri. Pur essendo l'arma di artiglieria medievale più potente dell'epoca, il suo unico difetto era la scarsità di precisione, compensato però dall'enorme potenziale distruttivo.
Simulazione tridimensionale del funzionamento di un trabocco

OTTONE I

L'importanza della figura di Ottone I, re dei Sassoni, è dovuta alla sua incoronazione a imperatore per opera della Chiesa Romana, nella persona del papa Giovanni XII.
L'avvicinamento della Chiesa alla casa di Sassonia, avvenuto ufficialmente nel febbraio del 962, segnò un nuovo periodo della storia europea. Da questo patto di alleanza entrambe le parti contavano di trarre gli elementi per rafforzare il proprio potere: i Sassoni avevano in animo di indebolire l'autonomia dei grandi feudatari mediante uno stretto rapporto con il papato; mentre la Chiesa, constatata l'anarchia in cui stavano cadendo i territori un tempo appartenuti al Sacro Romano Impero, cercava un appoggio temporale in grado di darle maggiori garanzie di stabilità.
Tuttavia l'accordo stipulato fra Ottone I e Giovanni XII, il famoso Privilegio Ottoniano, andò tutto a favore del re sassone che, dopo essersi dichiarato difensore del cattolicesimo, si arrogò il diritto di intervenire nella scelta dei pontefici e di influenzarne le scelte politiche. Una volta accortosi di ciò, Giovanni XII ruppe i suoi rapporti con la casa sassone e Ottone I, prontamente, lo depose dalla carica papale. Nel 963 il re dei Sassoni fece eleggere al pontificato un uomo di sua fiducia (il proprio segretario) con il nome di Leone VIII.
Ma l'attività politica di Ottone I non si limitò certamente a questo: egli infatti riuscì a restaurare l'organizzazione burocratica del suo regno, trasformandolo in uno dei più potenti Stati europei dell'epoca.
Nel 951 a Pavia Ottone I si fece incoronare re d'Italia, approfittando dell'improvvisa morte di Berengario I e delle dispute fra i molti pretendenti.
Nel 955 il re sassone sconfisse i Magiari nella battaglia di Lechfeld, contribuendo a liberare non solo la Germania ma tutta l'Europa dalle pericolose scorrerie di quel popolo. L'annessione dell'Ungheria ai territori sassoni portò in breve tempo alla definitiva conversione dei Magiari al cattolicesimo, avvenuta nel 997 per opera del loro re Stefano il Santo.
A oriente della Sassonia, Ottone I riuscì a creare nuove marche di confine quali la Carinzia, la Moissen e la Marca Orientale, e a trasformare i vescovati di Magdeburgo (962) e di Praga (972) nei centri più importanti dell'est europeo per la diffusione del cristianesimo.
A partire dal 966 Ottone I incominciò a guardare con interesse le terre del Mezzogiorno italiano, giungendo a minacciare la stessa Bari. Nel 972 l'imperatore bizantino Giovanni Zimisce, timoroso della potenza dei Sassoni, offrì sua figlia in sposa ad Ottone II, figlio di Ottone I che, con queste nozze, ribadiva le sue aspirazioni nei riguardi dell'Italia meridionale, senza peraltro che la principessa bizantina, Teofane, avesse effettivamente portato in dote le terre di cui egli desiderava impossessarsi.
Prima di concludere questo paragrafo vorremmo far notare che Ottone I fu incoronato per ben tre volte durante la sua vita. Infatti era in possesso della corona germanica, ottenuta ad Aquisgrana nel 936, fu incoronato re d'Italia a Pavia nel 951 e imperatore a Roma nel 962. Dopo la sua morte, tutti i re germanici aspirarono, oltre alla corona germanica, a quella del regno d'Italia e a quella imperiale conferita dal Papa.
L'Impero sotto Ottone I

