(dal latino
conscius). Consapevole, che ha coscienza
dei propri atti. Il termine è usato soprattutto in psicoanalisi, anche
come sostantivo, in contrapposizione a inconscio. Secondo la teoria
psicoanalitica, l'attività mentale si svolge parte in modo
c. e
parte in modo inconscio, funzionando secondo regole diverse: l'attività
mentale conscia obbedisce alle regole dei processi secondari, l'attività
mentale inconscia alle regole dei processi primari. Pertanto, il
c.
è il sistema o struttura in cui si svolge l'attività mentale
conscia. Tuttavia, poiché i pensieri che appartengono al sistema
c. possono a volte essere inconsci, è possibile che
l'attività mentale sia, nello stesso tempo, descrittivamente inconscia e
dinamicamente conscia. Infatti, secondo la teoria psicoanalitica, l'antecedente
causale di un fatto psichico cosciente è spesso un fatto psichico
incosciente. In altri termini, molti nostri atti, da noi ritenuti "volontari",
ossia dettati da motivi logici per il conseguimento di determinati fini, sono
invece l'effetto di istinti, di bisogni, di impulsi inconsci. Data la
possibilità di confusione tra i concetti di
c. e di inconscio,
Freud, negli scritti della maturità, modificò la terminologia,
sostituendo il
c. con l'Io e l'inconscio con l'Es.