Botanicamente noto come
Brassica oleracea, nelle sue
diverse "forme", appartiene alla famiglia delle Crucifere. Etimologicamente la
parola deriva dal greco
kaulós e dal latino
caulus che
significano, grosso modo, "pianta con bacche", ma che nell'uso comune servivano
ad indicare, genericamente, tutte le piante commestibili. Da queste radici sono
poi discese le diverse denominazioni del
c.:
cauliflower, per il
nome inglese del cavolfiore (mentre in quella lingua la verza si chiama
cabbage),
Kohl in tedesco,
chou in francese e
col in
spagnolo. Sicuramente circoscritta inizialmente nell'area europea, la
coltivazione del
c. attecchì poi anche nell'Asia Minore e
nell'Africa settentrionale, probabilmente per l'esportazione di semi da parte
delle legioni romane. Infatti l'uso commestibile di questa pianta risale a tempi
antichissimi, almeno per quanto riguarda la sua specie più tipica, anche
se non è facile determinare l'epoca in cui si cominciò a
coltivarli. Le prime notizie in merito al cavolfiore risalgono a un trattato
arabo di agricoltura del 1100, nelle cui pagine questa specie era classificata
come "
c. di Cipro", l'isola mediterranea donde pare provenisse la maggior
quantità di semi per la coltivazione di orti e giardini. La stessa
indicazione era apparsa molti secoli prima, sia pure in forma vaga, in un'opera
di Plinio. Legata ai tempi più remoti, la storia del
c. ricorda
che vari popoli dell'antichità, specialmente quelli stanziati sul
litorale del Mar Ionio, veneravano questa pianta come sacra, tenendola anche in
gran conto come specie medicamentosa; ne fanno fede i testi di Dioclo, Crisippo,
Ippocrate e Catone (che addirittura lo considerava come una panacea per tutti i
mali e persino contro la peste). Cincinnato ne coltivava grandi quantità
nel suo orto, Aristotele se ne cibava spesso e Plinio il Vecchio dissertò
a lungo sulle specie allora conosciute: "
c. cappuccio bianco e rosso",
"
c. verzotto".
Brassica pompeiana o
cypria che potrebbe
identificarsi con il nostro
c. broccolo. I soldati romani usavano curare
le proprie ferite e le piaghe applicando foglie di
c. sulla pelle (uso
ancora vivo in alcune zone della campagna lombarda) mentre era molto diffuso
l'impiego di questa verdura come depurativo e purgante o come cataplasma contro
le forme catarrali e le congestioni. Anche la moderna fitoterapia riconosce a
tutte le specie e varietà di
c. oggi coltivate notevoli
proprietà antiscorbutiche, vitaminiche, remineralizzanti, depurative,
calmanti, cicatrizzanti. Il succo del
c. è un ottimo sgrassante
per la pelle adiposa e viene pertanto incorporato a moltissimi prodotti di
bellezza.