Schema della casa di Sassonia

OTTONE II

Nel 973, dopo la morte di Ottone I, il trono del regno di Germania passò al figlio Ottone II. Il nuovo sovrano fu subito occupato nella repressione di una rivolta interna guidata dal duca di Baviera, al quale si erano alleati i feudatari di Boemia e di Lorena. Nel 978, dopo aver sedato la ribellione dei nobili germanici, Ottone II dovette affrontare una minaccia ben più pericolosa: i Francesi di re Lotario, i Danesi dello Jutland e gli Slavi che aumentarono la pressione lungo i confini dell'impero.
Anche in Italia la situazione non era delle migliori: la città di Roma era insorta sotto la guida di Crescenzio, un discendente della famiglia di Teofilatto, il quale, dopo aver deposto papa Benedetto VI, lo sostituì con un uomo di sua fiducia.
Nel 980 Ottone II, dopo aver respinto le minacce di Danesi, Francesi e Slavi, scese in Italia e ristabilì l'ordine, riportando Benedetto VI sul soglio pontificio e placando l'aristocrazia romana. Durante gli anni che seguirono Ottone II poté dedicarsi all'Italia meridionale, già ambita dal padre Ottone I.
Il Mezzogiorno italiano, terra dei Bizantini, era governato dal successore di Zimisce, Basilio II, che proprio in quel periodo incominciò a manifestare il suo disinteresse per quel territorio. Questo atteggiamento spinse l'emiro musulmano di Sicilia ad intensificare le azioni offensive contro la Calabria e la Puglia. Per liberare l'Italia dalla minaccia musulmana, Ottone II preparò tempestivamente una spedizione anti-araba.
Il vasto piano militare concepito dall'imperatore germanico nel 981 ottenne molti successi: le forze di Ottone II riuscirono infatti in breve tempo ad occupare le città di Napoli, Salerno, Bari e Taranto. Ma nel 982 le milizie imperiali vennero duramente sconfitte nella battaglia di Stilo.
La sconfitta contro i Musulmani e la completa distruzione dell'esercito portarono Ottone II a fronteggiare una situazione che appariva ormai compromessa: la Germania era minacciata dalle invasioni dei Danesi, tra i vescovi-conti e gli abitanti delle città erano sorti gravi conflitti e la conquista dell'Italia meridionale appariva ormai come un miraggio lontano. Nel tentativo di impostare un programma d'azione Ottone II convocò una dieta a Verona, in occasione della quale nominò suo erede il figlio Ottone, di tre anni, e definì il progetto di una spedizione contro i Musulmani. Ma nel 983 Ottone II morì, lasciando incompiuti gran parte dei suoi progetti ed abbandonando la Germania in mano ad Ottone III che, all'epoca, aveva solo quattro anni.

OTTONE III

Vista la giovane età del nuovo imperatore, l'impero fu retto, per tredici anni, dalla moglie Teofano e dalla nonna di Ottone III, Adelaide.
Le due donne dovettero affrontare un'ennesima ribellione guidata da Enrico di Baviera che, alleatosi con la Polonia e la Boemia, tentava di ottenere il trono germanico. La vita politica del Paese fu inoltre sconvolta da una serie di offensive esterne condotte dagli Slavi, che ritornarono a premere sul confine orientale dell'Elba, e dai Danesi, che riuscirono addirittura a penetrare nel nord dell'Impero. Nel frattempo Ottone III veniva educato da Gerberto d'Aurillac e dal monaco Nilo di Rossano, che gli trasmisero la cultura classica e il concetto di un impero romano-cristiano, inteso come comunità universale dei popoli cristiani in cui l'imperatore doveva assumere anche un ruolo religioso.
Nel 986, dopo che le rivolte interne furono placate e le pressioni esterne respinte, Ottone III assunse la guida dell'impero. Influenzato dalle idee dei suoi educatori e convinto della necessità di restaurare l'impero secondo il concetto cristiano, Ottone III volle stabilire la propria residenza a Roma e pretese di controllare la politica del papato eleggendo al soglio pontificio lo stesso Gerberto d'Aurillac, passato agli annali con il nome di Silvestro II (999). Ma i progetti di Ottone III e di Silvestro II furono duramente osteggiati, in un primo tempo, dall'aristocrazia romana, che guidata da Giovanni Crescenzo si ribellò all'imperatore, e in seguito dagli stessi feudatari germanici, che approfittarono della lontananza di Ottone per insorgere a loro volta.
L'imperatore riuscì a ristabilire l'ordine facendo ricorso ad una dura repressione, ma ben presto si rese conto dell'impossibilità di realizzare i suoi progetti, soprattutto a causa della nascita di nuove forze locali.
Nel 1001 gli aristocratici romani ripresero il loro movimento di rivolta, riuscendo a scacciare l'imperatore e il papa dalla capitale e costringendoli a rifugiarsi a Ravenna.
Nel gennaio del 1002 Ottone III morì nei pressi del monte Soratte, a pochi chilometri da Roma, mentre si apprestava a rientrare nella capitale.
Con la morte di Ottone III svanì anche la possibilità della restaurazione di un impero romano-cristiano sul modello di quello di Carlo Magno.

ENRICO II DI BAVIERA

La Dieta germanica, per risollevare il Paese dall'imminente crisi, decise di eleggere un ennesimo discendente della casa di Sassonia. Non avendo però Ottone III lasciato eredi, il titolo fu affidato ad un suo lontano cugino, Enrico II di Baviera, figlio di quell'Enrico che più volte si era opposto al potere imperiale degli Ottoni.
Il nuovo imperatore si dedicò attivamente alla riorganizzazione del regno germanico, lasciando l'Italia in preda all'anarchia. L'impero, gravemente compromesso dall'invasione slava nel nord, fu impegnato a fondo a bloccare le mire espansionistiche del re di Polonia, Boleslao il Valente, che mirava alla conquista della Boemia e delle marche slave sull'Elba. La guerra fra l'Impero Germanico e la Polonia durò dal 1002 al 1018 e impegnò intensamente Enrico II, che nei momenti di pausa riuscì a dedicarsi anche alle questioni italiane. La pace del 1018 andò a sfavore di Enrico II, che fu costretto a riconoscere a Boleslao il titolo regale. In Italia l'assenza dell'imperatore determinò una serie di rivolte molto importanti: a Roma il papato fu sottomesso per più di trent'anni al dominio dei Conti di Tuscolo e, alla morte di Ottone III, i grandi feudatari del nord elessero re d'Italia il marchese Arduino d'Ivrea.
Egli si fece portavoce della grande aristocrazia italiana contro la feudalità ecclesiastica; durante il suo breve regno si dimostrò grande nemico del papato e, dopo aver ucciso il vescovo di Vercelli, si impegnò attivamente a combattere i vari soprusi dovuti ad ecclesiastici.
Preoccupato dalla difficile situazione, il papa si affrettò a richiedere aiuto ad Enrico II il quale, dopo aver attraversato le Alpi, si fece eleggere re d'Italia dall'arcivescovo di Milano nel 1004. In quell'occasione la popolazione di Pavia, anziché festeggiare l'avvenimento, manifestò il proprio disappunto e cercò di dare alle fiamme lo stesso palazzo regio. La sommossa di Pavia fu duramente punita da Enrico II, che però dovette ben presto ritornare in Germania a causa della guerra contro la Polonia.
Quando Enrico II lasciò l'Italia, Arduino d'Ivrea assunse nuovamente il potere e lo detenne per circa dieci anni. Nel 1014 l'imperatore germanico tornò nuovamente in Italia e, dopo aver raggiunto la città di Roma, si fece incoronare imperatore da papa Benedetto VIII.
L'anno seguente, quando l'imperatore tornò per l'ennesima volta in patria, Arduino d'Ivrea, dopo un vano tentativo di recuperare il potere, decise di abbandonare la lotta e si rinchiuse nel monastero di Fruttuaria, dove morì l'anno successivo.
Nel 1019 Enrico II ritornò per l'ennesima volta in Italia, con l'intento di occupare il vuoto di potere lasciato nel meridione dall'Impero Bizantino. La spedizione, partita nel 1021, non ottenne il successo sperato dall'imperatore, il quale fu costretto a ritornare in Germania, dove venne aspramente criticato.
Enrico II di Baviera morì nel 1024 e con lui si estinse la casa di Sassonia. In quell'occasione la popolazione di Pavia insorse una seconda volta e, quasi a simboleggiare la caduta dei Sassoni, distrusse completamente il palazzo imperiale, già incendiato nel 1004.
È da segnalare in questo periodo il risveglio economico delle città italiane che tendono ad organizzarsi politicamente, aspirando a conseguire l'autonomia dal potere imperiale e pontificio.
Oltre alla famosa sommossa di Pavia del 1004, contro Enrico II, possiamo ricordare quella del 1009 della città di Bari contro i dominatori bizantini ed infine quella di Roma del 1014, avvenuta subito dopo l'incoronazione imperiale del re tedesco. Sull'esempio di queste città, le popolazioni italiche riuscirono a realizzare progetti anche più impegnativi, senza ricorrere a nessun aiuto esterno: Pisa e Genova, pur essendo inquadrate nel regno feudale d'Italia, fra il 1015 e il 1022 attaccarono di propria iniziativa gli Arabi in Sardegna e, dopo sette anni di scontri, riuscirono a strappare l'isola ai musulmani. Anche nell'Italia meridionale queste manifestazioni di vitalità cittadina incominciarono a farsi sentire sempre più massicciamente, soprattutto per opera delle città marinare di Napoli, Amalfi e Gaeta.

CORRADO II IL SALICO

Alla morte di Enrico II, ultimo discendente della casa di Sassonia, i feudatari germanici elessero re Corrado II il Salico della casa di Franconia il quale, come prevedeva la tradizione, ottenne anche la corona d'Italia (nel 1026) e quella imperiale (nel 1027). Appena salito al trono, Corrado II si rese conto dell'impossibilità di proseguire nella politica dei suoi predecessori che, come abbiamo visto, avevano cercato di contrapporre la feudalità laica a quella ecclesiastica. Quest'ultima infatti aveva ormai raggiunto una potenza tale da poter sfidare la stessa autorità imperiale.
Di fronte a questo pericolo Corrado II, che fino ad allora aveva mantenuto buoni rapporti con il clero, decise di cambiare atteggiamento e si scontrò con la grande feudalità ecclesiastica e in particolar modo con Ariberto d'Intimiano, arcivescovo di Milano. Quest'ultimo, appoggiandosi ai ceti comunali emergenti, dimostrò il suo sdegno verso la politica imperiale, allontanando da Milano i vassalli di Corrado II.
La reazione dell'imperatore germanico non si fece attendere a lungo e, nel 1036, egli scese in Lombardia e convocò una Dieta a Pavia. Ariberto d'Intimiano, che aveva rifiutato di parteciparvi, fu arrestato ma riuscì a fuggire e si rifugiò in Milano dove tutto il popolo era con lui.
Corrado tentò inutilmente di prendere d'assalto la città, quindi, visti vani i suoi sforzi, cercò di accattivarsi le simpatie dei feudatari minori, emettendo nel 1037 la famosa Constitutio de feudis. Essa rendeva lecita l'ereditarietà dei feudi minori sulla base di quanto era già stato concesso ai feudatari maggiori con il Capitolare di Kiersy dell'877. Il suo gesto però non ebbe il risultato sperato e, dopo essersi recato a Roma nel tentativo di stringere un'inaccettabile alleanza con il papa, tornò in Germania, dove morì nel 1039.
La Constitutio de feudis ebbe una grande importanza per le delibere che conteneva: essa infatti prediceva: «se un valvassore, sia dei maggiori che dei minori, se ne andasse da questo mondo, il figlio suo abbia il feudo»; ed inoltre concedeva la possibilità di appello, direttamente al sovrano, ai piccoli feudatari.
Queste concessioni ai piccoli feudatari provocarono il vero e proprio disfacimento della società feudale, mettendo in crisi le gerarchie del feudo. I vassalli minori divennero così una classe antagonista dei grandi signori, pronta ad allearsi con le forze cittadine emergenti.
Ma il processo di decadimento della società feudale non è unicamente attribuibile all'antagonismo fra grandi e piccoli feudatari; proprio in quegli anni stavano nascendo parecchie forze nuove che si dimostrarono capaci di grandi imprese.
Oltre ai ceti mercantili cittadini, che con l'episodio di Milano dimostrarono ancora una volta il loro vigore, altre forze sociali incominciarono a farsi sentire: i ministeriales e i cavalieri. I ministeriali erano dei servi particolarmente capaci che, con la loro opera all'interno del feudo, avevano conquistato la posizione di liberi cittadini. Invece i cavalieri, di cui abbiamo già parlato nei capitoli precedenti, erano i secondogeniti delle grandi famiglie feudali che a causa dell'indivisibilità del feudo erano costretti a praticare la vita militare. Essi, che in un primo tempo avevano costituito un vero e proprio pericolo con le loro scorrerie, divennero mediante l'intervento del papato una specie di esercito religioso, con il compito di divulgare il cristianesimo e combattere gli infedeli.
Genealogia della Casa di Franconia

LA RIFORMA RELIGIOSA

Intorno al 1040 il mondo religioso europeo visse un momento di crisi dovuto all'emergere, in seno alla Chiesa, di un movimento di riforma. Questo movimento, che ebbe origine nel monastero di Cluny, si impegnò a condannare gli aspetti deteriori della vita della Chiesa, quali erano ad esempio la simonia (ovvero la vendita di beni e cariche ecclesiastiche) e il concubinaggio dei preti. Il monastero di Cluny fu fondato nel 910 per iniziativa di Guglielmo, duca d'Aquitania, e dell'abate Bernone ed ebbe una caratteristica molto importante: il terreno su cui sorgeva era stato donato dal duca direttamente al pontefice, ed era perciò libero da ogni dipendenza dalla feudalità locale o dall'ordine vescovile di Aquitania. Questo convento, ispirato all'opera di San Benedetto, seguì un cristianesimo puro fatto di povertà, di dedizione e di sacrificio e si impegnò attivamente nella lotta contro il clero romano licenzioso e assetato di potere.
Enrico III, che nel 1039 succedette al padre Corrado II, decise di appoggiare il movimento cluniacense con l'intento di rinnovare la Chiesa.
A Roma nel frattempo il Papato era completamente nelle mani della nobiltà romana che giunse persino ad eleggere un papa di dodici anni con il nome di Benedetto IX.
Enrico III scese in Italia nel 1046 deciso a porre fine allo scandalo e a Roma trovò addirittura tre diversi rivali che si contendevano il titolo papale. In regola con il Privilegio Ottoniano, il re tedesco elesse all'alta carica il vescovo di Bamberga, Clemente II, uomo di indubbia fede e suo fidatissimo amico. Con Clemente II ebbe inizio una lunga serie di papi di origine tedesca che, per oltre un decennio, si susseguirono per volontà dell'imperatore.
Enrico III inoltre, per ovviare agli inconvenienti provocati dal padre con la Constitutio de Feudis, si appoggiò all'alta aristocrazia tedesca, con la quale vinse le guerre contro i Polacchi e gli Ungheresi. Nel 1056, gli succedette il figlioletto Enrico IV, di soli sei anni, che venne affidato alla tutela della madre Agnese, nominata reggente.
Di questa situazione approfittarono i riformatori che riuscirono a far eleggere un papa di loro fiducia: Niccolò II.
I cattolici riformatori, ispirati e guidati dal monaco Ildebrando de Soana e da Pier Damiani, nell'aprile del 1059 indissero un concilio in S. Giovanni in Laterano. In questa occasione vennero stabilite in modo univoco le modalità per l'elezione del pontefice che, da quel momento in avanti, fu affidata ai «cardinali vescovi» (ovvero ai vescovi delle principali Chiese) e ai «cardinali preti» (cioè i preti di Roma).
Grazie a questa importante delibera, il papato, che nel frattempo aveva stipulato un'alleanza con i Normanni a Melfi, si liberò dell'ingombrante ingerenza dei sovrani tedeschi negli affari privati della Chiesa.
Grazie all'opera dei riformatori, la figura del pontefice tornò ad assumere la sua importanza e il suo significato.
La nuova strada intrapresa dalla Chiesa di Roma fu confermata ulteriormente quando, nel 1073, fu eletto al soglio pontificio lo stesso Ildebrando de Soana, con il nome di Gregorio VII.
Ricostruzione virtuale del cantiere di una cattedrale romanica

Ricostruzione virtuale del cantiere di una cattedrale gotica

PICCOLO LESSICO

CAPITOLARE DI KIERSY

Documento emanato dall'imperatore Carlo il Calvo nel giugno 882 all'assemblea di Kiersy, che legittimava l'ereditarietà dei feudi maggiori.

CAVALLERIA

Istituzione della vita politica del tardo medioevo, intimamente legata al feudalesimo e caratterizzata da uno spirito corporativistico che, in quell'epoca, legava un individuo all'altro nel vincolo della stessa condizione sociale. Il cavaliere medioevale è prima di tutto un miles: la milizia costituisce l'essenza della sua vita e la cerimonia che ad essa l'ha aggregato con i momenti diversi del rito (colpo di piatto della spada o della mano dell'investitore sulla spalla del candidato, benedizione della spada, vestizione delle armi) gliene ricorderà sia la natura sia i diritti e doveri. Il cavaliere oltre che miles è anche vassallo, legato a un signore il quale gli fornisce i mezzi di sussistenza e tutto il necessario per armarsi in cambio della fidelitas, che lo lega a lui e ne fa un suo uomo. In questa rigida struttura sociale non vi è posto per il «cavaliere errante» che agisce al di fuori e contro il contesto sociale del suo tempo, e che vive solo nei testi delle chansons de geste e dei romans in lingua d'oc e d'oil.

PERSONAGGI CELEBRI

CARLO MARTELLO

(685-741). Principe franco e maggiordomo sotto gli ultimi Merovingi.
Nato da Pipino di Héristal e da una sua concubina, fu imprigionato alla morte del padre dalla vedova di Pipino, Plectrude. Evaso nel 715, dopo un anno, fomentò una rivolta contro Plectrude, vinta nel 717. Dopo varie conquiste territoriali, pose sul trono Teodorico IV, ma in effetti regnò in vece sua.
Subentrò al re nel 737 e diede avvio ad una vasta politica d'espansione. Nel 732 riuscì a frenare l'avanzata musulmana e tra il 733 e il 736 sottomise la Borgogna e la Provenza. Secolarizzò i beni della Chiesa per mantenere l'esercito. Nel 741 regolò la propria successione tra i figli Carlomanno e Pipino.

CARLO MAGNO

(742-814). Durante il suo regno (dal 771 all'814) si dimostrò un valido combattente e un abilissimo uomo politico. Sotto la sua guida il regno dei Franchi ottenne numerose vittorie ed estese notevolmente i propri confini. Carlo Magno fu incoronato imperatore la notte di Natale dell'800 da papa Leone III.

RIASSUNTO CRONOLOGICO

481: Clodoveo sale al trono.

507: I Franchi sconfiggono i Visigoti.

511: Morte di Clodoveo e divisione del regno fra i quattro figli.

732: Carlo Martello ferma gli Arabi a Poitiers.

751: Pipino il Breve è il nuovo re franco.

754: Pipino il Breve e papa Stefano II si incontrano a Ponthion.

756: Prime vittorie franche sui Longobardi.

771: Carlo Magno sale al trono dei Franchi.

774: Carlo conquista Pavia e decreta la fine del regno longobardo.

800: Carlo Magno viene incoronato imperatore.

814: Muore Carlo Magno.

877: Carlo il Calvo rende noto il Capitolare di Kiersy.

887: Carlo il Grosso viene deposto e incomincia un periodo di anarchia feudale.

936: Ottone I sale al trono dell'Impero Germanico.

951: A Pavia Ottone I diviene re d'Italia.

955: Con la vittoria di Lechfeld Ottone I batte gli Ungheresi.

962: Ottone I incoronato imperatore.

973: Muore Ottone I e gli succede Ottone II.

982: Ottone II viene sconfitto dagli Arabi a Stilo.

983: Dopo la morte di Ottone II il titolo passa a Ottone III.

1002: Enrico II succede a Ottone III e contemporaneamente Arduino d'Ivrea viene incoronato re d'Italia.

1002-1018: Guerra Franco-polacca.

1004: Enrico II si fa incoronare re d'Italia mentre Pavia si ribella.

1014: Enrico II viene incoronato imperatore, suscitando una ribellione a Roma.

1015: Muore Arduino d'Ivrea.

1024: Morte di Enrico II e ribellione di Pavia. La corona passa a Corrado II.

1037: Corrado II emana la Constitutio de Feudis.

1039: Muore Corrado II e sale al trono Enrico III.

1046: Enrico III viene eletto imperatore.

1056: Enrico IV succede ad Enrico III.

1059: Viene riunito il Concilio di S. Giovanni in Laterano.

1073: Il monaco Ildebrando de Soana viene nominato papa con il nome di Gregorio VII.